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Autore: Yadokarinoise    27/08/2012    1 recensioni
Sherlock ama John, ma in un modo tutto suo.
Al posto di regalargli fiori e carezze, gli regala rumore di spari e adrenalina.
L'amore di Sherlock è strano, contorto, mostruoso. Un amore abominevole e ossessivo.
E John lo sa.
John ama Sherlock, ma in un modo tutto suo.
Al posto di regalargli fiori e carezze, gli regala silenzio e un legame con il mondo.
L'amore di John è strano, contorto, mostruoso. Un amore abominevole e ossessivo.
E Sherlock lo sa.
Sono due meraviglie e due mostri, e si amano per questo.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Uno studio nella mente di Sherlock. Lui è uno sociopatico, e poi c’è John.

A couch on the edge of an abyss - Un divano sul bordo di un abisso

Sherlock Holmes sa di essere una meraviglia. È una dannata meraviglia e ne è al corrente. 
Sa che il suo cervello è un miracolo, e perché dovrebbe essere modesto?
Nessuno, in ogni caso, gli darebbe un premio per quello (no, gli hanno dato solo forche e corone di stagno e facce ridenti, verdi di invidia e rosse di rabbia), e lui non ha intenzione di nascondersi.
Perché se il mondo è fatto di repliche di plastica che gli puntano contro i loro indici e lo scrutano con occhi che giudicano, lui farà vedere loro che è fatto di avorio e genio e che c’è un intero mondo dentro il suo cranio e un abisso nel suo petto - ma può viverci, senza cadervi dentro. Deve solo essere un po’ attento quando cammina sul bordo (perché lo fa, perché è curioso e quel buco oscuro sembra così vuoto ed estraneo), e lui ha un forte senso dell’equilibrio. Sa che un giorno cadrà, ma devono esserci ancora tante albe e tramonti prima di quel giorno, e forse - forse - sarà preparato quando accadrà.
 
Sa che il suo cervello è una macchina super complicata cui ingranaggi semplicemente non possono smettere di prendere il mondo e analizzarlo - masticarlo, smembrarlo - finché non è proprio davanti alle sue pupille, spezzato e semplice e stupido (e lo compatisce e lo invidia allo stesso tempo). Il mondo è distrutto e sta piangendo, sta piangendo lacrime di vergogna e si sta aggrappando alla sua vestaglia blu, si sta graffiando la faccia con unghie taglienti, cercando di tornare com’era prima che lui nascesse, prima che lui prendesse lo scalpello della scienza e il bisturi della logica, imperscrutabile e perfetto e irraggiungibile. Ma il mondo - la patetica immagine del mondo che Sherlock è costretto a vedere, questa sciocca ragazzina con un vestito bianco e occhi rossi (no, scarlatti) dal pianto - non può ferirlo, non può toccarlo veramente, perché il suo cuore è fatto di pietra e la sua mente di diamante, ma sua faccia è fatta di marmo e non ha intenzione di commuoversi (mostrare emozioni è da deboli).
Riflette tutto quello che c’è dentro il suo cranio, dietro i suoi globi oculari azzurri: gli ingranaggi. Oh, gli ingranaggi.
Sono ingranaggi spietati fatti di ferro e di acciaio e di numeri e di freddezza e di un desiderio spasmodico di sapere e prendere e possedere e fare delle cose proprietà sue, tutte allineati come le provette sulla sua scrivania, pronte per andare sotto le lenti del microscopio, pronte per essere osservate, toccate e catalogate.
Corrono, corrono e corrono e si muovono e cambiano, e mangiano tutto quello che Sherlock vede, dall’arma che ha ucciso una vittima all’amore che ha portato un dottore dell’esercito al suo fianco. Ma non servono solo a percepire il mondo, no, servono a distruggerlo, e tutto quello che ama e conserva e a cui tiene finisce per essere ridotto in piccoli frammenti, come tutto quello che odia e detesta e ignora, e non può fare niente per ripararlo (perché, in fin dei conti, è umano).
Gli ingranaggi trattano le cose e le persone come esemplari e si nutrono di esemplari.
 
Sa che la gente venderebbe la propria anima per capire anche solamente i concetti di base di quella macchina, per crearne copie e copie e venderle nei negozi e usarle per risolvere i loro piccoli, insignificanti, stupidi problemi, cercando di migliorare le loro ridicolmente comuni vite. Si interessano soltanto di spazzatura, e finirebbero per trasformare anche quelle macchine perfette in spazzatura.
Potrebbero essere come lui, se lo volessero. Ma i loro occhi sono coperti con piombo e le loro palpebre cucite con filo rosso, le loro bocche parlano la lingua degli stupidi e le loro mani applaudono quello che è imbecille (e fanno così tanto rumore indesiderato, e lui vorrebbe solo che smettessero). 
Quando le persone non sono troppo occupate a ridicolizzarsi e a guardarlo come se fosse qualche animale dello zoo, urlano come diavoli infuocati, pieni di gelosia e invidia e odio (il rumore, il rumore!).
Potrebbero essere come lui se lo volessero. Ma i loro cervelli non sono meraviglie e non sono macchine, no, sono fatti di melma, pieni di cose stupide, così poco usati, così morti, così morti.
A volte Sherlock vorrebbe poter entrare in quei cervelli e scolpirli, intagliare nelle loro sinapsi la scintilla del genio e incidere nei loro neuroni il fuoco del dubbio. Vorrebbe poter modellare quelle masse di carne come un artista modella il suo primo lavoro, ma non può. E questo lo distrugge.
 
Tutto è monotono e noioso per il cervello di Sherlock: può vedere i progetti dietro le cose, gli scheletri dietro le idee, gli istinti dietro le bestie e i sentimenti dietro le persone. Può vivisezionare il mondo, ma il mondo non può vederlo perché è troppo occupato a pensare che lui è una meraviglia, e troppo geloso per vedere che è un matto distrutto, completamente e totalmente pazzo, una statua fatta di ghiaccio con un cuore che brucia e una mente dolorante, un rottame imprigionato che cammina. 
Ma a volte il mondo non pensa che lui sia una meraviglia: pensa che sia un mostro, un’anomalia, un’aberrazione, ma lui non fa altro che bramare la conoscenza e farebbe di tutto per ottenerla, dal sopportare gli insulti a bucarsi i polsi, perché se c’è un bene superiore, un bene per il quale vale la pena di morire, allora quel bene è la conoscenza, conoscenza che può nutrire i suoi ingranaggi e farlo vivere. Non può permettere che gli ingranaggi mangino se stessi - e lui sa che accadrà se smette di lavorare, se smette di pensare.
Lui può tagliare il mondo in pezzi con i suoi occhi penetranti e le sue lunghe dita e allinearli in file ordinate a suo piacimento tanto per farlo, solo per provare che ne è capace, solo per fare in modo che la Terra sia meno caotica e disordinata e asimmetrica e sbagliata. Ma non lo fa per quel motivo, no, lo fa perché non può pensare ad un altro modo di vivere, di agire, di pensare, perché ha paura che il suo cervello mangi se stesso, che la sua mente divori il proprio genio e ha paura del vuoto che verrebbe dopo. 
Può quasi vedere quel vuoto. Quasi. Perché nella sua mente c’è una tela, una tela bianca.
 
Tutto è collegato da linee grosse e sottili, tutte le cose sono punti su tele bianche e lui può scriverci sopra, aggiungere quanti punti e linee vuole, e avrebbe comunque senso perché il suo cervello è una macchina e una meraviglia e qualcosa che lui può controllare. Le tele non sono mai bianche, e come potrebbero esserlo? Sherlock può immaginare il vuoto? Sherlock può davvero immaginarlo? Si, dice lui, e viene fuori in un sussurro terrorizzato. Sta tremando e ha paura e continua a scrivere disperatamente sulle tele, aggiungendo dati e disegnando pensieri, usando gesso e lacrime e sangue e vernice e tutto quello che può utilizzare, perché tutto - tutto - è meglio del nulla.
Ha già sperimentato il nulla, ma si trovava solamente sull‘orlo (anche se gli sembrava di trovarsi nel centro), ed è diventato dipendente dal pericolo, dall’adrenalina. Ma un bel po’ di siringhe dopo ha capito che c’era qualcosa di sbagliato, perché sentirsi normale - il cervello che si riposa, la mente silenziosa, gli occhi chiusi e il cuore pulsante - non era normale per lui. Doveva lavorare con quello che aveva, e quello che aveva era un cervello matto e ingranaggi voraci. Quindi smise. 
I piccoli punti rossi sugli avambracci formavano un bellissimo disegno e lui voleva vederne di più, ma smise, e si sentì come se stesse vomitando e piangendo e agonizzando. 
Ma lo sopportò per il bene della conoscenza. Lo sta ancora facendo. 
 
Si, lui può controllare la sua mente (fino ad un certo punto). Ma non può controllare il mondo e questo lo fa impazzire. Non può far smettere il mondo di essere sbagliato e insensato. Anche se può vedere oltre tutte le cose, anche se può far piangere il mondo, anche se può spellarlo e raccoglierlo, non vuol dire che abbia senso. Non ce l’ha. Semplicemente non ce l’ha e a volte Sherlock trova difficile respirare, e si strozza e ansima sull’aria fatta di molecole che sono disordinate e caotiche e chiaramente sbagliate. Non può bloccare le visioni della sua mente, non può fare a meno di dedurre e trovare tutti i punti e le linee e unirli - e vorrebbe che smettessero, che smettessero e rimanessero ferme e calme, e pensa all’eroina e alle piccole punture rosse e vuole vederle di nuovo così disperatamente, ma non può, non può. Lui non può essere normale perché sarebbe strano. 
Il mondo esplode dietro le sue palpebre e la lingua smette di avere senso perché non sarà mai in grado di esprimere quello che prova lui, la lingua muore e risuscita in soli pochi secondi, lui può vedere gli atomi e le galassie e può quasi vedere il bianco, il nulla e gli ingranaggi; cerca disperatamente dati, qualcosa che non sa, e poi tutto può essere controllato di nuovo (per un pò).
Può anche essere una meraviglia, ma è solo un uomo ed è solo un mostro, e come può un uomo fatto di creta e una creatura fatta di malattia lottare contro così tanti punti e così tante linee? Continuano ad aumentare e a crescere e non hanno nemmeno un numero, come fa lui a sopportarlo? Si agita e trema sotto il suo fardello, ma non vuole che gli ingranaggi cigolino, quindi va avanti, come una bestia, come uno schiavo. 
 
Il mondo pensa che sia un genio, e il mondo ha ragione.
Il mondo pensa che sia un mostro, e il mondo ha ragione.
 
Le palpebre di Sherlock sono pesanti e ha la nausea e ha il diritto di avere la nausea, ma poi una voce lo richiama (chiamando il suo nome, ricordandogli chi è) e lui torna. 
Apre gli occhi ed è seduto sulla sua poltrona e John lo sta guardando. John.
In meno di un secondo la sua mente è affamata e sta lavorando di nuovo - John indossa un maglione che non gli piace particolarmente perché Harriet gliel’ha regalato per sentirsi meno colpevole per la sua abitudine di bere, e John è così pieno di sentimento ed è per questo che lo indossa, davvero, è formidabile, come ci riesce, come fa ad avere nervi fermi e un cuore tenero, forse è perché non ha ingranaggi, Sherlock non lo sa ma lo scoprirà prima o poi perché non può permettersi di non farlo, John ha avuto una giornata terribile al lavoro e può vederlo nella curva delle sue labbra e nell’espressione dei suoi occhi, come può la gente non notarlo, sono cose elementari, eppure non notano, come, come, e nemmeno John non lo fa ma John ci prova, almeno ci prova, perché se Sherlock ha una mente di ferro e un cuore di marmo, allora John un cuore di calma e una mente di carta, perché vuole imparare e lo vuole così tanto, ed è tutto mosso dall’amore e come fa a non cadere nell’abisso, magari non c’è nemmeno un abisso, dovrei cavargli il petto per esserne sicuro, e sembra così preoccupato e irritato allo stesso tempo -, e Sherlock è così grato a John per averlo fatto che potrebbe morire in questo preciso istante. 
Gli occhi di John sono indagatori ma non dice niente, perché sa che a volte la mente di Sherlock corre e sa precisamente ed esattamente quando deve essere fermata prima che Sherlock faccia qualcosa di incredibilmente stupido solo perché gli va, solo per usare il cervello. 
John sa come fermare il vuoto.
 
Sherlock Holmes sa che John è una meraviglia. È una maledetta meraviglia e ne è al corrente. 
John Watson è una meraviglia in una maniera completamente diversa, però. La sua mente non è fatta di ingranaggi e non è una macchina, ma comunque - in un certo senso loro appartengono l’uno all’altro ed è magnifico, è magnifico il fatto che Sherlock lo possiede perché è un possesso di cui va fiero. 
E se John è in suo possesso, allora Sherlock vuole studiarlo come non ha mai studiato nient’altro prima. Ma sa che quello che vuole è sbagliato e sa che questo rovinerebbe John.
Vuole togliere via la pelle dal cranio di John e metterla su una tela ed ammirarla, vuole segare il cranio di John e mettere i frammenti in una ciotola e giocarci qualche volta, vuole prendere il cervello di John e tagliarlo in pezzi solo per vedere perché John non può vedere cosa vede lui, vuole prendere  il cuore di John e guardarlo mentre batte, vuole mettere il sangue di John in bottiglie e assimilarlo solo perché è suo, vuole tagliargli via gli arti, vuole fare così tante cose e nessuna di queste è anche lontanamente giusta o legale. Vuole fare a John un’autopsia mentre è ancora vivo, e vuole che John faccia lo stesso con lui. Sarebbe meraviglioso, vero?
 
Vuole smontare John e poi aggiustarlo.
Vuole che John lo smonti e poi lo aggiusti.
 
Si chiede cosa vuole fare John. È abbastanza sicuro che John non vuole fare tutte quelle cose perché John è normale il che è sia una maledizione sia una benedizione; Sherlock ha bisogno che John sia normale perché ha bisogno che John fermi il vuoto e ha bisogno che John gli dica quello che è giusto e quello che è sbagliato, perché lui sa che tutto ma niente ha senso. John non lo può capire ma questo non vuol dire che non può completarlo (stanno così bene insieme, non è così?).
Sherlock non può amarlo in nessun altro modo. Perché lo fa; gli piace camminare sul orlo dell’abisso troppo da non saperlo. Non è romantico, non è sessuale, ma è amore. Non il tipo giusto di amore, non il tipo normale di amore, ma ci sono così tanti tipi di amore e così tanti tipi di tutto che non fa differenza, semplicemente non lo fa. Come potrebbe avere importanza?
Sono due anime gemelle che si salvano a vicenda. Sono due vite aggrovigliate e mescolate, sono due meraviglie che si uccidono e si risuscitano a vicenda ancora e ancora. È qualcosa di unico e terribile e magnifico insieme, e Sherlock ama tutto questo e sa che anche John lo ama, perché lui sa tutto senza capirlo e ha bisogno che John lo traduca per lui. 
Sherlock non può amarlo in nessun altro modo e nemmeno John può.
 
Possono provare a essere felici mentre si feriscono - mentre John è una bussola e da’ senso al mondo ed è un cuore, e mentre Sherlock gli da scene del crimine e campi di battaglia ed è una mente -, possono provarci e fallire e provarci di nuovo perché sono destinati a tirare avanti e sanguinare.
E, oh, loro amano tutto questo più dell’aria che respirano, più di qualsiasi altra cosa al mondo, perché loro sono uno solo e sono fatti l’uno per l’altro, e questo è un’espressione impropria ma Sherlock (Sherlock che odia la lingua perché non può esprimere niente, Sherlock che non può parlare di punti e linee) non può pensare a nient’altro. E nemmeno John può. 
 
Sherlock nota che John lo sta ancora guardando con la stessa espressione. Lui lo sa. 
Sorridono entrambi alle proprie anime gemelle, anime gemelle che si feriscono e si guariscono a vicenda.
 
Sherlock Holmes e John Watson sono due meraviglie, e lo sanno.
Sherlock Holmes e John Watson sono due mostri, e lo sanno.
Quello che il mondo pensa non ha importanza.
 
Sherlock prende il suo violino e comincia a suonare. John chiude gli occhi, e ascolta.
  
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