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Autore: Circe    25/08/2012    4 recensioni
La battaglia non va per il verso giusto, gli Horcrux sono stati distrutti e la bacchetta di Sambuco non funziona a dovere. Il Signore Oscuro improvvisa quindi una ritirata tattica per non venire definitivamente sconfitto. Insieme a lui solo Bellatrix, la persecuzione dell'amore, un problema da affrontare e il potere da riconquistare.
E la storia ... si ripeterà.
Seguito di “Sgáth, che significa oscurità”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di luna: l'oscurità totale'
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Restiamo uniti: Andromeda

 

Teddy stava diventando proprio un bel bambino. Non lo pensavo solo perché ero la sua nonna, ma perché era chiaro quando passeggiavamo fra la folla. Tante persone si voltavano e fermavano a salutarci, appoggiando la mano fra i folti capelli del piccolo, scompigliando quel mare di blu che lo contraddistingueva così bene anche nella comunità di maghi da sempre piuttosto eccentrica e stravagante.

Mio nipote a volte sorrideva appena, a volte guardava curioso e studiava la persona che stava compiendo quel gesto nei suoi confronti. Sembrava crescere rapidamente e osservare sempre più a fondo il mondo che gli girava attorno.

Fra una caduta rovinosa e un aiuto provvidenziale del suo fedele cagnolino, stava anche rapidamente imparando a camminare, ormai non aveva quasi più bisogno del mio aiuto, questo almeno nella nostra casa o nel piccolo giardino.

Dopo i primi tempi molto duri, il suo carattere insicuro e piagnucoloso aveva finalmente lasciato spazio ad un atteggiamento molto più tranquillo e allegro, anche se non è certo quel tipo di bimbo che ride volentieri o che dà confidenza con le persone sconosciute.

Sono molto orgogliosa di lui, dimostra quella forza necessaria per vivere già in così tenera età. Non poteva essere altrimenti essendo rimasto orfano così presto doveva farsi forza o si sarebbe perso nel dolore.

Negli ultimi mesi passati nella comunità magica, ho avuto modo di legare con molti di coloro che non avevo mai frequentato prima d’ora.

È stato un bene, dopo tanti mesi di sofferenza, sentirmi di nuovo parlare e talvolta ridere con gente diversa e disponibile. Mio marito è morto da poco tempo, penso ancora moltissimo a lui, ma il sentirmi di nuovo apprezzata, guardata, riempita di gentilezze e complimenti è per me un toccasana, un modo per riaprirmi a ciò che di bello è restato da vivere. Se qualcosa di bello per me è rimasto davvero.

Teddy resta la mia vita. L’unico legame che ho ancora con la mia bambina. Non voglio però soffocarlo, mi rendo conto di averlo fatto troppo finora: troppo preoccupata che gli accadesse qualcosa, troppo impaurita dal fatto che potesse soffrire.

Ho scelto di aprirmi di nuovo all’amore anche di altre persone, anche e soprattutto nei suoi confronti. È stato così che ha acquisito, oltre ad un fantastico padrino, Harry, che gli fa quasi da papà, anche una zietta niente male: la piccola di casa Weasley, Ginny.

Una bella ragazza dai capelli rossi e lo sguardo vivace ed intelligente, il carattere allegro e fermo nelle sue decisioni e comportamenti, sicuramente legata sentimentalmente ad Harry anche se non lo danno a vedere pubblicamente, questa ragazzina, dicevo, spende sempre diverso tempo in compagnia del piccolo, quasi ad allenarsi ad avere un bambino tutto suo, o forse perché abituata ad essere circondata da tanti fratelli e parenti di cui occuparsi e con cui parlare.

Teddy poi ha sciolto il cuore anche una quasi nonna: la signora Weasley. Era molto dura all’inizio, inflessibile e distaccata. Questo lato del suo carattere che vedevo essere innaturale, le veniva probabilmente dalle tante sofferenze e preoccupazioni per la sua numerosa famiglia. Si chiudeva per difendersi, per non legarsi e non dover soffrire più. Infondo la capivo. Imparando a conoscerla bene poi, la distinguevo anche da come la credevamo ai tempi della scuola: noiosa e sempliciotta. Mi accorgevo di non averla mai conosciuta veramente nonostante avessimo un certo grado di parentela. Mi è parsa una donna forte e abile, capace di dare molto amore e difendere le persone che ama con tanta convinzione e dedizione, cosa che io non sono mai riuscita a fare. Non possiedo il suo spirito di rinuncia, la sua capacità di mettermi da parte e appoggiare le persone che amo.

È dovuta arrivare questa guerra perché, nonostante tutto, io riuscissi a togliermi alcuni pregiudizi e antipatie che mi portavo dietro fin da bambina o ragazzina.

È da quando mi sforzo di frequentare di più questa casa dove si svolge la maggior parte della vita di queste persone che Teddy è più felice e sereno: ne sono contenta con lui e per me. Non si finisce mai di imparare dagli altri.

È nel piccolo giardino, vicino all’orto, oppure nella calda e accogliente sala da pranzo della casa che mi fermavo con Teddy, Harry ed i suoi amici, Molly Arthur ed altri dell’Ordine della Fenice. C’erano quasi tutti i superstiti del primo grande scontro, e parlavamo per ore ed ore nei lunghi pomeriggi di attesa: parlavamo della guerra, dei problemi, delle piccole gioie… ma discutevamo soprattutto di Lord Voldemort.

Mi ero sempre mantenuta distaccata dal combattimento vero e proprio, ma dopo la morte di mia figlia qualcosa in me aveva iniziato lentamente a mutare.

Rabbia e richiesta di giustizia, dolore e bisogno di ricominciare in una società più autentica e tranquilla, nostalgia e bisogno di fiducia, mi spingevano nella stessa direzione presa dalla mia bambina molto tempo prima di me. Ho sempre avuto paura per lei, ma allo stesso tempo ho sempre ammirato il suo coraggio ed ero orgogliosa di questo lato di lei, l’ho spesso ostacolata e me ne pento, le sue scelte non erano altro che le mie stesse, solo una generazione più avanti.

Ho maturato questo nel tempo, in quell’anno di solitudine e strazio che è seguito alla sua morte.

Ora sentivo il bisogno di agire, di dire la mia opinione; la vicinanza con chi era sempre stato in prima linea nella lotta mi dava sicurezza e coraggio. Loro mi ascoltavano e io avevo lentamente imparato ad ascoltare loro. Ne capivo i dolori, la determinazione e gli ideai.

Sentivo il loro modo di ragionare, di vedere la guerra e i combattimenti, vedevo l’ardore nei loro occhi.

Solo Harry Potter appariva diverso.

I capelli scompigliati e il viso teso, i lineamenti tristi. Non era come gli altri sotto nessun punto di vista. I suoi occhi di un verde intenso erano profondi e pieni di dolore velato. sembravano quasi rassegnati ad una sapienza infinita di cui, probabilmente, nessuno di noi sarebbe mai riuscito a capire o conoscere l’origine. Aveva una voce dolce e allo stesso tempo irruente, che ne tradiva il nervosismo, la paura l’orrore, ma soprattutto ne tradiva la disarmante giovinezza davanti ad una situazione così grande e complicata persino per molti adulti. Lui era semplicemente un ragazzo.

Ero certa avesse qualcosa in mente. Qualcosa che riguardava lui solo.

Nelle lunghe chiacchierate e discussioni a cui avevo preso parte ultimamente però, avevo capito che tutti insieme avremmo potuto essere una forza spaventosa, qualcosa che persino Lord Voldemort avrebbe dovuto temere. Avevo imparato a fare dei calcoli più tattici: quel mago oscuro non aveva più nessuno, non aveva più i suoi Mangiamorte, non poteva contare su nessun tipo di influenza nascosta. Non c’era nulla, era fuggito solo, con Bella, null’altro.

Noi invece eravamo tanti ancora, anche se non più quelli di prima.

Fu così che improvvisamente, ad un certo momento, capii dove, forse, stavamo sbagliando.

Quel giorno, Molly portò il tè al mirtillo con biscotti fatti a mano per tutti, biscotti al cioccolato e frutti di bosco. I ragazzi che erano presenti si avventarono sui pasticcini, noi più adulti e anziani sul tè. Era un pomeriggio piuttosto teso anche se la conversazione seguiva una linea di pacata tranquillità.

Fu Ron a parlare dopo aver mangiato una buona porzione di biscotti, buttò lì una frase con apparente noncuranza:

“Harry ha intenzione di andare in cerca di Voldemort, e vuole farlo molto presto.”

La frese sortì l’effetto voluto, ci lasciò tutti basiti. Anche se era una decisione che tutti sapevamo avrebbe preso, il sentirlo fece un effetto clamoroso.

Harry si mosse nella sua poltrona a disagio e lanciò un’occhiata di rimprovero a Ron: probabilmente non approvava il fatto di divulgare la notizia, non voleva, a parer mio, mettere ansie o preoccupazioni negli animi di altre persone, né desiderava decidessimo di prendere parte al pericolo che aveva deciso di correre da solo.

Calò il silenzio per qualche istante, un silenzio pesante, finché non fu Hermione ad intervenire:

“Io disapprovo totalmente, è un rischio troppo grosso.”

Furono gli unici a dire qualcosa, gli altri tacevano e attendevano le parole del ragazzo che, dall’atteggiamento, pareva invece aver già deciso tutto da solo. La ragazza era visibilmente preoccupata, si tormentava le mani e guardava insistentemente Harry per cogliere un cenno da lui. Il giovane però teneva lo sguardo basso, deciso, ostinato. Hermione si morse le labbra e dopo poco abbassò lo sguardo anche lei nel silenzio generale… forse troppo abituata a vedere l’amico addossarsi impegni e responsabilità troppo grandi per lui. Anche lei rassegnata.

Ron ed Hermione l’avrebbero comunque in qualche modo aiutato, ero certa, si capiva dal loro sguardo, dalla loro vicinanza all’amico di sempre.

Avevano ragione. Era questa la strada giusta.

Fui completamente stupita quando, dopo diversi istanti di silenzio e riflessione, decisi io di parlare, quasi come se quel discorso uscisse dalle mie labbra distaccato dalla mia volontà.

“Dobbiamo restare uniti,” dissi improvvisamente, e vidi tutti voltarsi verso di me “nessuno deve sacrificarsi, Harry l’ha già fatto una volta ed è stata l’unica necessaria per se stesso e per noi, ora è il momento di restare tutti uniti e combattere insieme contro l’oscurità. Voldemort è rimasto da solo, non commettiamo il suo stesso errore.”

Il silenzio cadde ancora intorno a noi, spostai il mio sguardo verso Harry che scuoteva la testa impercettibilmente.

Non era d’accordo, era convinto di dover essere lui ad andare incontro al Lord Voldemort per morire, o per ucciderlo. Avevamo anche scorto in Teddy l’unico che avrebbe potuto farlo al suo posto: l’erede della battaglia nel caso Harry fosse morto.

Ora ero certa che non doveva essere così. Parlai di nuovo.

“Basta Harry! Basta col dolore che hai dovuto provare tu, basta coi martiri e coi sacrifici. Basta col pensiero che sia tu a doverti sacrificare per tutti noi. L’hai già fatto una volta, non potevi fare altrimenti, ma ora le cose stanno in maniera molto diversa. Combattiamolo insieme, siamo una forza unita e compatta, Voldemort è solo perché vuole stare solo, ed è questa la sua più grande debolezza.”

A quelle ultime parole Harry alzò lo sguardo colpito, puntò i suoi occhi verdi e profondi nei miei, cercava una conferma, una forza, la sincerità e forse anche un po’ di quella protezione che mai nella sua vita aveva davvero avuto.

La ebbe, e in quel momento capii che l’avevo convinto.

 

……………………………………

Note:

Inizio con lo scusarmi perché ho scritto il capitolo di fretta… spero di non aver fatto troppi errori, ho riletto e sistemato qualcosa, ma di certo mi è sfuggito qualcosa.

Dato che sono in ritardo pubblico ugualmente, se trovate qualche strafalcione, fatemelo notare nella eventuale recensione please!

Sulla trama non ho particolari cose da dire, ho ripreso le fila della storia di Andromeda che, come vedete, prende un ruolo più attivo nei fatti che precedono l’ultima battaglia.

Vi ringrazio di aver pazientato fino ad ora per leggere il capitolo (chi lo ha fatto) e vi do appuntamento a presto (più o meno) per gli aggiornamenti!!

Grazie a tutte

Circe

   
 
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