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Autore: Wren07    26/08/2012    6 recensioni
Voglio odiarti se posso, altrimenti t'amerò controvoglia (Ovidio)
Sirius veniva da lui solo di notte e quando lo avevano portato via era ancora mattina. Era la fredda mattina del primo novembre, il cui gelo continuava a investirlo anche nel caldo torrido dell’agosto successivo.
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Silenzio liquido
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Remus Lupin
Pairing: Remus/Sirius
Genere: Introspettivo, malinconico
Rating: PG
Word count: 809
Avvertimenti: One-shot, slash
Beta: La gentilissima e pazientissima Geilie  (♥♥♥)
Note: Scritta per fillare il prompt Due dita di vino sul fondo della bottiglia di Nolwenn.
 
 
 
Silenzio liquido

 
Voglio odiarti se posso,
altrimenti t'amerò controvoglia
 
Ovidio
 
 
 

Per tutti quegli anni – Remus lo sapeva – Sirius non aveva sognato altro che andare via; andare lontano dalla sua casa ammuffita, dai suoi genitori, dalla sua stessa pelle, che talvolta sentiva stringergli le ossa.

 
Anche da Remus forse voleva andare via, come egli stesso intuiva di tanto in tanto dai sospiri affannati e malinconici sulla sua pelle, mescolati all’odore delle miglia che Sirius percorreva senza fatica, nella sua forma canina.
 
Tutto ciò Remus lo sapeva dalle strane confessioni che strappava a Felpato di tanto in tanto quando veniva da lui, dopo che il suo desiderio di andarsene aveva già ceduto di fronte al bisogno di rimanere.
 
 
Ma Sirius veniva da lui solo di notte e quando lo avevano portato via era ancora mattina. Era la fredda mattina del primo novembre, il cui gelo continuava a investirlo anche nel caldo torrido dell’agosto successivo.
 
Altre due dita di vino elfico dalla bottiglia già semivuota – aveva rinunciato ormai da molto al bicchiere – e tutto ciò che rimaneva erano i contorni confusi di un enorme cane nero.
 
La gola gli bruciava per effetto dell’alcool, dandogli l’impressione che riecheggiasse nella sua stessa bocca la risata disperata di Sirius di quella mattina del primo novembre, una risata così diversa da quella che in passato era stata soffocata tante volte dalle labbra di Remus.
 
In un attimo di improvvisa lucidità – anche quello doveva essere un effetto dell’alcool – Remus realizzò che quella risata affilata avrebbe continuato ad essere anche la propria, finché non fosse riuscito a provare solo odio per quello che tutti ormai ritenevano nient’altro che l’assassino dei suoi migliori amici.
 
Invece una parte di Remus continuava ad essere segretamente convinta che ci fosse stato un errore, che non fosse Sirius quello che doveva essere condotto ad Azkaban quella mattina, che forse non fossero di Sirius neanche quegli occhi privati della benché minima ombra di umanità, incapaci perfino di identificare Remus tra la folla, prima dell’arresto.
 
Prima di annegare in quel suo silenzio liquido, fatto di bottiglie di vino elfico e poco più, Remus li aveva visti i cadaveri di James e Lily, aveva stretto ingenuamente le loro mani gelide, lo aveva spiegato anche a loro che doveva esserci stato un errore. Lo aveva spiegato anche al professor Silente, che lo aveva ascoltato con un’educata serietà, forse la stessa che si sarebbe riservata ad un bambino che raccontava un brutto sogno, nella speranza di essere rassicurato. E Silente aveva rassicurato Remus, aveva puntualizzato che anche quando la realtà sembra chiara la verità può risiedere in luoghi ben più oscuri, ma che per il momento la verità da accettare era che anche una persona così vicina a lui potesse rivelarsi completamente diversa da come credeva. Lo aveva detto con una partecipazione e una commozione tali da far pensare a Remus che sapesse tutto del suo rapporto con Sirius, da spingerlo a fidarsi di lui ciecamente, ancora una volta, come avevano fatto tutti con l’idea dell’Incanto Fidelius.
 
Ma adesso era Remus a non desiderare altro che andare via, lontano dalle facce dei sopravvissuti alla guerra che tanto vivi poi non sembravano, dalla sua casa in cui Sirius era entrato troppe volte, dallo scantinato appositamente incantato dove era costretto a mutare forma ogni mese.
 
Altre due dita di vino sul fondo della bottiglia, altre due dita di vino – si ripeté Remus per l’ennesima volta quella sera –  e sarebbe scomparsa anche quella casa troppo sporca, trascurata da troppo tempo, come lui, come tutta la sua vita.
Fortunatamente in quei mesi aveva imparato a reggere bene l’alcool, in modo da ottenerne solo un vago oblio: non avrebbe sopportato qualcos’altro che gli facesse perdere completamente il controllo di se stesso, come faceva già la metamorfosi del suo corpo, al quale infliggeva profondi graffi ormai non solo da lupo, e come faceva il fantasma di Sirius. Quel fantasma continuava ad opprimergli il petto e a torturargli il cervello, e il fatto che non fosse l’odio ad imprimersi con più violenza nella sua mente restava la sofferenza peggiore.
 
Altre due dita di vino e Remus avrebbe visto il fondo della bottiglia e nient’altro, ormai aveva imparato anche quello; non si aspettava più da quel fondo nessuna risposta, nessun cambiamento.
 
Ma la mattina dopo sarebbe partito, con una valigia piuttosto leggera in cui non avrebbe infilato molto più di qualche camicia e la sua scorta di Pozione Antilupo.
Forse avrebbe ancora ritrovato l’odore di Sirius su quelle camicie consumate, ma avrebbe almeno potuto fingere di ignorarlo, come faceva ogni mattina con i suoi graffi brucianti riflessi nello specchio e la sua ventiquattrore da professore rimasta inutilizzata per il “suo piccolo problema peloso”, che lo aveva costretto ad accettare un contratto a breve termine in uno sconosciuto pub del Surrey.
 
 
Remus sapeva perfettamente che nemmeno lì sarebbe riuscito ad odiare Sirius, ma lo avrebbe amato controvoglia, affogando le urla del suo dolore in quel silenzio liquido.
 


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