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Autore: Mao_chan91    10/03/2007    1 recensioni
Vite si sfiorano, scontrano, intrecciano.
L'egoismo diventa chiave della sincerità; il passato qualcosa da allontanare.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Riza Hawkeye
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Rewrite


Capitolo settimo


Questa fan-fiction è un’AU, dunque ambientata in un universo alternativo, in questo caso semplicemente il mondo moderno. Niente alchimia od altro, dunque, ma determinate situazioni interpersonali sono le stesse,o almeno inizialmente.


Disclaimer: I personaggi qui presenti non appartengono a me, ma alla somma Hiromu Arakawa, autrice di FMA. Mi appartiene solo questa fan-fiction ed ogni singola frase, idea o concetto.

-

Lui stringe un poco i pugni, letalmente ferito da ogni parola che gli si scioglie mollemente all’orecchio senza un minimo di riguardo o tatto.

Non è mai stata il tipo particolarmente dotato di tatto, fuori dalla vita professionale, ma particolarmente schietta.

Se non fossi schietta mentirei, e questo sarebbe un grosso peso per me.

Ed è anch’ella abbattuta, mentre stringe un poco le labbra frenandosi a fatica dal morderle pur di conservare austero contegno, e fa del suo meglio per parlare, sventrandosi come ad un parto, nel duplice intento di non fare un altro torto all’uomo che ama e non soffrire oltre.

E’ tutto schifosamente difficile.

"...e mi sono sentita trascurata. E priva delle tue attenzioni."

"Cristo, Riza, non fingere di non sapere quanti anni abbia. E che, anche se ho agito stupidamente, l’ho fatto per te. Per favore, non fingerlo."

Oh, lei è così brava e fredda e ricca di destrezza nel vomitare dolorosamente parole che non pensa pur di proteggersi.

E fingere di avere un’interpretazione delle cose, così diversa dal mi servono più coccole e certezze, come ad una mocciosetta, ed era più facile e piacevole così, e lui è dolce e sgarbato, ma maledettamente gentile e lo amo, lo amo diversamente da come amo tutt’ora te che è reale in un posto remoto tra le sue scapole, sotto la sua pelle, qualcosa d’intima intesa tra sé e quel celato compiacimento che la rende terrificantemente gioiosa, d’una gioia al proprio occhio malata.

E’ visibile a tutti, ma lei, solo lei non lo sa.

Black Hayate abbaia un poco irato ed ansioso, tirando il guinzaglio.

Lei stringe gli occhi, definendo mentalmente quei cinque minuti il tempo dell’indolore congedo.

Vuole andare via, sfogando istinti complessi e contentando Roy con parole sentite ma confuse, e sosta un poco, pensando ed elaborando un poco solido sorriso gentile.

"Inizialmente l’ho accolto in casa mia per pena e tenerezza. Non sono una pervertita. Non sono una persona così." mormora piano, stirando ogni parola con cura per struggerlo nel passato.

E’ spesso così crudele, con quella gioia vibrante che è verità che urta e scuote.

Così crudele.

Lui, schiena contro la porta, scosta nervosamente il carico del proprio peso da un piede all’altro.

Non vuole sentire.

Non vuole davvero che parli, anche se la incoraggia a continuare a farlo con un cenno del capo.

"Tu puoi essere buono e gentile con me, Roy. Davvero, lo sei tanto. Ma questo è il tuo dare, ed io non ti ricambio con nulla."

"Non... "

"Conta. Conta tantissimo, invece.
E’ come essere una casalinga frustrata con un marito in carriera.
Qualcosa che ti urla sei un miserabile straccio, sei inutile e ti ergi fiera su tutti ma non fai niente. Non puoi fare niente.
Ed è una cosa davvero, davvero penosa, tirarsi su appoggiandosi totalmente a qualcuno; Edward è diverso in questo senso.

E’ qualcuno a cui posso dare qualcosa. E’ un ragazzo così distrutto che anch’io posso fare qualcosa per lui. Con impegno lo seguo, comunico con lui, e lui è una presenza calda che fa qualcosa per me conoscendo le parole che mi servono perché abbiamo passato tante cose terribili, e sa come ci si sente a perdere tutto e sbagliare tantissime volte.
E’ qualcuno cui posso insegnare come non sbagliare ancora come io ho sempre fatto.
Siamo tutti così egoisti, ma lui ne ha coscienza.
Così pieno di complessi ed egoista, egoista come ogni sacrosanta persona può essere, ma riconoscendolo entrambi siamo onesti come nessuno. E crediamo questa la nostra felicità.
Forse è compassione. Forse è il rapporto più puro che si possa avere, come tra bambini.
Non lo so. E non voglio saperlo, se devo essere sincera. Va bene così.
Questa sarebbe una richiesta, un…un…"

"…un ‘lasciami perdere’, eh?"

Lui sospira, mentre lei non ha altre parole e si sfiora una tempia confusa, prendendo secondi con l’arricciarsi una ciocca bionda attorno al dito, sfuggendo al suo sguardo e poi ripuntandolo, perché lui è lì a vanificare ogni suo tentativo di fuga con somma decisione, alto su di lei che è bassa stringendosi colpevolmente nelle spalle, sperando di averlo spiazzato ma l’ha solo ampiamente deluso, svuotato di ogni energia.

Anche se questo adempirà ugualmente allo scopo di perderlo.

"Riza. Ri-za."

Lo sguardo d’inchiostro di lui è pesante ed opprimente, è come se le fosse addosso senza esserlo, schiacciato sul suo corpo con sguardo di abile seduttore a confonderle pesantemente la testa, ma sono distanti, d’una distanza immateriale ed inesistente, che potrebbe colmare allungando appena un braccio, ma non lo fa.

Si separano col suo passo ampio e falciante ed il suo capo che annuisce con scatto forte e doloroso per il collo, sicché lui possa scorgerlo anche senza desiderarlo davvero.

E non lo desidera, ma è visione ineluttabile ai suoi occhi sconcertati ed affranti.

E’ un perenne errore.

In ogni passo, in ogni mutamento.

Un latrato leggero, e Riza è per sempre una macchia chiara e scura indistinta.

-

"Merda. La mia testa…" brontola Ed, rigirandosi nel letto mentre si preme una mano sulla fronte, magenta come solo certe sfumature degli occhi nocciola strani di Riza sanno essere, come solo le mani ferme ed affusolate di Riza sanno colorarlo e lo colorano anche ora, strofinando la fronte contro la sua con un sorriso malevolo, stringendo il lobo del suo orecchio sinistro tra i denti con presa appena accennata, rovesciandosi su di lui.

"Ho appena detto che mi fa male la testa." ribadisce lui contrariato, pur senza sottrarsi al contatto morbido e sensuale.

"Non è colpa mia se hai bevuto troppo, ieri sera."

"Era lo stress. A giorni ho un test importante, lo sai."

"Ah. Ma ho fiducia che andrai bene."

Riza si rivolta, delicata e macchiata d’un contegno che pare non aver perso per un solo istante, al suo fianco sul solito divano, accoccolandosi discreta con la testa posata a forza sulla sua spalla, e chiudendo gli occhi.

"Riza…"

"Ti do fastidio?"

"Non tu…n-no, insomma…è…"

Lei abbassa lo sguardo seguendo il calare del suo, quasi atterrito dalla pressione dei suoi floridi seni sul proprio braccio, mentr’ella lo compatisce con un sorrisetto tirato.

"Buffo che questo piccoletto precoce si spaventi così dopo aver avuto a che fare con roba peggiore. Buffo, davvero."

"NON SONO PICCOLO. E NON HO AVUTO...a che fare con...oh...er...va’ al diavolo, eh."

"Sei sempre così tenero..."

"NON SONO...oh...er...oh..."

Lei ride un poco vedendo il suo colorito peggiorare, sollevandogli il viso con un dito e sfiorando le sue labbra con lo stesso, il pollice a sfregarvisi percorrendone l’intera curva, sino a sfumare il contatto, sottraendovisi quando lui le stringe la nuca per accostarsela maggiormente, rapitone come da intento e dunque non comprendendo il rifiuto.

"...c’è qualcosa che non va, Ri?"

"No...ti spiace se...stiamo così e basta?"

"...davvero, è successo qualcosa?"

"No, stamane, beh...no, insomma...no. "

"...beh?"

"...io... "

"Dai."

"...ho pensato che quando dormi sei davvero più carino del solito."

"...eh? Umph. Non si dice così ad un uomo."

"Non posso farci niente. Sei carino."

"Non bello? Affascinante? Attraente?"

"Carino, Ed."

"…è davvero tutto qui?"

"No, sei anche apprensivo, molto."

"Riza..."

Lui si sfrega una mano sulla fronte, sconsolato ed incalzandola approfondendo una carezza alla schiena, che gli sfugge poi alla presa col di lei levarsi, contratta in viso, abbandonando malamente la testa in petto e sferzandosi il viso in solchi delle sue stesse unghie.

"Tutto bene. Tutto bene."

Edward la perde di vista quando in muta scrollata scuote le spalle e lo rifiuta ancora, ma d’un rifiuto plastico e mentale, che non tollera sentirsi intrisa di colpevolezza quando lo tocca.

Non lo tollera più, ma nessun gran gesto da osare la libera da quest’inibizione, dunque si allontana nella sua stanza e lui è perplesso e scombussolato, ancora dolorante, ed è un pessimo momento, ma qualcosa vuole uscire da lui ed i suoi piedi scattano verso il bagno, rendendolo nervoso a lungo.

Merda. Merda. Merda. Mer—ha.

-

Note: Okay, Ed è un mostro di finezza. Okay, questo bisogno di attenzioni per distrarsi di Riza può lasciare perplessi. Più che perplessi. Ma era, seriamente, una delle poche volte in cui mi tornava funzionale adattarla così, perdonatemi.

La battuta sul fatto che Ed sia così pudico nonostante quanto ha passato, è riferita a quanto è avvenuto nel capitolo precedente, spero fosse comprensibile.

Mi spiace di aver shockato Setsuka ^^;, e sono contenta che dopotutto trovi i personaggi giustificabili. Continua a dispiacermi che tu abbia questo terribile rapporto con Winry, avendo io in lavorazione diverse one-shot EdWin per il theme set Violator del forum, suppongo non sarà facile che, conclusa questa ff, tu legga altro di mio.

In proposito, ero piuttosto dilaniata circa il prossimo capitolo; il seguente ad esso, dunque il nono, sarebbe l’ultimo, e pur avendoli suddivisi con un senso logico, l’ultimo è piuttosto breve (due paginette), e mi spiacerebbe lasciare insoddisfatto qualcuno. Anche perché sto ancora ponderando sul se aggiungervi un epilogo o meno, ma suppongo mi baserò sulle recensioni; se sarà ritenuto un finale incompleto, provvederò, se no lo lascerò così.
Grazie per le recensioni anche a Shatzy e Babus, lieta di aver trovato nuovi recensori ^^.

  
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