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Autore: whateverhappened    27/08/2012    2 recensioni
Se c'era una cosa di cui Sebastian non aveva decisamente sentito la mancanza, quella era l'aeroporto di San Antonio. O, per meglio dire, qualsiasi cosa avesse a che fare con San Antonio. O con il Texas. O con suo nonno. Non aveva mai creduto nel karma o in tutte quelle idiozie per cui ti capita quello che ti meriti in base al tuo comportamento, ma evidentemente le maledizioni che aveva ricevuto pressoché da chiunque negli ultimi anni stavano avendo il loro effetto: Sebastian stava vivendo un incubo.
Per il compleanno di Robs (:
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati tre giorni dalla scenetta di Thad – Sebastian aveva cominciato a definirla in quel modo fra sé e sé, tentando di sminuire la reazione che aveva avuto alla visione del ragazzo totalmente bagnato. Quella notte non era riuscito a dormire più di mezz'ora di fila: continuava a svegliarsi in preda ad un'agitazione che non sapeva spiegarsi e che non si calmava affatto quando vedeva Thad sdraiato accanto a lui. Lo aveva maledetto più e più volte: il ragazzo dormiva sempre con una tranquillità invidiabile, mentre lui si sentiva tormentato come non mai.

Dopo tre giorni, Sebastian aveva ormai capito che qualcosa non andava. Aveva negato la realtà: Thad non era nessuno, solo una figura di passaggio nella sua vita, . Se ne sarebbe dimenticato dopo qualche mese. Non aveva senso sbattere la testa su questioni che lo riguardavano, . In fondo, da lì a pochi giorni non lo avrebbe più visto. Sebastian, però, si era subito accorto che non sarebbe stato così: Thad era stato infido, era riuscito ad infilarsi nella sua vita in un tempo così breve che Sebastian non se ne capacitava. Si era talmente abituato ad averlo intorno che quando non c'era andava a cercarlo e, per quanto Sebastian volesse negarlo, non poteva dire che una persona del genere fosse soltanto una figura di sfondo. E si era arrabbiato, si era infuriato con quel ragazzo che aveva osato avvicinarsi a lui. Thad, con la sua tranquillità e i suoi sorrisi, aveva minato le basi del muro che Sebastian aveva costruito per tenere fuori il mondo. L'acqua cheta distrugge i ponti, gli aveva sempre detto sua madre, ma solo in quel momento si era reso conto di quello che volesse dire. Sebastian avrebbe voluto urlargli addosso, gridargli quanto lo odiasse per aver messo così tanto in discussione il suo modo di vivere, quell'equilibrio che aveva raggiunto con così tanta difficoltà. Avrebbe voluto dirgli che era tutta colpa sua se ora era pieno di dubbi, ma una voce nella sua mente gli diceva che non era così: era lui che avrebbe dovuto insistere per non andare in Texas, che avrebbe dovuto ribellarsi alle condizioni di suo nonno, che avrebbe dovuto mantenere le distanze con quel ragazzo, anche se aveva un bel sorriso. Era lui quello da recriminare, Thad era semplicemente stato socievole.

Arrivato a quel punto, Sebastian si era ricordato di quell'unica lezione di psicologia che aveva seguito in Francia: un ragazzo della loro scuola aveva avuto un incidente e il preside aveva pensato che chiamare una psicologa a spiegar loro le cinque fasi del dolore li avrebbe aiutati a superare la cosa. Sebastian non aveva idea di chi fosse il ragazzo per cui tutti piangevano, ma aveva seguito con attenzione tutto quello che la dottoressa aveva spiegato. Dopo tre anni, si era ritrovato a ringraziare qualsiasi cosa lo avesse portato ad ascoltare quella lezione. Dopo aver negato, essersi arrabbiato e auto-recriminato, Sebastian si era reso conto che quelle tre fasi erano familiari. A quel punto era stato semplice mettere insieme le cose, risparmiandosi la fase della depressione e raggiungendo direttamente quella dell'accettazione: a lui interessava Thad ben più di quanto avesse voluto ammettere. Perché fosse arrivato a quella conclusione attraverso le fasi del dolore non gli era ben chiaro, forse era conseguenza della morte della sua dignità.

Non poteva interessargli Thad. Non poteva piacergli. Era solo un ragazzo che portava pecore da una parte all'altra del ranch di suo nonno, non era per nulla il suo tipo. Non era biondo né aveva brillanti occhi azzurri come Jacques, ma doveva ammettere che ben più di una volta si era perso ad osservare quei profondi occhi scuri. Non aveva mai pensato che Thad potesse essere qualcosa di più che un piacevole passatempo mentre era inchiodato in Texas, ma adesso che mancavano pochi giorni alla sua partenza incominciava a pensare che il ragazzo gli sarebbe mancato una volta trasferitosi in Ohio.

Sebastian sospirò, rigirandosi nel letto. La sveglia sul comodino segnava le cinque e mezzo, da lì a poco avrebbe dovuto alzarsi e incominciare una nuova giornata di lavoro. Non aveva praticamente chiuso occhio, non aveva idea di come avrebbe potuto resistere. Forse Thad avrebbe potuto coprirlo ancora...

Ancora.

Thad non lo aveva mai visto prima di quelle tre settimane, eppure già al primo giorno lo aveva coperto con suo nonno. Non solo, era andato avanti a farlo per tutto quel tempo e senza che Sebastian glielo chiedesse. A ben pensarci, non lo aveva neanche mai ringraziato a dovere. A quel pensiero, si ritrovò a sorridere: fino a un mese prima non avrebbe esitato a ringraziare Thad nella maniera a lui più congeniale, eppure in quelle tre settimane non ci aveva mai provato davvero. Sì, erano volate battute, perfino da parte di suo nonno, c'era stato quel breve momento alla stalla prima che Thad si facesse la doccia... ma nulla di serio. Sebastian quasi si sorprese nel notarlo: tre settimane a stretto contatto con un gran bel ragazzo e non era successo niente, poteva considerarlo un record. Ignorò la voce nel suo cervello che gli suggeriva che se non era successo niente probabilmente c'era la possibilità che a Thad tenesse davvero, forse non era uno dei tanti. La sveglia gli venne in soccorso, suonando proprio mentre quel pensiero molesto faceva di tutto per attirare la sua attenzione.

 

Thad era già in cucina quando Sebastian arrivò. Era più stanco di quanto avesse pensato, tanto che aveva percorso praticamente tutto il tragitto da camera sua a lì con gli occhi chiusi. Si passò le mani sul viso, tentando di svegliarsi.

«Brutta nottata?» domandò Thad, porgendogli una tazza di caffè e un muffin al cioccolato.

Sebastian seguì con lo sguardo i suoi gesti, prima di rivolgergli un'occhiata sorpresa. Fissò il muffin, ancora fra le mani dell'altro. Era il suo preferito, quello al cioccolato, specialmente a colazione quando aveva bisogno di ricordare a se stesso di non essere un morto vivente.

«Che c'è?» chiese Thad, notando la sua immobilità. «Prendi sempre questo, pensavo fosse quello che ti piace di più».

«Lo è...» confermò Sebastian, sempre fissando il dolce. Sua madre non sapeva quale fosse il suo muffin preferito, Thad lo aveva capito in meno di un mese.

«Sebastian, o prendi questo dannato muffin e fai colazione, o lo mangio io e ti lascio a digiuno fino a pranzo. Giuro che lo faccio»

«A te non piace» ribatté in automatico Sebastian, meravigliandosi delle sue stesse parole. «Tu fai il salutista e mangi quelli coi frutti di bosco. Lo mangeresti solo per irritarmi, io lo farei e ti renderei questa mattinata un inferno, quindi tu ti arrabbieresti e ti vendicheresti facendomi pulire le stalle. A quel punto troverei un modo per fartela pagare ulteriormente...»

«Okay, okay» lo interruppe Thad con un gesto della mano. «Mangiati questo accumulo di zuccheri e muoviti, che siamo già in ritardo».

Senza aggiungere altro, Thad recuperò il cappello e uscì dalla cucina a passi spediti. Sebastian lo osservò allontanarsi, il maledetto muffin ancora fra le sue mani. Sarebbe rimasto in Texas ancora pochi giorni, ma sapeva già che non sarebbero stati semplici.

 

Aveva osservato Sebastian tutta la giornata. A colazione era stato strano – più strano del solito, il che era tutto dire – e quel comportamento si era prolungato per tutta la mattina. Era taciturno, rispondeva a monosillabi e sorrideva appena alle battute di Thad. A pranzo, persino Carl si era accorto che qualcosa non andava. Non che avesse detto qualcosa, da quel punto di vista era estremamente simile al nipote, ma aveva lanciato a Thad un'occhiata che non aveva bisogno di spiegazioni. Se quella non fosse bastata, non appena Sebastian si era alzato da tavola, Carl gli aveva fatto cenno di andare a parlarci.

Thad non lo aveva fatto. Non che non volesse sapere cosa passasse per la testa di Sebastian, anzi, ma sapeva bene che il ragazzo non avrebbe aperto bocca nemmeno se lo avesse supplicato in ginocchio di dirgli che problema aveva. Probabilmente si sarebbe chiuso ancora di più, come aveva fatto in precedenza. Così Thad aveva deciso di stargli semplicemente attorno, continuando il lavoro come se fosse stata una giornata come tutte le altre, anche se l'assenza delle battute e le frecciatine di Sebastian era palpabile.

«Come mai non mi hai ancora chiesto niente, signor Freud?» domandò all'improvviso Sebastian. Dopo un pomeriggio trascorso quasi nel silenzio totale, Thad quasi si spaventò nel sentirlo parlare.

«Cosa?»

«Non fare l'idiota. Tutte quelle cazzate del “parla, sfogati, ti sentirai meglio” che mi propini ogni volta che sono di cattivo umore...»

«Perché, sei di cattivo umore?» tentò Thad, ma non era mai stato un buon attore e Sebastian non gli credette nemmeno per un istante.

«Come se non mi avessi fissato con il tuo sguardo da mamma chioccia per tutta la giornata».

«Io non ho uno sguardo da mamma chioccia!» ribatté Thad, offeso, ma Sebastian lo ripagò con un'imitazione di quella che doveva essere stata la sua espressione del giorno. Scoppiò a ridere, incurante della situazione.

«Tu hai uno sguardo da mamma chioccia, anche se devi perfezionarlo».

«Sicuro. Nella vita avrò molte occasioni per sfoggiarlo!»

Sebastian scrollò le spalle. «Non si sa mai cosa può riservarti il futuro. Potresti cambiare sesso e allora ti servirebbe: sembra che a tutte le donne piaccia avere uno sguardo da mamma chioccia».

Thad si ritrovò a ridere, perfino Sebastian abbozzò qualcosa di simile ad un sorriso. Se non altro, pensò Thad, sembrava più rilassato di dieci minuti prima. Adesso poteva provare a dire qualcosa.

«Mi hai ampiamente fatto capire che non vuoi parlare, quindi perché insistere?» gli disse, sperando che quel vago tentativo di psicologia inversa funzionasse. Non ci sperava, ormai aveva capito che la mente di Sebastian non funzionava come quelle di tutto il resto del mondo – se avesse capito come ragionava il ragazzo probabilmente gli avrebbero dato il premio Nobel.

«Mmm» fu l'unica risposta di Sebastian. Thad lo guardò confuso: nessuna battuta, nessuna negazione, perfino l'assenza di insulti era strana. Forse era un buon segno, forse poteva provare a scalfire il muro attorno al ragazzo. Forse.

«Quindi... Hai sentito tua madre? O tuo padre?»

Sebastian lo guardò confuso e Thad si morse la lingua. Non avrebbe mai dovuto chiedere, insistere perché Sebastian gli dicesse qualcosa che evidentemente non lo metteva a suo agio. Non era da lui che, da sempre, aveva evitato di invadere gli spazi altrui. Ma, non sapeva perché, con Sebastian era diverso. Con Sebastian voleva sapere, voleva conoscere quello che lo rendeva così strano. Voleva esserci.

«Ecco...»

Quando Sebastian iniziò a parlare, Thad percepì il suo stomaco annodarsi. Sebastian stava spiegando, si stava sfogando, e lo stava facendo con lui. Si stava fidando di lui.

Ora l'unica cosa da fare era mettere a tacere quella vocina nella sua mente che gli diceva che lui ne era felice.

 

«Hai sentito tua madre? O tuo padre?»

Le parole di Thad colpirono Sebastian come mai si sarebbe aspettato e, a ben pensarci, non aveva alcun senso visto che era da un mese che il ragazzo gli chiedeva di lasciarsi andare e raccontargli i problemi che aveva con i genitori. Paradossalmente, però, durante quella giornata Sebastian non si era mai ritrovato a pensare a quanto non volesse rivedere suo padre o a quali parole scegliere per dire a sua madre che con lui aveva sbagliato tutto. No, i suoi genitori erano rimasti fuori dal quadro e Sebastian non se ne era nemmeno accorto, troppo impegnato a pensare a quello stesso ragazzo che ora glieli aveva ricordati. Aveva ragionato su come Thad gli ispirasse un enorme senso di fiducia, ma non sul perché era arrivato a quel punto.

«Ecco...» iniziò a dire, pronto a fermare sul nascere qualsiasi tentativo di conversazione. Thad, però, lo stava fissando e quegli occhi lo invitavano a parlare. Sebastian sospirò, se avesse potuto li avrebbe cancellati dal mondo, quei dannati occhi scuri.

«In realtà...»

Sebastian era combattuto. Avrebbe dovuto dire a Thad che no, non aveva sentito i suoi genitori e, no, non voleva parlare con lui di cose che non dovevano interessargli. Avrebbe dovuto dirglielo una volta per tutte, così che il ragazzo lo lasciasse in pace quegli ultimi giorni. Avrebbe davvero dovuto farlo, ma lo sguardo di Thad sembrava così sincero, così disinteressato che non era più così sicuro di che cosa voleva fare. Forse parlare con qualcuno era quello che gli serviva per capire come agire nei mesi a seguire e Thad sembrava così ben disposto ad ascoltarlo... E non lo avrebbe più visto dalla settimana successiva, non avrebbe dovuto sopportare inutili consigli quotidiani su come appianare la situazione.

«In realtà, non ho sentito nessuno dei due, stavo solo pensando alla situazione in generale...»

Non era vero. Stava pensando a Thad, ma quello di certo non lo avrebbe detto e poco importava che ciò significava iniziare tutto il racconto con una bugia. In fondo, Thad non lo sapeva, no?

«Non vedo mio padre da due anni» iniziò a dire, rivolgendo lo sguardo a Zeus che mangiava a qualche metro da loro.

«Da quando sei andato a Parigi?» domandò Thad, a voce bassa, quasi temendo che Sebastian cambiasse idea.

«I miei si sono separati sei anni fa» continuò Sebastian, ignorando la domanda. Sapeva che se si fosse fermato non avrebbe più detto nulla. «All'epoca vivevamo a New York, mio padre è di lì. Io avevo dodici anni e Sadie, mia sorella, undici. Mio padre era sempre al lavoro e mia madre non riusciva più a sopportare la situazione; non litigavano, però, in casa c'era sempre un silenzio quasi glaciale. È esploso tutto quando ho detto che mi piaceva un ragazzino in classe con me. Non sapevo neanche cosa volesse dire “fare coming out”, ma evidentemente fu quello che feci e mio padre non apprezzò la cosa. Mia madre è sempre stata dalla mia parte su questa cosa, mi ha difeso fin dal primo giorno, e forse fu per quello che iniziarono le litigate... Urlavano in continuazione, rinfacciandosi tutto. Finì tutto quando offrirono a mia sorella, che fa danza classica da che sa camminare, di entrare a far parte della scuola di balletto di Parigi. Era un'opportunità unica per Sadie, che vive per la danza, e mia madre accettò subito. Ci fu una grande litigata anche per quello, ma alla fine mio padre prese la palla al balzo e semplicemente non ci seguì. Fu allora che mi trasferii a Parigi, cinque anni fa. Mio padre non è mai venuto a trovarci, l'unica volta che lo vidi – due anni fa, appunto – fu quando mia madre obbligò me e Sadie a stare con lui per una settimana. “È vostro padre” disse, “non potete non vederlo mai”. Non che a me interessasse, aveva messo in chiaro cosa provasse per me, ma Sadie ci teneva e alla fine acconsentii. Ci ignorò per quasi tutta la settimana, portandoci una sola sera ad una cena, salvo poi lasciarci al ristorante a metà per un improvviso impegno di lavoro. Da allora, nemmeno Sadie vuole più parlarci. Per dirgli che era stata presa nel balletto russo, gli ha mandato una e-mail. Ah, a proposito, è per quello che mi sono ritrovato a spalare cacca di cavalli: Sadie ha avuto successo e mia madre ha improvvisamente deciso che poteva seguire un solo figlio, l'altro avrebbe dovuto tornarsene in America e tanti saluti. Fine della storia».

Quando finì di parlare si accorse che Thad era seduto accanto a lui. Era in silenzio, non aveva provato a rifilargli nessuna frase di circostanza, e di questo gli era grato. Certo, non aveva detto tutto, non aveva menzionato le litigate che lui aveva avuto con suo padre. Non aveva parlato delle volte in cui Sadie, prima della cena di due anni prima, gli aveva rinfacciato di essere la causa della separazione dei loro genitori. Non aveva detto molte cose, eppure sentiva che in un certo senso Thad poteva comprenderle comunque.

«Sai, New York è sopravvalutata» disse Thad d'un tratto. «Non credo che ti sia perso molto non continuando a vivere lì».

Con sua grande sorpresa, Sebastian si ritrovò a sorridere. Quello di Thad era un commento idiota, fatto per alleggerire la situazione, ma era vero: se fosse rimasto a New York non avrebbe vissuto a Parigi, che aveva amato. Non avrebbe conosciuto Jacques, né Luc, né François. Non sarebbe tornato in Texas – e per quanto odiasse ammetterlo, gli era mancato – e cosa da non sottovalutare, non avrebbe mai conosciuto lo stesso Thad.

«È solo una città...» scherzò di rimando, finalmente voltandosi verso l'altro ragazzo, che lo stava fissando con un gran sorriso in volto. «Molto meglio un ranch con dei cavalli, il cielo sereno e un bel cowboy...»

Sebastian quasi non si rese conto di aver portato una mano alla nuca di Thad, non finché non attirò il ragazzo verso di sé. Non pensò a quanto appena successo, a tutto quello che era accaduto, lasciando che tutta la sua attenzione venisse reclamata dalle morbide labbra di Thad. Sentì la sua sorpresa prima che si lasciasse andare, che lo abbracciasse a sua volta.

Lo baciò incurante di tutto, lo baciò perché da lì a tre giorni sarebbe andato dall'altra parte del Paese e non avrebbe più potuto farlo. Lo baciò perché era giusto, perché Thad era giusto.

Si lasciò baciare perché tutto, in quel momento, sembrava perfetto.

 

 

 

 

 

 

 

...Ieee?

Sono in ritardo di praticamente un mese, ma fra un blocco che non riusciva a farmi scrivere nulla, le vacanze e il caldo micidiale sono riuscita a concludere solamente oggi. Spero di essermi fatta perdonare almeno :D [Nota del giorno dopo: concludere il capitolo! XD La storia dovrebbe finire col prossimo, maaaassimo massimo un altro ancora]

Di buono c'è che non ho nessun commento da fare XD

Come al solito, grazie mille a Vals per le correzioni (:

 

 

 

   
 
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