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Autore: RainbowCar    27/08/2012    3 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Redcliffe. Un villaggio tranquillo. Nessuno avrebbe potuto immaginare quanta sofferenza abbia patito in passato, quando mia madre giunse qui per la prima volta. Tutta colpa di Connor, mi aveva detto. Ma un ragazzino che brama l’approvazione del padre farebbe qualsiasi cosa, anche a costo della vita di tutti i paesani. Ora avevo conosciuto quel ragazzetto ingenuo e l’avevo trovato uomo, ma ancora abbastanza folle da fare qualunque cosa per amore.
Sono venuta qui perché avevo bisogno di provviste e denaro, e questa cittadina è la più vicina al lago. Ho accettato una missione dalla bacheca del cantore. La Chiesa paga bene e non fa troppe domande su chi mette a disposizione le sue abilità per scopi a lei congeniali.
 
Un prezioso manufatto era scomparso e io avevo promesso di ritrovarlo. Si trattava di un antico tomo.
Ero alla ricerca di una taverna per ristorarmi prima di intraprendere una lunga ed estenuante ricerca, quando una figura incappucciata mi sfilò davanti con un grosso involucro rettangolare di tessuto scuro tra le mani.
Impossibile. Non potevo essere così fortunata. Lasciai perdere l’attraente prospettiva di un pasto caldo e seguii quella figura fino a un mulino abbandonato su una collina deserta. La figura entrò e io aspettai il favore del buio per infiltrarmi nella cascina e recuperare il tomo. Quando il sole fu tramontato sul lago, varcai l’entrata del mulino senza far rumore.
 
C’era silenzio. Anche troppo. Che fossi stata scoperta? Che la figura incappucciata mi stesse aspettando? Mi addentrai vigile nell’oscurità della cascina.
Il libro era su un leggio improvvisato, composto da assi di legno accatastate una sull’altra. Mi avvicinai, cauta.
 
“Nel regno del terrore esistono solo due modi per fuggire: la morte e una nuova vita. E non è detto che le due cose siano poi così diverse. Na via lerno victoria*”
Arcanum?
Sembrava l’addio di un suicida. Quando vidi quel corpo esamine lo pensai davvero. Ma non c’erano ferite evidenti, né traccia di impiastri o pozioni velenose che avrebbe potuto bere. Solo quello strano libro le cui pagine continuavano a scriversi da sole e a scorrere veloci. Sembrava avesse preso vita. O che qualcuno gli stesse dando la propria.
Cercai di leggere qualche riga da quei fogli impazziti e mi accorsi che raccontavano di qualcuno che giaceva ai miei piedi. Ma come aveva fatto a entrare nel libro? C’era modo di liberarlo? Cosa sarebbe successo se fossero finite le pagine? Dovevo fare in fretta.
Più che salvare quel ladruncolo ero incuriosita da quella magia. Tentai qualche incantesimo,  senza successo. L’unico modo era entrare lì dentro. Mi guardai intorno: uno specchietto rotto striato di sangue, una bella spilla orlesiana, quel libro e quella frase in lingua arcana che appariva in tutte le pagine. Magia del sangue.
Afferrai la spilla, mi punsi il dito, lo passai sullo specchio rotto, pronunciai la frase. Nulla.
Osservai meglio lo specchio. Sembrava rotto dall’interno, i frammenti non riflettevano nulla. Tirai fuori dalla mia sacca l’unico oggetto che mi ricordasse mia madre, il suo prezioso specchietto decorato con pietre preziose, che mi aveva donato prima della partenza. Ripetei il rituale con quello. Nell’esatto istante in cui il vetro andò in frantumi, il mondo intorno a me si fece buio.
 
 
Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo  e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme e mostruoso era venuto per uccidere.
Le sue zanne arrivarono talmente vicine alla mia faccia che potei sentire il rancido odore di morte che esalavano. Mi fissò per qualche secondo per poi volgere la sua furia distruttrice sulla mia famiglia. Con una fiammata arse la nostra casa e i nostri giochi. Coi suoi artigli arpionò il bambino e ne straziò il corpicino. Mia madre e mio padre furono dilaniati dai morsi della bestia.
Solo io ero sopravvissuta.
Il drago, placata la sua sete di sangue, era volato via lasciandomi sola tra le membra sparpagliate di persone che amavo e io ero terrorizzata dalle sensazioni che provavo.
Terrorizzata dalla tanta soddisfazione che avevo provato ad assistere a quello spettacolo.
 
“Sveglia!” una voce lontana, ovattata, mi stava riportando alla realtà.
“Svegliati” questa volta era più forte, vicina.
“Mi senti? Stai bene?”
Aprii gli occhi e me ne ritrovai due grandi e verdi che mi guardavano  con aria interrogativa.
“Sto bene” borbottai alzandomi. “Chi sei? Dove siamo?”
Tutto sembrava offuscato, annebbiato, non riuscivo a distinguere i contorni delle cose più lontane di un palmo dal mio naso. Un uomo era di fronte a me e in quello strano mondo confuso mi sembrava davvero bello. Era più alto di me, occhi profondi e luminosi, capelli scuri di media lunghezza raccolti in una treccia.
“Mi chiamo Feron. Credo che ci troviamo all’interno del libro”
In quel momento ricordai. Ricordai il rituale. Ricordai il  mio incubo. Ebbi un brivido.
“Perché hai rubato il libro?” gli chiesi.
“Ero curioso. Avevo sentito dire che conteneva un grande potere e volevo constatare di persona se fosse vero. E tu perché sei qui?”
“Ho visto il tuo corpo. E lo specchio rotto. Sono stata assunta per recuperare il tomo”
“E invece ora ti ritrovi intrappolata qui dentro. Bella mossa!” mi sbeffeggiò.
“Oh, vedo che non sono l’unica idiota nei paraggi!” replicai.
“Un punto per te” dovette ammettere.
Di certo avevamo qualcosa in comune io e lui: eravamo entrambi abbastanza folli e avventati.
“C’è un modo per uscire di qui?” domandai.
“Se lo sapessi sarei già andato via”
“Le pagine continuavano a scriversi da sole quando ho visto il libro. Immagino che fossi tu a riempirle. Magari coi tuoi tentativi di scappare. Hai scoperto qualcosa? ” dissi, giustificando la mia domanda apparentemente banale.
“Niente di niente. Non che non ci abbia provato. Vedi quelle barriere magiche?” Mi indicò le pareti luminose che ci circondavano. Emettevano un sinistro ronzio. “Quando le attraverso mi ritrovo inevitabilmente di nuovo qui”
“Dev’esserci un modo…Abbiamo poco tempo prima che le pagine finiscano”
“Immagino che una volta finite, finirà anche la nostra vita”
Non avevo fatto tutta quella strada solo per finire intrappolata in un tomo maledetto. Ero pur sempre una maga. Dovevo fare qualcosa.
“Dev’essere senz’altro un demone a controllare il libro” conclusi.
“Già, ma non si è fatto vedere fino ad ora e io non ho idea di come evocarlo” mi spiegò il ladro.
“Allora gli offriremo qualcosa che di sicuro non rifiuterà”
“Che hai in mente?”
“Io sono una maga. E i demoni amano particolarmente i maghi, anelano a impossessarsene”
“Ma rischi di trasformarti in un abomino!” mi guardò come fossi impazzita.
“O questo o una morte inevitabile per entrambi. Mi dispiace, non me ne starò qui ad aspettare di morire!”
Feron si zittì. Sapeva che avevo ragione. “Ok. Dimmi cos’hai in mente”
“Lo attirerò qui con la magia. Tu nasconditi dietro al mio mantello se vuoi”
“Non sono mica un bambino!” replicò offeso. “Anche se non sono un mago sono abbastanza abile in combattimento”
“Ma i pugnali contro i demoni non sono le armi ideali” lo schernii.
“Come vuoi!” rispose irritato “Allora me ne starò in disparte a vederti massacrare”
 
 
Il demone del desiderio era molto diverso da come me lo aspettassi. Aveva le sembianze di una donna, un corpo sensuale e un viso da diavolo. La sua voce era un sussurro, capace di entrare nella mente e soggiogarla.
“Non ho forse realizzato il tuo desiderio? ” disse.
“Di cosa parli, demone?”
Quale desiderio?
“Il tuo sogno. Non è forse ciò che desideri?”
Io desiderare quella mostruosità?
“Sogno? Era in incubo!” urlai sconvolta.
“Ne sei sicura?” mi penetrò con quegli occhi bui, senza pupille, insinuandosi nei miei pensieri. Riaffiorò in me la sensazione di appagamento che avevo provato nel vedere i miei cari a brandelli.
 “Ci hai provato demone. Ma i tuoi trucchi non attaccano con me!” affermai infine, convincendomi sempre di più che quelle strane sensazioni fossero opera sua.
Lanciai il mio primo dardo di fuoco e lo colpii in pieno. Il demone fu sbalzato a terra ma si rialzò prontamente fluttuando nell’aria. Sapevo che non sarebbe stato un combattimento alla pari e non fui sorpresa quando evocò delle ombre che mi circondarono. Le allontanai con un’esplosione mentale che mi permise di concentrarmi di nuovo sul demone. Lo immobilizzai con un raggio gelido e ne approfittai per dedicarmi alle ombre.
Notai che alcune erano già cadute. Altre si dirigevano verso di me e le annientai con una pioggia infuocata. Non mi accorsi che una di loro mi stava per attaccare alle spalle. Non ebbi il tempo di reagire. Mi voltai e vidi l’ombra su di me prepararsi per sferrare il suo attacco, gli artigli acuminati a pochi centimetri dal mio viso. Chiusi gli occhi, d’istinto.
 
Non sentivo dolore. Ero già morta? Riaprii lentamente gli occhi. L’ombra era svanita e di fronte a me c’era Feron coi pugnali ancora a mezz’aria. Aveva neutralizzato la minaccia, mi aveva salvato la vita.
“Pensi ancora che i miei pugnali siano inutili?” mi strizzò l’occhio. “Ci penso io qui,”disse indicando le ombre rimaste “tu pensa al demone”.
Il raggio gelante stava finendo il suo effetto. Sentivo le lame di Feron svolgere il proprio lavoro.
Colpii il demone con un pugno di pietra. Barcollò intontito e sferrai l’ultimo, decisivo attacco: una scarica di elettricità partì dal mio bastone e folgorò il demone all’istante.
 
Alle mie spalle la battaglia si era conclusa. Feron aveva vinto. E io avevo ucciso il demone. Non ci restava che uscire di lì. Le barriere magiche erano cadute. Una di loro celava una porta che non voleva aprirsi. Persino le doti di ladro di Feron si rivelarono inutili. Troppo complicato scassinarla.
Forse doveva semplicemente essere abbattuta. Osservai la porta: era pesante, di legno spesso, molto solida. Di certo non c’era più alcuna protezione magica a sigillarla, ci voleva solo un po’ di forza bruta.
Intorno a noi non c’era nulla che potesse essere utile allo scopo, così mutai la mia forma in quella di un feroce orso e l’abbattei sotto lo sguardo stupito di Feron.
 
La porta celava una fonte di energia che sembrava non esaurirsi mai. Riacquistai la mia forma umana e mi avvicinai alla fonte assieme a Feron. All’istante sentii una gran forza scorrere dentro di me. I miei poteri erano diventati sicuramente più efficaci e anche il ladruncolo sembrò avvertire le mie stesse sensazioni, blaterando di sentirsi più forte e più abile. Oltre la fonte, un portale magico ci avrebbe permesso di lasciare quel luogo e tornare alla realtà.
Somigliava a una pozza d’acqua in cui si riflettevano le nostre vite. Potevamo osservare i nostri corpi addormentati ma non potevamo raggiungerli. Era impossibile d’attraversare.
Mi ricordai del modo in cui eravamo arrivati e cercai uno specchio. Forse ne sarebbero serviti due. Non vedevo nulla che potesse fare al caso nostro.
“Aspettami qui” mi disse Feron.
Si allontanò per pochi istanti e tornò con qualcosa di lucente tra le mani.
“Dove l’hai trovato questo?” gli chiesi indicando lo specchietto.
“Sul corpo di quello stupido demone”
“Bella intuizione!” mi complimentai. Lui mi strizzò l’occhio in segno di intesa.
“Purtroppo però è uno solo,” notai “ non riusciremo a tornare indietro entrambi”.
Mi guardò con quegli occhi di smeraldo. “Prendilo tu. Vai.”
“Cosa?” mi colse alla sprovvista “E io che ti facevo un misero ladruncolo egoista…”
“Beh, non che non sia un misero ladro, o che non sia egoista e molto interessato a salvare la mia pelle, ma come potrei lasciare che tanta bellezza venga sprecata? Che razza di gentiluomo sarei?” mi sorrise.
I suoi denti bianchissimi erano in contrasto con la sua carnagione abbronzata. Doveva passare molto tempo al sole, pensai, chiedendomi se il suo sorriso avesse lo stesso effetto che aveva su di me su tutte le fanciulle del Ferelden.
“Forse non ce ne sarà bisogno” dissi. “Dammi lo specchio”
 
 
 
 
* Na via lerno victoria: solo i vivi conoscono la vittoria
 
 

 
  
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