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Autore: Rosie Bongiovi    28/08/2012    3 recensioni
La protagonista di "I'll be your Nightmare" torna in una Alternate Universe ambientata nel 1900. Uno spietato uomo affiderą a Nightmare e ad un giovane ragazzo, il compito di riportargli quella che dovrebbe essere la sua futura sposa, fuggita poco prima delle nozze.
Consigliata a tutti gli amanti dei western.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Non sei uno di molte parole, eh?” domando al mio nuovo compagno di viaggio. Siamo partiti da mezz'ora e l'unica cosa che è stato capace di dire è stata 'Hai la tua mappa?'. Ma certo che ho la mia mappa, per chi mi ha presa?

Di solito nemmeno io sono una gran chiacchierona, ma quel silenzio, a tratti interrotto dagli zoccoli e gli sbuffi dei cavalli, comincia a darmi sui nervi. Mi volto alla mia sinistra ed incrocio il suo viso, sul quale non noto alcuna imperfezione, alcuna cicatrice, alcun graffio. Solo un po' di barba appena accennata.

Le sue labbra si increspano in un sorriso amaro e mi guarda, aggiustandosi il capello che porta su quella criniera castana, rigorosamente spettinata.

“Non ho nulla di cui hablar” risponde poi, dimostrandomi di possedere un irresistibile accento spagnolo. Peccato che io sia impegnata con il mio unico vero amore, Thunder.

Il mio cavallo.

“Non hai una storia, Rojo?” insisto, mentre il mio destriero si ferma di fronte ad un cactus, nitrisce e, infine, lo evita, passandoci di fianco. Pigro come la padrona di prima mattina, 'parlandogli' forse sperava che la pianta grassa si sarebbe spostata, anziché riservare a lui questa terribile fatica.

Claro que si” dice, prendendo una profonda boccata d'aria e aggiungendo “Ma nulla che io voglia contarte”. Mh. Mi hanno affibbiato mr.Simpatia 1910.

“Non mi avresti mica fatto un favore. Era semplicemente per fare conversazione” sibilo, acida. Accenna una risatina e torna a guardare l'orizzonte con le sue iridi castane. Non mi voglio mostrare irritata, significherebbe rivelare il mio lato debole, che solo Thunder conosce e che non intendo mostrare a nessun essere umano. Proseguiamo in una zona desolata nella quale, giusto un mese fa, mi sono scontrata con un gruppo di profanatori di tombe e saccheggiatori. Gente odiata da tutta la contea, che ora marcisce in galera e gioca a bruciare mie fotografie.

Indirizzo il cavallo verso quello che era un villaggio, perlomeno fino a qualche mese fa, composto da occhio e croce sette case, tutte rovinate, nonché futuri rifugi di qualche coyote o, peggio ancora, di qualche ricercato inesperto. E' una scorciatoia, seppur macabra, per raggiungere il luogo che ci ha consigliato il nostro 'datore di lavoro'.

Donde estamos?” chiede, arcuando le sopracciglia.

“Perché, hai paura, Rojo?” domando io, con una punta di veleno nella voce.

“Io non ho temor de nada, Glory” replica. La sua sicurezza scompare subito dopo aver sentito il suono di uno sparo, che spaventa inevitabilmente anche i cavalli.

“Dicevi?”. Con una carezza sul collo di Thunder riesco a calmare l'animale, dal quale scendo velocemente. Estraggo la pistola e cammino lentamente, per addentrarmi nel paesino abbandonato.

Que estàs haciendo?!” chiede, sbalordito.

“E' la mia contea, Rojo. Intendo difenderla. Se hai paura non sei autorizzato a seguirmi”.

“Ti ho già detto che no tengo paura di niente”. Abbandona il cavallo accanto a Thunder e prende la sua di arma, un Winchester che sembra nuovo di zecca. Camminiamo tentando di fare meno rumore possibile e ci avviciniamo ad una delle villette abbandonate, dalla quale proviene una voce maschile piuttosto grossa. “Que està diciendo?”.

“Se fai silenzio posso sentire, no?”. Miguel mi rivolge un'occhiata scocciata, mentre io mi avvicino alla porta.

“Sceriffo, lei ha capito perfettamente quello che deve fare per me”.

“Ed io le ho detto chiaramente che non lo farò. Piuttosto mi farò mangiare le budella dagli avvoltoi”.

Suono di uno sputo, seguito da quello sonoro di uno schiaffo in pieno volto.

“Sceriffo?” chiede mr.Simpatia, al mio orecchio.

“Non promette nulla di buono.. Precipitati alla finestra non appena io ho buttato giù la porta. Se le cose si mettono male, spara a tutti eccetto all'uomo con la stellina attaccata alla giacca”.

Yo sé chi è lo sceriffo” replica, offeso.

“Muoviti” concludo io, poi la mia attenzione viene richiamata dalla voce femminile che stava parlando fino ad un secondo fa con l'uomo in ostaggio.

“Allora, mio caro, se vuole che gli avvoltoi le facciano visita.. Credo proprio che l'accontenterò”. Non attendo ulteriore tempo, perché sapevo già che quella frase avrebbe preceduto la morte di qualcuno: con un calcio secco riesco a sfondare la porta e nel mio campo visivo compaiono una donna alta, dai capelli rossi e lisci, che conosco fin troppo bene per i miei gusti, ed un uomo intorno ai cinquant'anni, brizzolato e con dei lunghi baffi grigi.

“Anna Williams, getta immediatamente quell'arma!” grido, con la pistola puntata su di lei. Mi sorride appena e mi guarda divertita, come se avessi appena raccontato una barzelletta.

“Quale? Oh, questa?” chiede, sbattendo le palpebre, per recitare al meglio la parte dell'innocente. La sua espressione cambia da un momento all'altro e rimango sbalordita quando, anziché lanciare la pistola di fronte ai miei piedi o indietreggiare, spara in direzione dello sceriffo, seduto su una sedia di legno, ovviamente legato. L'uomo lancia un urlo di dolore e la finestra viene rotta dai proiettili di Miguel che, senza offesa, ha una mira davvero penosa. Insomma, c'è un solo bersaglio da colpire e lui becca la fila di vasi in bella vista su una mensola? Non ho parole.

Con uno scatto felino, la donna si abbassa, evitando il mio proiettile che avrebbe dovuto colpirle la spalla. Di solito non amo sparare ai ricercati, preferisco ferirli per poi incaprettarli e consegnarli alla giustizia. E' molto più soddisfacente vederli dietro alle sbarre che tre metri sotto terra.

Sparo ancora, stavolta mancandola veramente di poco e Anna, con una verticale, scappa nella stanza di fronte al soggiorno, chiudendo la porta alle sue spalle.

“Rojo, libera lo sceriffo e portalo in salvo!” urlo allo spagnolo. Se non è capace ad usare un fucile, tanto vale che si renda utile in altre maniere.

Come mi aspettavo, la serratura è bloccata, perciò utilizzo la stessa tecnica che ho riservato poco fa alla porta principale. Entrata nella cucina, dalla finestra riesco a vedere Anna raggiungere il suo cavallo. Giusto per avere una visuale più ampia, scavalco la cornice della finestra, ma la mia azione si rivela essere del tutto inutile: la donna, scegliendo di fuggire verso destra, ora è in mezzo a svariati cactus, cespugli e rocce. Insistere significherebbe sprecare proiettili preziosi.

Lascio la casa e raggiungo Miguel, che sta parlando con lo sceriffo, che è seduto con la schiena appoggiata ad un pozzo prosciugato.

Tiene un proiettile en el brazo” mi spiega il moro, indicando l'avambraccio dell'uomo.

“Dobbiamo portarlo immediatamente da un medico”.

“Ce n'è uno ottimo nel mio villaggio” ci informa, con voce stanca. “Non è molto distante da qui”.

“Noi la portiamo, ma ad una condizione” dico io, guardandogli il viso. Ha un occhio nero ed il labbro spaccato. Mi chiedo da quanto tempo fosse nelle grinfie della Williams. Annuisce ed io proseguo. “Deve dirci che cosa voleva quella donna da lei. E se ha visto una ragazza”.

“Tutto quello che volete. Sono in debito con voi”.

 

Dopo essere giunti dal medico di fiducia dello sceriffo di Defend Springs, un'immensa pianura dal territorio fertile e con una collinetta su cui è situata una chiesa, io e Miguel veniamo invitati a lasciare la stanza, con il consiglio di fare un giro nei paraggi e di ripresentarci tra mezz'ora. Così facciamo, finendo per girovagare in un paesino accogliente, popolato soprattutto da famiglie e uomini d'affari.

Este es el ùnico lugar in cui non ci sono brutte facce” commenta lo spagnolo. Colgo un po' di stupore nella sua osservazione.

“Questo posto è perfetto solo in apparenza, Rojo. Sono questi paesini che nascondono i criminali più pericolosi e gente per bene, ma solo esteriormente. Basta dare un'occhiata laggiù” dico io, facendo un cenno col capo verso due uomini in disparte che stanno confabulando chissà cosa, mentre uno, con nonchalance, estrae una pistola dalla giacca e la passa all'altro, che si affretta a nasconderla. “Che ti dicevo? Affari sporchi, segreti, piccoli furti. Basta pagare il testimone o ucciderlo, ed ecco che sembra tutto perfetto”.

“La sai lunga su estas cosas, mh?”.

“Ho viaggiato tanto e ho visitato più posti di quanti tu possa immaginare. Ormai ho occhio per cose simili”.

Entiendo..”. Entrambi capiamo che la nostra conversazione è finita qui, perciò tanto vale rimanere in silenzio e camminare, senza sapere bene dove ci stiamo dirigendo. Il nostro giro dell'oca di conclude quando, tornati di fronte allo studio medico, il dottore ci annuncia che lo sceriffo può ricevere la nostra visita. Lo troviamo adagiato su un letto malandato, ma dalle lenzuola pulite, con una benda attorno al braccio.

“Bene, ecco i miei salvatori. Potete farmi qualsiasi domanda” dice, riservandoci un sorriso piuttosto debole.

“Non intendiamo trattenerla a lungo” rispondo io, avvicinandomi. “Ci dica solo quello che voleva la signora Williams”.

“Non è la prima volta che ho a che fare con lei. Già il mese scorso ho cominciato a ricevere sue minacce, ma non vi ho dato molto peso, sottovalutandola erroneamente. Per farla breve, vuole che io liberi Feng Wei, uno degli assassini più temuti e feroci che sia mai esistito. Sono riuscito ad arrestarlo e rinchiuderlo giusto tre mesi fa. Dovrei scarcerarlo per avere in cambio la mappa di tutti i rifugi dei ladri di mandrie, ma sono più che certo che sia un modo come un altro per imbrogliarmi”.

“Non le ha detto per quale motivo ha bisogno di Wei?” chiedo, con fare pensieroso, mentre cerco di trovare un nesso logico tra Anna e quell'uomo. Lo sceriffo scuote la testa.

“No, non mi ha detto nulla” dice poi, dispiaciuto dal fatto di non essere riuscito ad aiutarmi.

“Non si preoccupi, lo scopriremo. Ah, un'ultima cosa, poi la lasciamo riposare e togliamo il disturbo”. Dalla tasca dei pantaloni estraggo la fotografia di Asuka e gliela porgo. “Sa dirmi se l'ha vista?”. La fissa per qualche secondo, poi annuisce.

“E' arrivata qui giusto la settimana scorsa. Sembrava parecchio spossata. Ha affittato una stanza e la mattina successiva è ripartita”.

“Era sola?” continuo, sperando di ottenere più risposte possibili.

“No, c'era un'altra donna insieme a lei.. Ma sono solo riuscito a vedere dei capelli castani, era voltata”.

“E non ha sentito nulla? Intendo, non hanno detto niente riguardo ad una destinazione da raggiungere, un posto dove andare?”.

“New Brave. Ho sentito che chiedeva indicazioni ad un passante”.

“Non c'è tempo da perdere” dico, rivolta a Miguel. “Sceriffo, ci è stato di enorme aiuto. Grazie mille” concludo poi, trascinando con me lo spagnolo e correndo verso i cavalli. 

 

Nota dell'autrice:

Chiedo scusa ai lettori per aver aggiornato così tardi, ma l'ispirazione non collaborava, anzi. Però eccoci qui con il primo capitolo! 

Ringrazio le mie fedeli Lady Phoenix, Orsacchiotta Potta Potta e Angel Texas Ranger che hanno recensito il prologo.


Fatemi sapere che ne pensate ;)

 

 

Rosie

  
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