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Autore: Mabelle    27/08/2012    7 recensioni
Gli astrofisici le definiscono "stelle gemelle".
Le stelle gemelle sono fisicamente legate tra loro, non si possono separare con nessuno strumento. La stella più luminosa della coppia è chiamata Primaria, mentre la più debole, Secondaria. Queste due stelle si girano intorno in un movimento orbitale, la loro luce è 70 volte superiore a quella del Sole. Si illuminano a vicenda, ma la stella più forte tenderà piano piano a prendersi la luce dell'altra stella, portandola così a "morire".
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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19. Capitolo diciannove.

 

This time won’t you save me.
Baby i can feel myself givin’ up.
{Save Me - Nicki Minaj.


Muoveva lentamente in modo circolare il cucchiaio, ogni tanto alzava lo sguardo e osservava i raggi del sole fare capolino dalla finestra e illuminare la cucina. Era una bella giornata, tuttavia Amélie era rimasta alla sera precedente, non riusciva a pensare ad altro, forse non voleva farlo. Harry l’aveva accompagnata a casa, inizialmente aveva rifiutato l’offerta, ma era impossibile resistere alla sua testardaggine e alla fine l’ebbe vinta. 

Sentiva ancora il profumo delle sue mani sfiorargli il viso, le sue morbide labbra poggiarsi sulle sue e quegli occhi verdi cercare un breve contatto con i suoi azzurri.

Bevve qualche sorso di quel tè troppo dolce per il suo palato, si alzò velocemente e buttò il liquido nel lavandino, senza tenere conto del suo stomaco vuoto che ogni tanto le provocava delle fitte.

Il suo cellulare squillava, spostò lo sguardo sullo schermo e lesse il nome: Harry.

Le si illuminarono gli occhi, la voglia di rispondere era tanta, ma non poteva, non doveva. Si erano promessi che ieri notte sarebbe stata solo la loro serata, ma dopo quelle poche ore tutto sarebbe finito, per sempre, eppure le sue mani non rispondevano agli ordini del suo cervello, si avvicinavano sempre più a quell’oggetto pronte per portarlo all’orecchio e rispondere. Il cellulare smise di squillare. Sospirò. Da una parte fu sollevata, in quel modo non avrebbe fatto un altro errore. Socchiuse gli occhi, dopo essersi seduta sul divano.

Era passato davvero così tanto tempo tra loro due? Settimane, giorni, ore, minuti, secondi.

Harry Edward Styles. Sorrise. Quel nome le apparteneva, si era infilato dentro di lei e non la lasciava. 

 

«Ti sei innamorata?»

«Perchè me lo chiedi?»

«Rispondi, su.» 

«Sì.» 

 

Quelle parole le inondavano la mente come onde che si infrangono sugli scogli. Si era innamorata, l’aveva ammesso a se stessa e a lui. Si era spogliata delle sue paure e si era mostrata per quello che era, si era resa vulnerabile, pur essendolo già. Un amore, se così si poteva definire, che era alimentato da semplici sguardi, caldi abbracci e tante, troppe parole che si infilavano negli spazi di quel puzzle che non era ancora completo, mancava un tassello e sapeva che sarebbe sempre stato così.

Si alzò e si diresse verso la sua stanza, la testa le doleva e le gambe si muovevano lentamente, ogni passo era uno sforzo, si sentiva pesante, il respiro lento, quasi impercettibile, le mani le sudavano e lasciavano chiazze di sudore sul legno della rampa.

Una volta salite la scale, si fermò e guardò verso il fondo dei gradini, le pareva che tutto si muovesse, molto probabilmente le era calata la pressione, le capitava spesso in quell’ultimo periodo e cercò di non darci peso.

La sua stanza era buia, non aveva ancora alzato le tapparelle, preferiva che almeno quella camera rimanesse nelle tenebre, a nascondersi come faceva spesso lei. Amélie era molto brava a nascondersi. Si nascondeva nei maglioni larghi per scomparire e non farsi notare, si nascondeva dagli sguardi curiosi della gente che la scrutava quasi la volesse penetrare, si nascondeva dagli affetti perchè sapeva che avrebbe dovuto lasciarli prima o poi, e, infine, si nascondeva da Harry, quando l’aveva incontrato la prima volta si era promessa, che se fosse accaduto qualcosa, si sarebbe fermata in tempo per salvarsi, si sarebbe comportata da perfetta estranea, e inizialmente c’era ancora riuscita, ma poi aveva deciso di lasciarsi andare e mostrarsi per quello che era, non aveva niente da perdere, dato che non possedeva nulla. Lui le aveva sconvolto la vita come poche persone sanno fare. Si era sempre domandata perchè avesse scelto lei quando ogni notte poteva avere una ragazza, forse erano caduti entrambi in quella trappola che chiamano amore. Era piacevole stare lì, fermi, ad osservarsi e scoprirsi attraverso un battito di ciglia.

 

Occhi che sapevano dove cercare per scoprire, per farsi scoprire.

 

Solo dopo quei pensieri si accorse di essere seduta sul letto e di avere una mano appoggiata al primo cassetto del comodino. Tentennò un po’, ma poi lo aprì. Eccole lì, già pronte. Le aveva preparate nei giorni precedenti, in un pomeriggio aveva fatto tutto, accuratamente, con la delicatezza di quelle mani ormai troppo esperte. 

Tre siringhe. La dose in polvere di eroina nel sacchetto era scomparsa, o meglio, aveva preso il posto all’interno di quei piccoli cilindri. Le afferrò delicatamente e le esaminò, erano completamente piene. Le sembrava di essere tornata alla prima volta in cui si iniettò una dose di eroina, aveva avuto paura, tanta paura. Aveva sempre odiato gli aghi, pur essendo sottili, ma non sopportava che le trapassassero la pelle così facilmente, con un semplice tocco e una lieve spinta, ma poi se ne fece l’abitudine, un po’ fu anche costretta da Jason dato che le aveva spiegato che per via endovenosa la droga entrava in circolo immediatamente, nel giro di pochi minuti, anche se sembravano interminabili.

Prese la prima siringa, evitò il laccio emostatico, ormai sapeva come fare. Fu veloce quell’attimo, premette lo stantuffo e sentì il liquido entrargli nelle vene e provocarle un brivido di freddo. Le altre due siringhe le teneva ancora in mano. Aspettò un attimo prima di alzarsi, sapeva che una dose l’avrebbe sopportata benissimo, solo qualche giramento di testa, ma quella piccola iniezione non avrebbe di certo ostacolato la sua lucidità.

Afferrò la borsa, vi mise dentro le altre due siringhe e scese nuovamente le scale, questa volta cercando di accelerare il passo, sperando di non inciampare e di conseguenza cadere. Avvistò un foglietto sul tavolo del salotto e, dopo aver cercato una biro, si mise a scrivere, concentrandosi sulla sua calligrafia che spesso era poco chiara. Quella lettera aveva un unico destinatario, Harry. Gli stava scrivendo ogni cosa, quello che era, quello che erano stati e quello che, purtroppo, non sarebbero mai diventati. Un amore sbocciato e schiacciato subito dopo, calpestato, dilaniato, ma non così debole da cedere.

Amélie ed Harry erano stati questo. Erano davvero forti, più forti di tutto, ma a volte l’amore non basta, ma loro se lo facevano bastare perchè era questo quello che volevano. Si erano incontrati e, nonostante tutto, non si erano mai lasciati, sapevano salvarsi a vicenda, passo dopo passo, insieme, come sempre e per sempre. 

La penna scorreva veloce su quel foglio, l’inchiostro nero si impregnava nel foglio di carta senza lasciare sbavature, una mano svelta che non voleva più lasciare tracce, dato che di tracce ne aveva lasciate fin troppe.

Odiava scrivere, ma per Harry avrebbe fatto un’eccezione, come sempre. Per lui avrebbe fatto tutte le eccezione del mondo, anche rimanere se solo glielo avesse chiesto, lui l’aveva fatto, l’aveva implorata di restare con lui, di farsi salvare, ma aveva rifiutato. Era un controsenso. Questa volta ad essere salvato sarebbe stato Harry, il suo Harry.

Chiuse gli occhi per un secondo, con la mano libera si asciugò le lacrime che rischiavano di rigare il suo volto. Stava piangendo dopo tanto tempo ed erano lacrime vere, ne aveva così tanto dentro di sé, doveva liberarsi di quel peso, doveva smetterla di sentirsi così attaccata al mondo con i piedi per terra, voleva essere libera, ma cos’era la libertà? Non l’aveva mai conosciuta.

Appoggiò la penna sul tavolo e respirò profondamente, il suo respiro fu smorzato da un colpo di tosse che le fece lacrimare gli occhi per il troppo sforzo.

Ora era arrivata la parte più difficile, ma doveva farlo, firmò il voglio con il suo nome, Amélie. Guardò l’orologio erano le quindici, doveva sbrigarsi altrimenti avrebbe incontrato Harry durante il tragitto e non voleva rivederlo, non più.

Prese la seconda siringa e si iniettò anche quella. Avrebbe retto pure quella dose, quello era il suo massimo, lo sapeva dato che ci aveva già provato una volta, non era mai andata oltre due siringhe, ma non ci pensò, cercò di concentrarsi sulla lettera.

Afferrò la borsa e si avviò verso la casa del riccio, sperando di non incontrare gli altri ragazzi. Il sole le batteva sulle testa, facendola sudare, sentiva le tempie pulsare e temette di svenire da un momento all’altro, ma non avvenne. Il tragitto sembrava più lungo del previsto, pensò anche di aver sbagliato strada, ma quando avvistò la casa bianca si accorse di essere nel posto giusto al momento giusto per la prima volta nella sua vita. Inserì la lettera nella cassetta postale, sorrise, ce l’aveva fatta. 

Guardò per un’ultima volta quella casa, chissà quando l’avrebbe rivista, ma soprattutto se l’avrebbe rivista. Si voltò e ritornò sui suoi passi.

«Amélie.» sentì una voce chiamarla, non era la sua. Non voleva girarsi, temeva quella figura. Sentì dei passi, si stava avvicinando. 

«Amélie, sei tu?» domandò.

«Sì.» ebbe il coraggio di voltarsi e si trovò Louis a meno di un metro di distanza.

«Come mai da queste parti?»

«Una semplice passeggiata, stavo tornado a casa. E...»

«Harry? - il ragazzo la precedette - Tranquilla, è con gli altri, sono andati a mangiare qualcosa al bar, mentre io ho preferito tornare subito a casa.» Amélie sorrise lievemente, Harry stava bene.

«Lui tiene davvero a te. Resta, fallo per lui.» alzò improvvisamente lo sguardo, che cosa stava dicendo? Lei non poteva restare.

«Ascoltami, Amélie, ha bisogno di te, si è innamorato e non può farcela da solo.»

«Io lo sto salvando.»

«Da cosa?»

«Da me.» Louis si avvicinò con cautela alla bionda, cercando di non spaventarla, sapeva quanto fosse impressionabile.

«Nonostante la scelta che farai, lui non ti dimenticherà mai. Le persone come te non si dimenticano facilmente. Cosa farai? Intendo se te ne andrai.»

«Credo che partirò, ho sempre amato viaggiare.»

«Allora, buon viaggio, Amélie.» e l’abbracciò, nonostante si conoscessero appena, ma durante gli addii non importa da quanto conosci una persona.

Rifece lo stesso tragitto dell’andata, il sole stava già tramontando e le dispiaceva che il giorno durasse così poco, il giorno è come la vita: dura troppo poco, pensò.

Entrò velocemente in casa, la sua ombra sgusciò fra la porta, buttò la borsa per terra, afferrò la terza siringa e corse in camera sua. Le sembrava strano come ad un tratto le sua gambe fossero diventate così leggere, quasi non le sentiva.

 

Fermati, ti prego.

Non posso, lo sai.

Ma io non voglio che tu te ne vada.

Se non mi lascerai andare, sarà lei a farlo.

Puoi combatterla.

L’ho fatto per troppo tempo, Harry.

 

Nonostante la sua agilità per quanto riguardava il fisico, la testa le doleva e la palpebre erano diventate improvvisamente pesanti, difficilmente riusciva a tenerle completamente aperte e ogni tanto doveva appoggiarsi al muro per non cadere, aveva perso perfino il senso dell’equilibrio. La sua camera era ancora buia, il disordine regnava in ogni angolo di quella stanza: vestiti appoggiati su ogni mobile, fogli sparpagliati sul pavimento, cassetti aperti e mai richiusi.

Aveva spento il cellulare per non essere disturbata, aveva voglia di stare da sola con se stessa, era da tanto tempo che non trascorreva qualche momento con la sua mente, ad ascoltare la sua coscienza, a rivivere i momenti più belli di quell’ultimo periodo.

 

Perchè sei qui?

Sono dove devo essere.

 

Si sedette sul pavimento freddo, nonostante fosse coperto da uno strato di moquette si sentiva gelare, oppure quel gelo proveniva dall’interno del suo corpo? 

Incrociò le gambe e notò quando fossero magre e lunghe, dannatamente bianche, era da tanto che non prendeva un po’ di sole, che non si abbronzava, ma sapeva che l’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stato una scottatura, come negli anni passati.

Il braccio destro riportava un alone viola nella zona in cui si era bucata qualche ora prima, poteva notare una vena affiorare sotto quel leggero strato di pelle, la sfiorò. Dentro di sé circolavano quelle due dosi di droga che si era iniettata in un breve lasso di tempo, si sorprese di non essere stata veramente male, forse il suo livello di sopportazione era aumentato, l’avrebbe scoperto tra poco.

Prese la siringa e se la rigirò fra le mani, forse sarebbe stata l’ultima siringa che avrebbe visto in tutta la sua vita. Respirò profondamente. Il cuore le batteva, temeva che le uscisse dal petto e lo vedesse dall’altra parte della stanza.

Posò l’ago freddo sulla pelle e lo spinse dentro, sempre nel solito buco, con il dito della mano sinistra premette sullo stantuffo e vide il liquido bianco fluire all’interno della vena. Lentamente svuotò la siringa e la buttò per terra. Ancora pochi minuti. Lo scorrere dei ricordi, i rumori ovattati, vampate di calore, i sensi che si disperdevano. Respirava a fatica, come se avesse un masso sul torace. Respiri lenti, spesso interrotti da alcuni colpi di tosse; poi sentì il battito del cuore rallentare, sempre più difficile era respirare, la vista offuscata, gli arti non rispondevano più ai suoi comandi. 

Gli ultimi respiri.

Gli ultimi battiti.

Gli ultimi sospiri.

Chiuse gli occhi lentamente, fu un’azione involontaria, le parve di vedere la figura di Harry sulla soglia, ma non poteva più contare sui suoi sensi, potevano benissimo tradirla da un momento all'altro. 

Forse era troppo tardi per mantenere quella promessa. Forse.

 

Sussurra solo tre parole...

...il mio angelo...

ed io verrò di corsa

...non verrai...

non sei sola

...e non ci sarai...

Ed io, piccola, ci sarò, lo sai, ci sarò...

No, non ci sarai.










 

Eccomi qua con l'ultimo capitolo, poi ci sarà l'epilogo, rgrtkg.
Non mi sembra vero, non posso crederci, sta per finire.
Per quanto riguarda il finale, be', ho deciso. Non posso dirvi niente, ma tra meno di una settimana saprete tutto. Forse dopo questa long scriverò ua breve one-shot che parlerà della vita di Harry una volta superato quello che accadrà nel finale. (?)
Vi ringrazio per essere arrivate fino a qua. Non voglio scrivere più di tanto perchè il vero "addio" lo darà nell'epilogo.
Ringrazio chi ha recensito e chi recensirà anche questo capitolo.
Un bacio. c:

Amélie. (E' così bello vederla sorridere)


 

  
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