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Autore: Kysa    09/03/2007    5 recensioni
...E dopo quattro anni dall'aver lasciato il nido protettivo di Hogwarts, alla porta di Harry Potter si ripresenta un Riddle che sconvolgerà la vita a lui e a Draco, legati indissolubilmente da una maledizione che li porterà alle soglie di un'altra avventura e di una nuova crudele battaglia. Il seguito di "La Scommessa"...
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Un tempo, circa più di vent'anni orsono, si è brindato alla vita di un neonato.
Questa notte si versano lacrime per quel bambino.
Cadono queste lacrime e il loro suono desta anche i defunti. Ma a lui non arriveranno.
Per lui non è fra loro.
Lui è ancora qui.
Lui è speranza. Lui è vita.
Lui è sopravvissuto.



Assediati.
Clayton Harcourt poggiò le mani contro la porta e spinse con tutta la forza che aveva, insieme a Sphin Eastpur e Milos Morrigan. Arrivò anche Jess e di schiena cominciò a fare leva sulle gambe...ma non avrebbero resistito ancor a lungo.
- Ma quanti cazzo sono?!- sbraitò Clay rabbioso - Ragazzi non reggeremo ancora a lungo!-
- Usate meno la bocca e più le braccia.- sentenziò Sphin - Jess dove cavolo sei finito?!-
La Stanza delle Necessità.
Era lì che si erano chiusi ancora prima dell'attacco dei Mangiamorte. Era lì che Harry li aveva pregati, con un'espressione mai vista prima, di andare ad attendere il momento giusto per combattere.
Lui sapeva che sarebbero stati attaccati in massa. Lui aveva capito.
E ora tutta Hogwarts era invasa di Mangiamorte.
Una ventina di loro spingeva per entrare e massacrarli, sapendoli ancora senza poteri.
Era passata appena mezz'ora e Jess, che girava per la stanza che si era magicamente riempita di armi e oggetti magici alquanto pericolosi, temeva per la vita di coloro che erano ancora dispersi.
Suo fratello era il primo a mancare.
Ma Tristan aveva con sé l'anello di Lucilla, quindi sarebbe stato al sicuro.
Ora dovevano però cominciare a proteggere loro stessi. Afferrate due sfere esplosive che dentro alla loro scorza di vetro contenevano delle magie Bombarda, un rombo di cristallo che conteneva una maledizione senza perdono e delle asce.
Le loro spade erano state sguainate.
- Pronti?- Jess mise il palmo sulla maniglia.
Gli altri tre sogghignarono. I Mangiamorte avrebbero trovato pane per i loro denti.
In un lampo la porta fu aperta quel tanto che bastava per farne cadere dentro malamente almeno cinque.
Presi dal contraccolpo caddero a terra e persero le bacchette, mentre Sphin richiudeva la pesante porta della Stanza delle Necessità sulle mani degli altri, che strillarono dal dolore.
Pochi secondi più tardi, tre Mangiamorte erano stati uccisi sul colpo dalle asce, uno aveva il collo spezzato, l'altro finì sotto le grinfie di Milo che anche senza poteri era comunque dieci volte più forte e veloce di un uomo normale.
- Fuori cinque.- disse Morrigan, leccandosi le labbra.
Ma sfortunatamente il Diurno non ebbe modo di godersi altre prede.
Un'esplosione colossale nel corridoio fece traballare quasi tutto il piano e quando la porta si riaprì, ne entrò Degona di corsa, quindi Liz e poi Tristan, la mano protesa verso la decina d'incappucciati che li seguivano.
- Merda, merda!- sbraitò il secondogenito dei Mckay, schiacciandosi contro la porta.
- L'hai detto.- sentenziò Jess - Tutto bene?-
- Si, per ora si.- annaspò suo fratello, senza fiato - E voi?-
- Tutto bene, abbiamo anche cenato.- frecciò Milo, prendendosi in braccio la piccola Degona.
- Notizie di Harry e gli altri?- chiese Elisabeth disperata.
- Fra mezz'ora te li saprò trovare.- le disse Clay - Ma finché non riotterremo i nostri poteri non possiamo fare nulla.-
- Che si sa del preside e dei prof?- sussurrò Sphin, continuando a spingere con forza sullo stipite mentre, lentamente, si stavano forma sulla porta delle serrature di metallo magico, estremamente necessarie.
- L'ufficio dei presidi di Hogwarts è sotto incantesimo.- borbottò Jess, mentre spingeva un mobile verso di loro - E' un incantesimo che hanno messo i protettori delle case mille anni fa, se si sono chiusi lì dentro i Mangiamorte non potranno entrare.-
- Si ma se i Mangiamorte poi non li facessero uscire?- chiese Milo al clic delle serrature.
Si staccarono e la porta tenne da sola. Bene, erano in cassaforte.
- Cosa dicevi?- ribatté Tristan, verso il Diurno.
- Dicevo che come possono impedirci di andare a spasso, possono impedirci di uscire da qua.- cinguettò Morrigan con un brutto presentimento - Così, mentre noi stiamo chiusi in scatola...-
-...quelli fanno il loro rituale.- sussurrò Jess, finendo per lui.
In tutti attimo tutti i presenti ghiacciarono.
Oddio...dovevano uscire assolutamente da lì!


Le lucciole verdi stavano lentamente svanendo.
Le poche ancora sospese sull'erba del giardino interno di Hogwarts roteavano attorno a lui...
Il Marchio Nero era scomparso. Le grida di Tom si erano sublimate.
Tutti era svanito.
Ma non il dolore.
Era lì. Alle sue spalle...e continuava a ferirlo, piantandogli un coltello nella schiena fino a raggiungerli il cuore.
Era morto. L'aveva lasciato da solo.
E ora di lui non restava niente. Neanche il suo bracciale. Neanche la loro maledizione.
- Chi va là?-
Dissennatori, demoni impuri e Mangiamorte avevano attorniato il castello.
Molti erano entrati, molti erano rimasti a presidiare le mura.
E ora lo avevano circondato.
Lo guardarono e riconobbero in lui il traditore.
La giubba nera visibilmente macchiata di rossa, di spalle, i capelli biondi che quasi gli ricoprivano gli occhi.
Le mani sporche di sangue.
Ma quando si girò, in lui non rividero in figlio del traditore.
Pochi istanti dopo per tutta la scuola di magia e stregoneria rimbombò un vortice di grida laceranti.
Unite in una danza macabra continuarono a strillare roche e straziate, poi si spensero...mentre un ringhio più forte, un qualcosa che da tempo immemore non si sentiva per quelle terra, entrò a palazzo.


Silente socchiuse gli occhi pallidi, sentendo quel verso ancestrale.
Quel suono. Si, l'aveva sentito una sola volta in vita sua.
Si era svegliato.
Distolse lo sguardo dalla finestra del suo studio che gli rimandava uno spettacolo atroce. Hogwarts assediata.
E nessuno sarebbe arrivato a salvarli. Non finché il Ministro Orloff era sulla sua sedia.
Ma ora di Orloff, dei Mangiamorte e della rovina che aleggiava sulla sua amata scuola, in cuor suo poco gl'importava.
Perché quella notte avevano perso tutti qualcuno di più grande di una scuola.
Sentì gli ex studenti piangere alle sue spalle, sentì le lacrime scorrere.
Sentiva la vita che quasi se ne andava, proprio come se n'era andato lui. Harry Potter.
Si volse appena sopra la spalla, osservando quei ragazzi che si guardavano confusi, quasi senza più luce nello sguardo.
Come se qualcuno avesse portato via loro la speranza.
Ecco cos'era Harry Potter.
Speranza.
Era morto, se n'era andato, trafitto a morte da una spada.
L'eroe dei maghi aveva detto addio.
Ma prima aveva spazzato via il Marchio Nero. Silente ricordò quel fulmine smeraldino che, trapassando il cielo notturno, aveva fermato i Mangiamorte. Loro si erano salvati solo grazie a quel prodigio.
Vanessa Lestrange aveva colpito tutto il castello col suo maleficio ma erano riusciti a fuggire proprio quando quella saetta di salvezza aveva accecato i loro nemici, tanto da permettere loro di fuggire via, al sicuro.
Mancava poco alla fine dell'incanto di Vanessa.
Eppure Silente e gli altri professori sapevano che non avrebbero facilmente potuto uscire da quel luogo.
Sapevano cosa si agitava ora nel corridoio a destra del terzo piano.
E Tom, il piccolo Tom, ora era laggiù.
Uccidendo Harry, i Mangiamorte avevano ottenuto ciò che più bramavano.
Il Sangue del Nemico, preso con la forza. E le Lacrime del Figlio, prese con dolore.
Se solo Tom fosse stato l'unico a perdere la gioia e la speranza, vedendo Harry morire proprio davanti ai suoi occhi.
Ma ora, guardandosi attorno, Silente capiva che non era così.
Più nessuno ora voleva uscire vivo da quel luogo.
Perché il loro eroe, il loro salvatore, la loro speranza era morto.
- Albus.- la voce della Mcgranitt era fioca, debole - Dobbiamo fare qualcosa.-
Il vecchio mago annuì, sospirando brevemente.
Si, dovevano fare qualcosa. Dovevano ad ogni costo. In memoria di chi aveva tante volte rischiato la sua vita per loro.
Ma dubitava che gli unici che potessero fare tutto ciò che era in loro potere per vendicare quella morte in quel momento avrebbero mosso un dito.
Silente osservò Ronald Weasley.
Stava in piedi, appoggiato di peso alla finestrella accanto alla sua scrivania. E fissava il vuoto.
Lui era stato il primo a vedere quel fulmine, a capire. Lui era stato il primo a sentirlo.
Aveva perso un fratello e ora non vedeva più niente, nonostante lo spazio aperto di fronte a sé fosse infinito.
Una sola cosa avrebbe potuto ridargli il cuore e la vista.
Le lacrime invece scorrevano lente, irreali, sul viso di Elettra Baley, seduta sul divano.
Composta, quasi come una bambola ma straziata come una di quelle rotte.
Anche a lei era stato strappato il cuore.
Ma la consapevolezza che ora non sarebbe più tornato le aveva anche fatto perdere la voglia di respirare.
Sperava che forse, lasciandosi andare, anche lei sarebbe morta e l'avrebbe raggiunto.
Il suicidio era tanto deprecabile? Se lo chiese per la prima volta, vedendo il sorriso di Harry nei suoi ricordi.
Per raggiungerlo, sfiorarlo di nuovo...cos'avrebbe dato.
Sarebbe morta cento volte pur di tornare da lui.
Il solo pensiero della morte ora la sollevava. Era quello a ...ridarle la speranza.
Morire. E andare da lui.
Gli altri ex studenti, rannicchiati in un angolo, stavano quasi attenti a non disturbare il loro dolore.
Non credevano quasi di poter piangere con loro. E se ne stavano lì, tutti rannicchiati gli uni con gli altri. Soli. Disperati. In quella stanza chiusa, in cima a quella torre.
- Dobbiamo fare qualcosa.-
Una voce si levò fra i gemiti, fra i singhiozzi.
Ron serrò gli occhi, sentendo la rabbia invadergli le vene.
- Ron.- Neville Paciock lo richiamò, venendo fuori dal gruppo - Ron. Parlo con te.-
- Lasciami in pace.-
Neville assunse un'espressione di delusione mista a compassione. Lo guardava, guardava quelle spalle ricurve, quelle lacrime che non volevano uscire. Come ricordava quella sensazione. Lui l'aveva provata per tanto tempo, per i suoi genitori. Quanto aveva pregato perché nessuno mai avesse dovuto stare come lui...
- Ron.- disse di nuovo - Vuoi lasciare che la sua morte sia gettata al vento?-
- Tu non capisci.- ringhiò il rossino fra i denti.
- Io non capisco?- anche il tono di Paciock si fece duro - Io c'ero. So come stai ma...-
- NO! TU NON LO SAI!- urlò Ron voltandosi violentemente, afferrandolo per la camicia mentre Pansy e Calì cercavano di trattenerlo per le spalle, per placarlo - Non sai come sto! Lui è morto lo capisci? È morto e non tornerà!-
- E quindi lasci che quei bastardi che l'hanno ammazzato se ne vadano via tranquilli?- sussurrò Neville desolato, senza cercare di sottrarsi alla sua presa - Lasci che sia morto così...per niente?-
Weasley lo mollò di botto, scostandosi anche dalle braccia di sua moglie.
- Lasciatemi in pace.-
- No, non posso.- disse Paciock mestamente - Perché se te lo lasciassi fare lo rimpiangeresti.-
- Sai cosa rimpiango?- ringhiò Ron distrutto, facendo scoppiare a piangere ben più di una persona - Rimpiango di averlo lasciato andare da solo...rimpiango di non esserci stato, rimpiango di non aver ammazzato seduta stante i Lestrange ogni qual volta io li abbi avuti davanti e al diavolo Azkaban! Ho perso Harry, Neville! L'ho perso, lo capisci? E nessuno me lo riporterà indietro! Hanno preso Tom, hanno preso Edward e anche Draco è sparito!-
- Appunto.- gli disse Justin Bigs - Hanno preso anche Edward. Lui è vivo. Lo lascerai a quei vermi?-
- Hermione ma perché non dici nulla?- sussurrò Lavanda, intromettendosi con le lacrime agli occhi.
Ron scosse il capo e tornò alla finestra mentre gli occhi di tutti si puntarono sulla Grifoncina.
Avvolta nel suo abito nero, una ferita sul braccio destro, l'aria vacua...e il viso schizzato di sangue.
Lei era stata accanto ad Edward quando l'avevano catturato e ferito.
E lui l'aveva salvata, spingendola giù dalle scale dove si era salvata per miracolo dalla furia dei Mangiamorte.
Ricordava i suoi occhi azzurri mentre lo portavano via, mentre le mormorava di salvarsi, di vivere.
Quasi non sentiva le suppliche dei compagni. Quasi non sentiva il dolore.
Non desiderava morire e non desiderava vivere.
Niente. Era vuota.
La sua fiamma si era già sublimata? Il Giocattolaio le aveva forse mentito?
Si portò le mani sul viso mentre gli occhi dorati guardavano lontano.
Le lucciole...le lucciole verdi.
Dov'erano? Se ne stavano già andando?
- Farete qualcosa o no?- sibilò di nuovo Neville, piantandosi in mezzo alla stanza, fissando Ron e Hermione - Allora? Voi eravate dei fratelli per lui! E adesso abbandonate la sua memoria in questo modo?-
- Non ti azzardare a farmi la predica.- gli ringhiò il rossino ferocemente - Non ci provare.-
- E Edward?- rincarò Justin - Lui era vivo quando è stato catturato! Lo lascerete morire?-
- E Riddle?- ricordò anche la Mcgranitt - Tom non può restare con quella gente.-
- Allora perché non li salvate voi?- Ron sollevò gli occhi chiari colmi di astio sui presenti - Eh? Perché non ci andate voi?-
- Ma cosa stai dicendo?- alitò Seamus, sconvolto - Voi siete Auror...Harry era vostro amico...-
- Si. Ed è morto. E sai perché?- urlò Ron a quel punto, perdendo definitivamente la lucidità - Il bambino sopravvissuto è morto, ficcatevelo in testa! È morto per i maghi, è morto perché nessuno ha mai avuto il coraggio di alzare la testa di fronte a tutti quelli che venivano uccisi! E adesso che il suo corpo giace là a terra avete paura vero? E già, non c'è più nessuno che rischi la vita per voi vero?-
- Ron...- lo richiamò Hermione apaticamente ma lui non l'ascoltò - No, lasciami finire! Harry è morto per tutti i maghi che non hanno mai osato ribellarsi alla loro stessa stupidità. Tutti i giorni babbani e mezzosangue muoiono...e loro? E noi? Già, noi che abbiamo fatto?-
- Ci siamo affidati a lui.- ammise Neville.
- Bravo.- la voce di Ron cominciò a spegnersi - E questo è il risultato. Lo abbiamo ucciso noi.-
- E' morto per salvare il bambino.- gli disse Seamus - Gli voleva bene, lo sai.-
- E questo dovrebbe farmi stare meglio? No. Mai.- Weasley scosse il capo, deciso a ignorarli - Lasciatemi in pace. Se volete salvarvi allora usate le vostre bacchette e rischiate le vostre vite. Non alzerò mai più un dito.-
- Cosa?! Ma cosa stai dicendo?- esplose Pansy - E' così che lo vendichi?-
- Ho detto di lasciarmi in pace.-
- No!- urlò sua moglie - Harry vorrebbe che salvassi Edward e Tom!-
- Senza contare Draco.- disse Piton severamente - Avete una pallida idea di dove sia?-
- Sotto la falce forse.- sibilò Ron.
- Oh andiamo!- sbottò Neville - Non è da te parlare così! Ci sei sempre stato quando Harry aveva bisogno!-
- Le lucciole...-
Gli ex studenti si zittirono, voltandosi verso Hermione.
Anche Elettra spostò lentamente gli occhi sulla strega.
- Le lucciole? Quali lucciole?- le chiese la Mcgranitt.
Ma la strega dagli occhi dorati tacque. Le palpebre semi chiuse, una voce lenta nella testa...e poi di nuovo quel ruggito che fece tremare le mura del palazzo.
Si avvicinava.
All'improvviso le voci dei Mangiamorte che presidiavano la porta dello studio si fecero acute. Divennero degli strilli di dolore, altri di terrore e paura.
I maghi si strinsero gli unici con gli altri, non riuscendo a capire cosa fosse successo.
Fanny puntò gli occhietti neri su Silente, poi quando il preside annuì volò via dalla finestra.
Un attimo dopo una forza sovrumana fece saltare per aria la porta dello studio. Una nube di polvere invase la stanza mentre le grida dei Mangiamorte si spegnavano.
I maghi videro decine di cadaveri a terra, incappucciati. Le loro maschere spezzate.
Lavinia Leptis era una di questi. Stesa a terra, il petto trafitto. Lo sguardo sbarrato dall'orrore.
Quando Hermione sollevò gli occhi, vide qualcosa che la fece tremare.
I capelli biondissimi erano scomposti ma la sua aria regale non era andata persa.
Lì, nero come un corvo sulla porte, macchiato di sangue dal viso ai piedi. La giubba aperta sul torace lasciava intravedere rare squame argentee e bluastre sull'epidermide. Anche il viso si faceva più affilato sugli zigomi dove le scaglie erano più dure. Gli occhi, atrocemente diversi, erano gialli e la pupilla verticale, come quella dei gatti.
Una coda lunga e longilinea dondolava alle sue spalle. La punta forcuta era coperta di liquido rosso.
- Draco..- alitò ma un secondo dopo, con una velocità né demoniaca né umana, se lo ritrovò addosso. Una mano serrata alla gola, rigida come una morsa, la incollò al muro.
I suoi occhi gialli a un dito dal viso.
- Draco...- gemette ancora, senza fiato.
- Che diavolo fai lasciala!- urlarono gli altri ma chi osò avvicinarsi venne respinto con un colpo di coda, finendo contro il muro. Non era in sé...ma neanche Silente aveva mai visto una tale trasformazione.

"Kentron..."

Una voce sibilante, più roca e ruggente di quella di una serpe invase lo studio. Era dura...ma flautata.
La voce di un drago.

"Kentron. Tu sapevi chi eravamo..." disse Draco a Hermione, spaventandola "Tu sapevi di noi...dei Bracciali. Dimmi dov'è Kentron."

- Vargras?- alitò lei, capendo tutto.
Il biondo annuì appena, serrando le mascelle.

"Il suo bracciale è sparito. Anche il suo corpo. Dimmi chi l'ha ammazzato al posto mio e ti prometto che ti ucciderò dolcemente."

- Insomma qualcuno mi spiega che sta succedendo?- sbraitò Ron - Malfoy levale le mani di dosso!-
- Non ti sente, signor Weasley.- gli disse Silente, pacato, osservando quella scena come una meraviglia - Avete davanti uno dei custodi dei Bracciali del Destino. La morte di Harry deve aver sconvolto Draco a tal punto da risvegliare Vargras, il drago ancestrale protettore del suo bracciale dannato. Sono destinati a stare insieme per tutta l'eternità, avrebbero dovuto morire insieme...e ora che Harry non c'è più, l'ira di Vargras ha preso il sopravvento.-
- Sta dicendo...che quel coso è un drago?- allibì Neville.
- Lasciate perdere, la sta strozzando!- ringhiò Ron - Vargras...o come diavolo ti chiami! Mollala. Harry ormai è morto, non puoi farci più niente!-
Draco, con lentezza innaturale, posò gli occhi gialli sull'Auror. Mollò appena la presa alla gola di Hermione e un debole ghigno gli piegò le labbra pallide.

"Umano...fa male perdere eh?"

In un attimo i lineamenti di Ron s'indurirono ma sapeva bene di non poter levare neanche un dito. Mancavano venti minuti alla mezzanotte e quel drago, a quanto sapeva, aveva la forza di buttare giù Hogwarts con un dito.
La loro magia era illimitata.
Ma non poteva neanche lasciare Draco in quello stato.
Fortunatamente Fanny fu provvidenziale ancora una volta. Tornata dal suo giro di ricognizione, si fermò sulla finestra e osservò la scena. Poi con tutta la fortuna che disponeva, considerato il fiuto sensibilissimo dei draghi, volò velocissima sulle spalle, gli chiuse gli occhi con le ali e sebbene tutta la sua forza riuscì a privarlo del sensi.
Pochi secondi dopo, Vargras era sparito e Draco Malfoy giaceva a terra, incosciente.


Altrove, nei bui reconditi di Hogwarts, un bagliore di platino rischiava la tetra tenebra dell'inferno di Voldemort.
Il Bracciale del Destino del drago Kentron riluceva limpido, incorrotto, forte, invulnerabile.
Non era andato distrutto, non era andato perso.
Ora troneggiava chiuso sul sottile polso destro di un nuovo padrone.
Thomas Maximilian Riddle era seduto su un altare di pietra spessa, fra il Velo e lo Specchio delle Brame.
Incatenato per collo e polsi, aveva le ginocchia rannicchiate al petto e teneva lo sguardo basso.
Attorno all'altera, mille serpenti scivolavano attorno a lui in una sorta di macabra danza, formando una spirale.
Le fiaccole scoppiettavano di fuoco leggero e denso, l'intera immensa stanza del raduno era presidiata di Mangiamorte ma ora le loro immagini venivano ripetute all'infinito. E non dalle ombre.
Mille specchi, grandi e piccoli, ovali o a pezzi, erano sparsi un po' ovunque.
Il Bracciale di Harry Potter però non si rifletteva in nessuno di essi, perché forse...non era in quel luogo.
Tom strinse forte la mano di Damon Howthorne, sollevando il viso dalle ginocchia. Damon era sdraiato sotto di lui, incatenato nella stessa maniera ma con una benda trasparente sugli occhi.
Quella stessa trasparenza gl'impediva di vedere, di avere visioni.
- Come stanno?- gli chiese Damon a bassa voce.
Tom sorrise amaramente.
Guardò Cloe e non pianse solo perché ormai non aveva più lacrime.
La piccola King era stata inglobata in uno specchio alla loro sinistra. Chiusa in quella bara di vetro, sembrava una fata addormentata. Alla loro destra invece forse la tortura più grande a cui il maghetto avesse mai assistito finora.
Beatrix era stata rinchiusa in una gabbia così stretta da non poterle fare alzare neanche una mano. Doveva restare immobile, in quella gabbia di ferro arrugginito e legno. Il corpo coperto di arrossature...dove le croci incastrate nel legno le avevano ghermito la pelle.
Debole e pallida, restava seduta...a guardarli impotente. Aveva smesso di agitarsi e ferirsi le mani sulle croci solo quando Tom e Damon l'aveva supplicata, distrutti.
Ma Tom non sentiva più neanche di poter respirare. A stento sentiva la mano di Damon stretta nella sua...
Era lì perché presto suo padre sarebbe tornato in vita.
Era lì perché aveva pianto. Era lì perché...Harry era morto.
Harry...voleva vederlo. Un ingenuo desiderio di bambino, un ingenuo sentimento dettato dalla disperazione, gli fece sollevare lo sguardo verso il Velo. Poi verso lo Specchio della Brame.
Voleva vederlo. Non aveva mai desiderato niente come rivedere Harry.
Ma nello Specchio non c'era Harry.
Riabbassò il capo, come se neanche l'avesse visto.
E Lord Voldemort serrò la mascella, riprendendo a camminare nervosamente.
I Mangiamorte intanto sorridevano, ghignavano, si sfregavano le mani.
Vanessa Lestrange entrò in quel momento dall'anticamera dove aveva lasciato Rafeus, scendendo dolcemente le scale col suo passo sinuoso ed elegante. Sorrise a Tom, facendogli un irriverente cenno con capo.
- Mio signore.- disse con tono solenne - So che non potete parlare ma presto Katrina riuscirà a fare in modo che la vostra voce giunga fino a noi.-
In vero, Voldemort potevano vederlo ma solo Tom sentiva la sua voce.
Vanessa si avvicinò maggiormente allo Specchio con falcata più sommessa.
Lì s'inchinò, beandosi di quell'immagine a lungo dimenticata.
- Mio signore...sono passati tanti anni. Ma stanotte vi riporterò in vita. Per mia madre e per voi.-
La strega rialzò il capo e dopo un altro inchino se ne andò, chiedendosi perché mai mostrasse quell'aspetto...umano.
Aveva riassunto le sue spoglie. I capelli neri, il viso leggermente affilato e affascinante, gli occhi blu sotto quel rosso sangue. Perché?
- Che hai sorella?- ghignò Rafeus, cingendole la vita quando tornò dal gruppo.
- Nulla.- rispose guardandosi attorno - Katrina?-
- Col prigioniero.- fece Theodor Nott, grande amico dei Lestrange, nascosto sotto al suo cappuccio - Devo ammettere che non credevo di catturare Dalton con tanta facilità. Specialmente dopo quello che mi avete raccontato. Credevo avesse fiuto per le trappole.-
- Infatti.- gli disse Vanessa, sciogliendosi dalle braccia del fratello - Per questo è andata da lui. Per capire cos'ha in mente. Ora scusatemi ma devo preparare il rituale. Fratello, conto su di te per controllare i bambini.-
- Sono indifesi.- replicò Rafeus osservando i ragazzini - Cosa vuoi che facciano?-
- Bambini di quell'età hanno aggravato le condizioni del nostro signore più volte.- gli ricordò la sorella - Con permesso.-
Fra tutti gli specchi intanto, un'immagine più di tante altre si trovava in ogni riflesso.
E Edward lo sapeva bene.
Incatenato a un muro con dei pezzi di vetro sottili conficcati nella schiena, l'aveva sentita arrivare.
Un bacio leggero a fior di labbra, poi Katrina si era formata dal nulla davanti a lui.
Ancora nell'abito rosso di May. Ancora con la sua faccia.
- Hn...- Dalton aveva sorriso amaramente, nonostante le frustate che Nott e gli altri gli avevano inferto - Potrai tenerti quella faccia ma sappiamo bene che cambiare involucro non ti serve a nulla, Kat.-
L'empatica aveva riso divertita, facendosi indietro di pochi centimetri.
- Ah...ecco qua il mio più diffidente amico. In catene.- scosse il capo, arrogante - Edward, Edward...a un purosangue come te non si addice davvero.-
- Abbiamo idee diverse di ciò che si addice ai maghi, Katrina.- rispose pacato.
- Già. Così non fosse non saresti qui.-
- Come stanno i bambini?-
- Per ora sono vivi.-
Edward trattenne ogni sentimento, restando di ghiaccio.
- Gli Auror verranno ad aiutarci.-
- No, non credo.- rispose la ragazza, gettandogli le braccia al collo, schiacciandosi su di lui e strappandogli un gemito per le ferite riportate - Vedi amore...Orloff considera i Mangiamorte un impiccio, certo. Ma mai quanto i vampiri e i demoni. Per questo ci lascerà fare tutto quello che vogliamo. Ah, bhè...lui credeva anche che il mio adorato signore sarebbe stato di nuovo sconfitto...peccato che abbia trapassato Harry Potter da parte a parte non più di trentacinque minuti fa.- e a quell'uscita l'ex Corvonero scattò furente, gli occhi diventati vitrei di rabbia e i denti serrati. Le catene tintinnarono e Katrina sorrise di nuovo, passandogli le lunghe unghie rossastre sul viso.
- Buono, buono tesoro...non vorrai farti ammazzare prima del tempo.-
Dalton distolse lo sguardo. L'aveva sentito...Harry era morto.
- No, non diventare triste.- sussurrò Katrina melensa, come se si stesse rivolgendo a un bambino o a un giocattolo - Anche Draco si è allontanato...non vorrai fare il cattivo anche tu vero?-
- May è...lì dentro?- le chiese, trucidandola con un'occhiata.
La mora alzò le spalle, senza perdere quel ghigno irritante e perverso.
- E' morta per amore circa un anno e mezzo fa, in Irlanda. Io sono un'empatica che finì maledetta da una strega a cui avevo ucciso l'uomo, circa quattrocento anni fa. Lei mi chiuse dentro a uno specchio in cui ho riposato per molto tempo. Poi settant'anni fa, la madre di Voldemort mi liberò. Da allora mi reincarno sempre in donne che sono morte per amore, insieme all'uomo che amavano. May Aarons era un'Auror e una notte è stata uccisa mentre era di ronda col suo fidanzato. Vanessa l'ha scoperto e mi ha reincarnato in lei.-
- Quindi sei dentro a un cadavere.-
- Un bel cadavere.- disse melensa, facendo una piroetta - Non credi?-
- Ti hanno mai detto che la vanità è il peccato peggiore dell'uomo?- Edward piegò la bocca, zittendola - Forse May sarà morta ma tu sei solo un parassita. Un parassita sordo, aggiungerei.-
Katrina scattò rabbiosa, le unghie piantate nel suo petto, proprio sul cuore.
- Cosa vuoi dire?-
Edward gemette, avvertendo le unghie entrare nelle pelle.
- Allora? Che vuoi dire?-
Lo sentì ridere, poi avvicinare il viso al suo.
- So come siete voi empatici...l'ho capito. Alcuni di voi ordinano e ottengono. Altri sentono ogni cosa, proprio come Degona che ti ha dato tanto filo da torcere. E tu sai solo ordinare. Ma non sai sentire.-
Lei si staccò furibonda, il bel viso contratto in una maschera di rabbia.
- E fammi indovinare.- gli occhi azzurri di Edward saettarono lì attorno - Lo specchio in cui sei stata chiusa la prima volta dev'essere qua in giro, vero? Vanesia come sei, una superficie in più in cui nasconderti e rispecchiarti dev'essere troppo allettante per te. Dico bene? E cosa succederebbe se...qualcuno rompesse quello specchio?-
Silenzio.
Una fiaccola scoppiettò e alcune scintille caddero a terra, spegnendosi.
Il bel viso di Edward ne venne illuminato...e sorrise.
- Non scherzare col fuoco, corvo.- gli disse Katrina, passandogli una mano insanguinata sul viso prima di andarsene - O potrei decidere di non giocare più con te.-
Rimase solo. Gli specchi rimandavano la sua immagine...e a volte la distorcevano.
In ogni specchio la grande stanza si allargava. Quasi poteva vedere il Velo e lo Specchio.
E poi due occhi rossi arrivarono fino a lui...
Sull'altare, Tom sollevò il viso per vedere Katrina con un dolce e finto sorriso sulla bocca carnosa.
- Oh, il piccolo principe.- sussurrò - Che occhi rossi.- e dicendolo fece roteare in aria una fialetta piccola e col tappo di sughero. Dentro un liquido trasparente. Simile ad acqua. Erano le sue lacrime.
Il maghetto distolse il viso mentre l'empatica si metteva fra lui e suo padre.
- Mio signore. Quanto tempo.- sussurrò in estasi, gli occhi scuri che rilucevano di follia - Vanessa sta preparando il rituale, un'ora al massimo e tornerete da noi. Abbiamo recuperato tutto.- e gli mostrò anche la spada coperta del sangue di Harry. Quando lo fece, le catene dell'altare scricchiolarono.
Katrina e Voldemort piazzarono lo sguardo su Tom mentre i suoi occhi si sgranavano fino al limite.
- Passerà principe.- gli disse l'empatica con un sogghigno perfido - Il dolore non è eterno.-
Tom non la sentì. Alzò gli occhi blu che tremavano come fiammelle e la fissò dritta all'anima.
- Mi riprenderò i miei poteri.- sussurrò a bassa voce - Non so quanto ci vorrà, non quanto ci metterò...ma ti giuro sul suo ricordo che un giorno ti ucciderò.- poi, lasciata senza parole l'empatica, il bimbo spostò il volto su suo padre.
- Io non ti perdonerò mai.-
Lord Voldemort tacque.
Un silenzio innaturale si propagò nella sala.
Katrina serrò i denti quando la belle del suo braccio di spaccò. Delle parole venivano marchiate sulla sua epidermide.
"Di cosa parla?"
Lei si volse verso lo specchio, ora lievemente in ansia.
- Mio signore...il bambino è stato allevato da Lucilla dei Lancaster. Gli sono state inculcate delle idee...- ma non finì che una frustata fatta d'aria la colpì alla schiena, ferendola in mezzo alle scapole. Trattenne un grido, gemendo.
"Parla." riapparve sulla sua pelle allora la strega deglutì.
- Mio signore...ho ucciso Harry Potter. L'ho fatto per voi.-
Gli occhi di Lord Voldemort non erano mai stati tanto infuocati.
Tutta Hogwarts tremò...
Harry...Harry Potter...era stato ucciso...


Si era svegliato da un pezzo ma non aveva avuto il coraggio di aprire le palpebre.
Sentiva la mano di Hermione stretta nella sua. Gli altri attorno a lui.
Ma quella era la realtà e lui non voleva tornare alla realtà.
Non voleva sentire l'odore del sangue addosso, né vederselo sulle mani.
Perché lui se n'era andato. Lui era morto fra le sue braccia, proteggendolo.
Sentiva le persone piangere, il freddo della notte che gli accarezzava il viso incrostato di lacrime antiche.
La delicata presenza della fenice di Silente sopra di lui.
Sdraiato su quel divano si sentiva come un bambino a cui tutti cercavano di tenere nascosta la realtà e a cui lui stesso, vigliaccamente cercava di sottrarsi.
Una mano gli carezzò indietro la frangia, dolcemente.
Non resistette.
- Perché sto così male?-
Hermione tenne gli occhi bassi su di lui, senza avvisare gli altri lontani ma Ron ed Elettra lo sentirono.
Istintivamente si fecero più vicini, come per proteggersi.
- E' il Bracciale.- gli mormorò Hermione, pulendosi una lacrima birichina dalla gota già rossa - Ti fare stare male, amplifica il dolore perché è collegato alla vita di...Harry. Senza l'altro, non dovreste nemmeno vivere.-
- E allora perché sono ancora qua?- deglutì, rifiutandosi ancora di aprire le palpebre - Perché non sono morto?-
- Perché non era la tua ora.- la strega tornò a stringergli la mano. Raccolse le ultime forze, l'ultimo fiato e l'ultima speranza a cui si era aggrappata. L'ultima. Poi avrebbe strillato e si sarebbe disperata.
Ma prima doveva sapere.
- Draco. Devo chiederti delle cose.-
- E' morto per salvare me.- le disse subito, inclinando il capo da una parte.
Incredibilmente sorrisero, fra le lacrime. Anche Ron. Anche Elettra.
- Draco...dov'è il suo corpo?-
Era atroce sentirne parlare. Malfoy capì di non aver mai provato della vera disperazione in vita sua.
Ma perché la morte di Harry lo faceva stare così? Perché?
- Il suo corpo...si è dissolto. Si è trasformato...in lucciole.-
- Il Bracciale?-
- Perché mi fai queste domande?- le chiese con voce spezzata - Perché non la smetti Hermione?-
- Dimmelo, per favore. Dov'è il suo Bracciale?-
- E' schizzato via.-
- Harry...ha detto qualcosa prima di morire?-
Un colpo. Una luce. Draco spalancò all'improvviso gli occhi e si mise a sedere.
Horcrux.
Aveva detto...aveva sussurrato...Horcrux.
Ma quella magia richiedeva una potenza e un'esperienza inaudita. No.
Non poteva...non poteva...lui non poteva avercela fatta...
Non potevano dargli una speranza e poi strappargliela.
- Oh mio Dio.- Elettra gli afferrò all'improvviso la mano, fissandolo come se fosse stato un fantasma - Harry...-
Draco non capì. Guardò Hermione e Ron ma anche loro lo guardavano come se non avessero mai visto al mondo nulla di più bello.
- Harry.- sussurrò anche Neville, raggiungendoli.
- Ma di cosa parlate?- chiese la Mcgranitt. Ben presto tutti furono lì vicino e tutti, nessuno escluso, rimase senza fiato.
- Cosa sta succedendo?- alitò il biondo allarmato - Di cosa parlate?-
- Verdi.- mormorò Hermione, prendendogli il viso fra le mani - I tuoi occhi. Sono diventati verdi...-
Non sentì altro. Si alzò, corse a specchiarsi nella brocca d'acqua Veggente che il preside teneva accanto ai suoi mappamondi dorati. E quando si specchiò, capì la magia di Harry Potter.
Era vero.
I suoi occhi non erano più grigi.
Erano...verde smeraldo. Era come quelli di Harry.
- Horcrux.- mormorò, girandosi verso Hermione con la speranza che brillava in lui - Ha detto Horcrux.-
La speranza dagli occhi verdi era con loro.
Un debole sorriso aleggiò sulle labbra di Hermione che alzò il capo e chiuse le palpebre.
Si, ora poteva piangere.
Perché lui era ancora lì.
Era rimasto con loro. Non li aveva abbandonati...


Intanto dalla Foresta Proibita due animali avvolti da un'aura leggera ma incandescente si stavano avvicinando alle mura di Hogwarts. Accompagnati da piccoli fuochi fatui simili a lucciole, puntarono i loro occhi tondi e vibranti sulla scuola.
I Dissennatori vagavano lì attorno, i Mangiamorte si preparavano a resuscitare il loro Signore Oscuro.
Un bianco cervo alzò il muso quando qualcuno lo accarezzò lievemente.
Lucilla dei Lancaster inspirò, fissando quelle torri.
Non era più il suo tempo. Lei non era più di quel mondo.
Ma doveva fare qualcosa per colui che portava la sua stessa cicatrice.
Si portò una mano sul ciglio bianco, sopra al petto, poi calò l'altra mano sul capo dell'animale alla sua destra.
- Il tuo Patronus ti aiuterà.- disse all'animale - Ma ricordati che sei solo una proiezione inconscia. Gli Horcrux devono riunirsi tutti e tu non farti eliminare. Devi tornare qua entro le due o Harry non potrà tornare a vivere. Solo lui può chiedere aiuto a i protettori della Foresta.-
Un suono acuto, tipo verso di aquila, seguì alla supplica della demone.
L'animale spiegò le ali, tornando a fissare le mura del castello infestate da nemici.
Il grifone dorato emise un altro verso, poi lui e il cervo bianco cominciarono a trottare verso i cancelli.
Ben presto divennero più solo delle sagome lontane.
Lucilla abbassò il viso, congiungendo le mani.
- Buona fortuna Harry.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccola postilla: salve ragazze e un ben arrivata a Julietta, che finalmente ci ha raggiunte nell'aggiornamento. Ho da fare una precisazione su questo capitolo e gli Horcrux, in quanto io ho scritto queste righe, ebbene si, ormai un anno fa. Era appena uscito il sesto libro, ma già si sentiva la parola Horcrux al vento da parecchi mesi, per questo sappiate che i miei Horcrux avranno parecchie differenze con quelli della maestra Rowling. Vi verranno spiegati i particolari nei prossimi capitoli, che saranno anche i definitivi di questa fiction. Poi passerò ai Figli della Speranza e a T.M.R. e poi, se Dio vuole, finalmente me ne vado in congedo. Come già detto, poi sarà Axia a finire il mio lavoro. Detto questo ringrazio chi mi ha avvisato dei plagi e chi si è fiondato dagli amministratori del sito per aiutarmi. A presto.

Kysa.

 

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