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Autore: PiccolaEl    29/08/2012    3 recensioni
"Ci sono un giorno quattro ragazze che alla modica età di sei anni e mezzo si incontrano, senza lasciarsi più. Poi crescono. E il loro rapporto cambia, diventano forti, insieme. C’è Abigail Hill, Abbie, non molto alta, piccola di statura, magrolina, capelli molto lunghi e marrone, - una montagna di pelo, li definisce scherzosamente Eleonor –, occhi ghiaccio e tre tonalità più scure di fondotinta. Dopo c’è Ashley White, diciassette anni racchiusi in un mostro di ragazza. Alta, magra, capelli abbastanza lunghi ricci e biondo cenere, occhi color miele. Uno schianto, si definirebbe lei. E dopo questa si può anche definire modesta. E poi c’è Sam. Samantha Bolton, Sam per il mondo. Non è slanciata, ma asciutta. E’ giusta, bella. Capelli lisci e di un biondo platino, occhi verde muschio, un cuore grande. A volte è troppo saggia, parla di cose che non conosce, giudica. Ma Samantha rimarrà per sempre la vita per Eleonor, dopo Matt. Sempre. E alla fine del gruppo, c’è Eleonor. Eleonor Wood, fisico perfetto e formoso, quattro sport diversi, occhi marroni troppo scuri, capelli lunghi e ricci, anch’essi troppo scuri, labbra perfette e mani piccole. Queste sono le Girls. Quindi immaginatevi un giorno che ci sono queste quattro ragazze che affrontano tutto con il sorriso e con Matt. E poi immaginatevi che una piccola Foglia un giorno parte e le lascia li, senza più niente. E ancora, immaginatevi che le buffe Girls partono e vanno a riprendersi la loro Foglia, per un’estate intera. Ecco. Agli occhi esterni sono solo quattro scappate di casa, ma viste da vicino sono le migliori amiche del mondo."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I like to keep my issues drawn,
but it’s always darkest before the dawn.
And I’ve been fool and I’ve been blinde,
I can never leave the past behind.
I can see  no way, I can see no way.
 
So I like to keep my issues strong, it’s always darkest before the dawn.

 
 
 
 
 
“Oh mio Dio, non dirmelo, ti prego non dirmelo!” esulta allegra Abbie, sventolando le mani in aria e improvvisando una sorta di danza della felicità. Anche Ash riproduce urletti isterici e pieni di adrenalina. Sam sorride felice. O almeno cosi sembra.
“E quindi adesso che si fa?” chiede emozionata.
“Niente. Torno a Bath e mi porto dietro il contratto. Poi lo firmerò. E forse mi trasferirò a Los Angeles, accidenti non lo so! E tutto cosi irreale… un sogno. Che si avvera. Il mio futuro su un pezzo di carta. Epico!” proclama entusiasta. E tutto sembra più bello. Perfino gli occhi di Sam, che sono carichi di rancore, di speranze, di sogni infranti, di un futuro instabile quanto un bambino appena nato sui trampoli di un clown. E nessuno la guarda negli occhi, nessuno guarda quei grandi occhi verdi macchiati di cenere. Cenere rimasta di un futuro andato a fuoco senza bisogno di accendino.
 
 
 
 
 
E’ un uomo in camice bianco con aria professionale che esce dalla stanza numero trecentodieci dove la piccola Sam riposa su un bianco letto, come bianche sono le tende e bianchi muri e bianche  le pillole e bianchi i tubi e bianca la sua carnagione. Eleonor si alza di scatto, non preoccupandosi delle gambe molli e del tremolio delle dita che le suggeriscono riposo.
“come sta?” chiede con voce flebile, quasi un sussurro rotto.
“Le condizioni della sua amica sono stabili. Lo psicologo sarà qui a momenti.” risponde pacato il medico.
“Ps-psicologo ha detto? Perché? A che serve?” chiede ancora, a macchinetta.
“Mi dispiace, dobbiamo avvisare i familiari.” e con ultimo saluto si congeda. Respiri lunghi e profondi. Niall, accanto a lei, l’abbraccia stretta, senza parlare. Quando si staccano, d’improvviso, è perché un’infermiera si avvicina.
“L’orario delle visite è iniziato, se volete…” dice cauta, allontanandosi poco dopo. Un altro respiro lungo e profondo. Si incammina e apre quella stupida porta. Non sa cosa si deve aspettare. E appena l’apre, è tutto un pianto e le lacrime non cessano. La sua migliore amica stesa su un letto di ospedale, che respira male e che è più magra, più bianca, più stanca. Sta osservando il soffitto, confusa. Rigida. Il viso è asciutto, chiaro, perfetto. Nasconde gli occhi saggiamente. Sente una stretta al cuore ogni volta che la vede su un letto d’ospedale. La guarda e tutto quello a cui pensa è che quelle scene, quei momenti, quel disagio è già stato vissuto. In maniera completamente diversa, ma è stato vissuto. Peggio. Ma comunque vissuto. Eleonor entra, dopo aver bussato ad una porta aperta. Sam distoglie lo sguardo dal soffitto e lo posa sulla Piccola Foglia, sulla sua Piccola Foglia, che la guarda piangendo come se fosse una malata terminale, niente sapendo che in realtà, lo è.
“Ciao.” esclama, con sguardo indecifrabile.
“Ciao.” sussurra l’altra, asciugandosi un poco il viso e reprimendo ogni singolo singhiozzo.
“Come va?” chiede Sam, ancora apparentemente calma.
“Santo Dio, tu che chiedi a me come va. Ma Sam, stai sbroccando. Ma sul serio” risponde l’altra, sorridendo e scaturendo le risate della malata. Si avvicina cauta e si accomoda sulla sedia orribile posta proprio accanto al letto, Niall in piedi appoggiato allo stipite della porta.
“Disse quella preda di una valle di lacrime” borbotta allora la bionda, senza smettere di ridacchiare del tutto. Anche Eleonor accenna un risolino.
“Grazie. Sto bene. E tu?” svia, tentando di ricevere una risposta sensata.
“Oh, benone. Si mangia bene.” risponde con un sorriso. Lo stomaco di entrambe si chiude in una morsa.
“Capito.” deglutisce, inizia a sudare.
“Perché sei svenuta?” chiede di scatto, incontrando gli occhi verdi che tanto la scrutano, che tanto le insegnano, che tanto la amano e che tanto hanno paura. Paura. Sam smette di ridere e torna seria di colpo.
“Non avevo fatto colazione.” soffia, senza voce. Senza vita.
“Smettila.”
“E’ la verità!” sbotta adirandosi. Sente il sangue pulsarle, la testa scoppiarle, il cuore martellarle furiosamente in petto.
“No, non lo è.” grida El, alzandosi e scaraventando la sedia a terra per la foga “Qual è questa merda di verità, Sam? Quale?” chiede, urlando ormai, senza lasciare nessun dubbio per sé e per gli altri. Gli occhi scuri le bruciano, ma non quanto quelli di Sam.
“La verità è che ho paura. Tanta.” e il groppo in gola sembra sciogliersi e le lacrime le solcano il viso e niente è lasciato al caso e un cuore soffre, tanto.
“Ma di che diavolo puoi avere paura?” e prega, prega tutto e tutto insieme, prega che tutto questo finisca, prega che i problemi si aggiustino, prega che le malattie vengano curate, prega di stare bene.
“Non ho futuro. In nessun caso, in nessun senso.” sussurra, guardandosi intorno, spaesata.
“Cosa stai blaterando?” chiede piano El, sentendo ormai anche un po’ suo quel peso.
“Sai, ti ricordi, quando ci hai detto del contratto? e io ero tanto felice per te, tanto. E tutte lo eravamo. Molto. Ma poi è successo qualcosa, dentro me.” e più le parole escono più c’è un senso di oppressione grande, grande, grande “Ho iniziato a pensare che io ero una fallita,  in confronto a tutte voi. Non riuscivo ad accettarlo, ad assorbirlo, rinnegavo rinnegavo rinnegavo. Come una stupida. E un po’ lo sono davvero. Ho paura. Ho paura. Del futuro. Del dopo. Sono passata dalla paura del futuro a un restringimento dello stomaco in un momento. Ho ricominciato a non mangiare” sussurra il tutto quasi, come se non fosse vero, come fosse soltanto una favola alternativa da raccontare prima di andare a letto, senza alcun fondamento reale “e a vomitare. E Louis se n’è accorto. Abbiamo discusso, ho urlato. E tu… tu sei qui, con quello sguardo compassionevole, quel viso coperto dalle lacrime e quegli occhi cosi scuri… Mi sento inutile, questa è la verità. E lo sarò per sempre.” conclude, e un’ultima lacrima le solca il viso.
“Ascoltami bene: anche io ho paura. Del dopo. Tutti abbiamo paura del dopo. Ma sapere che ci sei tu, voi ragazze, Matt e perfino quello zoticone di Niall” si volta “scusa Angelo” ridendo e prosegue “mi fa sentire più forte. E io credo tantissimo in te.”
“ Anche io in te! Ma la paura rimane: io per ora rinuncio a tutto per il futuro, e se non ci riuscissi a fare ciò che voglio? Se lo facessi male? Ho paura…”
“Questo tu da sola puoi smentirlo. Ma io so che puoi, e la paura rimane, ma non se ne andrà mai e non deve andarsene! Magari diminuirà o magari aumenterà ma sarà quella che ti porterà al successo.” risponde sicura, senza tralasciare niente.
“ E se non ci riuscissi? Ho tanta paura.” replica con un fil di voce.
“Tutti ce l’hanno. Io anche ne ho. Molta più di te, perché io non sono brava quanto te in niente, se non nel canto, una delle mie poche se non l’unica ambizione. Però mi sforzo, mi impegno tutti i giorni. E’ già come dire che sei quasi arrivata. Solo che è complicato il quadruplo se non il quintuplo… Dobbiamo rischiare. E se fallisci, cambi strada. Sappiamo entrambe cosa vuoi fare. Rischia.” sorride sincera, senza pretese.
 
Il futuro non ha pretese per te. Sei tu che hai pretese per il futuro.
 
 
“Sono contento che ti hanno dimessa. Come ti senti?” chiede Louis, mascherando un sorriso sollevato.
“Anche io.” mormora l’altra. Sono entrambi distesi su un prato verde, con i fili d’erba che accarezzano la pelle liscia di entrambi e le nuvole che contornano un sole pallido ma non per questo meno caldo. Prende un bel respiro.
“Già.” sorride allora, teso. Non ha risposto alla domanda.
“E comunque, bene. Ho fatto quattro chiacchiere con lo psicologo.” aggiunge allora, come se l’avesse letto nel pensiero.
“E…?”
“E ne abbiamo parlato. Abbiamo parlato dei miei sogni. Della mia testa di cazzo. E di come posso avverarli. E’ stato… beh, non è stato semplice. Non sarò mai sollevata. Però alla paura si è aggiunta sicurezza, e sono tornata a splendere e niente mi farà retrocedere.” spiega decisa, con la voce un poco tremante. Louis sorride.
“Wow, è tornata la solita saccente Samantha. Mi mancava, in effetti.” replica ridacchiando. Sam gli colpisce il braccio con un leggero pugno.
“Idiota.” lo schernisce giocosamente.
“Ahio! Non dirmi che il tuo sogno è quello di diventare un pugile, perché cambio fidanzata seduta stante.” sbotta sarcastico, facendola voltare di scatto.
“Siamo fidanzati?” chiede, confusa e impaurita. Impaurita.
“Si, lo siamo. Certo. Prima rispondimi” replica ancora un po’ divertito.
“Voglio… diamine, voglio andare via. Il mio sogno è… diverso. O forse uguale a tanti altri. Ma è mio.” inizia la ragazza, alzandosi e mettendosi proprio di fronte Ragazzo Risata Facile, che la guarda curioso poggiato sugli avambracci “voglio andare via. Voglio… voglio andare in Irlanda, in Scozia, nel Galles. Voglio studiare lettere, voglio… voglio essere ciò che voglio. Il mio sogno è insegnare. Insegnare! Essere un punto di riferimento per centinaia di studenti. Voglio insegnare come si vive, voglio vivere, voglio insegnare. Adesso che lo dico a voce alta sembra tanto una cosa inimmaginabile ma… Ci pensi? Voglio insegnare inglese. In qualsiasi posto, ovunque. Voglio sentirmi utile.” e parla come un fiume in piena e Louis la guarda prima confuso, poi accigliato, poi sorridente.
“E’ una cosa bellissima.” sussurra, alzandosi anche lui, posando le sue labbra su quelle di Sam. Ma lei non ricambia il bacio.
“Che succede?” chiede allora lui preoccupato.
“Non ho finito.” prende un bel respiro, un altro. Il pezzo più brutto del suo futuro.
“Cos’altro c’è?”
“Vedi è… davvero drammatico. Ma questo è un sogno che potrebbe essere realtà e devo… seguirlo. Io ho il mio sogno, la mia strada, il mio cammino, il mio sole. E come ho detto è insegnare.” e lo guarda negli occhi, celesti.
“cosa stai tentando di dirmi?”
“Che ho il mio sogno. E non sei tu. Io… io… mi dispiace. E non voglio che tu dimentichi mai queste parole. Non posso più andare avanti cosi.”
“avanti come?” sussurra l’altro, con la gola secca.
“Nel mio futuro, nel mio piccolo paradiso… tu non ci sei. Io… non ti amo. I miei sentimenti sono cambiati. E non posso frenarli, cambiarli. Sono cosi. Sono stronza. Scusa.” e con la sua più recente freddezza lo guarda un’ultima volta e se ne va, e quegl’occhi celesti le restano.
Come aveva detto lo psicologo? “Non puoi tenere tutto Samantha. E’ come un sacrificio, che devi fare, come hanno fatto prima di te gli antichi greci. Devi sacrificare uno dei tuoi beni più grandi e devi… accartocciarlo. Devi.” ...Bello psicologo di merda.
 
Futuro. Iniziamo a scrivere sempre da una pagina bianca, quando dobbiamo parlare di esso. Futuro. Chissà che diavolo è, questo futuro. Ti monopolizza le giornate, i pomeriggi, gli anni, la vita. E’ egoista. Un po’ come il successo: sa perfettamente che per lui faresti qualsiasi cosa. Amici, amore, famiglia. Tutto buttato.
No, non è vero. Il fatto è che il futuro non viene cosi, di getto, bussandoti alla porta con tre tocchi secchi chiedendoti di immetterti nella tua vita futura. Sarebbe troppo facile cosi. Esso, invece, ti fa camminare, sfaticare, mandare a fare nel culo le persone che non devono essere presenti. E fa fare tutto a te. Ti fa costruire sé stesso senza bisogno di mattoncini rossi e cemento. Ma con le lacrime. E il sangue e il sudore e le ossa dure che ti serviranno. E’… difficile, proprio per questo. Perché sei tu l’artefice del tuo destino. Sei dentro una bolla, incastrato, non puoi uscirne. C’è chi non ne esce mai e chi trova uno spillo per bucarlo. E poi ci sei tu, che non hai idea di come fare, di dove iniziare, a cosa aspirare. Ma il sogno ce l’hai, come me, come lei, come lui, come tutti. E se hai paura, solo in questo caso, puoi farcela. Solo se hai questa paura, che ti agonizza giorno dopo giorno e che ti butta di sopra la forza di abbatterla con l’impegno. Tu ce la farai.
 

 
 

Shake it out, shake it out!
Shake it out, shake it out!
Shake it out shake it out!
Shake it out shake it out!
And it’s hard to dance with a devil on your back so SHAKE HIM OFF.


 

 




























































Buon salve! Si, ho aggiornato prestissimo. C'è solo un motivo: Marco. Marco è un mio caro amico. Ci conosciamo da un po' di tempo, durante questi anni abbiamo avuto litigi, anche un poco gravi. Ma... questo capitolo è per lui, con tanto di dialogo mio e suo. Lui... lui ha questa paura, che come un demone, lo sbatte di quà e di là e lo rende... timido. Non è un cagasotto. Semplicemente ha le idee chiare, sul suo futuro, come Sam, solo che non sa come cominciare. Vuole insegnare. E io credo in lui. E spero che dia uno scossone a questo suo demone, perché è cosi che deve andare. E magari tenerlo, ma appiattito, in modo che non dia fastidio. Realizza i tuoi sogni, Marco, perché te lo meriti. Tutti ce lo meritiamo.

Grazie a tutti per l'attenzione.

Twitter: @Sam597
Facebook: Piacere, sono Io;

  
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