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Autore: Eva7    27/08/2012    1 recensioni
Due cose hanno messo Sarah a dura prova: la vita e gli uomini. Alcuni significativi incontri ed eventi la trascineranno a forza fuori dal mondo dei bambini e dentro quello degli adulti; ma questo non le impedirà di inseguire con passione il proprio sogno.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Proprio mentre stavo per andarmene, vidi William sfrecciare davanti a me con la sua camminata sicura e spavalda. Non mi degnò di uno sguardo; dopo quello che aveva fatto, non mi aveva nemmeno rivolto un’ occhiata  fugace.
Ero indecisa se inseguirlo per chiedergli spiegazioni, ma proprio mentre stavo lì a riflettere, lui era già troppo lontano.
Forse indugiavo solo perché non ero abbastanza coraggiosa.  La sua imprevedibilità mi faceva paura.
Le poche volte che avevo tentato di avere un confronto con lui, ero finita con un braccio bruciato e con un bacio rubato. Due gesti apparentemente opposti.

+++

*Quando aprii la porta di casa mi annunciai come al solito; una voce femminile mi giunse alle orecchie ma non me ne preoccupai, certa che provenisse da un  personaggio di qualche fiction televisiva; invece, una volta varcata la soglia del salotto, con mio grande stupore, sorpresi Sean in compagnia di una donna dai folti capelli rossi ed un aspetto decisamente giovanile e curato.
Non appena si accorsero di me le loro espressioni mutarono e i loro sorrisi scomparvero, quasi come se si sentissero colpevoli di qualcosa.
Sean spezzò quella tensione parlando per primo:
“Lei è Grace. È  una vecchia amica, mia e di tua madre. Ci frequentavamo al college. Dopo la laurea io e tua madre ci siamo trasferiti , così non abbiamo più avuto opportunità di vederci. Durante la riabilitazione ci siamo incontrati e... lei mi ha aiutato tanto; e quando è terminata abbiamo pensato che fosse un peccato perderci di vista di nuovo” Spiegò in fretta.
Il fatto che si stava giustificando mi insospettiva ancora di più.
“Non me ne avevi mai parlato” Gli feci notare con un tono glaciale, e seguì una lunga pausa.
“Mi dispiace” ci interruppe la donna mortificata “ tolgo il disturbo” e cominciò a raccogliere la propria borsa e il cappotto mentre Sean tentava invano di convincerla a restare per cena.
Quando se ne fu andata la prima domanda che avevo da rivolgergli fu:
“Uscite insieme?  Voglio saperlo se frequenti una donna”
“No. Non ancora.” Mi rispose visibilmente seccato per la mia mancanza di tatto e ospitalità nei confronti di lei.
“Non ancora?”
“C’è dell’intesa tra noi due, se è questo che vuoi sapere, ma è presto per dire se usciremo insieme come una coppia. La cosa ti crea problemi?”
“In realtà lei non mi piace un granché, papà”
“Non ti ho insegnato ad avere dei pregiudizi”
“Non è un pregiudizio, è una sensazione”
“E io invece ho la sensazione che tu la prenda come un affronto verso tua madre, non considerando che ho sofferto abbastanza e adesso ho bisogno di andare avanti”
“Come ti pare” fu la mia risposta immatura per concludere la conversazione finché eravamo in tempo per evitare una furibonda quanto inutile litigata.
“Come ti pare?! E questo che diavolo significherebbe?” mi urlò lui esasperato mentre gli davo le spalle per chiudermi in camera mia.
Riflettei che la mia reazione era stata davvero fuori luogo, e forse avrei dovuto dare a questa... Grace una possibilità e a mio padre quella di essere di nuovo felice. E dopo tutto non mi pentii della mia decisione, perché Sean smise di frequentare le discutibili compagnie che probabilmente lo avevano indotto ad alzare il gomito, si diede una ripulita e divenne improvvisamente raggiante e di buon umore.
Dopo qualche settimana Sean cominciò ad invitarla sempre più spesso a cena a casa nostra con il palese intento di farci familiarizzare.
Lei si dimostrò affabile in modo quasi irritante. Cominciai a non vederla più come una minaccia, ma mi rimase una sgradevole sensazione sul suo conto. E dopo pochi mesi arrivò la notizia che avrebbe ancora una volta dato una svolta alla mia vita. Alle nostre vite:
“Ti piacerebbe se Grace venisse a vivere qui con noi?”
A quella proposta quasi mi strozzai  con il boccone di pane che stavo per ingoiare.
“Stai scherzando? La conosci appena!”
“Non è vero. La conosco da anni”
A quella risposta la mia espressione di incredulità si trasformò in una maschera vuota:
“Hai già deciso, non è così?”
“Vi troverete bene insieme. Inoltre hai bisogno di una guida femminile soprattutto in questo momento della tua vita”
“Andiamo Sean! D’accordo; Lei vivrà qui, ma non rifilarmi la stronzata che sono io ad avere bisogno di lei quando invece sei tu ad averne”
A quella affermazione, in cui parlai a mio padre da sua pari, lui si ammutolì e non riprendemmo mai più il discorso.
Dopo una settimana che Grace abitava insieme a noi già avevo capito di che pasta era fatta:
c’era del marcio in quella donna, ed era evidente che per lei rappresentavo solamente un ostacolo; ma era talmente furba da non far capire nulla di tutto ciò a mio padre.
Dato che Sean era stato così precipitoso e ingenuo decisi che gli avrei dimostrato la validità delle mie intuizioni consegnandogli delle prove; così ogni volta che ne avevo l’occasione presi a rovistare tra la sua robaccia non sapendo che cosa stessi cercando davvero.
Per giorni non ero riuscita a scovare niente d’interessante ma non mi diedi per vinta e fui ancora più  motivata quando mi arrivò da parte sua la prima minaccia di spedirmi in un collegio se avessi  perseverato nell’ essere così riottosa.
Era ovvio. Se mio padre avesse intuito che tra noi due c’era tensione, questo avrebbe incrinato il loro rapporto.
Dopo qualche tempo trovai nel suo cassetto, sepolte sotto la sua biancheria, delle lettere che a giudicare dall’aspetto malconcio dovevano essere vecchie di parecchi anni.
“Trovato niente?”
La sua voce innaturalmente quieta mi fece sussultare tanto che balzai in piedi senza nemmeno rendermene conto.
Si avvicinò a me con passo simile a quello di un felino, poi con uno scatto afferrò una ciocca dei miei capelli da dietro la nuca costringendomi a chinare indietro la testa. Ad un palmo dal mio viso, abbandonando un po’ della sua inquietante tranquillità, mi sussurrò:
“non mettermi i bastoni tra le ruote, ragazzina. Le mie decisioni influiscono molto su tuo padre. Non lo dimenticare”
Che diavolo voleva  significare?
Poi tutto mi fu chiaro:
“Non riuscirai mai a convincerlo a rinchiudermi in collegio”
“Vedrai...”
Lasciò la presa tirandomi i capelli un’ultima volta e mi lanciò uno sguardo pieno di indignazione, che sostenni con altrettanto disgusto.
Quando se ne andò riuscii ad infilarmi le lettere sotto la maglietta.
Una volta al sicuro in camera mia cominciai a leggere:

Cara Grace,
credo che Gillian stia cominciando a intuire qualcosa. Non so che fare, non voglio perderti, ma non voglio nemmeno ferire lei. 
Rispondi presto.
Sean


In quel momento era come se un pesciolino avesse dato un violento colpo di pinna nel punto proprio tra il petto e lo stomaco. Ma pur cosciente del danno che mi stavo infliggendo proseguii la lettura di un’altra lettera.

Cara Grace,
mia moglie è incinta. Credo  che, alla luce dei fatti, dovrò cominciare ad essere un buon marito per essere un buon padre. Perdonami ma non posso abbandonarla in queste circostanze. Non sono quel tipo di persona.
Sean

 
  Improvvisamente mi venne in mente l’allora incomprensibile e straziante supplica che mi aveva rivolto quando pensava fossi mia madre:
“Ti prego... Giuro che le ho già detto addio. E’ acqua passata, ormai”
La porta si spalancò tanto improvvisamente che sembrava si stesse per scardinare e una furibonda Grace avanzava minacciosa verso il mio letto mentre io con il cuore in gola e le mani tremanti tentavo di nascondere sotto il cuscino le prove del fatto che mio padre era un traditore.
“Lo so che ce le hai tu, puttana!” gracchiò.
“Non so di cosa tu stia parlando” le risposi facendo appello a tutte le mie doti d’attrice appena scoperte.
L’unica sua risposta fu un grugnito infastidito e poi mi prese per il braccio e mi strattonò cercando di riprendersi le sue lettere, e senza che ne potessi avere realmente coscienza la mia mano si chiuse a pugno e la colpì in pieno volto.
Lei si arrestò esterrefatta tastandosi il naso sanguinante e con un sorriso maligno affermò:
“Bel lavoro, Sarah”
E poi si gettò a terra piagnucolando sonoramente, abbastanza da indurre Sean a salire in stanza.
“Guarda cosa mi ha fatto tua figlia!” 
Un secondo dopo eravamo tutti in salotto a discutere di un’opzione che non avrei mai pensato che Sean avrebbe mai preso in considerazione: il collegio.
“Sun, è la seconda volta che usi violenza su qualcuno. Lì ti potrebbero aiutare a controllare le tue emozioni”
Mi spiegò lui usando patetici termini che probabilmente aveva sentito dire durante la sua riabilitazione.
“Non ho bisogno di altri cambiamenti, papà! Non hai già stravolto abbastanza la mia vita?”
“Non ho ucciso io tua madre” sbottò sulla difensiva.
“Dopo il modo in cui ti sei.. Vi siete comportati con lei non dovresti nemmeno nominarla. Non lo vedi che questa donna ti sta manipolando per liberarsi di me?” esclamai indicandola.
“Stai dicendo a tuo padre che non ha spina dorsale? Che non sa cosa è meglio per te? Io credo che stare un po’ lontano da casa con ragazzi della tua età ti potrebbe fare solo che bene” si intromise lei.
Guardai mio padre per un lungo istante. Non sembrava battere ciglio, e quasi come avessi avuto una rivelazione salii in camera mia lasciandomi alle spalle la voce di Sean che mi domandava irritato:
“Dove vai? Non abbiamo ancora finito!”
Mentre io pensai:
invece sì che abbiamo finito.
Presi un borsone e ci ficcai i miei pochi stracci e la foto che ritraeva me e mia madre, poi mi diressi verso la porta d’ingresso così velocemente che Sean non ebbe il tempo di afferrarmi. Si limitò solo ad urlarmi, sul ciglio della porta, di tornare dentro e a domandarmi dove stessi andando.
Camminai a vuoto. Non sapevo nemmeno io dove andare. Non avevo amici.
Era già notte quando, stremata e avvilita, mi accasciai sul marciapiede di fronte ad un pub.
“Ehi biondina! Che ci fai qui?” mi disse una familiare voce femminile.
Quando sollevai lo sguardo, una ragazza di colore che si stava asciugando le mani su un grembiule torreggiava su di me con una ruga di curiosità che le solcava la fronte.
Mi alzai anch’io dandomi delle piccole pacche sul sedere per pulire i jeans e finalmente la riconobbi. Quella ragazza non solo frequentava la mia scuola, ma partecipava al laboratorio di recitazione insieme a me e prima che potessi farglielo notare mi anticipò:
“Allora sei proprio tu. Ti avevo riconosciuta fin dal bancone” mi disse rilassando il volto.
“Tu lavori qui allora”
Che domanda stupida.
“Più che altro do una mano ai miei”
“Sai ieri ti ho aspettata all’uscita perché volevo ringraziarti per avermi suggerito la battuta”
“Oh non è un problema” disse agitando pigramente la mano.
”Io sono Kyla” continuò porgendomi la stessa mano.
“Sarah” risposi stringendogliela a mia volta.
“ Ma cosa ci fai qui con un... borsone?” mi domandò aggrottando di nuovo le sopracciglia alla parola “borsone”.
“Non ho un posto dove andare” ammisi come se il macigno della consapevolezza mi fosse caduto addosso schiacciandomi sotto il suo peso.
Kyla mi disse desolata che l’appartamento in cui viveva era troppo piccolo per potermi ospitare.
“Non conosci nessun altro?” mi domandò apprensiva.
Ci riflettei un attimo. In effetti qualcuno lo conoscevo.
Mi sfiorai la cicatrice sul braccio.
Mi toccai le labbra.
Arrossi .
“William”
“E’ escluso.  Non puoi chiederlo a lui”
“Non avrei a chi altro chiedere. Tu conosci il suo indirizzo?”
Kyla soppesò per un attimo la faccenda: se l’alternativa era dormire in mezzo alla strada insieme ai barboni, forse l’idea che Sarah fosse ospitata dal teppista non era così ributtante.
“Ti accompagno” disse infine non troppo entusiasta “non è lontano”
Arrivammo di fronte alla piccola veranda di una casa malconcia la quale facciata era ricoperta da innumerevoli crepe.
“Bene. È questa. Ora tocca a te, piccola” mi disse Kyla prima di darmi il suo numero di telefono nel caso avessi avuto bisogno, e prima di tornare al pub.
Qualche interminabile minuto dopo aver bussato, mi aprì un uomo alto e dalle spalle larghe, lo stesso uomo dagli occhi piccoli e penetranti che tempo fa’ aveva bussato alla mia porta sorreggendo mio padre.
Rimasi interdetta.
“Abita qui William? William Winter?” mi affrettai a dire dopo una lunga pausa.
Lui mi squadrò dalla testa ai piedi con l’aria stanca e un po’ assonnata. Dal suo sguardo vacuo potevo dire che non mi aveva riconosciuta.
“Ehi ragazzina. Lo sai che ore sono?”
“Mi scusi. È solo che... dovrei davvero parlare con William”
L’uomo si voltò e urlò:
“Will! C’è una ragazza strana che vuole parlare con te!”
Mentre l’uomo rientrava in casa, a lui si sostituì l’immagine di un giovane dagli occhi cerchiati da ombre scure che risaltavano le sue iridi.
Non appena lo vidi, una spiacevole sensazione di imbarazzo, in seguito all’apparizione nella mia immaginazione di alcune rapide immagini del nostro bacio nell’armadio, mi mise una strana tensione.
Mi squadrò proprio come prima di lui aveva fatto suo padre senza proferire parola. E  aggrottando le sopracciglia, con la sua voce scura, mi incitò a seguirlo.
Mi condusse fino alla sua auto. Vi salimmo, e solo quando mise in moto mi rivolse di nuovo la parola:
“Che cazzo sei venuta a fare?”
“Non ho nessun altro posto dove andare. Non posso più stare a casa con Sean e Grace” risposi con un filo di voce.
“E chi sarebbero?”
“Mio padre e la sua... compagna” spiegai con disgusto.
Lui mi guardò per un solo istante sempre accigliato.
“Tu vorresti vivere con il caso umano e un porco ubriacone?” mi chiese sarcastico.
Sapevo che stava cercando di spaventarmi per farmi desistere. Ma io ribattei senza fare una piega:
“Meglio che vivere in collegio”
Frenò improvvisamente -tanto che feci un balzo in avanti- e mi osservò attentamente con uno sguardo che faceva intendere che stava meditando attentamente sulla mia richiesta.
 L’attesa si fece così lunga che il quesito che bramavo di porgli fin da quando lo avevo rivisto uscì dalla mia bocca come un proiettile:
“Perché mi hai baciata?”
“Per farti chiudere quella bocca”
“Non è vero”
“E allora com’è?”
“Non lo so ma c’era desiderio in quel gesto”
“Si. Desiderio di farti stare zitta”
Che stronzo! Pensai. Ma non lo dissi ad alta voce perché Will doveva ancora decretare se il mio futuro sarebbe stato da barbona o meno.
“Mio padre è privo di senso del pudore da quando mia madre l’ha lasciato” Mi avvertì dopo una lunga pausa.
“Starò attenta”
“E non abbiamo dove farti dormire”
I miei occhi si accesero di speranza perché nonostante stesse ancora cercando di scoraggiarmi le sue affermazioni facevano intendere che stava davvero prendendo in considerazione l’ipotesi di accettare.
“Dormirò per terra. Tanto non starò da voi per molto.”
“Okay...” disse senza guardarmi, e rimise in moto mentre le mie labbra si allargavano in un sorriso silenzioso.
“A patto” continuò dopo un po’ “che tu non faccia domande”
Annuii.
 
*Tutti gli eventi che vengono narrati riguardo Sean e Grace (fino al giorno antecedente alla “fuga” di Sarah da casa propria) avvengono contemporaneamente al periodo in cui Sarah decide di impegnarsi nello spettacolo e mentre studia la propria parte da Rebecca, fino al giorno in cui viene baciata da William.
  
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