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Autore: Profilo Chiuso    24/08/2012    0 recensioni
"Religione, religione. Cos'è, alla fine, la religione? Un qualcosa creato dall'uomo per trovare risposta a ciò che non può capire, lo trovo un semplice modo di proibire ciò che potrebbe renderci felici."
"Perché la pensi così?"
"Basta semplicemente dare un'occhiata alla Bibbia. Proibizioni, punizioni per tutto. E anche se si fa ciò che 'Lui' dice" disse muovendo le manti a mo' di virgolette, come per enfatizzare la parola. "Non si è mai liberi dal peccato.Tanto vale peccare e passare una vita di piacere."
"Sai, avevano ragione. Sei davvero convinto di ciò che dici."
Genere: Dark, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Reversed Religion" by Fede Grey; Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
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{ Chapter One: Priests and Prohibitions }







Una ragazza vide una rosellina,
Fiorì lì sulle limpide alture,
Chiese al suo innamorato
se potesse andarla a cogliere per lei.

Lei la vuole e va bene,
così è stato e così sarà per sempre,
Lei la vuole e così è usanza,
Ciò che vuole lo ottiene.

Pozzi profondi si devono scavare,
quando si vuole acqua limpida.
Rosella, oh Rosella,
Acque profonde non sono tranquille.
-Rammstein, "Rosenrot"






“Con il potere conferitomi dalla Santa Chiesa, vi benedico nel nome del padre, del figlio, e dello spirito santo”
Proferì, guidando la mano messa di profilo dalla testa al cuore e dalla spalla sinistra alla destra, con ampi gesti, concludendo il tutto mettendo le mani giunte dinanzi a sé.
“La Messa è finita, andate in pace!” le sue labbra si curvarono all’insù, aprendosi in un sorriso dolce.
La folla che riempiva la chiesa iniziò ad andare verso le uscite non appena ebbe pronunciato quelle parole, parlottando e creando trambusto.
Anche se, pensandoci bene, le Messe che celebrava nei giorni feriali erano sempre meno confusionarie di quelle domenicali, complice forse il fatto che le seconde erano seguite per lo più da adolescenti con la perenne voglia di divertirsi e con gli ormoni a mille, giunti dentro il luogo Sacro solo dopo aver subito qualche paternale, completa di “Almeno fatti la Cresima!” oppure “Hai fatto la Cresima, non vorrai lasciare i tuoi compagni così?”.
Per questo rimanevano sempre negli ultimi banchi in legno scuro di quell’enorme edificio, vicino l’acquasantiera in marmo nero. Molto fine.
Aveva sempre adorato quel luogo; certo, rimaneva sempre una chiesa sperduta in un piccolo paese di sedicimila anime – delle quali almeno diecimila in altri Paesi, per lavoro o semplice senso di ripudio verso quel paesino e le persone che ci abitavano – ma era enorme e composta interamente da marmo chiaro, legno e oro nel caso del tabernacolo.
Quattro statue a grandezza naturale facevano mostra di sé nelle mura laterali: Gesù Cristo Crocefisso e San Pietro Apostolo a destra, Maria di Fatima a sinistra in una nicchia contornata da luci creata apposta. In più, bisognava annoverare l’enorme dipinto raffigurante San Michele Arcangelo che schiacciava Satana impugnando la spada, che troneggiava poco sopra l’enorme portone di legno verde che costituiva l’entrata. Solo una parola poteva definire quell’edificio: meraviglioso. E no, non lo diceva perché in quanto prete, anche due bastoncini sistemati a mo’ di croce andavano benissimo, ma perché quella chiesa riusciva a raggiungere altissimi livelli estetici.
Sorrise, aggiustandosi la stola color viola intenso che portava al collo.
Il Tempo di Avvento era ormai arrivato, l’indomani sarebbe stata la Prima Domenica di Avvento e, come di consueto, la lettura del Vangelo avrebbe riguardato la venuta del Signore alla fine dei tempi.
Era bellissimo vedere le persone in festa, anche solo guardando fuori dalla finestra della sua camera in sagrestia.
Corse letteralmente lungo il corridoio laterale arrancando per colpa della lunga tunica bianca, per poi sistemarsi come suo solito nel piccolo spazio rialzato a destra del portone, fra esso e le scale in pietra.
Salutò cordialmente tutti. I bambini lo abbracciavano e si aprivano in un sorriso ancora un po’ sdentato, mostrando i dentini piccoli; lui ricambiava, aprendosi radioso in una risata.
Adorava i bambini, li aveva sempre adorati; erano creature ancora del tutto pure, non a conoscenza di quanto la vita potesse essere crudele… Andavano trattati come se fossero un fragile cristallo, perché per loro tutto era bello e buono, ogni giorno era una nuova scoperta, il male non esisteva. Con un bacino passava tutto, anche la cosa più brutta, e intrecciando i mignolini si faceva subito pace.
Quanto avrebbe voluto restare bambino, un po’ come Peter Pan.
Tutti in quella cittadina lo conoscevano, giovani e non più giovani. Lo rispettavano e lui rispettava loro. Più volte era stato d’aiuto ad alcuni adolescenti – e no, non in veste di ‘Ambasciatore della Chiesa’, come il signor Sakd lo aveva definito il giorno prima. Preferiva consigliare, prima di esaminare una cosa sotto il punto di vista spirituale.
… Uhm, sì, il Vescovo gli aveva detto che aveva un modo di ragionare molto contorto, per essere stato chiamato da Dio a quella vita, ma non gli importava.
Salutò una coppietta di settantenni, i signori Barnd, i quali a breve avrebbero festeggiato cinquant’anni di matrimonio, quando fu letteralmente stritolato in un abbraccio.
Riconobbe il possessore quelle braccia solo quando sentì un “Tesoro mio, come stai?” euforico.
Tossicchiò, allontanandosi da quella stretta e cercando di riprendere fiato.
“M-mi hanno trasferito qui t-tre mesi fa, il prete precedente stava m-meglio” tossì forte, accarezzandosi la gola e deglutendo, aspettando che quella sensazione di puntura cessasse.
La folla si era decisamente affievolita, rimanevano solo sette o otto persone nella piazzetta, ma non di più.
“Che ne dici di venire dentro, così stiamo più tranquilli?” propose alla donna di fronte a lui che accettò educatamente.
Erano accadute tantissime cose in soli tre mesi, indi prevedeva di rimanere chiuso in quell’ufficio per molto.


***


Erano passate ben due ore e ancora continuavano a parlare.
Erano comodamente seduti nelle poltrone, una tazza di thè al limone – che suor Maria aveva insistito per preparare -, in mano ad entrambi.
“Le altre Sorelle ed io ne avevamo voglia, Padre” aveva detto “Quindi, non si preoccupi ad accettare, ne abbiamo preparato in abbondanza!”.
Conoscendola, si era inventata quella scusa su due piedi per rifilargli il thè al limone che adorava, ma che per mancanza di soldi se andava a fare la spesa per lui e le Suore non comprava mai, in quanto costava ben tre euro al pezzo. Così, quando era il turno di Suor Maria andare a fare le compere settimanali, prendeva sempre di nascosto due pacchi per lui.
Cara, vecchia Suor Maria. Un po’ rigida forse, ma aveva un cuore d’oro.
“Allora, Tia!” esclamò baldanzoso “Io ti ho raccontato tutto, ora tocca a te!”
Non appena pronunciò quelle parole, vide il viso della donna incupirsi.
Tia si tamponò leggermente la bocca con un fazzoletto, poggiando poi la tazza chiara sul tavolo. Sospirò profondamente abbassando lo sguardo, portandosi le dita alle tempie e facendo movimenti circolari per qualche secondo contro di esse. Successivamente congiunse le mani fra loro e lo fissò dritto negli occhi.
“Wilhelm, ho bisogno del tuo aiuto. O meglio non IO, ma questo problema è così grande che temo diventi pure mio…”
L’uomo la osservò inespressivo. Tia non era il tipo di persona da essere agitata o, comunque, da torturarsi in quel modo le mani. E da mangiarsi le unghie, come stava facendo in quel momento… Doveva esserle successo qualcosa.
“Tia, dimmi tutto…” esclamò atono, osservandola attento.
La donna, per risposta, lo fissò ancora negli occhi. Fece vagare poi lo sguardo per, infine, fermarsi sulla Bibbia rilegata in pelle posta al centro della scrivania.
“Wilhelm, hai presente Nikole Ahrmer?”
Certo che la ricordava. Era una persona deliziosa, non aveva mai conosciuto nessuno così devoto al Santissimo. Veniva in Chiesa tutti i giorni e partecipava a tutte le attività proposte.
“Ha un figlio, Derek. E’ disperata, Dio mio…L-lui è un… delinquente, satanista, violento e tutto ciò che peggio può essere”
“Tia…”
“Sul serio! Ha rapinato due banche a Berlino, si immischia sempre nelle risse e… Oddio, so solo questo, ma per la disperazione di quella donna deve esserci qualcosa sotto. Mi ha chiesto aiuto! A me! Io le ho promesso di fare qualcosa, perché la conosco ma non so che fare piccolo mio, non so…”
Wilhelm si alzò dalla poltrona e, ancora vestito con tunica e stole delicate, la raggiunse e si inginocchiò di fronte a lei.
Stava piangendo e non poteva sopportarlo; aveva un volto bello e giovanile, Tia, pur avendo superato da molto i quaranta, per cui non voleva che si deturpasse per problemi inutili.
“Tia, Tia, dai… Ti aiuterò io, tranquilla…” le prese il volto fra le proprie mani asciugandole le lacrime con i pollici. I suoi occhi chiari erano ancora lucidi, ma doveva ammettere che, dopo un pianto assumevano una luce diversa. La luce della speranza?
Non lo sapeva, ma voleva che quel dettaglio abbellisse i suoi occhi sempre, in ogni momento e non solo dopo uno scoppio emotivo.
“Sul serio, Will?”
L’uomo sorrise a quell’appellativo dolce. “Sul serio!” sussurrò.
La donna non disse una parola; semplicemente, lo avvolse in una stretta calda che sapeva di casa.
“Oh, grazie, grazie…” ripeté a voce bassa, come una cantilena.
Lui le baciò la fronte con affetto, alzandosi in piedi.
“Macché, di nulla!”
Osservò l’orologio: si erano fatte le cinque di pomeriggio e, in quanto Domenica, doveva fare Catechismo ai ragazzi che si preparavano alla Cresima.
Lei intercettò il suo sguardo, spalancando gli occhi come se si fosse ricordata in quel momento qualcosa.
“Will, ora devo andare,” esclamò alzandosi in piedi e prendendo la pesante giacca “Ho un… impegno importante, a domani!”
Lo salutò con un bacio sulla guancia, prima di dirigersi verso la porta che collegava la Sagrestia alla Chiesa.
“Ciao!” la salutò.
“Buona fortuna con i ragazzi!” gli disse lei di rimando, prima di sparire varcando la porta in legno bianco.
Wilhelm sospirò, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.
Derek, Derek, Derek.  Non era forse quel tipo che, ogni volta che passava dinanzi la Chiesa, bestemmiava? Quello che una volta lo avevano sorpreso ad appiccare fuoco ad un crocifisso.
Lo aveva visto da lontano, ma non gli aveva mai dato molto peso; tutt’al più, gli dispiaceva per quel ragazzo.
Cosa poteva essergli accaduto per diventare così? Rapinatore, bestemmiatore… doveva avere decisamente brutte esperienze alle spalle.
Ma Wilhelm era sempre stato seriamente convinto che ci fosse del buono anche in fondo all’anima più nera e devastata.
Ed era proprio questa sua convinzione che gli rovinò la vita.


Dall’altra parte di quel paesino di merda in cui si ritrovava ad abitare, Derek Ahrmer scaraventava un bicchiere di vetro in terra, dopo aver avuto una violenta lite con la madre.
Nella sua fottuta vita non c’era mai un secondo di pace pensò, prima di abbandonarsi ai carezzevoli meandri della Cocaina.


Se la merda non cambia, sarò io a cambiare la merda.










Note finali che nessuno si degnerà di leggere: 
Innanzitutto, ringrazio Rufus per aver betato questa cosa e i Rammstein ( :rox: ) per avermi ispirato. Premetto ancora una volta che non abbandonerò questa fic.
La canzone iniziale, "Rosenrot", è un autentico capolavoro. Ho messo il link allegato al nome, ma se volete ascoltarla (e merita, credetemi :wub: ) potete cliccare sopra questa frase e vi si aprirà il link di Youtube con il video ufficiale.
   
 
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