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Autore: Gaia Bessie    25/08/2012    7 recensioni
Era buia, quella notte, quando lui ha smesso di ragionare. Riusciva a sentire il buio che pesava sulle sua spalle, la rabbia che iniziava a scorrere nelle sue vene, lenta agonia dei sottomessi.
Era rimasto in un angolo, stringendo i denti per non urlare. Sentiva il sapore di sangue nella bocca, per il labbro rotto sotto la pressione dei denti. Era come un animale ferito, che ha già assaporato il sapore del suo sangue.
Non c’è niente di più pericoloso di un animale ferito che diventa predatore, solo per non soccombere al dolore della perdita.
Non vedeva niente, quella notte, sensazioni confuse si ammassavano dentro di lui. Ricorda solo quello.
Buio, dolore, perdita. Il vuoto.
Lei era lì, accanto a lui, che cingeva le ginocchia con le braccia troppo magre. Se qualcuno avesse sollevato quelle maniche avrebbe visto i lividi che fiorivano sulla sua pelle, come le rose nere che il diavolo le aveva donato.
-I fiocchi di neve muoiono sempre prima di toccare terra-
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Rose nere, sangue sulle mani: il vuoto



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Era buia, quella notte, quando lui ha smesso di ragionare. Riusciva a sentire il buio che pesava sulle sua spalle, la rabbia che iniziava a scorrere nelle sue vene, lenta agonia dei sottomessi.
Era rimasto in un angolo, stringendo i denti per non urlare. Sentiva il sapore di sangue nella bocca, per  il labbro rotto sotto la pressione dei denti. Era come un animale ferito, che ha già assaporato il sapore del suo sangue.
Non c’è niente di più pericoloso di un animale ferito che diventa predatore, solo per non soccombere al dolore della perdita.
Non vedeva niente, quella notte, sensazioni confuse si ammassavano dentro di lui. Ricorda solo quello.
Buio, dolore, perdita. Il vuoto.
Lei era lì, accanto a lui, che cingeva le ginocchia con le braccia troppo magre. Se qualcuno avesse sollevato quelle maniche avrebbe visto i lividi che fiorivano sulla sua pelle, come le rose nere che il diavolo le aveva donato.
“Prendile, coraggio” aveva detto, con quel suo sorriso affilato. “Te le regalo”.
E lei le aveva prese, pungendosi le dita con quelle spine troppo affilate, ed era corsa via nel buio della notte. Nessuno l’aveva seguita.
Era una strana scena, quella: lei che correva con le rose nere in mano, la veste bianca che ondeggiava.
“Non correre, fiocco di neve!” aveva urlato il diavolo, divertito. E lei non l’aveva sentito, perché era troppo occupata a mantenere la sua facciata di sfuggente ragazza vestita di bianco. Con delle rose che fanno sanguinare le mani, se si tengono in mano troppo a lungo.
Forse erano state quelle rose a convincerla a fidarsi di lui. Lui le aveva offerto quelle rose nere e lei gli aveva donato il suo cuore troppo fragile.
“Prendilo, coraggio” aveva detto, quando lui l’aveva preso fra le mani, sporche di sangue. “Te lo regalo”.
E lui l’aveva preso, esattamente come lei aveva fatto con le rose. Ed il sangue aveva iniziato a scorrere, lentamente, sulle mani troppo forti di lui.
“Distruggilo, avanti. È tutto tuo”.
E lei aveva potuto assaporare la forza di quelle mani sulla sua pelle, sul suo cuore. Ed i lividi ne erano la prova.
Solo che, il fiocco di neve non amava il sangue ed il diavolo non lo sapeva. E così, quando lei lo aveva attaccato lui non era riuscito a difendersi.
Ed erano rimasti soli, nel buio, il vuoto come unica compagnia. Lui e lei, rigidi come bamboline di vetro, immobili.
Lui, dei due, era quello pericoloso. Quello che aveva il sapore del sangue in bocca, che non poteva sopportare la notte. Non parlavano, lui si limitava a guardare fuori dalla finestra, di tanto in tanto. Era dicembre e faceva troppo freddo per piovere, troppo freddo per muoversi. E la neve cadeva, addolciva un paesaggio, faceva appassire i fiori. Le rose nere erano abbandonate sul pavimento, dove nessuno poteva toccarle. I petali erano sporchi di sangue, come le mani di chi le aveva tenute in mano.
Lui, dei due, era quello che non poteva sopportare la vista di lei in tutta la sua fragilità. Quello che non voleva ammettere che, in quel momento, la  Granger stava tremando.
-La sai una cosa, Granger?- aveva chiesto lui, quando l’aveva vista tremare.
-Cosa, Malfoy?- aveva chiesto lei, con un filo di voce.
-Sono sempre i fiocchi di neve a morire- aveva risposto lui, con un ghigno.
E lei si era chinata per prendere le rose ere che lui le aveva donato. La Granger aveva le mani sporche di sangue.



§




L’aveva vista correre con le rose nere in mano, il sangue che macchiava le maniche immacolate del vestito. Aveva sul volto quello strano sorriso, distaccato e difficile da interpretare, stesso riflesso del suo quando beveva Vino Elfico ed arrivavano le allucinazioni.
Perché arrivavano sempre, compagna costante del suo cuore solitario. Si dice che i fantasmi dei morti in guerra tormentino i loro assassini. Draco rideva ogni volta che qualcuno lo diceva.

Non era dei morti, che Draco aveva paura.
L’aveva vista fermarsi, con quelle rose nere in mano, quelle che lui le aveva regalato. Sua madre, una volta, gli aveva detto che le rose nere erano il simbolo della morte.
Lui aveva sorriso e le aveva raccolte per offrirle alla Granger.
Le aveva offerto quelle rose con un sorriso affilato che lei non aveva saputo interpretare. Aveva solo potuto prenderle e correre via, certa che lui l’avrebbe seguita.
Non si era voltata nemmeno una volta. Sapeva che lui era lì, dietro di lei, che correva. Prima o poi, lei sarebbe caduta:
sono sempre i fiocchi di neve a morire.
Si era fermata solo quando aveva iniziato a nevicare. Subito si era voltata verso di lui, insicura come una bambina che aveva appena imparato a camminare.
I fiocchi di neve le cadevano sui  capelli, si scioglievano sul vestito non più bianco. E lei non si muoveva, lo aspettava con le rose nere in mano.
-Sai, Granger- aveva detto lui, mentre un fiocco di neve si scioglieva nella sua mano. –
I fiocchi di neve muoiono sempre prima di toccare terra-
Lei aveva aggrottato le sopracciglia, perplessa. I fiocchi di neve si scioglievano in quella matassa di capelli crespi che non era mai riuscita a domare. Hermione non ci faceva caso, presa com’era a cercare d’interpretare la parole di Draco.
Da quando era finita la guerra lui aveva iniziato a parlare in maniere incompresibile, ricorrendo a metafore che solo lui comprendeva. Rifuggiandosi dietro parole che nemmeno la Granger riusciva ad interpretare.
Era andato da lei, quando la guerra era finita. L’aveva trovata in quel mare di persone che non potevano comprenderla ed aveva iniziato ad ammaliarla con quelle parole incomprensibili.
Hermione non gli chiedeva mai spiegazioni, ascoltava con calma e cercava d’interpretare quelle parole che lui pronunciava. Raramente trovava una spiegazione.
Un giorno si era svegliata e si era accorta che aveva iniziato a nevicare. Era uscita fuori e lui era già lì, con quelle rose nere in mano.
Lei le aveva prese senza fare caso al dolore causatole dalle spine delle rose nere. In realtà, era il cuore a causarle quel dolore infinito, una voragine nel petto.
Si era fermata quando non aveva più sentito i suoi passi, dietro di lei. Aveva stretto la sua presa sulle rose, senza badare all’odore metallico del sangue che le aveva invaso le narici.
-Chi hai perso, Draco?- aveva chiesto, ingenua.
E lui non era nemmeno riuscito a dirle che non le aveva dato il permesso di chiamarlo per nome.
Un nome ed un volto avevano invaso la sua mente e lui aveva avuto paura di crollare sotto il peso dei ricordi.
“Chi hai perso?” aveva chiesto Hermione.
E Draco, per una volta, non aveva trovato parole per raccontare ciò che era successo. Le metafore non bastavano per dar voce a ciò che Draco aveva ricordato.

Ma la Granger non poteva saperlo.



§




La Granger non parlava da giorni, da quando Draco aveva avuto il coraggio di rispondere alla sua domanda.
Per giorni l’aveva evitato, nascondendosi dietro espedienti che non l’avrebbero mai ingannato, se lui non avesse accettato di farsi ingannare da Hermione.
Probabilmente, non si aspettava una risposta. Eppure l’aveva chiesta e quando era arrivata, con quella sua verità scomoda, lei era stata incapace di accettarla.
“Dimmelo, avanti” aveva sussurrato lei, finché Draco non aveva ceduto. “So mantenere i segreti”.
E lui si era rinchiuso nel suo silenzio ostinato, da cui faticava a riemergere. Perfino per sommergere la Granger con quelle sue  parole incomprensibili.
Ogni tanto si fermava e guardava indietro, cercando ciò che aveva perso. Più volte Hermione si era fermata con lui, cercando di capire cosa vedeva Draco, quando guardava indietro.
Un giorno, lui l’aveva detto. Era una di quelle sere troppo buie e dolorose, quando i lividi sulle braccia della Granger non potevano essere nascosti. Spiccavano sulla sua pelle troppo chiara, fiorivano nel buio, piccole rose nere regalate dal diavolo.
L’aveva sussurrato, perché certe cose non possono essere dette ad alta voce, i nomi dei fantasmi devono rimanere segreti.
-Asteria Greengrass- aveva detto, semplicemente.
La Granger non aveva risposto, semplicemente, aveva guardato le mani di Draco. Erano sporche di sangue, esattamente come le sue. Le rose erano strette nelle mani di Draco, sembravano quasi pronte a spezzarsi sotto la pressione delle sue dita. Non era mai stato in grado di accudire altri esseri viventi, troppo fragili per sopportare la sua rabbia.
Asteria Greengrass diceva sempre che tutti gli esseri hanno bisogno di amore. Questo implicava che anche Draco ne aveva bisogno, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Hermione Granger non lo sapeva: lei non aveva fantasmi. Si era limitata a guardare Draco, perplessa, cercando di comprendere qualcosa che non avrebbe mai potuto capire.
Lui aveva alzato le spalle.
-Sono sempre i fiocchi di neve a morire- aveva spiegato, calmo. –Muoiono sempre prima di toccare terra-
Ed Hermione aveva abbassato lo sguardo, sul suo vestito non più candido.
-Io sono sempre lì- aveva detto Draco, tranquillo. –A guardarli mentre si sciolgono-
-Cosa le è successo?- aveva chiesto lei, in un sussurro.
La sua risposta l’aveva sorpresa, come sempre. Non si era nascosto dietro giri di parole che lei non sapeva interpretare, non si era rinchiuso nel suo silenzio.
-Si è sciolta- aveva detto, semplicemente. E, per una volta, tutto era stato dolorosamente chiaro.
La Granger gli aveva sfiorato la mano e lui, per una volta, non le aveva detto di non toccarlo con le sue mani da Babbana.
Aveva delle belle mani, la Granger, con le dita sottili. Erano mani adatte per suonare, anche se erano perennemente sporche d’ inchiostro.
-Non l’ho aiutata- aveva confessato Draco, sfiorando le mani della Granger con le proprie.
Un’impronta rossa aveva macchiato la pelle troppo chiara della Granger. Non era inchiostro, lo sapevano entrambi.
-Perché?- aveva mormorato Hermione, sfiorando la macchia sulla sua mano.
-Perché lei preferiva altre compagnie- avrva risposto, freddo.
Hermione aveva abbassato lo sguardo. Le mani di Draco erano sporche di sangue.



§
 



Era incredibile quanto Asteria fosse cambiata, nel giro di poco tempo. Un giorno era una bambina, la sorellina di Daphne, la piccola Serpeverde innamorata di Draco Malfoy ed il giorno dopo, era già cambiata.
Un giorno l’aveva vista correre verso il Lago Nero, la gonna della divisa che si alzava leggermente ad ogni passo. Correva come una bambina, i libri sottobraccio ed i capelli scompigliati.
C’era chi diceva che Asteria fosse una stella, fredda e distante. Draco aveva sempre pensato che Asteria fosse troppo pura, per essere una stella. Era come la neve.
Non poteva fare a meno di guardarla, quando si fermava per salutarlo con un sorriso e poi correva via, sempre di corsa.
Le aveva offerto quelle rose nere, un giorno, quando lei aveva ancora tredici anni.
“Prendile, coraggio” aveva detto. “Te le regalo”.
Lei non l’aveva nemmeno guardato negli occhi: era corsa via, scusandosi a bassa voce. Le rose nere erano cadute ai piedi di Draco, inutili.
Draco non era riuscito a trattenersi e l’aveva seguita, mentre la pioggia iniziava a cadere e gli baciava la pelle nuda del volto.
I suoi piedi avevano trovato da soli il sentiero da seguire, la via da prendere per raggiungere Asteria.
E l’aveva vista, quando non doveva vederla. Rideva, Asteria, fra le braccia di uno dei gemelli Weasley.
Draco l’aveva odiata. Era rimasto lì, con la pioggia che cadeva ed assomigliava alle lacrime che lui non versava, a guardare quella ragazza che non sembrava più così pura.
Anche le cortigiane sembravano pure, un tempo. Poi era possibile sorprenderle schiacciate contro un muro, le gonne alzate ed un sorriso sul volto. A quel punto era indispensabile capire la differenza fra damigella e cortigiana, fiocco di neve e rosa nera, amore e odio.
Di certo, lui non avrebbe potuto amare la piccola Asteria, che l’aveva tradito prima che iniziasse tutto. Che l’aveva deluso perché era caduta fra le braccia di un Weasley.
Sorrideva contenta, senza avvertire lo sguardo di Draco su di sé. Ogni tanto rideva per una battuta che Fred Weasley le aveva sussurrato, all’orecchio.
Quando sorrideva, le labbra rosate tese fino a scoprire i denti, sembrava davvero una cortigiana con le sottane alzate. E Draco la odiava perché non l’aveva mai vista sorridere in quel modo.
Sorrideva a quel Weasley come se lui fosse l’unica persona al mondo, come se ci fossero solo loro due. Come Draco non aveva mai sorriso.
Aveva asciugato una goccia di pioggia con la mano, irritato. Pioveva sul suo viso da troppo tempo, pioveva sempre su di lui.
Nelle sue mani, il sangue si univa alla pioggia in un bacio che sapeva di solitudine e dolore, sale sulle labbra. Non sapeva, Draco, di cosa sapessero le labbra di Asteria. Non l’avrebbe mai saputo perché, in quel momento, aveva capito una cosa. Qualcosa che non è possibile dire ad alta voce, perché è meglio sussurrarlo per non dover fare i conti con quelle parole troppo affilate.
I fiocchi di neve si sciolgono sempre, prima o poi. L’aveva capito guardando la disperazione con cui Asteria si aggrappava a Fred, la supplica implicita sul fondo dei suoi occhi.
Non lasciarmi.

Draco lo sapeva già, che quel Weasley l’avrebbe lasciata.



§




“Capisci di aver sbagliato quando qualcuno guarda le tue mani e le vede sporche di sangue” era una delle frasi preferite della signora Malfoy. Draco non le aveva mai creduto, da bambino: guardava le mani di suo padre e le vedeva scarlatte e si diceva che sua madre l’aveva preso in giro, perché suo padre non poteva sbagliare.
Anni dopo avrebbe capito che le mani di suo padre avevano preso la tinta cupa del sangue Babbano che avevano fatto scorrere a fiumi. Lucius non gliel’aveva mai detto, ma per lui il richiamo del sangue era irresistibile, un canto che lo ammaliava.
Draco aveva sperimentato la dipendenza dal sangue, aveva provato sulla sua pelle la sensazione piacevole che provava quando si sentiva il migliore. Quello forte.
Una volta si era fermato ad osservare le sue mani, in una stanza troppo buia per non notare lo splendore rossastro del sangue ancora fresco sulle mani. Quando aveva visto quelle mani, pallido riflesso di quelle di suo padre, aveva avuto paura. Per una volta, Draco aveva desiderato con tutto il cuore di essere diverso da suo padre.
La Granger aveva le mani troppo pulite, troppo bianche. Nell’oscurità della stanza sembravano quasi immacolate, non si notavano nemmeno le macchie d’inchiostro.
Non c’erano macchie di sangue, suella mani di Hermione, tranne quella che lui le aveva lasciato, un regalo che lei non aveva chiesto. Una concessione che lui le aveva fatto, nonostante tutto.
L’aveva fatto per farle capire ciò che non aveva mai potuto comprendere, cosa si nascondeva dietro a tutte quelle parole vuote che usava. Quelle che, per lui, non avevano mai avuto un significato reale.
Le parole erano lo scudo dietro il quale si nascondeva, per sfuggire agli sguardi degli altri. Alle sue mani piene di sangue.
-Non l’ho uccisa, Granger- aveva precisato Draco, quando lei aveva guardato le sue mani. –Non lei-
Hermione aveva inclinato la testa, i capelli crespi che le coprivano il volto. –Allora, perché?-
Lui si era fermato un secondo, come per pensare alla risposta. –Perché era destino: i fiocchi di neve si sciolgono sempre, le rose appassiscono, le stelle esplodono. Le persone muoiono- aveva risposto, alzando le spalle. –E noi cosa possiamo fare? Niente-
Hermione non aveva  risposto, persa in quel labirinto di parole che cercava di decifrare. Non era mai riuscita a capire le parole di Draco, mai.
-Non farti esplodere la testa, Granger- aveva detto lui, con un ghigno. –Le parole non cambiano, hanno sempre lo stesso significato. Indipendentemente da chi le pronuncia-
-Le tue parole sono difficili da comprendere- aveva ammesso lei, mettendo da parte l’orgoglio.
E, per una volta, Draco aveva sorriso. Non aveva riso, non aveva ghignato: aveva sorriso quasi come Asteria sorrideva a Fred Weasley, prima di andarsene.
Malinconia, disperazione e sale sulle labbra: certi elementi ritornano, sono una costante in tutte le relazioni.
-Lo so- aveva detto, semplicemente. Aveva articolato bene quelle due parole, con calma, quasi sillabandola.
Solo che, ogni parola, era una lama. Ed ogni parola faceva scorrere un fiume infinito di sangue, che finiva sulle mani di Draco. Ed Hermione lo vedeva chiaramente e ne era disgustata: le sue mani erano pulite, lei non aveva ucciso nessuno.
Nemmeno Draco era un assassino.



§




La Granger lo sapeva, cosa c’era fra Fred Weasley e Asteria. Era lì quando Draco li guardava, pensando che un’estasi del genere, un’idillio come il loro non poteva durare. I fiori più belli vengono sempre distrutti dal gelo e niente può salvarli. Solo i fiocchi di neve che, inevitabilmente, si sciolgono.
La Granger non sapeva che quando li guardava, c’era anche Draco con lei. Era sempre lì, in un angolo nascosto, a fissarli per capire quale fosse il loro segreto.
Perché ci doveva essere un segreto, non potevano essersi innamorati così, per caso. Asteria Greengrass non avrebbe mai potuto innamorarsi di Fred Weasley.
Lo ripeteva, Draco, ogni giorno: non era possibile. Eppure era successo, tutte le cose che crediamo impossibili accadono, come per magia.
Draco c’era, quando Asteria iniziò a perdersi nel suo labirinto di disperazione. La sorprendeva mentre rimaneva rannicchiata in un angolo, lo sguardo perso nel vuoto. Non piangeva mai.
Aspettava con una pazienza infinita che il suo Weasley tornasse, contando i giorni che mancavano alle gite ad Hogsmeade.
“Sciocca” pensava Draco, ogni volta che la vedeva. Asteria preferiva soffrire, piuttosto che trovare un altro ragazzo, più degno di Weasley.
Eppure, ogni volta che la guardava, vedeva le sue mani incredibilmente bianche, bianche come quelle della Granger. E lo capiva: Asteria faceva bene a lottare per ciò in cui credeva. Anche se credeva in un amore che si sarebbe dissolto come una nube di fumo, sotto il peso del primo gelo.
E, ogni volta che ci pensava, guardava le sue mani rosse e si dava mentalmente dello sciocco. Perché anche lui aveva un’amore sbagliato per cui lottare, anche a costo della vita. Solo che si rifiutava di lottare.
La Granger rideva, studiava e camminava con una pila di libri sulle braccia: non avrebbe mai potuto capire cosa stava succedendo a Draco.
Un giorno, Draco aveva visto Asteria piangere. Lei non piangeva mai, nemmeno quando sentiva la mancanza del suo Weasley.
Però, quel giorno era corsa da lui, il voolto umido di lacrime e lo sguardo stravolto. I capelli biondi erano attaccati al viso troppo pallido. In mano stringeva un pezzo di pergamena e vi si aggrappava con tutta sé stessa. Non aveva altro.
-Asteria?- aveva chiesto Draco, perplesso.
Lei si era lanciata fra le sue braccia, lacrime salate che piovevano ovunque. Probabilmente anche le sue labbra sapevano di sale.
-Mi lascia- aveva urlato lei, fra le lacrime. –Draco, lui mi lascia!-
E Draco era rimasto immobile, mentre Asteria piangeva tutte le sue lacrime. Il sangue sulle sue mani che si diluiva con le lacrime e scivolava via, a macchiare il terreno.
Con una mano le aveva accarezzato i capelli, in un gesto di inusuale tenerezza.
-Non ti lascerà- aveva predetto, mentre dell’altro sangue scorreva via. –Nessuno sarebbe in grado di lasciarti. Nemmeno uno stupido Weasley-
E lei aveva riso, asciugando quelle lacrime che non dovevano esserci. Quelle che c’erano, nonostante tutto.
-Grazie- aveva sussurrato, mentre correva via, irrimediabilmente ed inevitabilmente.
Draco era rimasto fermo, a contemplare il punto dove lei era sparita. E dentro di lui s’insinuava una consapevolezza dolorosa: aveva mentito ad Asteria, Fred Weasley non sarebbe tornato. Poteva amarla con tutto il cuore, odiarla con la stessa intensità, ma non sarebbe tornato: quando qualcuno se ne và non ritornerà mai del tutto.

E le mani di Draco tornavano ad essere rosse.



§




-Non essere stupida, Granger- aveva detto Draco, quando l’aveva sorpresa a scrutare le macchie rosse sulle sue mani, dove le rose l’avevano ferita. –Sono solo ferite, guariranno-
Delle parole restavano sottintese: io non guarirò mai.
E la Grager era tornata a fissare le sue mani bianche, con la macchia rossa che Draco vi aveva lasciato. Era quella, la vera ferita, quella che non sarebbe mai guarita. Le sarebbe rimasta dentro, sotto la pelle.
-Anche le tue, sono ferite- aveva risposto Hermione, indicando i graffi prodotti dalle spine delle rose nere.
Lui si era sistemato i capelli biondi, con le mani rosse, quelle mani che non potevano essere innocue.
-Sei brava ad ingannarti, Granger- aveva osservato lui, mentre raccattava le rose nere dal pavimento. –Ma non riuscirai ad ingannare me. Non sono come voi sciocchi Grifondoro, preferisco dirmi la verità-
-Non ho detto una bugia- aveva replicato lei, piccata.
Lui non aveva ghignato, come avrebbe fatto normalmente. Semplicemente, l’aveva guardata dritta negli occhi, costringendola a distogliere lo sguardo dal sangue sulle sue mani. Constringendola a cedere, come aveva fatto tutte le altre volte.
-Se continui a mentire non riuscirai più a distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è- aveva detto lui, senza distogliere lo sguardo da lei.
-Ti amo- aveva mormorato lei, con un fil di voce.
Draco aveva piegato gli angoli della bocca, come per sorridere. –Questa è una bugia- aveva detto, piano.
Hermione aveva abbassato lo sguardo, triste. –Lo so- aveva detto.
Il sorriso di Draco si era offuscato. –Anche questa era una bugia- aveva osservato, con voce atona. –Dovresti imparare a mentire-
La risposta di Hermione l’aveva sorpreso, forse perché l’aveva detta ad alta voce. Anche se, certe cose, devono essere sussurrate.
-Insegnami- aveva detto, calma. –E tu dovresti imparare ad amare-.
Un lampo di consapevolezza aveva attraversato gli occhi grigi di Draco. –Insegnami- aveva detto, con un sorriso strafottente.
-Anche io ho tanto  da imparare- aveva risposto Hermione. E si era alzata, lasciando Draco da solo, con quel buio che gli pesava addosso.
Le rose nere erano rimaste sul pavimento, mute testimoni di quell’amore senza lieto fine. Di tanti amori senza lieto fine.
Draco non si era mosso, non l’aveva seguita. Era rimasto congelato al suo posto, le mani che sanguivano come non mai.
“Cos’ho fatto?” avrebbe voluto urlare Draco, mentre le rose nere diventavano rosse. Ma non disse niente per un semplice motivo. Se l’avesse chiesto, la risposta sarebbe stata “perché l’hai lasciata andare?”.
E Draco lo sapeva già: era scritto col sangue, sulle sue mani.



§




Se l’era ritrovata fra le braccia prima che riuscisse a comprendere cosa stava succedendo. La Granger si era rifuggiata in lui quando aveva visto il suo Weasley andarsene, per colpa di un Mangiamorte.
Draco aveva visto Asteria che se ne andava. Lei era corsa dal suo Weasley, era corsa verso la morte solo per lui. Per le bugie che Draco le aveva raccontato.
Era corsa verso la morte con la grazia di una ballerina, la gonna della divisa che ondeggiava ad ogni suo passo. Era corsa stringendo in mano un pezzetto di pergamena, esattamente dove avrebbe dovuto esserci una bacchetta. Solo che non c’era una baccchetta, non aveva nemmeno cercato di prenderla per difendersi.
Era corsa verso di lui che non riusciva a difendersi dalle maledizioni di Avery ed era stata colpita da un lampo verde.
La Granger non lo sapeva, lei non sapeva niente. Si era abbandonata alle sue mani come per imprinting, affidandosi a lui con la fiducia di un cucciolo.
Non capiva, nonostante tutto. Lui era solo un modo come un altro per dimenticare, per distogliere la mente dai problemi che l’assillavano.
Se qualcuno avesse chiesto a Draco cos’era Hermione  per lui, non sarebbe stato in grado di rispondere.
Non lo sapeva.
Ma qualcosa c’era, c’era sempre stato. Un giorno l’aveva vista correre nei giardini del Manor, avvolta in quel suo vestito bianco immacolato.
Le aveva offerto le rose nere che lui aveva sempre odiato, quelle che si era impegnato a far crescere per mantenere vivo il ricordo della guerra. La guerra aveva distrutto tutto, perfino i colori.
Le aveva offerto quelle rose perché erano le uniche cose che gli rimanevano.
“Prendile, coraggio” aveva detto. “Te le regalo”.
La Granger non sapeva che Draco non le aveva regalato delle semplici rose: le aveva regalato sé stesso.
Se lei l’avesse saputo, probabilmente non se ne sarebbe andata. Avrebbe guardato i lividi che erano fioriti sulla sua pelle troppo chiara, frutto delle mani troppo forti di Draco, e li avrebbe ignorati.
Oppure non l’avrebbe fatto, ma qualcosa sarebbe stato diverso.
Magari, le mani di Draco sarebbero rimaste immacolate come quelle della Granger.



§




Era buia, quella notte, quando lei lo lasciò. Stava rannicchiato nell’angolo che aveva ospitato il fragile corpo della Granger e respirava a malapena.
Stringeva i denti per non piangere, stringeva in mano le rose nere, fino a sentir le spine penetrare nella carne della mano.
“Dolore scaccia dolore” aveva detto la Granger, una volta. Probabilmente aveva ragione, lei aveva sempre ragione.
Non vedeva più niente, il mondo era offuscato dalle lacrime che lui non versava. Era solo, perché lei se n’era andata.
E non rimaneva più niente, in Draco. C’erano solo quelle sensazioni confuse che non lo abbandonavano.
Buio, dolore, perdita. Il vuoto.






Bessie’s Corner:
Che dire? Questa storia è frutto di ben due giorni di scrittura, di pianti davanti al pc, di scleri sulla bacheca del forum di Efp. Non so spiegarvi da dove sia uscita, non so dirvi nemmeno che senso abbia una storia così.
Ho sempre shippato DracoHermione, ma non sono mai stata in grado di scrivere qualcosa di serio su di loro. Questa storia è stata una sifda ed un’esperimento allo stesso tempo.
Ho cercato di mantenere i personaggi IC ma credo di non esserci riuscita, purtroppo.
In ogni caso, spero che vi sia piaciuta. Ho penato moltissimo nello scriverla xD
Prima di lasciarvi ci tenevo a ringraziare qualche persona.
Ringrazio Aven che ha subito i miei deliri su questa storia.
Ringrazio mia moglie Emma… perché lei è l’ammmore, devo ringraziarla u.u
Ringrazio l’altra mia mogliA JaneJ perché… lei lo sa, perché u.u
E… questo è tutto. Mi farebbe molto piacere ricevere qualche recensione :)
Bess
   
 
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