Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ezrebet    25/08/2012    1 recensioni
...Hermione Granger, la sanguesporco, la Grifondoro che aveva attraversato la sua strada mille volte, l’essere che aveva costituito un affronto per lui per il solo fatto di esistere.
Anche adesso, la sua presenza lo sgomentava, ma per tutt’altre ragioni che non riusciva a chiarire nemmeno a sé stesso...
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I- Acqua dalla Luna

"Volevo essere un grande mago
incantare le ragazze e i serpenti
mangiare fuoco come un giovane drago
dar meraviglie agli occhi dei presenti
avvitarne il collo e toglierne il respiro
un tuffatore in alto un trovatore perso
far sulla corda salti da capogiro
passare muri e tenebre attraverso
come un cammello entrare nella cruna
librarmi equilibrista squilibrato
uno che sa stralunare la luna
polsi di pietra e cuore alato..."





Quando lavorava nel laboratorio, Draco indossava un camice bianco, un indumento babbano di cui aveva scoperto l’utilità nel corso dei mesi. Anche quella mattina lo indossava, mentre studiava attentamente il contenuto dei preparati che erano stati fino a quel momento somministrati alla Granger. Si trattava di farmaci tesi a mantenere costante la pressione sanguigna e a controllare il battito cardiaco, piuttosto comuni in terapie di quel tipo. Inoltre, il medico babbano aveva predisposto una serie di sostanze idratanti e nutritive che la paziente assumeva tramite flebo. Nel complesso, una buona terapia, l’unica possibile in casi come questo.
Ciò che lui poteva fare, era cominciare a sostituire alcuni principi attivi babbani con altri magici, dosandone attentamente la quantità e monitorando i cambiamenti che avvenivano. Se mai ne fossero avvenuti.
I casi di coma profondo erano molto rari nel mondo magico, quasi inesistenti quelli senza causa apparente. Una maledizione cruciatus troppo intensa o somministrata a più riprese nel giro di poco tempo poteva generare uno stato comatoso di lunga durata, questo era quanto aveva trovato nei testi, ma i casi si contavano sulle dita di una mano. La cruciatus, di norma, conduceva alla morte, se reiterata, o ad uno stato catatonico che non equivaleva comunque ad uno stato di coma profondo. Di questo era più che certo per esperienza diretta.
Continuando a leggere gli appunti, afferrò la bacchetta e chiamò a sé un altro testo, di origine babbana, sulle terapie farmacologiche somministrate in casi di catatonia. Sfogliò fino al capitolo desiderato e poi s’immerse nella lettura. Nel corso del tempo, si era reso conto dei passi importanti fatti dalla scienza medica babbana e spesso attingeva dai testi universitari e dalle riviste di settore più aggiornate. Era riuscito, tramite Internet, altra sorprendente invenzione, ad iscriversi ad alcune riviste on line che si erano rivelate fondamentali per i suoi studi.
Continuò così per molte ore. Non utilizzava alcun orologio, ne babbano né magico, aveva rinunciato al tempo da subito; non gli importava sapere niente dello scorrere dei minuti, delle ore, dei giorni, non più. Certo, quest’abitudine sconvolgeva gli elfi, soprattutto Dobby, ma era qualcosa che avevano dovuto accettare. Per Malfoy, il tempo che scorreva non aveva più alcuna importanza.
Sollevò lo sguardo al libro soltanto quando le parole cominciarono a sovrapporsi impedendogli di comprendere il significato delle frasi. Si strofinò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento che il suo stomaco brontolava.
Si sfilò il camice e si diresse alla porta. Per poco non travolse Dobby, che trovò fermo nel corridoio proprio davanti all’entrata.
“Per Merlino!” esclamò Draco tentando di mantenere l’equilibrio “Che ti salta in mente di sostare proprio qua davanti?”.
Gli occhi verdi e sporgenti dell’elfo rimasero fissi su di lui “Padrone deve mangiare”.
L’uomo sospirò. Era troppo stanco per mettersi a discutere con quell’essere cocciuto, così prese a camminare “Si, andiamo. Ho fame”.
Dobby gli trotterellò dietro e una volta in sala da pranzo gli servì quanto preparato.
“E come sta oggi la nostra paziente?” gli domandò Malfoy bevendo un po’ di burro birra “Hai fatto come ti ho detto?”.
“Sì. Sta come ieri, padrone”.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi padrone” lo redarguì distogliendo lo sguardo.
“Dobby non sa come altro dire” fece l’elfo testardo.
“Può chiamarmi dottore” suggerì Draco, “E’ quel che sono”.
Dobby annuì ma era chiaro che non era affatto convinto.
Poco dopo, Draco salì in camera di Hermione. La guardò dalla soglia. Nella stessa posizione del giorno precedente, la stessa da molti mesi, sembrava addormentata. Mentre la guardava, l’immagine di lei a Hogwarts gli attraversò la mente; sempre troppo impegnata, sempre troppo preparata, sempre troppo coraggiosa… quanto gli era bruciato quello schiaffo a sorpresa. Gli sembrava passato un secolo da quando i corridoi di quell’antica dimora rappresentavano i confini del loro mondo.
Entrò nella stanza, allontanando da sé quelle immagini così remote eppure così pronte a ricordargli tutto quanto era successo e tutto quanto aveva perduto, si avvicinò al letto, osservò la flebo e la regolarità del flusso. Poi, tornò a guardare la ragazza e posò una mano sulla fronte di lei, successivamente prese il suo polso e rilevò le pulsazioni. Infine, muovendo appena la bacchetta, le fece eseguire alcuni esercizi di fisioterapia.
A fare da sottofondo a quel momento era la musica di Mozart, diffusa come sempre in ogni angolo della villa. Chi avesse scorto Draco, l’avrebbe forse scambiato per un direttore d’orchestra, mentre eseguiva gli incantesimi seguendo la meravigliosa melodia. E al contempo, avrebbe pensato ad Hermione come ad una ballerina intenta ad esercitarsi a tempo di musica…
Quando fu uscito dalla stanza, Malfoy tornò in laboratorio, indossò di nuovo il camice e riprese da dove aveva lasciato. La visione del sonno profondo della Granger lo aveva turbato ancora, spingendolo a tornare a studiare, a cercare qualcosa che modificasse la situazione. Si rendeva conto che era praticamente impossibile, allo stato attuale, riuscirci, ma la sua indole non gli consentiva di rassegnarsi. Profondamente, dentro di sé, si rifiutava di gettare la spugna. Uno scienziato doveva almeno provarci.

Durante la notte, il temporale gli impedì di prendere sonno. Si rigirò nel letto, guardando le finestre, a tratti illuminate dai lampi cui seguivano fragorosi tuoni che parevano scuotere la villa dalle fondamenta. Draco non aveva mai avuto paura dei temporali, non era mai stato uno di quei bambini che si rifugiava nel letto dei genitori, e d’altro canto Lucius non glielo avrebbe mai permesso. Ma adesso… quei rumori irregolari, quelle luci accecanti risvegliavano in lui i ricordi delle battaglie, dei colpi dati e ricevuti… ecco perché non riusciva a dormire, ogni volta…
Si alzò. Infilò la vestaglia ed attraversò il corridoio, trovandosi di fronte alla camera della sua paziente. Entrò e subito si avvicinò alla finestre, tirò le tende in modo da non scorgere i lampi e le saette, poi evocò un incantesimo per diffondere musica nella stanza e si sedette sul bordo del letto.
L’aveva creduta morta, insieme ai suoi amici di sempre,insieme a Potter, agli Weasley, a Lightbottom…tutti. Non aveva fatto che immaginare la violenza, le esplosioni, l’atrocità di quell’ultima, decisiva battaglia, lui, che era stato rinchiuso alla villa da suo padre, nell’estremo tentativo di salvargli la vita.
“Non permetterò a questa pazzia di ucciderti” gli aveva detto incarcerandolo nelle segrete, trascinandolo come fosse stato un fuscello, abbattendo ogni sua resistenza. Lui voleva andare, fare la sua parte, mostrare il suo valore… ed invece era rimasto chiuso là sotto, per tutto il tempo.
Nel vederla inerme, non riuscì ad immaginarsela impegnata in un duello all’ultimo sangue con un mangia morte, forse con lo stesso Voldemort. Eppure, lei era stata là, aveva combattuto, scagliato maledizioni senza perdono a ripetizione, battendosi come il suo cuore griffondoro le imponeva, senza cedere alla  paura.
“Che ti è successo, Sanguesporco” sussurrò seguendone i lineamenti nella penombra. Con lo sguardo, seguì la linea delicata del profilo, del piccolo naso spruzzato di efelidi, del disegno perfetto delle labbra, delle delicate palpebre abbassate ormai da troppo tempo. E i capelli, quei bizzarri capelli ricci, indomabili, infiniti, che erano stati sacrificati… gli parve di vederli risplendere tra i corridoio austeri della scuola.
Se almeno avesse capito come era entrata in quello stato di sospensione, quale era stata la causa scatenante. Da escludere un trauma, perché sia gli esami babbani che quelli magici da lui stesso eseguiti, avevano dato esito negativo. Non erano state trovate ferite importanti sul corpo, fratture o lussazioni, che giustificassero duelli corpo a corpo, niente.
Draco fissò quel volto immerso nell’oblio a lungo, dimentico ormai del temporale e del suo fragore, concentrato, come se dall’osservazione di quell’espressione assente avesse potuto dare risposta al suo interrogativo. E il sonno lo colse improvviso, costringendolo ad appoggiarsi alle coltri, ad affondare il viso sul cuscino,  accanto al respiro regolare di Hermione.

Fu la luce dell’alba che filtrava dalle tende tirate a svegliare Draco. Si mosse sul cuscino, sollevò le palpebre ed incontrò il profilo della paziente, immobile come sempre. Era sdraiato accanto a lei, su un fianco, in vestaglia.
Mentre riemergeva dal sonno, ricostruì quanto accaduto la notte precedente. Si passò una mano sul viso, sospirando. Erano mesi che trascorreva giorni e notti da solo e anche se in queste condizioni la Granger l’aveva salvato dalla sua paura dei temporali… Se l’avesse saputo, che il mago purosangue Draco Malfoy aveva sviluppato un insuperabile odio per lampi e tuoni forse, anzi, certamente, avrebbe riso e l’avrebbe canzonato. Certo che si, avrebbe usato l’informazione contro di lui.
Si sollevò guardandola “E avresti ragione, sanguesporco” scosse la testa, ricordando tutte le volte che l’aveva insultata usando quell’odioso epiteto. La fissò ancora per qualche istante, poi si alzò e si diresse alla porta.
Nel corridoio incontrò Dobby che si stava dirigendo dalla paziente.
“Buongiorno pad… dottore” fece un piccolo inchino “Dobby sta andando a medicare Granger. La colazione è in tavola”.
Draco annuì “Mi raccomando Dobby, con attenzione” ed attese di vederlo sparire nella camera. Poi, invece di dirigersi in sala da pranzo, scese in laboratorio, indossò il camice sopra il pigiama ed accese il computer. Si collegò alla rete e scaricò alcuni articoli sull’utilizzo della terapia naturale nel trattamento degli stati catatonici, decidendo di dedicare tutta la giornata a quelle letture. Se mai ci fosse stato qualcosa d’interessante, lui l’avrebbe scovato ed utilizzato per curare Hermione. Non si soffermò su quell’idea, impensabile solo poco  mesi prima, e s’immerse nello studio.
Ricevette il gufo qualche ora dopo. Proveniva da Arthur Weasley.

“Draco, stiamo cercando di ricostruire gli avvenimenti successivi alla Battaglia Finale nel tentativo di capire che cosa è accaduto a Hermione. Immagino che sapere la ragione del coma sia un buon aiuto nella ricerca della terapia. Lei è una figlia, per me, e sto veramente facendo quanto in mio potere per scoprire se è vittima di un qualche incantesimo nero. So che anche tu ci stai provando e te ne sono grato. Ti terrò informato sul lavoro degli Auror. A.W.”

Fissò a lungo quelle poche righe, che provenivano da un mondo a cui aveva rinunciato. Weasley si fidava di lui e delle sue capacità a tal punto da affidargli la donna che considerava sua figlia, la sua unica figlia rimasta. Il cuore gli batteva forte in petto, e non sapeva nemmeno spiegarsi il motivo. Poi, pensò che forse era per la paura di fallire. Era pressoché impossibile riuscire a curare la sanguesporco, e questo Weasley lo sapeva, eppure confidava in lui, sperava che accadesse il miracolo.

Non so fare miracoli. Sono Malfoy, sono un Serpeverde, sono figlio di un mangiamorte, ho un marchio infamante sul braccio, sono fuggito davanti al pericolo.. Non riuscirò a salvare la Granger.

Avrebbe voluto scrivere questo al ministro, dirgli che la sua era una speranza irrealizzabile, che si fidava della persona sbagliata. Invece, si trovò a vergare poche righe, rapidamente.

“Farò del mio meglio per sua figlia, ministro. D.M.”.

Volevo diventare un pifferaio
stregare il mondo e ogni sua creatura
crescere spighe di grano a gennaio
sfidar la morte senza aver paura
mettere la testa in bocche di leoni
un domatore vinto un cantastorie muto
far apparire colombi e visioni
l'uomo invisibile l'uomo forzuto
lanciar coltelli e sguardi come gelo
saper andare in punta delle dita
uno che si getta a vuoto nel telo

del lungo inverno della vita"

 Ps: Grazie a tutti coloro che seguono la mia storia.
Ezrebet
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ezrebet