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Autore: jaejae    27/08/2012    6 recensioni
»INFINITE »Pairings: non li elenco onde evitare spoilers; la fanfiction è puramente slash.
Sungyeol conduce una vita all'insegna della musica e del divertimento, ha buoni amici e un posto di lavoro fisso, eppure ha sempre come la sensazione che sia impossibile fuggire da quella gabbia di apatia che lo intrappola. In un giorno di pioggia, senza rendersene conto, uno strano ragazzo su un autobus, un lettore mp3 abbandonato e una canzone sconosciuta gli apriranno quella gabbia...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve! Ebbene, aggiornamento del giorno 27 Agosto, cioè il giorno in cui il nostro Sungyeollie è nato! Tanti auguri di buon compleanno! ♥
Comunque. Buon per voi, a sto giro non ho altro in particolare da dire a parte che... sì, beh, solite inutili e stupide scuse sul mio consueto ritardo vergognoso. T_T Ma tanto non serve a nulla e voi non ve ne fate nulla delle mie scuse perciò resterò qui a crogiolarmi nella mia disperazione in silenzio. LOL
Ah, già, invece qualcosa da dire ce l'ho! La fanfiction è seguita da ben 20 persone e preferita da 8! Sembreranno cifre basse e forse poco significative, ma considerando la desolazione della sezione degli Infinite, lo prendo come un traguardo personale niente male! Grazie infinite a tutti! Spero che continuerete a seguirmi in tanti! ( ^ ^ )/ ♥ (Ah, e scusate se non sto rispondendo alle recensioni, ho poco tempo. ;; Ma sappiate che le leggo ogni volta con la gioia nel cuore e vi adoro tutte tantissimo per il supporto, ily ♥)
Buona lettura!



Capitolo 8

Sungyeol aveva aspettato il ritorno a casa di Sungjong senza chiudere occhio, per ingannare il tempo s'era messo a comporre qualcosa, imbracciando la sua chitarra acustica e strimpellando un po' a caso. Era decisamente dell'umore giusto. C'era gente che trovava lo spirito adatto per comporre quand'era felice, quand'era innamorato, persino quand'era ubriaco... Sungyeol invece si sentiva ispirato solo se sentiva nitidamente il proprio umore venire calpestato dai suoi stessi piedi: non a terra, di più. Riusciva ad essere aggressivo e malinconico alla perfezione, a seconda dei casi. In quel caso la canzone era triste, ma non un triste che ti fa piangere, solo una ballad di circa sette minuti per lo più tutta strumentale che all'inizio pensi: "Oh, che bella", ma dopo i primi due minuti e mezzo inizi a chiederti solo tra quanto sarebbe finita perchè la melodia pesante e ripetitiva ti mette ansia, e allora passi avanti senza ascoltarla fino alla fine oppure ti senti dentro una sensazione di soddisfazione e onnipotenza, se riesci a resistere fino all'ultimo secondo. Era questo il suo obiettivo. Doveva scoprire in quanti avrebbero superato la prova, quante persone sarebbero state così coraggiose da ascoltarla per intero. Proprio mentre era indeciso se aumentare il livello di difficoltà aggiungendo magari altri venti secondi di canzone, in quel momento Sungjong fece il suo ingresso nella loro camera da letto con in viso un'espressione sorpresa. Erano le due di notte, dopotutto.
«Hyung... cosa ci fai sveglio a quest'ora?» chiese, con il fiato un po' corto forse a causa della corsa che aveva fatto dalla fermata dell'autobus fino a casa, non gli era mai piaciuto fare quel tratto di strada da solo nel bel mezzo della notte.
Sungyeol non alzò lo sguardo su di lui, si limitò a stringersi nelle spalle, continuando a suonare.
«Sto componendo una canzone da suicidio», annunciò poi con tono piatto.
Sungjong restò in silenzio, non sapendo come rispondere o definire la cosa, poi gli si avvicinò esitante. «Hyung, non è che sei sbronzo, vero?»
«Ho provato a chiamarti un sacco di volte prima», buttò lì Sungyeol, formulando una domanda indiretta e scansando quella che gli era stata rivolta.
«Ah, scusa, avevo il cellulare scarico. Avevi bisogno di qualcosa?»
Sungyeol sospirò, poi si tolse la chitarra dal grembo per appoggiarla pigramente contro la parete. Puntò gli occhi sul viso pallido di Sungjong, su cui spiccava il nasino leggermente arrossato dal freddo serale. Diede qualche leggero colpetto alla coperta, come si fa per richiamare un animale, e disse: «Vieni qua.»
Sungjong lì per lì lo guardò sorpreso, ed esitò. Il problema stava nel fatto che non sapesse che aspettarsi da quella richiesta improvvisa, in più ancora persisteva in lui il dubbio che magari Sungyeol fosse ubriaco sul serio, sembrava diverso dal solito. Ad ogni modo, Sungjong si disse che era troppo curioso per non scoprire le intenzioni dell'altro, così semplicemente si avvicinò al letto di Sungyeol fino a sedercisi sopra come gli era stato chiesto, gli occhi accesi di curiosità puntati sul suo hyung. «Allora?» lo incitò.
Fu in quell'esatto momento. Nel momento in cui Sungjong si senti afferrare per un braccio e il secondo dopo si ritrovò con il viso affondato tra i pettorali di Sungyeol, costretto in un abbraccio che stava per farlo svenire da un istante all'altro, che Sungjong quasi si prese un infarto. Per istinto, si chiese quante persone, ragazzi o ragazze che fossero, avrebbero voluto essere al suo posto (e si rispose che probabilmente sarebbe state tante), ma quella scena istintivamente gli aveva riportato alla mente il giorno in cui lui e Sungyeol furono quasi sul punto di farlo, poco dopo il suo ingresso nella band. Abbracciati, intimi, esattamente come quella volta. E come allora, anche in quell'occasione il maknae dovette appoggiare le mani sulle braccia toniche del più grande, cercando di allontanarlo da sé e mettendo un freno alla situazione. «Hyung... che ti prende così all'improvviso?» borbottò, ansioso.
In verità, Sungjong non avrebbe voluto sciogliere l'abbraccio, perchè stare tra le braccia di Sungyeol era piacevole e confortante, era dolce e protettivo allo stesso tempo, e poi a Sungjong piacevano i piccoli contatti fisici che si scambiavano tra di loro. Ma lasciarsi andare, permettere al proprio cuore di accelerare i battiti, finire per desiderare qualcosa di più, cedere fino ad andare a cercare un contatto più ravvicinato... decisamente non poteva accadere. La motivazione stava nel fatto che sapeva di sentirsi confuso e vulnerabile in quel periodo, fondamentalmente solo, non poteva cedere davanti al proprio irreparabile bisogno di calore per poi rischiare di pentirsene in un secondo momento, perchè allora sarebbe stato troppo tardi, avrebbe già rovinato tutto. Tutto quanto.
«Ti sto solo abbracciando», rispose Sungyeol. «Anche tu, non potresti rilassarti e abbracciare il tuo hyung preferito?»
Sungjong sospirò, ma non trovò il coraggio di ricambiare l'abbraccio come gli era stato chiesto, così appoggiò stancamente il capo contro la spalla di Sungyeol.
«Yah, si può sapere che succede?» chiese nuovamente, pensando che il comportamento dell'altro fosse decisamente insolito, o per lo meno molto più affettivo del solito, e questo doveva significare che c'era effettivamente qualche problema. E si sorprese ulteriormente quando Sungyeol sospirò e ammise: «Sungjongie, devo dirti una cosa.»
Sungyeol sciolse l'abbraccio e allontanò Sungjong da sé a sufficienza per poterlo vedere in viso e Sungjong si trovò a sentire la mancanza di quel calore.
«C'è una cosa che non ho mai detto a te e ad Howon... cioè, in verità è una cosa che nessuno sa a parte Woohyun.»
Sungjong sbarrò gli occhi: capì che la cosa doveva essere seria, l'atmosfera era troppo tesa e anche l'espressione di Sungyeol non preannunciava nulla di buono. Preferì cercare di sdrammatizzare. «Non è che in realtà sei una donna? Oppure... non mi dire... sei etero?» buttò ad indovinare con finta aria sconvolta, beccandosi una botta di enorme potenza proprio in mezzo alla fronte, così forte che il suono sembrò rimbombare per tutta la stanza.
«Proprio no ad entrambe le domande», rispose Sungyeol fintamente risentito, intanto che Sungjong si teneva la fronte con il viso contratto dal dolore.
«Ti sembra il caso di picchiarmi così? Stavo scherzando!» gridò Sungjong, cercando di vendicarsi ricambiando il favore, ma Sungyeol, tra le risate, glielo impedì con tutte le sue forze, fino a dar vita ad una vera e propria guerra di resistenza fatta di risate e calci dati senza forza per evitare di farsi male, e in cui il più grande cercava di bloccare le mani di Sungjong che puntavano pericolosamente alla sua fronte. Quando Sungjong fu costretto ad arrendersi (Sungyeol dopotutto era diventato parecchio forte da quando aveva messo su un po' di muscoli), si sdraiò al fianco di Sungyeol che nel frattempo si era pigramente infilato sotto alle coperte e fissava il soffitto, come assorto.
«Allora? Cosa devi confessarmi?» chiese dopo un po' e allora Sungyeol e si mise di lato, in modo che lui e Sungjong potessero trovarsi con i loro visi a pochi centimetri di distanza, ritrovandosi vicini, nel loro piccolo spazio protetto, con tutto il mondo là fuori che non poteva contaminarli.
«Ho un fratello minore che si chiama Daeyeol. E non è una candid camera», ammise allora con un mezzo sorriso. Vide gli occhi di Sungjong vibrare e splendere nella semi-oscurità della stanza, sorpresi e confusi. Sungjong aprì la bocca per dire qualcosa, ma Sungyeol glielo impedì posandogli un dito sulle labbra carnose. «So che ti chiedo tanto, ma non potresti restare in silenzio e ascoltare cos'ho da dire?»
Sungjong allora si lasciò cullare dalla voce bassa e dolce di Sungyeol, e da quel sorriso malinconico che gli solcava le labbra. Sungjong non osò fiatare mentre ascoltava con attenzione quella storia che sembrava come una favola della buonanotte, una storia che però non era avvincente, non era fatta di buoni che sconfiggono i cattivi, di eroi e principesse, non c'erano colpevoli o vittime... era una storia triste. E il fatto che Sungyeol la raccontasse sorridendo, spiegando le cose a modo suo, con quella sottile strafottenza di fondo, come se non stesse neanche parlando di sé, in quell'estremo e profondo tentativo di apparire forte e disinteressato, rendeva il tutto ancora più... come se stessi guardando un quadro che raffigurava un'immagine così forte che vorresti piangere, perchè toccava le corde più profonde dell'animo umano. Sungyeol era così, se gli aprivi il cuore e prestavi attenzione, era capace di sfiorarti l'anima.
Sungjong, ascoltando quel racconto, ripensò anche alla propria infanzia, quando i suoi genitori non c'erano mai e lui era costretto a stare sempre da solo. Tornava a casa e non c'era mai nessuno ad aspettarlo, anche se fosse uscito non avrebbe avuto nessuno con cui camminare per le strade affollate della città. In mezzo a mille persone, ma comunque solo. C'era un vuoto enorme. Pensò che forse si sentiva così legato a Sungyeol perchè entrambi avevano provato una delle sensazioni peggiori, ed era la solitudine. Così, senza riuscire ad impedirselo, lasciò che le lacrime gli annegassero gli occhi, per poi chiudere le palpebre e avvertire nitidamente la forma fisica delle emozioni rotolargli lungo le guance. Lasciò anche che Sungyeol glieli raccogliesse tutti, uno ad uno, tutti i suoi sentimenti.
«Perchè piangi, scusa? Non dovrei piangere io?» rise Sungyeol, e allora anche Sungjong tentò un sorriso.
«Stavo solo pensando a quanto dev'essere stata dura per hyung», ammise, per poi abbracciare Sungyeol stretto, strettissimo, proprio come l'altro aveva fatto per primo solo qualche minuto prima. «Va tutto bene adesso, non c'è bisogno che fingi sempre di essere spavaldo e forte... io ti starò sempre vicino, ok? E anche Howon, sono certo che non ti odia, dopotutto è umano sbagliare. E tu sei un'incredibile essere umano, Lee Sungyeol.»

La mattina seguente Hoya s'era svegliato all'alba. Dongwoo ancora dormiva profondamente e lui si sentiva una totale schifezza, sia fisicamente che emotivamente. Avrebbe voluto svegliare Dongwoo con un po' di dolcezza, poi fare colazione guardando il telegiornale e commentare questa notizia o quell'altra, fare la doccia assieme, sentendosi eccitati dall'avere il corpo nudo di uno davanti all'altro, avendo comunque la consapevolezza di non poter andare oltre o avrebbero fatto tardi agli impegni della giornata. E poi quelle altre piccole cose: scegliere i vestiti da mettere, prendersi in giro, parlare dei progetti per la giornata e lavarsi i denti dallo stesso lavandino, salutarsi con un bacio appassionato promettendosi di chiamarsi più avanti nel corso della giornata. Semplicemente amarsi. Avrebbe voluto che anche quel giorno si sarebbe svolto allo stesso modo, ma sapeva che non era possibile. Non era psicologicamente pronto ad affrontare lo sguardo penetrante di Dongwoo, non sarebbe neanche stato in grado di offrirgli delle scuse e di giustificarsi per quanto accaduto la sera prima, non sarebbe riuscito a sorridergli e a comportarsi come se nulla fosse successo. Se avesse detto un'altra bugia, probabilmente si sarebbe tagliato la lingua da solo.
S'era alzato dal letto e velocemente aveva raccolto i propri vestiti che poi aveva indossato in fretta e furia, come terrorizzato che l'altro potesse svegliarsi da un momento all'altro quando di solito neppure il suono della sveglia era in grado di fargli aprire gli occhi tanto velocemente. Prima di uscire, scrisse velocemente un biglietto che lasciò sul comodino di Dongwoo: "Buongiorno! Sono andato via prima ma non ti ho avvertito perchè mi dispiaceva svegliarti. Ora sto meglio quindi non preoccuparti troppo. Ti chiamo più tardi."
Per un attimo pensò di scriverci anche delle scuse per quanto successo durante la notte, ma preferì lasciar perdere sperando che Dongwoo per primo volesse cancellare l'accaduto il prima possibile. Mentre usciva da quell'appartamento di corsa, Hoya si chiedeva solamente cos'avrebbe dovuto dire o fare nel momento in cui non avrebbe più avuto la possibilità di fuggire dall'intera situazione. Forse alla fine era definitivamente giunto al capolinea. Forse la sua corsa estenuante nel tentativo di tenere insieme i cocci di una relazione che era già in briciole da diverso tempo, era terminata. Forse la strada che aveva percorso fino a quel momento s'era rivelata essere un vicolo cieco. E forse Hoya era stanco. Non aveva più la forza per continuare a correre, non sapeva se tutti quegli sforzi avrebbero davvero portato a qualcosa, magari era tutto inutile... era quello il punto: Hoya aveva rinunciato. Il sogno della notte prima gli aveva fatto aprire gli occhi sul fatto che in realtà stesse odiando sé stesso, ciò che quella situazione lo stava obbligando ad essere, quindi la cosa migliore che potesse fare per tutti era prendere una decisione. Ma in quel momento, mentre osservava l'alba invadere il cielo di colori caldi e sfumature incantevoli che si mischiavano in un mare di luci delicate, Hoya non aveva la forza di pensare a nulla, tanto meno a ciò che avrebbe fatto da lì a cinque minuti. Voleva infilarsi in un letto comodo e riposarsi.
Aveva deciso che sarebbe tornato a casa dei propri genitori, non aveva voglia di tornare nel suo appartamento, venendo braccato dalle domande e dall'insistenza senza fine di Woohyun e sentendosi costretto ad un faccia a faccia con Sungyeol perchè era quello che tutti volevano. Magari sarebbe rimasto dai suoi per un po', continuando a fuggire e ad evitare tutto e tutti. In fin dei conti non aveva neanche la forza di prendersi a sberle da solo, quindi si limitò ad appoggiare stancamente la fronte contro il finestrino dell'autobus. Alla fine anche il suo corpo aveva ceduto, quindi anche quel giorno niente lezioni.
Hoya era l'unico dei Chaosmyth che dopo il liceo aveva continuato gli studi, frequentava il dipartimento musicale di un'accademia artistica, anche se nel pomeriggio di solito dava lezioni di batteria ad alcuni ragazzini per guadagnare qualche soldo. Anche se poteva non sembrare, Hoya era profondamente interessato a tutta la musica in genere, dipendeva da essa, non poteva fare a meno di ascoltarla, suonarla e, perchè no, cantarla. Aveva un occhio di riguardo perfino verso la musica tradizionale, non c'era un vero e proprio genere che non gli piacesse. Il suo talento musicale era sempre stato spiccato e, avendone la possibilità, l'aveva coltivato; in più gli piaceva imparare cose nuove, lo faceva sentire in pace con sé stesso. Frequentando quella scuola, Hoya s'era prefissato di scoprire il proprio destino come musicista, per maturare e un giorno, magari, venire ricordato grazie a qualcosa che avrebbe composto o suonato... una canzone. Gli bastava quella.
Hoya si divertiva insieme ai Chaosmyth, erano la sua famiglia, e aveva tutte le intenzioni di restare membro effettivo del gruppo fino alla fine. Anche se non aveva idea di quando sarebbe avvenuta questa "fine", comunque era certo che prima o poi sarebbe successo... insomma, che si sarebbero sciolti. Magari poteva sembrare brutto da dire, magari un po' triste, ma tutti finivano col dividersi presto a tardi, perchè l'animo umano cambia, costantemente, e uno non può fare nulla per impedirlo.
Aveva conosciuto Sungyeol e Woohyun al primo anno di liceo. A quei tempi Hoya era ancora ciò che sua madre definiva "un bravo ragazzo" senza particolari grilli per la testa. Sempre appassionato di musica, ma comunque uno studente anonimo, che occupava il proprio tempo libero facendo quanto più sport possibile e che studiava il minimo indispensabile per passare l'anno scolastico senza grandi problemi, poi quando capitava suonava un po' la batteria che aveva chiesto in regalo per il suo quattordicesimo compleanno, siccome prendeva lezioni già da un po'. Erano stati proprio Sungyeol e Woohyun ad avvicinarlo per primi, quando un giorno, in classe, si cominciò a parlare di musica e Hoya ammise di preferire generi più forti, piuttosto che il pop e la roba commerciale con cui i loro compagni di classe si riempivano il cervello. Iniziando a parlare e a socializzare con quei due ragazzi strani che gli altri studenti evitavano il più possibile perchè "bulli rozzi che si divertivano a giocare ai musicisti", scoprì che alla fine i bulli rozzi non dovevano essere poi tanto male, perchè Sungyeol e Woohyun erano decisamente divertenti: pazzi e imprevedibili, ma non realmente cattivi. E se per la gente loro stavano solo giocando a fare i musicisti, allora Hoya doveva proprio avere una percezione della musica diversa rispetto agli altri, perchè lui non riusciva assolutamente a vederla come un gioco. Woohyun aveva una voce magnifica, e Sungyeol sapeva esattamente come accompagnarla, perciò quando loro due gli chiesero di entrare a far parte del loro progetto di formare una vera e propria band, Hoya non disse di no. Suonare con loro era uno spasso, comunque.
A quei tempi Woohyun era nel pieno del suo periodo di ribellione e aggressività adolescenziale, e la prima volta che lo vide realmente fuori di sé dopo che alcuni idioti li avevano insultati, Hoya rimase realmente sorpreso. In effetti c'erano diverse cattive abitudini che Sungyeol e Woohyun avevano alimentato lungo il loro percorso di crescita pieno di problemi e delusioni: scatenare risse, non comportarsi bene a scuola rischiando così la sospensione o l'espulsione ogni due per tre, non dedicarsi mai allo studio preferendo bighellonare in giro per la città, a volte addirittura commettere piccoli furti... prima che Hoya potesse accorgersene, la sua quotidianità era stata completamente stravolta e non sapeva se la cosa gli piacesse sul serio, ma quando si voltava indietro e rivedeva la vita triste e solitaria che aveva condotto fino a qualche tempo prima, si diceva che quello era il suo posto. Essere lì con Woohyun e Sungyeol era la cosa che poteva renderlo felice e che gli avrebbe fatto scoprire sé stesso. Di certo Woohyun gli aveva fatto aprire gli occhi su diverse cose rubandogli il suo primo bacio.
La loro corsa all'autodistruzione durò ancora diverso tempo e probabilmente sarebbe continuata in eterno, fino a rendere le loro vite un vero e proprio schifo, se solo non fosse successe quel gran casino circa due anni prima, intorno al periodo di Natale. Una sera come un'altra, Hoya venne contattato da un Sungyeol in lacrime, che lo informava che Woohyun era finito in ospedale a causa di lesioni gravi, dopo essere stato pestato a sangue da una banda di teppisti omofobici con cui Woohyun aveva già litigato in precedenza. Durante il periodo in ospedale, accanto a quel ragazzo mal ridotto che aveva rischiato di lasciarci le penne, c'era sempre un tizio più grande, con gli occhi sottili che Hoya era certo di aver già visto da qualche parte... un tipo attraente, in ogni caso. Woohyun, ridendo, lo definiva come l'amore della sua vita. E quando Woohyun finalmente fu dimesso dall'ospedale, Hoya si trovò improvvisamente davanti un Woohyun cambiato, sempre accompagnato da quella persona che poi avrebbe imparato a conoscere e che, ovviamente, era Sunggyu. Sungyeol era rimasto scosso dall'accaduto e per un po' si rinchiuse solo nella musica... e poi arrivò Sungjong a rischiarare tutto, a dar vita ad un nuovo inizio. E ora Myungsoo. La loro strada sembrava ancora bella lunga, ma quando il fatidico momento dello scioglimento sarebbe arrivato, Hoya non si sarebbe certo fermato, ma avrebbe inseguito i propri sogni e ambizioni da solo, a testa alta, consapevole di poter arrivare fino in cima con buona volontà e stringendo i denti davanti alla fatica. Non si sarebbe fatto schiacciare dalla vita, tanto meno sarebbe finito dimenticato. Anche se Woohyun diceva che fosse egoista da parte sua vederla in quella maniera, Hoya non aveva mai cambiato idea, quel discorso l'aveva fatto perfino a Sungyeol, una volta. Allora Sungyeol aveva sorriso e, alzando il bicchiere come per proporre un brindisi, aveva detto: "Fai bene, vecchio mio."
In quel momento gli tornò di nuovo in mente Sungyeol e la questione di suo fratello... non aveva neanche acceso il cellulare, magari era ora di farlo. Appena il suo telefono tornò alla vita, venne invaso da notifiche di chiamate perse e di messaggi: sbarrò gli occhi di sorpresa davanti a tutti i tentativi fatti da parte di Sungyeol per contattarlo, anche Dongwoo gli aveva detto di aver ricevuto dei messaggi di Sungyeol che chiedevano disperatamente sua notizie, ma Hoya aveva detto di ignorarli e spegnere il telefono. Eppure non si sentiva tanto in colpa, non sapeva spiegare il perchè. Sungyeol voleva chiarire, spiegargli... ma ormai cos'altro c'era da dire? Woohyun gli aveva già spiegato tutto, lui sapeva, Sungyeol pure, Woohyun anche e ormai, quasi sicuramente, anche Sungjong. Non c'era altro da aggiungere. Chiarire per sentirsi dire delle scuse e rispondere "ti perdono"? Non aveva senso, e loro non erano mai stati tipi da curarsi di scuse e perdono, non voleva che iniziassero a farlo adesso. Assurdamente, avrebbe preferito che Sungyeol tornasse per un attimo il ragazzo sfrontato e senza rimorsi che era stato ai tempi del liceo, quando si erano conosciuti. Se una cosa simile fosse successa allora, Sungyeol avrebbe fatto una smorfia di sufficienza e, con le labbra mezze incollate per non far cadere la sigaretta, avrebbe risposto: "Cos'è, sei incazzato? Se dirti o meno qualcosa sono cazzi miei, bello."
La verità è che a Hoya, in qualche modo, mancavano quei tempi. I tempi in cui erano semplicemente loro stessi, i tempi in cui non c'era nessun Sunggyu a distruggere Woohyun pezzo per pezzo, dove non c'era niente e nessuno che sembrava in grado di ostacolarli, dove non c'erano limiti, restrizioni, obblighi e seghe mentali. Quando, fondamentalmente, non c'erano neanche Dongwoo e Sungjong. E ogni volta, si sentiva in colpa per pensare cose simili.
L'appartamento dei suoi genitori, situato al terzo piano di una palazzina gialla in un graziosissimo complesso residenziale, era sempre molto pulito e ordinato, sua madre ci teneva che fosse tutto splendente in ogni circostanza. Appena aveva suonato il campanello di casa, e la voce metallica di sua madre attraverso il citofono aveva chiesto "chi è?", Howon avvertì nitidamente una sensazione di sollievo: era tornato a casa. Non sapeva ben dire perchè, ma a volte sentiva il bisogno psicofisico di tornare nel luogo in cui era cresciuto, nonostante da adolescente avesse pensato miliardi di volte che quella casa fosse per lui solo una trappola ed era fuggito da lì talmente tante volte da non poterle contare. Crescendo, da trappola, quella casa s'era tramutato in un rifugio. E il sorriso di sua madre era in assoluto la migliore medicina del mondo per lui, così ricambiò il sorriso e quando le fu davanti l'abbracciò stretta, prima che lei lo allontanasse e si lamentasse dei capelli biondi del proprio figlio. Hoya rise, trovandola buffa, quando in passato un commento simile l'avrebbe solo infastidito.
Sua madre era un'infermiera, era una donna buona e responsabile, una brava mamma. S'era sempre preoccupata molto per lui, così come suo padre, un architetto che guadagnava abbastanza da potersi permettere di viziare e mantenere la propria famiglia, Hoya compreso, naturalmente. Forse lo faceva fin troppo, ma aveva sempre chiesto in cambio disciplina e buoni voti, cose che Hoya non gli aveva mai realmente dato, o almeno... aveva cercato di accontentarlo fino ad un certo punto.
«Cosa ci fai qui a quest'ora del mattino? Non sapevo neanche che avessi intenzione di passare di qui», disse sua madre con aria ansiosa, accorgendosi di non essersi sistemata i capelli e che la cucina non era in perfetto ordine, era nervosa come se si fosse trovata in casa un ospite imprevisto invece di uno dei suoi figli, così Hoya la guardò innocentemente, stringendosi nelle spalle, come faceva da bambino quando voleva farsi perdonare qualcosa.
«Lo so, scusami, avevo solo voglia di vederti.»
E allora lei si bloccò lì dov'era, per un attimo sorpresa, poi lo sguardo le si riempì di tenerezza. «Aigoo», sussurrò, commossa. «Sei mancato anche a me.»
Hoya le fece il miglior sorriso che gli riuscisse e si sedette a tavola quando lei gli disse di accomodarsi, poi la donna scomparve velocemente lungo il corridoio e tornò un paio di minuti più tardi con i capelli in perfetto ordine. Nel frattempo Hoya si guardò attorno, sentendo un silenzio che decisamente non si addiceva ad una normale mattinata di un giorno lavorativo in casa Lee, c'era troppa calma. Quando sua madre tornò in soggiorno, le chiese: «Non c'è nessun altro in casa?»
«No. Tuo padre è in viaggio di lavoro e i tuoi fratelli non sono proprio rientrati.»
«Allora ho fatto bene a venire, così ti tengo compagnia.»
Sua madre fece una risatina imbarazzata, poi gli lanciò un sorriso forse di gratitudine, e allora lei prese con le solite domande che faceva sempre: gli chiese come andassero le cose all'università, come stavano i suoi amici, quando avrebbe portato a casa quella famosa ragazza che, apparentemente, Hoya frequentava da anni ma che nessuno della famiglia aveva mai visto. Perchè, naturalmente, la ragazza in questione si chiamava Dongwoo e poteva magari sembrare un dinosauro, ma non certo una persona di sesso femminile. Come le domande non cambiavano mai, anche le risposte che forniva Hoya erano sempre le stesse: l'università andava alla grande, con i suoi amici si trovava benissimo, la casa era comoda e la sua ragazza... beh, lei era ancora all'estero per studi, ma quando sarebbe tornata definitivamente gliel'avrebbe presentata sicuramente. Solo un altro po' di pazienza, mamma.
«Non hai una bella cera, lo sai? Hai mangiato?» gli disse poi sua madre all'improvviso, avvicinandosi e prendendo subito a toccargli la fronte e le guance per verificare se scottasse o meno. Come una vera infermiera si accorgeva sempre di tutto, Hoya si disse che non avesse senso mentire sul suo reale stato fisico.
«Ho passato una nottataccia, ho vomitato due volte. Non è che avresti qualcosa che mi faccia passare il mal di stomaco, per favore?» si lamentò, toccandosi la pancia. Immediatamente, la donna gli lanciò un'occhiataccia torva e sbottò: «Hai bevuto?»
Hoya sorrise, trattenendo una risata. Gli sembrava di essere tornato adolescente per un attimo. «No, devo aver preso qualche influenza.»
Lei lo guardò con aria sospettosa per altri due secondi, poi sembrò crederci e si alzò di nuovo da tavola per andare a cercare nell'armadietto dei medicinali qualcosa di efficiente.
Nel tepore confortevole e familiare di quel soggiorno, con la televisione accesa sincronizzata sulle previsioni del tempo, Hoya riuscì finalmente a rilassarsi ed ingerire qualcosa di caldo e nutriente prima di prendere la medicina. Gli sembrava di aver fatto un tuffo nei ricordi, nel periodo della sua infanzia, coccolato e accudito dalla propria mamma esattamente come allora; mancavano solo i suoi fratelli che giocavano con il cibo e facevano confusione e suo padre che, seduto a capotavola a leggere il giornale, sollevava lo sguardo dalla propria lettura per rimproverarli del pasticcio combinato.
Se ci pensava, non vedeva suo padre da davvero moltissimo tempo, incontrava raramente anche i suoi fratelli. Eppure li vedeva sorridere nelle foto di famiglia incorniciate e disposte con cura sopra la mensola in sala, un'interminabile sfilza di foto vecchie e recenti, c'era ancora quella foto risalente ai tempi delle elementari, quando Hoya aveva impersonato Peter Pan nella recita scolastica. In quelle foto c'erano racchiusi momenti speciali che facevano venire nostalgia e sorrisi malinconici, ma aveva notato solo in quel momento che... nelle foto più recenti, lui non c'era mai. Che fossero foto della sera di Natale, per i compleanni o un viaggio, se avesse sfogliato gli album di famiglia degli ultimi anni, si sarebbe accorto di essere l'unico membro della famiglia assente.
Fino ad un attimo prima gli era sembrato che nulla fosse realmente cambiato dalla sua infanzia, quando invece non era affatto così: sua madre non era più tanto giovane, i segni dell'età che avanzava erano ormai evidenti sul suo bel viso, e per un momento la vide stanca. E allora si accorse che per quanto fosse affezionato a sua madre, non era riuscito ad essere un bravo figlio per lei. Era cambiato in peggio, deludendola, e con il passare del tempo aveva anche iniziato a dirle bugie, quella relativa alla sua relazione con Dongwoo era in cima alla lista, e quel che è peggio, da una singola bugia inevitabilmente ne nascevano sempre delle altre, sempre di più, creando una catena interminabile. Sua madre non gli aveva mai voltato le spalle, lo aveva pure difeso a spada tratta durante i numerosi litigi che Hoya aveva avuto col proprio padre, e se ci pensava poteva dire che lei gli aveva concesso tutto, anche di andare a vivere con quei ragazzi strani che non aveva mai visto di buon occhio e che, naturalmente, avevano messo Hoya sulla cattiva strada. Ma era certo che se in quel momento se ne fosse uscito confessandole di essere omosessuale e di essere stato fidanzato con un altro ragazzo per ben quattro anni, come minimo sarebbe svenuta, e poi l'avrebbe cacciato via. Suo padre l'avrebbe diseredato direttamente, c'era poco da discutere. Quindi, per salvare il suo piccolo rifugio, per salvare l'affetto della propria madre, Hoya avrebbe continuato a mentire. Forse per sempre, o forse no, non lo sapeva e non gli importava granché in quel momento, gli bastava solo salvare sé stesso.
Il cellulare gli vibrò in tasca, riportandolo alla realtà, e lì per lì si maledì per averlo lasciato acceso, magari era di nuovo Sungyeol. Invece il messaggio era da parte di Dongwoo: "Stai meglio, vero? Prendi qualcosa e riposati, mi raccomando!! Oggi lavoro perciò ti chiamo stasera, ok? Ti amo."
Spense il telefono e lo rimise in tasca senza rispondere. Come previsto, Dongwoo sembrava il solito, aveva pure aggiunto il "ti amo" conclusivo, cosa che non facevano spesso, magari solo dopo una riappacificazione successiva ad una litigata più o meno intensa. Come se Dongwoo, che era l'unico innocente della situazione, avesse sul serio qualcosa da farsi perdonare. Tutto questo non era giusto.
Fissando la televisione con aria assorta, per la prima volta in vita sua, Hoya fece una domanda privata alla propria madre: «Mamma, tu hai mai amato due persone contemporaneamente?»
Le sbarrò gli occhi, evidentemente sorpresa, poi a disagio, e squittì: «Howon-ah! Che domande fai?»
«È solo per curiosità. Rispondi onestamente», la incitò Hoya, sorridendo divertito dalla sua reazione.
La donna assunse una postura fiera e si schiarì la voce, nascondendo il fatto che in realtà la imbarazzasse discutere di questioni sentimentali con lui, uno dei suoi amati figli maschi. Una cosa fondamentalmente un po' insolita, dato che solitamente le madri adoravano curiosare nei fatti privati dei figli e parlarne con loro.
«Se vuoi sapere se ho mai tradito, la risposta naturalmente è no», rispose lei alla fine.
«Non ti ho chiesto questo», chiarì velocemente Hoya, non volendo farle credere che lui potesse avere dei sospetti su un suo possibile tradimento o cose simili, perchè non era affatto così. All'improvviso si sentì stupido per aver posto la domanda proprio a lei, non sapeva bene neanche come spiegarsi. «Voglio solo sapere se... magari hai soltanto provato una forte attrazione fisica verso qualcuno che non era papà, una volta.»
Si sorprese della velocità con cui lei scosse la testa e rispose: «Neanche questo, perchè ho sempre amato tantissimo tuo padre, anche ora, anche se... beh, i tempi sono un po' cambiati. Se ami sul serio qualcuno, non ti passa neanche per l'anticamera del cervello di tradirlo anche solo con il pensiero: le altre persone, per quanto attraenti o interessanti, diventano irrilevanti davanti alla persona che ami. È così che funziona.»
Alla fine, Hoya si disse che a quella conclusione c'era arrivato anche da solo, anche se per tutto quel tempo s'era rifiutato di crederci e accettarlo: il problema non era Sungjong, non era il modo in cui quel ragazzino provocante lo faceva sentire, non era neppure Dongwoo, perchè l'unico problema risiedeva unicamente in Hoya. Lui non era più innamorato di Dongwoo. Questa era la realtà. E continuare a prenderlo in giro, non era assolutamente una cosa che Dongwoo si meritava.

Woohyun si svegliò con il mal di testa, quella mattina. Non era mai un buon segno, forse aveva fatto un brutto sogno durante la notte, ma in quel momento non lo ricordava per nulla, neanche un particolare. Velocemente, recuperò il proprio cellulare dal comodino e l'accese. Nessuna chiamata ricevuta durante la notte, neanche un messaggio. Sospirò ad occhi chiusi e si spiaccicò il cellulare in fronte, forse preso dall'istinto incontrollato di cercare di distruggerlo in quel modo. Doveva indispensabilmente imporre al proprio subconscio di smetterla di vivere nella speranza che un giorno Sunggyu si sarebbe fatto vivo per primo, cambiando idea, capendo di aver preso le decisioni sbagliate. Non sarebbe mai successo, giusto? Ah, il mal di testa stava già cominciando a peggiorare.
Di malumore, si alzò dal letto e, dopo una scappata in bagno, si diresse in soggiorno, dove Sungjong, vestito di tutto punto nella sua divisa scolastica, faceva colazione da solo. Dopo un momento di smarrimento in cui si chiese mentalmente dove diavolo fosse andato a cacciarsi Sungyeol (l'avevano rapito gli alieni? O aveva deciso di suicidarsi?), si ricordò che effettivamente il loro leader gli aveva detto la sera precedente che sarebbe uscito di casa prima del solito per... non ricordava bene, qualcosa inerente al lavoro, forse. Beh, non era importante, in ogni caso Sungyeol aveva preparato la colazione per tutti e l'aveva lasciata sul tavolo. Quell'idiota l'aveva preparata anche per Hoya, pur non sapendo se l'omino in questione sarebbe tornato a casa oppure no... Sungyeol aveva quello stupido vizio di vedere i Chaosmyth come un'unica entità, aveva quella strana visione delle cose che gli imponeva di fare le cose per tutti e quattro, perchè nessuno di loro poteva restarne fuori. Sungyeol era proprio come una madre. Pensandolo, Woohyun sentì il proprio umore risollevarsi un po', perciò salutò sbrigativamente Sungjong e si sedette intorno al tavolo, ed allora si sarebbe volentieri apprestato a consumare la propria colazione in silenzio, se solo Sungjong non si fosse messo a parlare a ruota libera di Sungyeol e di suo fratello Daeyeol e di quello che, evidentemente, Yeollie gli aveva raccontato la sera precedente.
In breve disse che si sentiva dispiaciuto per il suo hyung perchè non sapeva cosa fare per aiutarlo, e perchè sapeva che probabilmente Sungyeol avrebbe vissuto male la presenza di Daeyeol sempre intorno a lui. Incominciò a buttare lì varie ipotesi strane, come trasferirsi in un nuovo appartamento e far perdere le proprie tracce per far in modo che Daeyeol non si presentasse più davanti a Sungyeol, oppure minacciare Daeyeol di non avvicinarsi a loro d'ora in avanti, tutte cose naturalmente impossibili e quanto meno inutili che dopo un po' Woohyun smise di ascoltare, osservando la colazione con aria del tutto annoiata. Woohyun rimase sorpreso, comunque: Sungjong ne parlava con un'aria così seria e sincera, non sembrava minimante deluso o arrabbiato perchè il loro leader gli aveva tenuto nascosto l'esistenza di Daeyeol... sembrava solamente turbato dalla cosa perchè veramente preoccupato per Sungyeol. Era davvero sorprendente. Forse c'era qualcosa nel maknae che nessuno di loro conosceva veramente. E di certo, nonostante l'età anagrafica, in quell'occasione si stava dimostrando molto più maturo e coscienzioso di quel testone orgoglioso di Hoya.
«Quindi non ce l'hai con Sungyeol perchè non ti ha mai parlato di Daeyeol?» chiese Woohyun, interrompendo così il fiume di parole di Sungjong.
Il maknae sembrò rifletterci su un momento, poi rispose: «Mmmh... io penso solo che per Sungyeol hyung sia molto difficile questa situazione e non voglio dargli ulteriori pensieri. Se provo a mettermi nei suoi panni, non dico che approvi il suo comportamento, ma posso capirlo. E sento che non posso proprio permettermi di essere arrabbiato con lui o di non potermi più fidare di lui, dopo tutto quello che hyung ha fatto per me.»
Woohyun annuì con un ciglio convintissimo. «Hai ragione, noi tutti dobbiamo molto a Sungyeol, Hoya compreso... chissà dov'è andato a cacciarsi, quello stronzo.»
«Dai, hyung, lo sai bene che Howon hyung è un tipo molto orgoglioso. Gli ci vorrà un po' ma sicuramente tornerà e parlerà con Sungyeol senza problemi», disse Sungjong con un sorriso, e allora Woohyun sembrò ricordarsi improvvisamente di una certa questione. L'interessantissimo triangolo amoroso formato da Howon, Dongwoo e Sungjong, che sembrava quasi una storia da drama. L'uomo di famiglia fedele e innamoratissimo della propria moglie che, all'improvviso, vede entrare in scena una bellissima giovane donna che inaspettatamente mette in crisi il bel quadretto matrimoniale. Certo, una cosa del genere, solo in versione tutta al maschile. Ormai Woohyun aveva capito benissimo qual era il pensiero del "bravo uomo di famiglia", ma "la giovane donna" del drama, cosa ne penserà veramente dell'uomo in questione? L'ispettore Woohyun ora si metterà alla ricerca di indizi.
«Sungjong-ah... tu che ne pensi di Howon?» buttò lì improvvisamente, facendo sbarrare di sorpresa i bei occhioni di Sungjong.
«Mh? Perchè me lo chiedi?»
Woohyun sfoderò il suo sorriso innocente migliore. «Così, curiosità.»
«In realtà non lo so», ammise Sungjong, a sopracciglia inarcate. «Cioè, gli sono legato e penso sia un bel tipo, però a volte non lo capisco.»
Woohyun sospirò: si era già rotto di giocare al detective, in fondo sapeva che Sungjong non era un tipo collaborativo e sicuramente non si sarebbe messo a raccontare i fatti propri così apertamente se prima Woohyun non lo avesse braccato con domande dirette e precise. Quindi mise su l'espressione più seria e accusatoria che gli riuscisse e sibilò: «Ora non mentirmi. La verità è che tra voi due c'è qualcosa, vero?»
Sungjong sbarrò comicamente gli occhi e la bocca, mentre le sue guance pallide prendevano colore, e con voce acuta gridò: «Certo che no! Che dici!»
Woohyun alzò gli occhi al cielo, ironico. «Oh, avanti, Howon me l'ha detto... che gli piaci, intendo. Sono abbastanza sicuro che anche tu senti qualcosa per lui», buttò lì, sorprendendosi di vedere l'espressione sconvolta di Sungjong mutare in uno sguardo curioso. Poi un leggero sorriso gli inclinò verso l'alto gli angoli della bocca. Quel bagliore di felicità e soddisfazione sul viso del loro maknae, Woohyun lo vide chiaramente.
«Davvero te l'ha detto lui?» chiese, con voce morbida. Così Woohyun non ebbe più dubbi. Quei due si volevano. Non voleva spingersi fino al punto di dire che si piacevano, o si amavano o vedere la cosa in modo romantico... era più una questione d'istinto, un desiderio che nasceva dentro e che li attraeva in modo inesorabile, era un vero e proprio senso d'appartenenza. Uno voleva l'altro, fine della storia. Ma sapeva che finché le cose restavano così, finché Sungjong non si sarebbe deciso a fare quel passo in più per maturare e accettare l'idea dell'innamoramento, finché non si fosse liberato da quell'idea di non poter essere altro che solo, abbandonato, finché non si fosse staccato da Sungyeol, e finché Howon non avesse tirato fuori il coraggio per lasciare Dongwoo, per affrontare la realtà delle cose e i proprio sentimenti contrastanti, tra quei due non sarebbe successo proprio nulla. Lo capì dal modo in cui Sungjong gli disse: «Tra me e Howon non c'è nulla. Cioè, c'è una grande attrazione fisica reciproca e ammetto che una volta è quasi successo che noi due... ma alla fine lui è scappato. Sappiamo che per Howon Dongwoo è tutto e io sicuramente non mi ridurrò ad essere il complice di un tradimento solo per una scopata.»
Woohyun lo guardò sorpreso. «Pensi si ridurrebbe tutto a questo? Sesso?»
Sungjong annuì, e sembrava sicuro: «Penso di sì. Howon mi piace, ma se mi chiedi se ciò che provo è anche lontanamente simile all'amore, allora ti direi di no. Sono certo che per lui è lo stesso.»
Praticamente, Sungjong gli stava dicendo le stesse identiche cose che Hoya gli aveva detto tempo addietro, quel giorno nel negozio di dischi. Probabilmente credere che la loro fosse unicamente un'attrazione superficiale, era il loro modo per proteggersi da una situazione spinosa che non sapevano come affrontare. Preferì non insistere, tanto comunque non avrebbe ottenuto nulla, ma gli venne una gran malinconia di fondo, come quella che ti prende dopo aver visto un film triste.

Appena uscito dal lavoro, quella sera stessa, Sungyeol era andato di controvoglia all'appuntamento con Myungsoo. Cioè, di controvoglia non perchè non avesse voglia di vedere Myungsoo, fondamentalmente, ma solo perchè aveva sonno e mal di testa, cosa abbastanza normale dopo la bella nottata in bianco che aveva passato. E come se non bastasse, non aveva ricevuto una sola parola da parte di Hoya, anche Woohyun gli aveva confermato che non era ancora tornato nel loro appartamento e Dongwoo aveva detto che se n'era andato da casa sua molto presto quella mattina stessa e che non aveva più avuto notizie da parte di Hoya su dove fosse andato e cose stesse facendo. A conti fatti, il loro batterista sembrava letteralmente volatilizzato nel nulla, al punto che aveva iniziato a sorgergli il dubbio che magari fosse tragicamente morto a loro insaputa.
Ciò che poi aveva ulteriormente aumentato il suo considerevole malumore, era stata la discussione che aveva avuto con Snake in mattinata. Oltre ad essere arrivato al lavoro prima del previsto per aiutare con l'inventario, le cose erano decisamente precipitate quando il suo datore di lavoro, nonché presunto buon amico, aveva finito col confessargli che in realtà lui sapeva dell'imminente trasferimento di Daeyeol a Seoul da un bel pezzo, ma aveva ben pensato di non farne parola con Sungyeol, peggiorando così solo le cose. Sungyeol allora aveva messo da parte quell'ombra di rispetto e considerazione che aveva sempre avuto per Snake, e gli aveva vomitato addosso il suo stato d'animo, completamente. Gli chiese perchè se ne fosse stato zitto, perchè non gli fosse passato neanche per l'anticamera del cervello l'ipotesi che, magari, Sungyeol avrebbe potuto prendere meglio la notizia se ascoltata da lui, che aveva sempre visto come la persona migliore al mondo, anziché da un fratello che neanche voleva attorno. Se magari Snake l'avesse informato prima, se solo avesse detto a Daeyeol di stare alla larga da casa sua, se solo non gli avesse dato il suo indirizzo, probabilmente suo fratello non avrebbe neanche avuto un pretesto per precipitarsi davanti al suo appartamento rovinando così un'amicizia durata anni. Snake però non era stato accondiscendente come solitamente si fa con qualcuno ferito e visibilmente confuso, ma aveva scosso la testa con aria di rimprovero, e aveva detto che era stupido e infantile da parte di sua cercare di attribuirgli la colpa di una cosa che sarebbe accaduta comunque, presto o tardi, e che gli stava bene che fosse finita così, perchè Daeyeol non si meritava un trattamento del genere dal proprio fratello maggiore, e neanche gli amici di Sungyeol si meritavano delle bugie. Il fatto che proprio Snake gli avesse sputato in faccia che fosse unicamente colpa sua se le cose erano precipitate così, aveva rappresentato per Sungyeol una bella sberla in piena faccia, perciò s'era preso la libertà di comportarsi in modo ulteriormente infantile, di arrabbiarsi, e di dire che non era giusto. Lui di solito non era così: non se la prendeva facilmente, sapeva ammettere i propri errori e usava i rimproveri costruttivi degli altri per migliorarsi (cosa che aveva imparato a fare solo negli ultimi anni), ma a volte si sentiva così deluso da sé stesso e dalla propria vita, da non riuscire ad accettare nulla, e allora doveva per forza indirizzare la propria rabbia verso qualcuno. Così, per il resto della giornata, lui e Snake non si rivolsero la parola e Sungyeol decise che sarebbe rimasto arrabbiato con lui ancora per un po', finché non avesse sbollito quella marea di sensazioni sgradevoli.
L'incontro con Myungsoo non fu granché più piacevole: Sungyeol si sentiva troppo sfinito per parlare o anche solo pensare e Myungsoo era troppo impacciato per cercare di rendere l'atmosfera più gradevole provando ad essere brillante. In verità, la prima cosa che il secondo chitarrista gli chiese appena arrivato sul luogo dell'appuntamento, fu: "Ti senti bene?", prova che Sungyeol non dovesse avere esattamente un bel aspetto, così ne approfittò per dirgli che in effetti non si sentiva al massimo della forma e gli propose di andarsi a prendere un buon caffè, perciò saltando di pari piedi il motivo per cui s'erano incontrati, e ciò suonare la chitarra.
Myungsoo, comunque, non aveva accettato subito la proposta. Ci pensò su bene, chiedendo "E le composizioni?". Sungyeol sbuffò. "Quello possiamo farlo anche un'altra volta". Myungsoo esitò nuovamente e Sungyeol lo tranquillizzò che lo avrebbe portato in una caffetteria che frequentava spesso, dove il caffè era eccezionale, e che lo avrebbe riaccompagnato a casa presto, che non aveva nessuna strana idea. "Pensavo che volessi un appuntamento con me", buttò lì con aria innocente, distruggendo così ogni barriera difensiva dell'altro ragazzo. Naturalmente la parte del "non avere strane idee" era una rassicurazione che avrebbe sempre potuto rimangiarsi senza problemi nel caso in cui, dopo aver passato del tempo assieme, dopo essere stati tanto vicini e aver parlato, si sarebbe venuta a creare l'atmosfera adatta per un bacio dato di nascosto davanti a casa, come succedeva in tanti film romantici.
Non sapeva se alla fine Myungsoo avesse creduto sul serio alle sue parole o no, ma fatto sta che alla fine lo seguì obbedientemente fino alla sua caffetteria preferita, parlando del fatto che avesse intenzione di cambiare chitarra. Erano quasi arrivati e Sungyeol gli stava dando alcuni consigli a riguardo, quando, ad un certo punto, Myungsoo inciampò senza riserve in uno scalino rischiando di spiaccicarsi a terra di faccia.
«Attento, ti sei fatto male?» chiese Sungyeol appena si voltò nella sua direzione e lo vide cercare di atteggiarsi come se nulla fosse successo. Gli scappò da ridere.
«No, è tutto okay», borbottò Myungsoo in risposta e allora Sungyeol vide le sue orecchie diventare incredibilmente rosse. Ah, era imbarazzato. Stava incominciando un po' a capire Myungsoo grazie ad alcuni suoi atteggiamenti e reazioni. Anche se cercava di apparire sempre distaccato e disinvolto, in realtà era impacciato, tenero e immensamente gentile, affettivo. Da dov'era sbucato uno così? Perchè gli faceva contorcere le budella a quel modo quando si toglieva la maschera di ragazzo perfetto e diventava semplicemente il vero e amabile Kim Myungsoo? Probabilmente non avrebbe trovato risposta neanche tra cento anni.
Avevano preso posto in uno dei tavolini nell'angolo in fondo a destra, vicino alla finestra, uno dei preferiti di Sungyeol e che fortunatamente era libero. L'ambiente era accogliente, i tavolini e le sedie bianche e i pizzi e il colore delle pareti, ricordava un po' una vecchia casa delle bambole, uno stile molto romantico e pacifico, dai colori dolci e avvolgenti, sul rosato e sul color panna. Woohyun, che gli aveva fatto conoscere il posto anni or sono, aveva detto che gli piaceva tanto passare il suo tempo lì perchè attirava la sua parte femminile. Sungyeol allora l'aveva deriso dandogli della femmina e altre cose poco carine, ma con il passare del tempo aveva finito con l'accorgersi che pure il suo segreto lato femminile spuntava e si sentiva a proprio agio in un luogo così raffinato e dall'apparenza poco moderno, frequentato per lo più solo da una clientela femminile. Era certo di aver visto un guizzo di sorpresa e curiosità perfino nello sguardo di Myungsoo quando entrarono nella caffetteria, probabilmente non s'era aspettato una scelta del genere, ma non disse nulla. Non aprì bocca neppure quando un giovane cameriere carino vestito di tutto punto venne al loro tavolo a prendere le ordinazioni e, dopo di ciò, immancabilmente, Sungyeol si perse ad osservare il bellissimo ed ondeggiante sedere del camerire allontanarsi da loro. Non l'aveva fatto apposta, magari con il secondo fine di far ingelosire o infastidire Myungsoo, gli era venuto proprio come un riflesso incondizionato, una vecchia brutta abitudine. Era certo che Myungsoo l'avesse notato, dato il modo in cui lo fissava intensamente in volto, ma non osò dire una parola sulla questione, il che rendeva il tutto più imbarazzante, e un silenzio teso gravò improvvisamente su di loro.
Sungyeol era ormai a metà del proprio caffè nero senza zucchero (secondo Myungsoo una cosa semplicemente disgustosa) quando il suo secondo chitarrista interruppe improvvisamente il silenzio creatosi dicendo: «Poi non mi hai raccontato...»
«Cosa?» chiese con aria perplessa.
«Quello che è successo ieri, perchè te ne sei andato a quel modo dopo che Hoya hyung ti ha telefonato.»
«Aaah, quello...» borbottò Sungyeol, ed allora esitò. Ricordava effettivamente che, la sera prima, aveva detto per sms a Myungsoo che gli avrebbe raccontato tutto il giorno seguente, ma non aveva creduto che Myungsoo se lo sarebbe ricordato. O meglio, aveva sperato che non l'avrebbe fatto. Intanto che c'era, si disse che fosse meglio non avere più misteri con nessuno, perciò prese un respiro profondo e disse: «Beh, ieri è venuto qui mio fratello.»
Myungsoo inarcò le sopracciglia, visibilmente sorpreso. «Fratello? E quello che mi hai raccontato ieri?»
«Quello che ti ho detto ieri sulla mia famiglia è vero, ma ho omesso che mia madre ha avuto un altro figlio dopo di me, quando se n'è andata. Lui finora ha vissuto ad Hong Kong e non c'ho mai avuto un bel rapporto. Penso che un giorno lo conoscerai, dato che tra poco si trasferirà in Corea», spiegò come se stesse parlando del tempo, come "Ah, tra poco pioverà", ma in realtà dentro di sé era nervoso. L'espressione di Myungsoo restò impassibile, si limitò a sbattere le palpebre diverse volte, come per cercare di schiarirsi le idee, evidentemente con risultati poco positivi.
«Non credo di capire bene la situazione...» ammise dopo un po', e Sungyeol ridacchiò tra sé e sé, trovandolo davvero tenero.
«Non fare domande», lo ammonì Sungyeol. Myungsoo, semplicemente, chiuse la bocca e obbedì. Sungyeol però sapeva che probabilmente stava solo pensando a come andare a fondo della questione senza fare domande dirette. Infatti, dopo un'attenta riflessione, Myungsoo buttò lì: «Quindi lo odi.» E quella, obiettivamente, non era una domanda, ma un'affermazione che pretendeva chiarimenti. E Sungyeol restò sorpreso nel rendersi conto che non sapeva come reagire o cosa rispondere.
«No. Cioè, non so se è odio o... boh, qualcos'altro», rispose in modo confusionario, non dando nessuna effettiva spiegazione, e Myungsoo non provò ad insistere. Invece, lentamente, senza farsi notare, fece scivolare la propria mano sinistra verso quella destra di Sungyeol, che era appoggiata stancamente sulla sua gamba. Prese la sua mano e la strinse, facendo sussultare di sorpresa Sungyeol. Si guardarono in volto, ed allora al più grande scappò un mezzo sorriso.
«Stai cercando di sedurmi, Kim Myungsoo?» lo provocò Sungyeol, ma Myungsoo non reagì, disse solo: «Stavo cercando di consolarti, mi sembri triste.»
Sungyeol, segretamente, si sentì scosso. Colpito e affondato. E forse si sentì grato, in fondo. Gli occhi di Myungsoo in quel momento erano così profondi, onesti e intensi che sembravano in grado di fargli a fette l'anima. E in un attimo si trovarono così vicini che quasi poteva sentire il respiro dell'altro scontrarsi contro le sue labbra. Se solo non fossero stati in un luogo pubblico dove chiunque avrebbe potuto vederli, sicuramente Sungyeol avrebbe posato le mani ai lati collo di Myungsoo e avrebbe finalmente toccato quelle labbra invitanti con le proprie, senza staccarsene per un bel po'.
«Sai, credo di star cominciando a capirti», disse invece Sungyeol, allontanandosi un po' da Myungsoo. «All'apparenza sembri uno di quei tipi inavvicinabili e imperscrutabili, uno di quei protagonisti fighi da drama, ma poi quando uno inizia a conoscerti meglio scopre che in realtà sei un piccolo orsetto del cuore che vive nel mondo degli unicorni e che è così dolce da essere fatto solo di arcobaleni e marshmallow.»
«Che diavolo...?» borbottò Myungsoo, con la bocca e gli occhi del tutto sbarrati, evidentemente sconvolto e imbarazzato, e ritraendo immediatamente la mano che ancora stringeva quella di Sungyeol. Quest'ultimo, in risposta, si limitò a sorridere e a rientrare in possesso della mano di Myungsoo, ignorando le proteste del più giovane che continuava a ripetere che, se Sungyeol stava cercando di prenderlo in giro, lo scherzo non era per nulla divertente.
Qualche secondo più tardi, quando un silenzio sereno calò di nuovo tra loro e le loro mani erano saldamente strette l'una all'altra sotto al tavolo, fissando un punto a caso della strada che si estendeva oltre la vetrina della caffetteria, Sungyeol vide un gruppo di ragazzini, magari delle medie o del primo anno delle superiori. Quattro ragazzi, che chiacchieravano allegramente tra di loro, sembravano uniti, un po' come dovevano essere sempre apparsi loro membri dei Chaosmyth. Gli metteva malinconia e nostalgia, pensò che proprio non poteva permettersi di perdere le sue amicizie più preziose a causa del suo essere infantile. All'improvviso, si rese conto che se Hoya s'intestardiva a non farsi trovare al telefono, allora sarebbe andato lui a cercarlo personalmente, ovunque fosse andato a cacciarsi.


Continua...




Eccoci qua. Come promesso, capitolo principalmente incentrato su Hoya, spero che ora il suo personaggio, così come i suoi pensieri/sentimenti, siano più chiari. Lo stesso vale per Sungjong, dato che l'investigatore Woohyun ha provveduto a cercare di scoprire cosa cela il cuore di Sungjong... ma avrà visto giusto?
Comunque, vi avviso sin da ora che il nono capitolo sarà decisamente tragico, per cui preparatevi psicologicamente e tenete a portata di mano i fazzoletti. Brohohoho. Alla prossima!
  
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