A
Savannah mancò la terra sotto i piedi per un istante, poi
decise di sedersi sul letto. “dimmi che scherzi.”
Dall’altra parte, solo
silenzio. “quindi finisce così?”
“so che non credi nelle relazioni a distanza.”
“tu ci proveresti?” “sinceramente
no.” “allora okay, addio.”
“piccola..” “non
sono più la tua piccola, Luca. Buona vita.”
“dai Savannah, non fare
l’immatura.” “non sono io
l’immatura, sei tu. Tu hai aspettato di dirmi che
saresti partito per l’Italia fino all’ultimo
secondo. Sei tu l’immaturo.”
“posso venire da te?” Savannah esitò.
Perché avrebbero dovuto vedersi? “ti
riporto le tue cose, perché altrimenti le butto
via.” “Luca non ci credo.”
“cinque minuti e sono lì.” La ragazza
riattaccò e si stese con la faccia sul
cuscino. Non aveva nemmeno la forza di piangere, la notizia
l’aveva scioccata.
“Savannah scendi che c’è
Luca!” la voce del padre scosse la bionda, che si
precipitò giù dalle scale,
nell’ingresso. Si buttò tra le braccia del
ragazzo,
senza pensare che era l’ultimo abbraccio, l’ultima
volta che si vedevano. Senza
pensare che ce l’aveva a morte con lui. Luca le tese lo
scatolone che aveva
portato pieno delle cose che lei aveva lasciato a casa sua, o che gli
aveva
regalato. “non tieni nulla?” “lo sai come
sono fatto.” Savannah sospirò,
trattenendo le lacrime. “mi mancherai.” Il ragazzo
la guardò negli occhi senza
dire nulla: anche a lui sarebbe mancata, e lei l’aveva
capito. Un clacson
spezzò quel silenzio così carico di emozioni.
“credo siano i miei.” “ciao,
Luca. Buona fortuna per tutto.” “ti auguro il
meglio Savannah. Sai che ti ho
sempre amata.” Non si abbracciarono, non ce la facevano.
Un’ora
dopo, Savannah era sdraiata nella sua stanza a
pensare a quanto la sua vita era stata semplice, quasi perfetta fino a
quel
momento. Aveva avuto tutto quello che una sedicenne potesse desiderare:
una
famiglia solida alle spalle, i voti alti, un ragazzo perfetto, un
lavoretto per
tenersi impegnata, un viso grazioso e amicizie vere. Era bastata una
telefonata
a rovinare ogni cosa, all’improvviso si era sentita vuota.
Privata di una parte
di se stessa. Chiamò il suo migliore amico Aaron e gli
raccontò tutto. “non ci
credo. Sono sotto casa tua con un dvd e il gelato, aprimi.”
Aveva decine di
amiche vere e pronte a consolarla, ma Aaron era nato il giorno prima di
lei ed
era il figlio della migliore amica di sua madre. Avevano persino
provato a
stare insieme, ma si erano resi conto che erano fatti per essere amici,
quasi
fratelli. Infatti li chiamavano ‘i gemelli’.
Savannah e Aaron si assomigliavano
anche fisicamente: stessi capelli biondi, stessi occhi e stessi modi di
fare. Aaron
però non aveva mai avuto una ragazza, perché
erano tutte gelose della sua
migliore amica, e la bionda si sentiva in colpa per quello, tanto che
parecchie
volte gli aveva proposto di stare più separati in pubblico,
ricevendo un no
secco come risposta ancora prima di finire la frase. Dopo qualche
secondo il
suo gemello, l’altra metà della mela, la stava
abbracciando strettissima ancora
fuori dalla porta. “l’avrei picchiato,
fortunatamente è già su un aereo.”
Savannah
sorrise. “allora ti ho portato tutti i dvd di american pie,
ci facciamo qualche
risata, okay? E poi resto da te a dormire.” La ragazza
annuì. Si sentiva
fortunata ad avere Aaron.
read it!
okay, ho postato il primo capitolo della storia. sto scrivendo il secondo e lo posterò appena l'avrò finito, la scaletta della storia però è già nella mia testa uu
non ho molto da dire, perchè come imparerete non ho fantasia lol
che dire? ringrazio la cyrus perchè mi ha dato ispirazione per 'sto capitolo un pochino deprimente, ma ho cercato di spiegare tutto nel modo migliore.
mmh, sono le sei del pomeriggio e sono qui dall'una lol
FOREVERALONE.
fatemi sapere se devo buttarmi da un ponte, tornare su tumblr o continuare a postare. c:
un bacione, giada.