Un tempo, circa più di vent'anni orsono, si è
brindato alla vita di un neonato.
Questa notte si versano lacrime per quel
bambino.
Cadono queste lacrime e il loro suono desta anche i defunti. Ma a
lui non arriveranno.
Per lui non è fra loro.
Lui è ancora qui.
Lui è
speranza. Lui è vita.
Lui è
sopravvissuto.
Assediati.
Clayton Harcourt poggiò le mani
contro la porta e spinse con tutta la forza che aveva, insieme a Sphin Eastpur e
Milos Morrigan. Arrivò anche Jess e di schiena cominciò a fare leva sulle
gambe...ma non avrebbero resistito ancor a lungo.
- Ma quanti cazzo sono?!-
sbraitò Clay rabbioso - Ragazzi non reggeremo ancora a lungo!-
- Usate meno
la bocca e più le braccia.- sentenziò Sphin - Jess dove cavolo sei
finito?!-
La Stanza delle Necessità.
Era lì che si erano chiusi ancora
prima dell'attacco dei Mangiamorte. Era lì che Harry li aveva pregati, con
un'espressione mai vista prima, di andare ad attendere il momento giusto per
combattere.
Lui sapeva che sarebbero stati attaccati in massa. Lui aveva
capito.
E ora tutta Hogwarts era invasa di Mangiamorte.
Una ventina di
loro spingeva per entrare e massacrarli, sapendoli ancora senza poteri.
Era
passata appena mezz'ora e Jess, che girava per la stanza che si era magicamente
riempita di armi e oggetti magici alquanto pericolosi, temeva per la vita di
coloro che erano ancora dispersi.
Suo fratello era il primo a mancare.
Ma
Tristan aveva con sé l'anello di Lucilla, quindi sarebbe stato al sicuro.
Ora
dovevano però cominciare a proteggere loro stessi. Afferrate due sfere esplosive
che dentro alla loro scorza di vetro contenevano delle magie Bombarda, un rombo
di cristallo che conteneva una maledizione senza perdono e delle asce.
Le
loro spade erano state sguainate.
- Pronti?- Jess mise il palmo sulla
maniglia.
Gli altri tre sogghignarono. I Mangiamorte avrebbero trovato pane
per i loro denti.
In un lampo la porta fu aperta quel tanto che bastava per
farne cadere dentro malamente almeno cinque.
Presi dal contraccolpo caddero a
terra e persero le bacchette, mentre Sphin richiudeva la pesante porta della
Stanza delle Necessità sulle mani degli altri, che strillarono dal
dolore.
Pochi secondi più tardi, tre Mangiamorte erano stati uccisi sul colpo
dalle asce, uno aveva il collo spezzato, l'altro finì sotto le grinfie di Milo
che anche senza poteri era comunque dieci volte più forte e veloce di un uomo
normale.
- Fuori cinque.- disse Morrigan, leccandosi le labbra.
Ma
sfortunatamente il Diurno non ebbe modo di godersi altre prede.
Un'esplosione
colossale nel corridoio fece traballare quasi tutto il piano e quando la porta
si riaprì, ne entrò Degona di corsa, quindi Liz e poi Tristan, la mano protesa
verso la decina d'incappucciati che li seguivano.
- Merda, merda!- sbraitò il
secondogenito dei Mckay, schiacciandosi contro la porta.
- L'hai detto.-
sentenziò Jess - Tutto bene?-
- Si, per ora si.- annaspò suo fratello, senza
fiato - E voi?-
- Tutto bene, abbiamo anche cenato.- frecciò Milo,
prendendosi in braccio la piccola Degona.
- Notizie di Harry e gli altri?-
chiese Elisabeth disperata.
- Fra mezz'ora te li saprò trovare.- le disse
Clay - Ma finché non riotterremo i nostri poteri non possiamo fare nulla.-
-
Che si sa del preside e dei prof?- sussurrò Sphin, continuando a spingere con
forza sullo stipite mentre, lentamente, si stavano forma sulla porta delle
serrature di metallo magico, estremamente necessarie.
- L'ufficio dei presidi
di Hogwarts è sotto incantesimo.- borbottò Jess, mentre spingeva un mobile verso
di loro - E' un incantesimo che hanno messo i protettori delle case mille anni
fa, se si sono chiusi lì dentro i Mangiamorte non potranno entrare.-
- Si ma
se i Mangiamorte poi non li facessero uscire?- chiese Milo al clic delle
serrature.
Si staccarono e la porta tenne da sola. Bene, erano in
cassaforte.
- Cosa dicevi?- ribatté Tristan, verso il Diurno.
- Dicevo che
come possono impedirci di andare a spasso, possono impedirci di uscire da qua.-
cinguettò Morrigan con un brutto presentimento - Così, mentre noi stiamo chiusi
in scatola...-
-...quelli fanno il loro rituale.- sussurrò Jess, finendo per
lui.
In tutti attimo tutti i presenti ghiacciarono.
Oddio...dovevano
uscire assolutamente da lì!
Le lucciole verdi stavano lentamente svanendo.
Le poche ancora sospese
sull'erba del giardino interno di Hogwarts roteavano attorno a lui...
Il
Marchio Nero era scomparso. Le grida di Tom si erano sublimate.
Tutti era
svanito.
Ma non il dolore.
Era lì. Alle sue spalle...e continuava a
ferirlo, piantandogli un coltello nella schiena fino a raggiungerli il
cuore.
Era morto. L'aveva lasciato da solo.
E ora di lui non restava
niente. Neanche il suo bracciale. Neanche la loro maledizione.
- Chi va
là?-
Dissennatori, demoni impuri e Mangiamorte avevano attorniato il
castello.
Molti erano entrati, molti erano rimasti a presidiare le
mura.
E ora lo avevano circondato.
Lo guardarono e riconobbero in lui il
traditore.
La giubba nera visibilmente macchiata di rossa, di spalle, i
capelli biondi che quasi gli ricoprivano gli occhi.
Le mani sporche di
sangue.
Ma quando si girò, in lui non rividero in figlio del
traditore.
Pochi istanti dopo per tutta la scuola di magia e stregoneria
rimbombò un vortice di grida laceranti.
Unite in una danza macabra
continuarono a strillare roche e straziate, poi si spensero...mentre un ringhio
più forte, un qualcosa che da tempo immemore non si sentiva per quelle terra,
entrò a palazzo.
Silente socchiuse gli occhi pallidi, sentendo quel
verso ancestrale.
Quel suono. Si, l'aveva sentito una sola volta in vita
sua.
Si era svegliato.
Distolse lo sguardo dalla finestra del suo studio
che gli rimandava uno spettacolo atroce. Hogwarts assediata.
E nessuno
sarebbe arrivato a salvarli. Non finché il Ministro Orloff era sulla sua
sedia.
Ma ora di Orloff, dei Mangiamorte e della rovina che aleggiava sulla
sua amata scuola, in cuor suo poco gl'importava.
Perché quella notte avevano
perso tutti qualcuno di più grande di una scuola.
Sentì gli ex studenti
piangere alle sue spalle, sentì le lacrime scorrere.
Sentiva la vita che
quasi se ne andava, proprio come se n'era andato lui. Harry Potter.
Si volse
appena sopra la spalla, osservando quei ragazzi che si guardavano confusi, quasi
senza più luce nello sguardo.
Come se qualcuno avesse portato via loro la
speranza.
Ecco cos'era Harry Potter.
Speranza.
Era morto, se
n'era andato, trafitto a morte da una spada.
L'eroe dei maghi aveva detto
addio.
Ma prima aveva spazzato via il Marchio Nero. Silente ricordò quel
fulmine smeraldino che, trapassando il cielo notturno, aveva fermato i
Mangiamorte. Loro si erano salvati solo grazie a quel prodigio.
Vanessa
Lestrange aveva colpito tutto il castello col suo maleficio ma erano riusciti a
fuggire proprio quando quella saetta di salvezza aveva accecato i loro nemici,
tanto da permettere loro di fuggire via, al sicuro.
Mancava poco alla fine
dell'incanto di Vanessa.
Eppure Silente e gli altri professori sapevano che
non avrebbero facilmente potuto uscire da quel luogo.
Sapevano cosa si
agitava ora nel corridoio a destra del terzo piano.
E Tom, il piccolo Tom,
ora era laggiù.
Uccidendo Harry, i Mangiamorte avevano ottenuto ciò che più
bramavano.
Il Sangue del Nemico, preso con la forza. E le Lacrime del Figlio,
prese con dolore.
Se solo Tom fosse stato l'unico a perdere la gioia e la
speranza, vedendo Harry morire proprio davanti ai suoi occhi.
Ma ora,
guardandosi attorno, Silente capiva che non era così.
Più nessuno ora voleva
uscire vivo da quel luogo.
Perché il loro eroe, il loro salvatore, la loro
speranza era morto.
- Albus.- la voce della Mcgranitt era fioca, debole -
Dobbiamo fare qualcosa.-
Il vecchio mago annuì, sospirando brevemente.
Si,
dovevano fare qualcosa. Dovevano ad ogni costo. In memoria di chi aveva tante
volte rischiato la sua vita per loro.
Ma dubitava che gli unici che potessero
fare tutto ciò che era in loro potere per vendicare quella morte in quel momento
avrebbero mosso un dito.
Silente osservò Ronald Weasley.
Stava in piedi,
appoggiato di peso alla finestrella accanto alla sua scrivania. E fissava il
vuoto.
Lui era stato il primo a vedere quel fulmine, a capire. Lui era stato
il primo a sentirlo.
Aveva perso un fratello e ora non vedeva più niente,
nonostante lo spazio aperto di fronte a sé fosse infinito.
Una sola cosa
avrebbe potuto ridargli il cuore e la vista.
Le lacrime invece scorrevano
lente, irreali, sul viso di Elettra Baley, seduta sul divano.
Composta, quasi
come una bambola ma straziata come una di quelle rotte.
Anche a lei era stato
strappato il cuore.
Ma la consapevolezza che ora non sarebbe più tornato le
aveva anche fatto perdere la voglia di respirare.
Sperava che forse,
lasciandosi andare, anche lei sarebbe morta e l'avrebbe raggiunto.
Il
suicidio era tanto deprecabile? Se lo chiese per la prima volta, vedendo il
sorriso di Harry nei suoi ricordi.
Per raggiungerlo, sfiorarlo di
nuovo...cos'avrebbe dato.
Sarebbe morta cento volte pur di tornare da
lui.
Il solo pensiero della morte ora la sollevava. Era quello a ...ridarle
la speranza.
Morire. E andare da lui.
Gli altri ex studenti, rannicchiati
in un angolo, stavano quasi attenti a non disturbare il loro dolore.
Non
credevano quasi di poter piangere con loro. E se ne stavano lì, tutti
rannicchiati gli uni con gli altri. Soli. Disperati. In quella stanza chiusa, in
cima a quella torre.
- Dobbiamo fare qualcosa.-
Una voce si levò fra i
gemiti, fra i singhiozzi.
Ron serrò gli occhi, sentendo la rabbia invadergli
le vene.
- Ron.- Neville Paciock lo richiamò, venendo fuori dal gruppo - Ron.
Parlo con te.-
- Lasciami in pace.-
Neville assunse un'espressione di
delusione mista a compassione. Lo guardava, guardava quelle spalle ricurve,
quelle lacrime che non volevano uscire. Come ricordava quella sensazione. Lui
l'aveva provata per tanto tempo, per i suoi genitori. Quanto aveva pregato
perché nessuno mai avesse dovuto stare come lui...
- Ron.- disse di nuovo -
Vuoi lasciare che la sua morte sia gettata al vento?-
- Tu non capisci.-
ringhiò il rossino fra i denti.
- Io non capisco?- anche il tono di Paciock
si fece duro - Io c'ero. So come stai ma...-
- NO! TU NON LO SAI!- urlò Ron
voltandosi violentemente, afferrandolo per la camicia mentre Pansy e Calì
cercavano di trattenerlo per le spalle, per placarlo - Non sai come sto! Lui è
morto lo capisci? È morto e non tornerà!-
- E quindi lasci che quei bastardi
che l'hanno ammazzato se ne vadano via tranquilli?- sussurrò Neville desolato,
senza cercare di sottrarsi alla sua presa - Lasci che sia morto così...per
niente?-
Weasley lo mollò di botto, scostandosi anche dalle braccia di sua
moglie.
- Lasciatemi in pace.-
- No, non posso.- disse Paciock mestamente
- Perché se te lo lasciassi fare lo rimpiangeresti.-
- Sai cosa rimpiango?-
ringhiò Ron distrutto, facendo scoppiare a piangere ben più di una persona -
Rimpiango di averlo lasciato andare da solo...rimpiango di non esserci stato,
rimpiango di non aver ammazzato seduta stante i Lestrange ogni qual volta io li
abbi avuti davanti e al diavolo Azkaban! Ho perso Harry, Neville! L'ho perso, lo
capisci? E nessuno me lo riporterà indietro! Hanno preso Tom, hanno preso Edward
e anche Draco è sparito!-
- Appunto.- gli disse Justin Bigs - Hanno preso
anche Edward. Lui è vivo. Lo lascerai a quei vermi?-
- Hermione ma perché non
dici nulla?- sussurrò Lavanda, intromettendosi con le lacrime agli occhi.
Ron
scosse il capo e tornò alla finestra mentre gli occhi di tutti si puntarono
sulla Grifoncina.
Avvolta nel suo abito nero, una ferita sul braccio destro,
l'aria vacua...e il viso schizzato di sangue.
Lei era stata accanto ad Edward
quando l'avevano catturato e ferito.
E lui l'aveva salvata, spingendola giù
dalle scale dove si era salvata per miracolo dalla furia dei
Mangiamorte.
Ricordava i suoi occhi azzurri mentre lo portavano via, mentre
le mormorava di salvarsi, di vivere.
Quasi non sentiva le suppliche dei
compagni. Quasi non sentiva il dolore.
Non desiderava morire e non desiderava
vivere.
Niente. Era vuota.
La sua fiamma si era già sublimata? Il
Giocattolaio le aveva forse mentito?
Si portò le mani sul viso mentre gli
occhi dorati guardavano lontano.
Le lucciole...le lucciole
verdi.
Dov'erano? Se ne stavano già andando?
- Farete qualcosa o no?-
sibilò di nuovo Neville, piantandosi in mezzo alla stanza, fissando Ron e
Hermione - Allora? Voi eravate dei fratelli per lui! E adesso abbandonate la sua
memoria in questo modo?-
- Non ti azzardare a farmi la predica.- gli ringhiò
il rossino ferocemente - Non ci provare.-
- E Edward?- rincarò Justin - Lui
era vivo quando è stato catturato! Lo lascerete morire?-
- E Riddle?- ricordò
anche la Mcgranitt - Tom non può restare con quella gente.-
- Allora perché
non li salvate voi?- Ron sollevò gli occhi chiari colmi di astio sui presenti -
Eh? Perché non ci andate voi?-
- Ma cosa stai dicendo?- alitò Seamus,
sconvolto - Voi siete Auror...Harry era vostro amico...-
- Si. Ed è morto. E
sai perché?- urlò Ron a quel punto, perdendo definitivamente la lucidità - Il
bambino sopravvissuto è morto, ficcatevelo in testa! È morto per i maghi, è
morto perché nessuno ha mai avuto il coraggio di alzare la testa di fronte a
tutti quelli che venivano uccisi! E adesso che il suo corpo giace là a terra
avete paura vero? E già, non c'è più nessuno che rischi la vita per voi
vero?-
- Ron...- lo richiamò Hermione apaticamente ma lui non l'ascoltò - No,
lasciami finire! Harry è morto per tutti i maghi che non hanno mai osato
ribellarsi alla loro stessa stupidità. Tutti i giorni babbani e mezzosangue
muoiono...e loro? E noi? Già, noi che abbiamo fatto?-
- Ci siamo affidati a
lui.- ammise Neville.
- Bravo.- la voce di Ron cominciò a spegnersi - E
questo è il risultato. Lo abbiamo ucciso noi.-
- E' morto per salvare il
bambino.- gli disse Seamus - Gli voleva bene, lo sai.-
- E questo dovrebbe
farmi stare meglio? No. Mai.- Weasley scosse il capo, deciso a ignorarli -
Lasciatemi in pace. Se volete salvarvi allora usate le vostre bacchette e
rischiate le vostre vite. Non alzerò mai più un dito.-
- Cosa?! Ma cosa stai
dicendo?- esplose Pansy - E' così che lo vendichi?-
- Ho detto di lasciarmi
in pace.-
- No!- urlò sua moglie - Harry vorrebbe che salvassi Edward e
Tom!-
- Senza contare Draco.- disse Piton severamente - Avete una pallida
idea di dove sia?-
- Sotto la falce forse.- sibilò Ron.
- Oh andiamo!-
sbottò Neville - Non è da te parlare così! Ci sei sempre stato quando Harry
aveva bisogno!-
- Le lucciole...-
Gli ex studenti si zittirono, voltandosi
verso Hermione.
Anche Elettra spostò lentamente gli occhi sulla strega.
-
Le lucciole? Quali lucciole?- le chiese la Mcgranitt.
Ma la strega dagli
occhi dorati tacque. Le palpebre semi chiuse, una voce lenta nella testa...e poi
di nuovo quel ruggito che fece tremare le mura del palazzo.
Si avvicinava.
All'improvviso le voci dei Mangiamorte che presidiavano la porta dello
studio si fecero acute. Divennero degli strilli di dolore, altri di terrore e
paura.
I maghi si strinsero gli unici con gli altri, non riuscendo a capire
cosa fosse successo.
Fanny puntò gli occhietti neri su Silente, poi quando il
preside annuì volò via dalla finestra.
Un attimo dopo una forza sovrumana
fece saltare per aria la porta dello studio. Una nube di polvere invase la
stanza mentre le grida dei Mangiamorte si spegnavano.
I maghi videro decine
di cadaveri a terra, incappucciati. Le loro maschere spezzate.
Lavinia Leptis
era una di questi. Stesa a terra, il petto trafitto. Lo sguardo sbarrato
dall'orrore.
Quando Hermione sollevò gli occhi, vide qualcosa che la fece
tremare.
I capelli biondissimi erano scomposti ma la sua aria regale non era
andata persa.
Lì, nero come un corvo sulla porte, macchiato di sangue dal
viso ai piedi. La giubba aperta sul torace lasciava intravedere rare squame
argentee e bluastre sull'epidermide. Anche il viso si faceva più affilato sugli
zigomi dove le scaglie erano più dure. Gli occhi, atrocemente diversi, erano
gialli e la pupilla verticale, come quella dei gatti.
Una coda lunga e
longilinea dondolava alle sue spalle. La punta forcuta era coperta di liquido
rosso.
- Draco..- alitò ma un secondo dopo, con una velocità né demoniaca né
umana, se lo ritrovò addosso. Una mano serrata alla gola, rigida come una morsa,
la incollò al muro.
I suoi occhi gialli a un dito dal viso.
- Draco...-
gemette ancora, senza fiato.
- Che diavolo fai lasciala!- urlarono gli altri
ma chi osò avvicinarsi venne respinto con un colpo di coda, finendo contro il
muro. Non era in sé...ma neanche Silente aveva mai visto una tale
trasformazione.
"Kentron..."
Una voce sibilante, più roca
e ruggente di quella di una serpe invase lo studio. Era dura...ma flautata.
La voce di un drago.
"Kentron. Tu sapevi chi eravamo..."
disse Draco a Hermione, spaventandola "Tu sapevi di noi...dei Bracciali.
Dimmi dov'è Kentron."
- Vargras?- alitò lei, capendo tutto.
Il
biondo annuì appena, serrando le mascelle.
"Il suo bracciale è
sparito. Anche il suo corpo. Dimmi chi l'ha ammazzato al posto mio e ti prometto
che ti ucciderò dolcemente."
- Insomma qualcuno mi spiega che sta
succedendo?- sbraitò Ron - Malfoy levale le mani di dosso!-
- Non ti sente,
signor Weasley.- gli disse Silente, pacato, osservando quella scena come una
meraviglia - Avete davanti uno dei custodi dei Bracciali del Destino. La morte
di Harry deve aver sconvolto Draco a tal punto da risvegliare Vargras, il drago
ancestrale protettore del suo bracciale dannato. Sono destinati a stare insieme
per tutta l'eternità, avrebbero dovuto morire insieme...e ora che Harry non c'è
più, l'ira di Vargras ha preso il sopravvento.-
- Sta dicendo...che quel coso
è un drago?- allibì Neville.
- Lasciate perdere, la sta strozzando!- ringhiò
Ron - Vargras...o come diavolo ti chiami! Mollala. Harry ormai è morto, non puoi
farci più niente!-
Draco, con lentezza innaturale, posò gli occhi gialli
sull'Auror. Mollò appena la presa alla gola di Hermione e un debole ghigno gli
piegò le labbra pallide.
"Umano...fa male perdere eh?"
In
un attimo i lineamenti di Ron s'indurirono ma sapeva bene di non poter levare
neanche un dito. Mancavano venti minuti alla mezzanotte e quel drago, a quanto
sapeva, aveva la forza di buttare giù Hogwarts con un dito.
La loro magia era
illimitata.
Ma non poteva neanche lasciare Draco in quello
stato.
Fortunatamente Fanny fu provvidenziale ancora una volta. Tornata dal
suo giro di ricognizione, si fermò sulla finestra e osservò la scena. Poi con
tutta la fortuna che disponeva, considerato il fiuto sensibilissimo dei draghi,
volò velocissima sulle spalle, gli chiuse gli occhi con le ali e sebbene tutta
la sua forza riuscì a privarlo del sensi.
Pochi secondi dopo, Vargras era
sparito e Draco Malfoy giaceva a terra, incosciente.
Altrove, nei bui
reconditi di Hogwarts, un bagliore di platino rischiava la tetra tenebra
dell'inferno di Voldemort.
Il Bracciale del Destino del drago Kentron
riluceva limpido, incorrotto, forte, invulnerabile.
Non era andato distrutto,
non era andato perso.
Ora troneggiava chiuso sul sottile polso destro di un
nuovo padrone.
Thomas Maximilian Riddle era seduto su un altare di pietra
spessa, fra il Velo e lo Specchio delle Brame.
Incatenato per collo e polsi,
aveva le ginocchia rannicchiate al petto e teneva lo sguardo basso.
Attorno
all'altera, mille serpenti scivolavano attorno a lui in una sorta di macabra
danza, formando una spirale.
Le fiaccole scoppiettavano di fuoco leggero e
denso, l'intera immensa stanza del raduno era presidiata di Mangiamorte ma ora
le loro immagini venivano ripetute all'infinito. E non dalle ombre.
Mille
specchi, grandi e piccoli, ovali o a pezzi, erano sparsi un po' ovunque.
Il
Bracciale di Harry Potter però non si rifletteva in nessuno di essi, perché
forse...non era in quel luogo.
Tom strinse forte la mano di Damon Howthorne,
sollevando il viso dalle ginocchia. Damon era sdraiato sotto di lui, incatenato
nella stessa maniera ma con una benda trasparente sugli occhi.
Quella stessa
trasparenza gl'impediva di vedere, di avere visioni.
- Come stanno?- gli
chiese Damon a bassa voce.
Tom sorrise amaramente.
Guardò Cloe e non
pianse solo perché ormai non aveva più lacrime.
La piccola King era stata
inglobata in uno specchio alla loro sinistra. Chiusa in quella bara di vetro,
sembrava una fata addormentata. Alla loro destra invece forse la tortura più
grande a cui il maghetto avesse mai assistito finora.
Beatrix era stata
rinchiusa in una gabbia così stretta da non poterle fare alzare neanche una
mano. Doveva restare immobile, in quella gabbia di ferro arrugginito e legno. Il
corpo coperto di arrossature...dove le croci incastrate nel legno le avevano
ghermito la pelle.
Debole e pallida, restava seduta...a guardarli impotente.
Aveva smesso di agitarsi e ferirsi le mani sulle croci solo quando Tom e Damon
l'aveva supplicata, distrutti.
Ma Tom non sentiva più neanche di poter
respirare. A stento sentiva la mano di Damon stretta nella sua...
Era lì
perché presto suo padre sarebbe tornato in vita.
Era lì perché aveva pianto.
Era lì perché...Harry era morto.
Harry...voleva vederlo. Un ingenuo desiderio
di bambino, un ingenuo sentimento dettato dalla disperazione, gli fece sollevare
lo sguardo verso il Velo. Poi verso lo Specchio della Brame.
Voleva vederlo.
Non aveva mai desiderato niente come rivedere Harry.
Ma nello Specchio non
c'era Harry.
Riabbassò il capo, come se neanche l'avesse visto.
E Lord
Voldemort serrò la mascella, riprendendo a camminare nervosamente.
I
Mangiamorte intanto sorridevano, ghignavano, si sfregavano le mani.
Vanessa
Lestrange entrò in quel momento dall'anticamera dove aveva lasciato Rafeus,
scendendo dolcemente le scale col suo passo sinuoso ed elegante. Sorrise a Tom,
facendogli un irriverente cenno con capo.
- Mio signore.- disse con tono
solenne - So che non potete parlare ma presto Katrina riuscirà a fare in modo
che la vostra voce giunga fino a noi.-
In vero, Voldemort potevano vederlo ma
solo Tom sentiva la sua voce.
Vanessa si avvicinò maggiormente allo Specchio
con falcata più sommessa.
Lì s'inchinò, beandosi di quell'immagine a lungo
dimenticata.
- Mio signore...sono passati tanti anni. Ma stanotte vi
riporterò in vita. Per mia madre e per voi.-
La strega rialzò il capo e dopo
un altro inchino se ne andò, chiedendosi perché mai mostrasse
quell'aspetto...umano.
Aveva riassunto le sue spoglie. I capelli neri, il
viso leggermente affilato e affascinante, gli occhi blu sotto quel rosso sangue.
Perché?
- Che hai sorella?- ghignò Rafeus, cingendole la vita quando tornò
dal gruppo.
- Nulla.- rispose guardandosi attorno - Katrina?-
- Col
prigioniero.- fece Theodor Nott, grande amico dei Lestrange, nascosto sotto al
suo cappuccio - Devo ammettere che non credevo di catturare Dalton con tanta
facilità. Specialmente dopo quello che mi avete raccontato. Credevo avesse fiuto
per le trappole.-
- Infatti.- gli disse Vanessa, sciogliendosi dalle braccia
del fratello - Per questo è andata da lui. Per capire cos'ha in mente. Ora
scusatemi ma devo preparare il rituale. Fratello, conto su di te per controllare
i bambini.-
- Sono indifesi.- replicò Rafeus osservando i ragazzini - Cosa
vuoi che facciano?-
- Bambini di quell'età hanno aggravato le condizioni del
nostro signore più volte.- gli ricordò la sorella - Con permesso.-
Fra tutti
gli specchi intanto, un'immagine più di tante altre si trovava in ogni
riflesso.
E Edward lo sapeva bene.
Incatenato a un muro con dei pezzi di
vetro sottili conficcati nella schiena, l'aveva sentita arrivare.
Un bacio
leggero a fior di labbra, poi Katrina si era formata dal nulla davanti a
lui.
Ancora nell'abito rosso di May. Ancora con la sua faccia.
- Hn...-
Dalton aveva sorriso amaramente, nonostante le frustate che Nott e gli altri gli
avevano inferto - Potrai tenerti quella faccia ma sappiamo bene che cambiare
involucro non ti serve a nulla, Kat.-
L'empatica aveva riso divertita,
facendosi indietro di pochi centimetri.
- Ah...ecco qua il mio più diffidente
amico. In catene.- scosse il capo, arrogante - Edward, Edward...a un purosangue
come te non si addice davvero.-
- Abbiamo idee diverse di ciò che si addice
ai maghi, Katrina.- rispose pacato.
- Già. Così non fosse non saresti
qui.-
- Come stanno i bambini?-
- Per ora sono vivi.-
Edward trattenne
ogni sentimento, restando di ghiaccio.
- Gli Auror verranno ad
aiutarci.-
- No, non credo.- rispose la ragazza, gettandogli le braccia al
collo, schiacciandosi su di lui e strappandogli un gemito per le ferite
riportate - Vedi amore...Orloff considera i Mangiamorte un impiccio, certo. Ma
mai quanto i vampiri e i demoni. Per questo ci lascerà fare tutto quello che
vogliamo. Ah, bhè...lui credeva anche che il mio adorato signore sarebbe stato
di nuovo sconfitto...peccato che abbia trapassato Harry Potter da parte a parte
non più di trentacinque minuti fa.- e a quell'uscita l'ex Corvonero scattò
furente, gli occhi diventati vitrei di rabbia e i denti serrati. Le catene
tintinnarono e Katrina sorrise di nuovo, passandogli le lunghe unghie rossastre
sul viso.
- Buono, buono tesoro...non vorrai farti ammazzare prima del
tempo.-
Dalton distolse lo sguardo. L'aveva sentito...Harry era morto.
-
No, non diventare triste.- sussurrò Katrina melensa, come se si stesse
rivolgendo a un bambino o a un giocattolo - Anche Draco si è allontanato...non
vorrai fare il cattivo anche tu vero?-
- May è...lì dentro?- le chiese,
trucidandola con un'occhiata.
La mora alzò le spalle, senza perdere quel
ghigno irritante e perverso.
- E' morta per amore circa un anno e mezzo fa,
in Irlanda. Io sono un'empatica che finì maledetta da una strega a cui avevo
ucciso l'uomo, circa quattrocento anni fa. Lei mi chiuse dentro a uno specchio
in cui ho riposato per molto tempo. Poi settant'anni fa, la madre di Voldemort
mi liberò. Da allora mi reincarno sempre in donne che sono morte per amore,
insieme all'uomo che amavano. May Aarons era un'Auror e una notte è stata uccisa
mentre era di ronda col suo fidanzato. Vanessa l'ha scoperto e mi ha reincarnato
in lei.-
- Quindi sei dentro a un cadavere.-
- Un bel cadavere.- disse
melensa, facendo una piroetta - Non credi?-
- Ti hanno mai detto che la
vanità è il peccato peggiore dell'uomo?- Edward piegò la bocca, zittendola -
Forse May sarà morta ma tu sei solo un parassita. Un parassita sordo,
aggiungerei.-
Katrina scattò rabbiosa, le unghie piantate nel suo petto,
proprio sul cuore.
- Cosa vuoi dire?-
Edward gemette, avvertendo le
unghie entrare nelle pelle.
- Allora? Che vuoi dire?-
Lo sentì ridere, poi
avvicinare il viso al suo.
- So come siete voi empatici...l'ho capito. Alcuni
di voi ordinano e ottengono. Altri sentono ogni cosa, proprio come Degona che ti
ha dato tanto filo da torcere. E tu sai solo ordinare. Ma non sai
sentire.-
Lei si staccò furibonda, il bel viso contratto in una maschera di
rabbia.
- E fammi indovinare.- gli occhi azzurri di Edward saettarono lì
attorno - Lo specchio in cui sei stata chiusa la prima volta dev'essere qua in
giro, vero? Vanesia come sei, una superficie in più in cui nasconderti e
rispecchiarti dev'essere troppo allettante per te. Dico bene? E cosa
succederebbe se...qualcuno rompesse quello specchio?-
Silenzio.
Una
fiaccola scoppiettò e alcune scintille caddero a terra, spegnendosi.
Il bel
viso di Edward ne venne illuminato...e sorrise.
- Non scherzare col fuoco,
corvo.- gli disse Katrina, passandogli una mano insanguinata sul viso prima
di andarsene - O potrei decidere di non giocare più con te.-
Rimase solo. Gli
specchi rimandavano la sua immagine...e a volte la distorcevano.
In ogni
specchio la grande stanza si allargava. Quasi poteva vedere il Velo e lo
Specchio.
E poi due occhi rossi arrivarono fino a lui...
Sull'altare, Tom
sollevò il viso per vedere Katrina con un dolce e finto sorriso sulla bocca
carnosa.
- Oh, il piccolo principe.- sussurrò - Che occhi rossi.- e dicendolo
fece roteare in aria una fialetta piccola e col tappo di sughero. Dentro un
liquido trasparente. Simile ad acqua. Erano le sue lacrime.
Il maghetto
distolse il viso mentre l'empatica si metteva fra lui e suo padre.
- Mio
signore. Quanto tempo.- sussurrò in estasi, gli occhi scuri che rilucevano di
follia - Vanessa sta preparando il rituale, un'ora al massimo e tornerete da
noi. Abbiamo recuperato tutto.- e gli mostrò anche la spada coperta del sangue
di Harry. Quando lo fece, le catene dell'altare scricchiolarono.
Katrina e
Voldemort piazzarono lo sguardo su Tom mentre i suoi occhi si sgranavano fino al
limite.
- Passerà principe.- gli disse l'empatica con un sogghigno perfido -
Il dolore non è eterno.-
Tom non la sentì. Alzò gli occhi blu che tremavano
come fiammelle e la fissò dritta all'anima.
- Mi riprenderò i miei poteri.-
sussurrò a bassa voce - Non so quanto ci vorrà, non quanto ci metterò...ma ti
giuro sul suo ricordo che un giorno ti ucciderò.- poi, lasciata senza parole
l'empatica, il bimbo spostò il volto su suo padre.
- Io non ti perdonerò
mai.-
Lord Voldemort tacque.
Un silenzio innaturale si propagò nella
sala.
Katrina serrò i denti quando la belle del suo braccio di spaccò. Delle
parole venivano marchiate sulla sua epidermide.
"Di cosa
parla?"
Lei si volse verso lo specchio, ora lievemente in ansia.
-
Mio signore...il bambino è stato allevato da Lucilla dei Lancaster. Gli sono
state inculcate delle idee...- ma non finì che una frustata fatta d'aria la
colpì alla schiena, ferendola in mezzo alle scapole. Trattenne un grido,
gemendo.
"Parla." riapparve sulla sua pelle allora la strega
deglutì.
- Mio signore...ho ucciso Harry Potter. L'ho fatto per voi.-
Gli
occhi di Lord Voldemort non erano mai stati tanto infuocati.
Tutta Hogwarts
tremò...
Harry...Harry Potter...era stato ucciso...
Si
era svegliato da un pezzo ma non aveva avuto il coraggio di aprire le
palpebre.
Sentiva la mano di Hermione stretta nella sua. Gli altri attorno a
lui.
Ma quella era la realtà e lui non voleva tornare alla realtà.
Non
voleva sentire l'odore del sangue addosso, né vederselo sulle mani.
Perché
lui se n'era andato. Lui era morto fra le sue braccia, proteggendolo.
Sentiva
le persone piangere, il freddo della notte che gli accarezzava il viso
incrostato di lacrime antiche.
La delicata presenza della fenice di Silente
sopra di lui.
Sdraiato su quel divano si sentiva come un bambino a cui tutti
cercavano di tenere nascosta la realtà e a cui lui stesso, vigliaccamente
cercava di sottrarsi.
Una mano gli carezzò indietro la frangia,
dolcemente.
Non resistette.
- Perché sto così male?-
Hermione tenne gli
occhi bassi su di lui, senza avvisare gli altri lontani ma Ron ed Elettra lo
sentirono.
Istintivamente si fecero più vicini, come per proteggersi.
- E'
il Bracciale.- gli mormorò Hermione, pulendosi una lacrima birichina dalla gota
già rossa - Ti fare stare male, amplifica il dolore perché è collegato alla vita
di...Harry. Senza l'altro, non dovreste nemmeno vivere.-
- E allora perché
sono ancora qua?- deglutì, rifiutandosi ancora di aprire le palpebre - Perché
non sono morto?-
- Perché non era la tua ora.- la strega tornò a stringergli
la mano. Raccolse le ultime forze, l'ultimo fiato e l'ultima speranza a cui si
era aggrappata. L'ultima. Poi avrebbe strillato e si sarebbe disperata.
Ma
prima doveva sapere.
- Draco. Devo chiederti delle cose.-
- E' morto per
salvare me.- le disse subito, inclinando il capo da una
parte.
Incredibilmente sorrisero, fra le lacrime. Anche Ron. Anche
Elettra.
- Draco...dov'è il suo corpo?-
Era atroce sentirne parlare.
Malfoy capì di non aver mai provato della vera disperazione in vita sua.
Ma
perché la morte di Harry lo faceva stare così? Perché?
- Il suo corpo...si è
dissolto. Si è trasformato...in lucciole.-
- Il Bracciale?-
- Perché mi
fai queste domande?- le chiese con voce spezzata - Perché non la smetti
Hermione?-
- Dimmelo, per favore. Dov'è il suo Bracciale?-
- E' schizzato
via.-
- Harry...ha detto qualcosa prima di morire?-
Un colpo. Una luce.
Draco spalancò all'improvviso gli occhi e si mise a
sedere.
Horcrux.
Aveva detto...aveva sussurrato...Horcrux.
Ma
quella magia richiedeva una potenza e un'esperienza inaudita. No.
Non
poteva...non poteva...lui non poteva avercela fatta...
Non potevano dargli
una speranza e poi strappargliela.
- Oh mio Dio.- Elettra gli afferrò
all'improvviso la mano, fissandolo come se fosse stato un fantasma -
Harry...-
Draco non capì. Guardò Hermione e Ron ma anche loro lo guardavano
come se non avessero mai visto al mondo nulla di più bello.
- Harry.-
sussurrò anche Neville, raggiungendoli.
- Ma di cosa parlate?- chiese la
Mcgranitt. Ben presto tutti furono lì vicino e tutti, nessuno escluso, rimase
senza fiato.
- Cosa sta succedendo?- alitò il biondo allarmato - Di cosa
parlate?-
- Verdi.- mormorò Hermione, prendendogli il viso fra le mani - I
tuoi occhi. Sono diventati verdi...-
Non sentì altro. Si alzò, corse a
specchiarsi nella brocca d'acqua Veggente che il preside teneva accanto ai suoi
mappamondi dorati. E quando si specchiò, capì la magia di Harry Potter.
Era
vero.
I suoi occhi non erano più grigi.
Erano...verde smeraldo. Era come
quelli di Harry.
- Horcrux.- mormorò, girandosi verso Hermione con la
speranza che brillava in lui - Ha detto Horcrux.-
La speranza dagli occhi
verdi era con loro.
Un debole sorriso aleggiò sulle labbra di Hermione che
alzò il capo e chiuse le palpebre.
Si, ora poteva piangere.
Perché lui era
ancora lì.
Era rimasto con loro. Non li aveva abbandonati...
Intanto dalla Foresta Proibita due animali avvolti da un'aura leggera ma
incandescente si stavano avvicinando alle mura di Hogwarts. Accompagnati da
piccoli fuochi fatui simili a lucciole, puntarono i loro occhi tondi e vibranti
sulla scuola.
I Dissennatori vagavano lì attorno, i Mangiamorte si
preparavano a resuscitare il loro Signore Oscuro.
Un bianco cervo alzò il
muso quando qualcuno lo accarezzò lievemente.
Lucilla dei Lancaster inspirò,
fissando quelle torri.
Non era più il suo tempo. Lei non era più di quel
mondo.
Ma doveva fare qualcosa per colui che portava la sua stessa
cicatrice.
Si portò una mano sul ciglio bianco, sopra al petto, poi calò
l'altra mano sul capo dell'animale alla sua destra.
- Il tuo Patronus ti
aiuterà.- disse all'animale - Ma ricordati che sei solo una proiezione
inconscia. Gli Horcrux devono riunirsi tutti e tu non farti eliminare. Devi
tornare qua entro le due o Harry non potrà tornare a vivere. Solo lui può
chiedere aiuto a i protettori della Foresta.-
Un suono acuto, tipo verso di
aquila, seguì alla supplica della demone.
L'animale spiegò le ali, tornando a
fissare le mura del castello infestate da nemici.
Il grifone dorato emise un
altro verso, poi lui e il cervo bianco cominciarono a trottare verso i
cancelli.
Ben presto divennero più solo delle sagome lontane.
Lucilla
abbassò il viso, congiungendo le mani.
- Buona fortuna
Harry.-
Piccola postilla: salve ragazze e un ben arrivata a Julietta, che finalmente ci ha raggiunte nell'aggiornamento. Ho da fare una precisazione su questo capitolo e gli Horcrux, in quanto io ho scritto queste righe, ebbene si, ormai un anno fa. Era appena uscito il sesto libro, ma già si sentiva la parola Horcrux al vento da parecchi mesi, per questo sappiate che i miei Horcrux avranno parecchie differenze con quelli della maestra Rowling. Vi verranno spiegati i particolari nei prossimi capitoli, che saranno anche i definitivi di questa fiction. Poi passerò ai Figli della Speranza e a T.M.R. e poi, se Dio vuole, finalmente me ne vado in congedo. Come già detto, poi sarà Axia a finire il mio lavoro. Detto questo ringrazio chi mi ha avvisato dei plagi e chi si è fiondato dagli amministratori del sito per aiutarmi. A presto.
Kysa.
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