Restiamo uniti: Andromeda
Teddy stava diventando proprio un bel
bambino. Non lo pensavo solo perché ero la sua nonna, ma perché era chiaro
quando passeggiavamo fra la folla. Tante persone si voltavano e fermavano a
salutarci, appoggiando la mano fra i folti capelli del piccolo, scompigliando
quel mare di blu che lo contraddistingueva così bene anche nella comunità di
maghi da sempre piuttosto eccentrica e stravagante.
Mio
nipote a volte sorrideva appena, a volte guardava curioso e studiava la persona
che stava compiendo quel gesto nei suoi confronti. Sembrava crescere
rapidamente e osservare sempre più a fondo il mondo che gli girava attorno.
Fra
una caduta rovinosa e un aiuto provvidenziale del suo fedele cagnolino, stava
anche rapidamente imparando a camminare, ormai non aveva quasi più bisogno del
mio aiuto, questo almeno nella nostra casa o nel piccolo giardino.
Dopo
i primi tempi molto duri, il suo carattere insicuro e piagnucoloso aveva
finalmente lasciato spazio ad un atteggiamento molto più tranquillo e allegro, anche
se non è certo quel tipo di bimbo che ride volentieri o che dà confidenza con
le persone sconosciute.
Sono
molto orgogliosa di lui, dimostra quella forza necessaria per vivere già in così
tenera età. Non poteva essere altrimenti essendo rimasto orfano così presto
doveva farsi forza o si sarebbe perso nel dolore.
Negli
ultimi mesi passati nella comunità magica, ho avuto modo di legare con molti di
coloro che non avevo mai frequentato prima d’ora.
È
stato un bene, dopo tanti mesi di sofferenza, sentirmi di nuovo parlare e
talvolta ridere con gente diversa e disponibile. Mio marito è morto da poco
tempo, penso ancora moltissimo a lui, ma il sentirmi di nuovo apprezzata, guardata,
riempita di gentilezze e complimenti è per me un toccasana, un modo per
riaprirmi a ciò che di bello è restato da vivere. Se qualcosa di bello per me è
rimasto davvero.
Teddy resta la mia vita. L’unico legame
che ho ancora con la mia bambina. Non voglio però soffocarlo, mi rendo conto di
averlo fatto troppo finora: troppo preoccupata che gli accadesse qualcosa,
troppo impaurita dal fatto che potesse soffrire.
Ho
scelto di aprirmi di nuovo all’amore anche di altre persone, anche e soprattutto
nei suoi confronti. È stato così che ha acquisito, oltre ad un fantastico
padrino, Harry, che gli fa quasi da papà, anche una zietta niente male: la
piccola di casa Weasley, Ginny.
Una
bella ragazza dai capelli rossi e lo sguardo vivace ed intelligente, il
carattere allegro e fermo nelle sue decisioni e comportamenti, sicuramente
legata sentimentalmente ad Harry anche se non lo danno a vedere pubblicamente,
questa ragazzina, dicevo, spende sempre diverso tempo in compagnia del piccolo,
quasi ad allenarsi ad avere un bambino tutto suo, o forse perché abituata ad
essere circondata da tanti fratelli e parenti di cui occuparsi e con cui
parlare.
Teddy poi ha sciolto il cuore anche una
quasi nonna: la signora Weasley. Era molto dura all’inizio,
inflessibile e distaccata. Questo lato del suo carattere che vedevo essere
innaturale, le veniva probabilmente dalle tante sofferenze e preoccupazioni per
la sua numerosa famiglia. Si chiudeva per difendersi, per non legarsi e non
dover soffrire più. Infondo la capivo. Imparando a conoscerla bene poi, la
distinguevo anche da come la credevamo ai tempi della scuola: noiosa e
sempliciotta. Mi accorgevo di non averla mai conosciuta veramente nonostante
avessimo un certo grado di parentela. Mi è parsa una donna forte e abile, capace
di dare molto amore e difendere le persone che ama con tanta convinzione e
dedizione, cosa che io non sono mai riuscita a fare. Non possiedo il suo
spirito di rinuncia, la sua capacità di mettermi da parte e appoggiare le
persone che amo.
È
dovuta arrivare questa guerra perché, nonostante tutto, io riuscissi a
togliermi alcuni pregiudizi e antipatie che mi portavo dietro fin da bambina o
ragazzina.
È
da quando mi sforzo di frequentare di più questa casa dove si svolge la maggior
parte della vita di queste persone che Teddy è più
felice e sereno: ne sono contenta con lui e per me. Non si finisce mai di
imparare dagli altri.
È
nel piccolo giardino, vicino all’orto, oppure nella calda e accogliente sala da
pranzo della casa che mi fermavo con Teddy, Harry ed
i suoi amici, Molly Arthur ed altri dell’Ordine della Fenice. C’erano quasi
tutti i superstiti del primo grande scontro, e parlavamo per ore ed ore nei
lunghi pomeriggi di attesa: parlavamo della guerra, dei problemi, delle piccole
gioie… ma discutevamo soprattutto di Lord Voldemort.
Mi
ero sempre mantenuta distaccata dal combattimento vero e proprio, ma dopo la
morte di mia figlia qualcosa in me aveva iniziato lentamente a mutare.
Rabbia
e richiesta di giustizia, dolore e bisogno di ricominciare in una società più
autentica e tranquilla, nostalgia e bisogno di fiducia, mi spingevano nella
stessa direzione presa dalla mia bambina molto tempo prima di me. Ho sempre
avuto paura per lei, ma allo stesso tempo ho sempre ammirato il suo coraggio ed
ero orgogliosa di questo lato di lei, l’ho spesso ostacolata e me ne pento, le
sue scelte non erano altro che le mie stesse, solo una generazione più avanti.
Ho
maturato questo nel tempo, in quell’anno di solitudine e strazio che è seguito
alla sua morte.
Ora
sentivo il bisogno di agire, di dire la mia opinione; la vicinanza con chi era
sempre stato in prima linea nella lotta mi dava sicurezza e coraggio. Loro mi
ascoltavano e io avevo lentamente imparato ad ascoltare loro. Ne capivo i dolori,
la determinazione e gli ideai.
Sentivo
il loro modo di ragionare, di vedere la guerra e i combattimenti, vedevo
l’ardore nei loro occhi.
Solo
Harry Potter appariva diverso.
I
capelli scompigliati e il viso teso, i lineamenti tristi. Non era come gli
altri sotto nessun punto di vista. I suoi occhi di un verde intenso erano profondi
e pieni di dolore velato. sembravano quasi rassegnati ad una sapienza infinita
di cui, probabilmente, nessuno di noi sarebbe mai riuscito a capire o conoscere
l’origine. Aveva una voce dolce e allo stesso tempo irruente, che ne tradiva il
nervosismo, la paura l’orrore, ma soprattutto ne tradiva la disarmante
giovinezza davanti ad una situazione così grande e complicata persino per molti
adulti. Lui era semplicemente un ragazzo.
Ero
certa avesse qualcosa in mente. Qualcosa che riguardava lui solo.
Nelle
lunghe chiacchierate e discussioni a cui avevo preso parte ultimamente però,
avevo capito che tutti insieme avremmo potuto essere una forza spaventosa, qualcosa
che persino Lord Voldemort avrebbe dovuto temere. Avevo
imparato a fare dei calcoli più tattici: quel mago oscuro non aveva più
nessuno, non aveva più i suoi Mangiamorte, non poteva
contare su nessun tipo di influenza nascosta. Non c’era nulla, era fuggito
solo, con Bella, null’altro.
Noi
invece eravamo tanti ancora, anche se non più quelli di prima.
Fu
così che improvvisamente, ad un certo momento, capii dove, forse, stavamo
sbagliando.
Quel
giorno, Molly portò il tè al mirtillo con biscotti fatti a mano per tutti,
biscotti al cioccolato e frutti di bosco. I ragazzi che erano presenti si
avventarono sui pasticcini, noi più adulti e anziani sul tè. Era un pomeriggio
piuttosto teso anche se la conversazione seguiva una linea di pacata
tranquillità.
Fu
Ron a parlare dopo aver mangiato una buona porzione
di biscotti, buttò lì una frase con apparente noncuranza:
“Harry
ha intenzione di andare in cerca di Voldemort, e
vuole farlo molto presto.”
La
frese sortì l’effetto voluto, ci lasciò tutti basiti. Anche se era una
decisione che tutti sapevamo avrebbe preso, il sentirlo fece un effetto
clamoroso.
Harry
si mosse nella sua poltrona a disagio e lanciò un’occhiata di rimprovero a Ron: probabilmente non approvava il fatto di divulgare la
notizia, non voleva, a parer mio, mettere ansie o preoccupazioni negli animi di
altre persone, né desiderava decidessimo di prendere parte al pericolo che
aveva deciso di correre da solo.
Calò
il silenzio per qualche istante, un silenzio pesante, finché non fu Hermione ad intervenire:
“Io
disapprovo totalmente, è un rischio troppo grosso.”
Furono
gli unici a dire qualcosa, gli altri tacevano e attendevano le parole del
ragazzo che, dall’atteggiamento, pareva invece aver già deciso tutto da solo. La
ragazza era visibilmente preoccupata, si tormentava le mani e guardava insistentemente
Harry per cogliere un cenno da lui. Il giovane però teneva lo sguardo basso,
deciso, ostinato. Hermione si morse le labbra e dopo
poco abbassò lo sguardo anche lei nel silenzio generale… forse troppo abituata
a vedere l’amico addossarsi impegni e responsabilità troppo grandi per lui. Anche
lei rassegnata.
Ron ed Hermione
l’avrebbero comunque in qualche modo aiutato, ero certa, si capiva dal loro
sguardo, dalla loro vicinanza all’amico di sempre.
Avevano
ragione. Era questa la strada giusta.
Fui
completamente stupita quando, dopo diversi istanti di silenzio e riflessione,
decisi io di parlare, quasi come se quel discorso uscisse dalle mie labbra
distaccato dalla mia volontà.
“Dobbiamo
restare uniti,” dissi improvvisamente, e vidi tutti voltarsi verso di me “nessuno
deve sacrificarsi, Harry l’ha già fatto una volta ed è stata l’unica necessaria
per se stesso e per noi, ora è il momento di restare tutti uniti e combattere
insieme contro l’oscurità. Voldemort è rimasto da
solo, non commettiamo il suo stesso errore.”
Il
silenzio cadde ancora intorno a noi, spostai il mio sguardo verso Harry che
scuoteva la testa impercettibilmente.
Non
era d’accordo, era convinto di dover essere lui ad andare incontro al Lord Voldemort per morire, o per ucciderlo. Avevamo anche scorto
in Teddy l’unico che avrebbe potuto farlo al suo
posto: l’erede della battaglia nel caso Harry fosse morto.
Ora
ero certa che non doveva essere così. Parlai di nuovo.
“Basta
Harry! Basta col dolore che hai dovuto provare tu, basta coi martiri e coi
sacrifici. Basta col pensiero che sia tu a doverti sacrificare per tutti noi.
L’hai già fatto una volta, non potevi fare altrimenti, ma ora le cose stanno in
maniera molto diversa. Combattiamolo insieme, siamo una forza unita e compatta,
Voldemort è solo perché vuole stare solo, ed è questa
la sua più grande debolezza.”
A
quelle ultime parole Harry alzò lo sguardo colpito, puntò i suoi occhi verdi e
profondi nei miei, cercava una conferma, una forza, la sincerità e forse anche
un po’ di quella protezione che mai nella sua vita aveva davvero avuto.
La
ebbe, e in quel momento capii che l’avevo convinto.
……………………………………
Note:
Inizio con lo scusarmi perché ho scritto il capitolo
di fretta… spero di non aver fatto troppi errori, ho riletto e sistemato
qualcosa, ma di certo mi è sfuggito qualcosa.
Dato che sono in ritardo pubblico ugualmente, se
trovate qualche strafalcione, fatemelo notare nella eventuale recensione please!
Sulla trama non ho particolari cose da dire, ho
ripreso le fila della storia di Andromeda che, come vedete, prende un ruolo più
attivo nei fatti che precedono l’ultima battaglia.
Vi ringrazio di aver pazientato fino ad ora per
leggere il capitolo (chi lo ha fatto) e vi do appuntamento a presto (più o
meno) per gli aggiornamenti!!
Grazie a tutte
Circe