8.
Bellatrix Lestrange
Bellatrix odiava il silenzio.
Tutto era innaturalmente calmo, in quel luogo d’inferno.
Tutto procedeva con un ritmo odiosamente cadenzato e lento, come un ticchettare d’orologio.
Sentiva le voci nella sua testa: urlavano.
I fantasmi che scorgeva negli angoli bui le sussurravano cose.
Le anime di chi aveva ucciso le apparivano in sogno, la guardavano severamente, per poi gridare contro di lei.
I muri la soffocavano. Il cielo si intravedeva appena attraverso le grate arrugginite.
I Dissennatori scivolavano, lievi come fumo, ma pesanti come piombo.
Faceva freddo, ma Bellatrix non sentiva niente. Non più.
Aveva imparato ad attendere.
Tic tac.
L’orologio procedeva, il tempo si dilatava.
L’attesa sarebbe finita.
[108 parole]
Una delle drabble emotivamente più sentite, questa su Bellatrix Lestrange. Ho cercato di immaginare Azkaban, le immani sofferenze che si provano in quel luogo, l’assenza di sentimenti e di emozioni. L’immagine ha evocato in me la disperazione. É disperata, la Bellatrix da me descritta. Ho voluto coglierla in uno dei rari momenti rubati alla follia, nei quali forse arriva a comprendere la sua situazione e la sua sorte, in cui i fantasmi del passato vengono a farle visita. Non ne sono molto sicura... a voi la parola!