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Autore: Eliot Nightray    26/08/2012    1 recensioni
Cosa accadrebbe se un orgoglioso e burrascoso italiano come Romano dovesse fronteggiare un triangolo amoroso di cui sua sorella è il vertice? Scopritelo in questa avventura scritta a quattro mani piena di risate e lacrime. Caterina vargas scritta da Eliot Nightray e Romano Vargas scritto da The awesome tomato
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Bad Friends Trio, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nekotalia, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Caterina Florentia Vargas

Rotolò un paio di volte sul pavimento prima di alzarsi ed uscire. Non era un giorno qualunque e quindi necessitava di una particolare procedura da lei stessa inventata. Per prima cosa però doveva farsi un giro per smaltire l’incazzatura che Scozia le aveva causato. Fuori dalla porta intravide una decappottabile rossa sfrecciare in curva, ma fece finta di non notarla. Cercava di mimetizzarsi nella folla con una gonna di jeans , una leggera felpa ed il ciuffo afflosciato. Sospirò ripensando alle parole di Nathan, Inghilterra non era tipo da appuntamento in più non sarebbero mai andati d’accordo: lui non sapeva cucinare, aveva delle foreste al posto delle sopracciglia ed aveva un pessimo carattere per non parlare del loro comune passato. Già, sorrise a quel pensiero, al ricordo di Arthur appeso come un salame al suo albero maestro mentre lei gli saltellava davanti. Scosse la testa con forza, no non poteva ridere, non per un pensiero così infantile. Una macchina si fermò dietro di lei, ma Caterina accelerò semplicemente il passo cercando di evitare lo sguardo della gente fino a quando due solide braccia non la bloccarono. Francia apparve sogghignando e subito accanto a lui uno spagnolo iperattivo. Centro maledisse il momento in cui aveva deciso di uscire di casa e tirò una forte testata a Francis prima che provasse a sfiorarla.
-          ASPETTA
Non  aveva tempo per le loro stronzate o i loro ragionamenti assurdi su Arthur. Riusciva ancora a sentire le loro voci quando svoltò l’angolo proprio davanti ad un negozio di fiori. Non era tipo da fiori o comunque nessuno le aveva mai regalato un bouquet. Si affacciò dalla vetrata per osservare le composizioni floreali e si meravigliò nel sorridere come un ebete davanti ad un mazzolino di rose blu. Ho dei gusti strani, pensò mentre tornava col pensiero a Spagna e Francia. Infatti eccoli già dietro di lei a stringerle le spalle come ad impedirle un’improvvisa fuga. Girò la testa ed in quel momento intravide la folta capigliatura di Arthur nel bel mezzo del negozio, sembrava discutere amorevolmente con il negoziante. Ancora una volta percepì un forte rossore sulle guance e Spagna ridacchiò.

-          Ehi non ti imbarazzare solo perché ti sfioro la spalla..
-          Che? Ma fottiti idiota.

Lo spinse via assieme alla rana e tornò a correre come una pazza. Una goccia, due alla fine la pioggia cadde, così fitta da sembrare un muro invalicabile. A forza di viaggiare però si era creata un istinto incredibile capace di riconoscere un luogo persino da un avvallamento del suolo. Camminò ancora, senza perdere il ritmo fino a trovarsi un piccolo boschetto, niente di particolare avrebbe detto qualsiasi persona. La pioggia cadeva fitta ancora e ancora componendo una dolce sinfonia fatta di battiti e crepitii. Ficcò la mano in tasca e ne estrasse una grossa rosa bianca che appoggiò delicatamente sulla sponda del fiume. La osservò allontanarsi ed assieme a lei rivide ancora una volta quel ricordo. La sua mano avvinghiata a quella del padre che la aiutava a far galleggiare una piccola barchetta di pergamena sul pelo dell’acqua.  Molti pensavano che fosse troppo attaccata al passato in primis Romano, però alcuni tentavano di capirla ad esempio Francia.  Anche lui si aggrappava tenacemente ad un ricordo, ormai marcio e vecchio, dimenticato da tutti. Recitò a bassa voce la breve novella che Lorenzo le aveva insegnato e si conficcò le mani in tasca cercando il cellulare. Niente, fantastico pensò mordendosi il labbro. Trovò una caramellina e la ingurgitò rapidamente, lo zucchero la aiutava a pensare, a tranquillizzarsi. Era un’ossessione nata a causa di Spagna e della sua cura per i dolci, alla fine ne era diventata dipendete pure lei. Sentì le voci di Francis ed Antonio chiamarla preoccupati, ma gli dette le spalle e proseguì verso la sua strada. A quel punto se ne aggiunse una terza ed infine una quarta, ma stanca come era non volle sapere a chi appartenessero.

 

Romano Lovino Vargas
 
Mentre se ne stava sdraiato sul suo divano con un bicchiere del suo vino preferito ed un libro, Romano sentì il suo cellulare intonare l’inno della sua patria, sbuffò pesantemente e rispose senza vedere chi fosse.

-          Che vuoi, bastardo? Se mi hai chiamato per dirmi che sei tornato a ca-
-          Roma! Sono io Spagna!
-          Si può sapere che diavolo vuoi fottuto spagnolo, mi hai disturbato!
-          Scusa Roma ma c’è una cosa che devo dirti, riguarda tua sorella!

Con quella frase, catturò completamente l’attenzione dell’italiano che appoggiò bicchiere e libro sul tavolino di fianco al divano e si mise a sedere, il suo sguardo vagava per la casa come se stesse cercando un significato alle parole dell’altra nazione dall’altro capo del telefono.

-          Che ha mia sorella?
-          Beh vedi, l’ho appena vista che si aggirava nel boschetto, quello dove giocavate da piccoli, ricordi?
-          Certo che mi ricordo cretino! Che c’è che non va con quel posto?
-          Stava correndo via da me e Francia, non ci ha voluti ascoltare!
-          E ti sembra una cosa strana?! Ha fatto fottutamente bene, chissà che cazzo volevate farle!
-          Ma Roma, io…
-          Taci, bastardo! Lasciatela in pace e andatevene subito, chiaro? Altrimenti vi prendo a mazzate!
-          Va bene, però qui c’è anche Inghilterra-
-          Che cazzo hai detto?!

Senza rendersene conto, Romano era già in piedi ed aveva agganciato in faccia a Spagna, trascorse qualche secondo a pensare ad una possibile ragione per la quale il damerino inglese fosse nello stesso posto in cui si trovava sua sorella e non poteva venirgli in mente altro se non un

-          La sta seguendo quel brutto figlio di puttana drogato di tè!

Detto questo, andò in camera sua a cambiarsi e corse in macchina per raggiungere il prima possibile sua sorella e salvarla dalle grinfie di tutti quei bastardi arrapati, era talmente preoccupato che non si fece problemi a prendere l’auto che usava di solito per flirtare invece dell’altra, non aveva di certo tempo da perdere a cercare le chiavi dell’altra! Era di fretta. Si sentiva esattamente come molti anni fa, quando era giovane e non sapeva ancora controllare la sua rabbia… quando era nel pieno degli anni della Mafia.
 
 

Caterina Florentia Vargas 

Affrettò il passo fino ad uscire dal piccolo parco e dovette nuovamente fermarsi quando intravide la chioma spettina di Arthur venirle in contro correndo. Si domandò se fosse in pericolo o in fuga e così facendo si ritrovò a correre nella stessa direzione dell’altro, inconsciamente. Quando realizzò il fatto si bloccò e fu a quel punto che anche Arthur le si fermò davanti. Benché avesse un ombrello in mano era fradicio dalla testa ai piedi, il che era decisamente strano per un inglese. Alzò lievemente la mano in segno di saluto , ma l’altro ammiccò freneticamente con la mano prima di spingerla sotto l’ombrello accanto a se. Non sembrava intenzionato a parlare , non che Centro ne avesse la minima voglia, però almeno il tempo sarebbe passato molto  più rapidamente. Così mise da parte il suo orgoglio e la sua ritrosia nel parlare con gli altri ed iniziò.

-          England come mai eri qui?
-          Io? C.. che DOMANDA SAREBBE QUESTA? Piuttosto tu che ci fai qui in un posto deserto e sotto la pioggia?
-          Ma saranno cazzi miei! In più sono io quella che ha fatto la prima domanda
-          Bene allora non sono affari tuoi… stavo solo passeggiando ecco tutto
-          Capperi e passeggi ad una velocità stile Ferrari di solito?
-          Ah ah

Inghilterra se ne restò così, sotto l’ombrello accanto a lei a fissare l’orizzonte preso da qualche tempesta interna a cui Italia non era interessato. Caterina no riusciva a sopportare quel silenzio , ma soprattutto non sopportava la sua ostinata voglia di sentire la voce dell’inglese. Arthur starnutì emettendo un suono simile ad uno squittio e saltellando sul posto. Ecco si era pure preso un raffreddore, che imbranato. Lo afferrò per il braccio e se lo trascinò dietro fino a casa senza trovare la minima resistenza nell’altro. appena entrati Arthur rimase per un po’ sulla porta, come un vampiro che ha bisogno del consenso del padrone prima di varcare la porta. Gli tirò un calcio così forte alle gambe che Arthur per poco non cadeva. Gocciolavano entrambi e di certo la sola idea di dover lavare tutto il pavimento non la entusiasmava molto. Corse in camera e fece cenno ad Arthur di aspettarla mentre tornava con un asciugamano. Lo fece sedere e prese ad asciugargli con forza i capelli, non voleva che si prendesse un raffreddore solo perché era uno stupido inglese imbecille. Arthur davanti a lei piegò la testa nascosto dall’asciugamano appena in tempo perché Italia notasse il forte rossore sulle sue guance.  Ecco fatto, proruppe improvvisamente con un gran sorriso sul volto. Arthur però rimase con l’asciugamano in testa, senza sollevare lo sguardo dal pavimento. Gli pizzicò una spalla, poi il naso e l’altro, a quel punto, si alzò mezzo scombussolato e rosso in volto.

-          Togliti la camicia..
-          EH?
-          Che diavolo Arthur non mi sfondare i timpani, togliti la camicia te ne do una di Veneziano, dovreste avere la stessa taglia..
-          Perché?
-          Sei fradicio, hai starnutito quindi ti sei preso un raffreddore e vorrei evitare che peggiorasse. Tanto sono abituata ai miei fratelli quelli si spogliano manco fossero in un locale notturno.

Scomparve ancora una volta infilandosi nella camera degli ospiti, tanto non avrebbe avuto alcun problema, dopotutto aveva visto così tante volte Veneziano o Romano svestirsi che non le faceva più effetto. Tuttavia, quando scese le scale e vide Arthur sfilarsi la camicia non poté fare a meno di restare come un ebete a fissarlo fino a quando quello non si voltò verso di lei. Allora scese le scale ed a testa bassa gli porse la camicia pulita. Si sentiva le guance in fiamme e quello stupido ciuffetto aveva di nuovo preso vita intrecciandosi come fosse stato un cuore. Arthur davanti a lei ringraziò mentre si vestiva nuovamente, ma non poté fare a meno di notare il guizzo dei capelli dell’altra. Tentò di sfiorarlo, ma Caterina evitò la mano dell’inglese agilmente con un sorriso beffardo ed un forte rossore.

-          Non toccare il mio ciuffo
-          Ma è un ciuffo
-          Beh è proprietà privata!!  

 
Romano Lovino Vargas
 
La sua corsa non durò molto, quel tanto che bastava per fargli rischiare la vita un paio di volte a causa della sua velocità.
-          Fottutissimo palo del cazzo!
Quando arrivò nel piccolo bosco, incontrò gli altri due, Spagna come lo vide, iniziò a sbracciarsi per attirare la sua attenzione e Francia… beh lui si mise a fare il francese.

-          Roma! Da questa parte!
-          Ti ho visto coglione, allora? Dov’è mia sorella?
-          L’abbiamo persa di vista qualche minuto fa
-          Che cazzo hai detto?!

A quella frase, la rabbia di Romano uscì, iniziò a colpire lo spagnolo con tutte le sue forze riempiendolo di calci e pugni.

-          Maledizione! Sei un fottuto bastardo buono a nulla! Mi spieghi che cazzo hai fatto tutto il tempo?!
-          Calmatimon petit chéri, non c’è bisogno di scaldarsi così tanto, se hai tutte quelle energie, perché non le scarichi con il fratellone Francia? Hohoho!

Lo prese alla lettera, lasciò andare lo spagnolo ormai tutto dolorante ed iniziò a colpire il francese, questo si mise ad urlare e piangere come una donnetta.

-          TI PREGO, LA FACCIA NO!
-          Ma come? Non eri stato tu a dirmi che potevo usarti per scaricare la rabbia?
-          R-Roma, calmati!
-          Lasciami maledetto bastardo!

Venne bloccato da Spagna che intanto si era ripreso, Romano continuò ad agitarsi per qualche minuto, imprecando e bestemmiando nei vari dialetti che conosceva, lentamente si calmò e venne liberato.
-          Dov’è quel sopracciglione bastardo?
-          Non lo sappiamo, è sparito.
-          COSA?! Potrebbe averla seguita e…
-          Ed ora si staranno facendo tante coccole… che invidia, tua sorella è davvero attraente, mi piacerebbe davvero molto av-
-          BASTARDO!

Questa volta Spagna non fermò l’ira di Romano che si scagliò contro il francese con l’obiettivo di strozzarlo, se lo meritava, non poteva fare dei pensieri perversi sulla sua piccola italiana, si sedette ed osservò la scena impassibile ignorando le richieste di soccorso dell’amico, era giusto che Romano si sfogasse un po’, no?

 
 
  
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