Film > Sherlock Holmes
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Autore: Artemis Hide    30/08/2012    9 recensioni
In un quartiere poco lontano dal centro di Londra, un altro uomo viene trovato morto, pugnalato e derubato dei propri averi. Chi si cela dietro questi omicidi identici l'uno all'altro?
L'indagine porterà Holmes fino nel cuore del Club Flaubert, un club letterario che maschera all'interno un bordello d'alto borgo in cui le ragazze di Madame Bovary hanno nomi letterari e sanno conversare oltre che essere esperte d'amore. Ma cosa ha in comune quel luogo di dolce perdizione con la serie di omicidi?
La risposta può essere più complessa di quel che sembra e la missione rischierà di spezzare il delicato equilibrio che lo lega al proprio inseparabile collega, il dottor Watson. Quanto sarà disposto ad osare per risolvere il caso? Il tempo stringe e forse per i due la posta potrebbe essere troppo alta.
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[Ambientato prima di 'Gioco di Ombre']
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++ 1° classificata al contest 'Potere alla lemon!' di AkaneMikael ++
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Holmes si fermò davanti ad una porta scura, quasi nascosta in un vicolo secondario. Controllò la serratura poi, con un verso di approvazione, estrasse gli arnesi da scasso.
Il meccanismo scattò con un rumore metallico che risuonò ingigantito dal silenzio segnante nel vicolo. Senza una parola entrarono. Davanti a loro vi era un piccolo atrio decorato da quadri e una scala che saliva direttamente al piano di sopra. Salirono silenziosamente, i passi attutiti dalla moquette.
Era buio nel corridoio, eppure non fu difficile percorrerne qualche metro e trovare l’entrata della camera che cercavano. Il detective entrò per primo e accese la luce; Waston si affrettò a seguirlo  chiudendo la porta dietro di sé. Il caldo li costrinse immediatamente a liberarsi dei cappotti e poi poterono finalmente guardarsi intorno.
Si stupirono dello stato in cui si trovava la stanza: vi erano segni evidenti di perquisizione ed ogni cassetto o anta era spalancato, il contenuto ammucchiato a terra, eppure nel complesso manteneva ancora un certo ordine. I mobili erano nella posizione di partenza ed il letto sfatto ma non divelto, né coi materassi squarciati. Era come se gli agenti si fossero sforzati di non distruggerla.
- Questa deve essere opera di Madame – commentò il detective, divertito - quando vuole sa essere più che persuasiva e ha parecchie conoscenze dalla sua parte. Gli agenti di Lestrade avranno temuto perfino a rovistare nei cassetti! -
- Holmes, esattamente, dove pensa di cercare? - lo interruppe l’altro, leggermente spazientito - Se ci fossero cassetti nascosti o doppifondi i poliziotti li avrebbero trovati. -
- Lei li sopravaluta, mio caro Watson. Ma in ogni caso non sarà necessario ricontrollare i cassetti. Ho il sospetto che il nascondiglio sia molto più ingegnoso, magari veloce da raggiungere in caso di bisogno, eppure introvabile per chiunque altro…  -
Si mise a camminare per la stanza pensieroso. Nonostante la stanchezza il suo cervello lavorava senza sosta e cercava nei suoi ricordi un indizio qualsiasi, un movimento o uno sguardo che potessero aiutarlo a capire. Accese la pipa, sedendosi sul grande letto dietro di sé. I suoi pensieri si interruppero per un secondo, come per capriccio, al pensiero di quelle lenzuola sfatte dalle mani di un insulso poliziotto e non dalla passione di due amanti. Si chiese se, nel caso, si potesse ugualmente arrivare a ridurle così. La parte successiva del pensiero lo fece fremere. Forse in modo troppo evidente.
- Holmes, sta bene? - chiese il dottore avvicinandosi - La ferita le da fastidio? -
- No, sto perfettamente. - calcò lui, punto sul vivo - E se non Le dispiace starei cercando di pensare ora. -
- Oh, mi scusi tanto se mi preoccupo per la Sua salute, cosa che evidentemente a Lei non importa dato che continua a metterla a repentaglio come un incosciente! -
- Non è nulla di cui Lei debba preoccuparsi e, per sua informazione, ho sempre avuto la situazione perfettamente sotto controllo -
- A me invece pare che la situazione le avesse preso la mano, per l’esattezza che le fosse in braccio. -
Il detective scattò in piedi, furioso - Ho recitato la mia parte come Lei avrebbe dovuto fare con la propria, se non fosse stato occupato fino all’ultimo a guardarmi senza fare nulla! -
Il pugno partì senza che nemmeno se ne fosse accorto. Holmes fu colpito in pieno viso e cadde sul materasso. Si sentì afferrare per il colletto e aprendo gli occhi vide Watson sovrastarlo, accecato dalla rabbia.
- Come osa! È Lei qui ad avermi messo in difficoltà, Lei e la sua stupida farsa per mettersi in mostra e cacciarsi nei guai un’altra volta pretendendo che io la segua senza fiatare! -
- La smetta di comportarsi come un insulso borghese pieno di falsi pudori e affronti la verità! Lei non può far a meno di me, è per questo che è tornato, è solo per questo! E la sua non è altro che gelosia nel vedermi fra le braccia di una donna... -
- Stia zitto! -
- Mi desidera quanto io desidero Lei e non è capace di ammetterlo nemmeno con se stesso! -
- Stia zitto!! -
Ruggì cercando di colpirlo di nuovo, ma il detective deviò il colpo facendolo sbilanciare in avanti. Con la mano libera gli afferrò la testa premendolo contro di sé. Le bocche cozzarono con violenza e lui corse a cercare la sua lingua intrecciandola con la propria. Lui si ribellò, gridò facendo forza contro il materasso mentre la sua bocca si impregnava del gusto amaro del tabacco e di quello forte, elementare, di Holmes. Si sentì scuotere da un tremito e il petto prese a bruciare.
Poi, all’improvviso, Holmes lo lasciò andare e lui si trovò a scattare all’indietro trascinato dalla sua stessa forza. Lo fissò sbigottito, sollevato per metà da lui senza riuscire a far altro che restare immobile, il respiro accelerato. Anche l’altro ansimava e solo allora, osservando le sue labbra, si accorse che una sanguinava leggermente.
- Se ne vada… - mormorò il detective, roco, e lui trasalì, il respiro bloccato in gola. - Se ne vada ora, se lo desidera. E stavolta non le chiederò di restare. -
Watson lo guardò e nei suoi occhi lesse che diceva la verità: stavolta non l’avrebbe costretto. La decisione era soltanto sua. Alzarsi da quel letto, prendere il cappotto e uscire lasciando alle spalle tutto.
Osservò il suo petto che si alzava ed abbassava a pochi centimetri da lui, lo sguardo risoluto, orgoglioso, le labbra serrate in attesa. Ricordò la sensazione del suo tocco quando l’aveva medicato e come avesse desiderato sentirlo ancora dopo, guardandolo con quella ragazza. Aveva ragione, dannato Holmes, aveva ragione come sempre. Rise incapace di trattenersi e capì di aver perso di nuovo.
- Sa una cosa Holmes? Lei è il più gran bastardo che io abbia mai conosciuto. -
Il detective si sollevò sui gomiti e cercò di ribattere, ma stavolta fu lui a non permettergli di parlare e gli prese di nuovo le labbra. Provò un brivido all’idea di ciò che stava facendo, ma il mugolio affamato del suo compagno fere cessare ogni pensiero razionale. Si concesse di esplorare più a fondo la sua bocca, inebriato dal suo sapore così familiare e così eccitante insieme. L’altro ricambiò subito, lasciandolo guidare e prendere a suo piacimento per poi stupirlo e prendere lui il comando come in una lotta. C’era qualcosa di ruvido e bruciante nel baciare così un uomo: era puro trasporto, un gioco di possesso tanto più intenso proprio perché fatto da giocatori di pari forza.
Un secondo dopo si ritrovò ad afferrarlo per le spalle e strappargli di dosso la giacca mentre l’altro gli prendeva i fianchi cercando i bottoni del suo gilet alla cieca, senza staccarsi l’uno dall’altro. Se ne liberarono con forza riattaccandosi subito, con ferocia, le mani che scorrevano lungo il petto e le cosce per poi risalire alla schiena, come due affamati che abbiano alla fine trovato di che cibarsi. Conoscevano ogni centimetro l’uno dell’altro, eppure parve loro di sentirsi davvero per la prima volta e  allora impararono il corpo che avevano davanti, con ogni tocco e con ogni gemito.
Watson prese a mordergli il collo, appena sotto il mento, e poi scese fino all’attaccatura delle spalle marchiandolo con piccoli segni rossi, stuzzicandolo con la lingua ogni volta che lo sentiva sussultare sotto i suoi denti per sentirne di nuovo i gemiti rochi. Era un suono intossicante, che gli mandava brividi lungo la spina dorsale e giù fino al ventre: dopo averne sentito uno ne desiderava un altro, più forte, e più forte ancora. Holmes lo liberò con uno scatto dalle bretelle e poi strattonò la camicia per potersi insinuare nello spazio fra essa ed i pantaloni, a contatto con la sua pelle. La avvertì bollente al tatto, tesa e tremante sotto il proprio tocco mentre lui a sua volta tremava torturato dalla sua bocca. Corse lungo la schiena facendolo inarcare al contatto e, quando lui prese a sfregare un dito contro uno dei suoi capezzoli, gli affondò istintivamente le unghie nella carne.
In un battito di ciglia erano entrambi senza camicia, la pelle leggermente sudata che risaltava alla luce tenue delle lampade. Holmes si sollevò leggermente e lo cinse con un braccio. Fece scorrere la lingua lungo i muscoli dei suoi pettorali sentendolo ansimare mentre descriveva cerchi concentrici, che diventarono man mano più piccoli fino a che non strusciò contro la pelle più sensibile di un capezzolo strappandogli un verso di piacere. Percepivano entrambi la propria eccitazione e quella dell’altro farsi sempre più prepotente e dolorosa stretta nei pantaloni. Fu Watson a strapparglieli di dosso per primo liberandolo di tutto per poi concedersi di ammirarlo, nudo, sotto di sé. Era splendido, coi capelli spettinati e quegli occhi scuri traboccanti di desiderio e richiesta.
Baciò con reverenza la punta della sua erezione e lo sentì mugolare, in agonia, e spingersi istintivamente contro di lui. Sorrise all’idea di averlo in pugno e lo leccò piano, senza fretta, guardandolo spingere la testa all’indietro e spalancare la bocca per prendere aria mentre la voce si bloccava in gola. Ripeté il gesto di nuovo e di nuovo, beandosi della sua espressione e sentendo le sue gambe contrarsi in spasmi involontari attorno al suo corpo.
Ben presto non riuscì più a restare a guardare. Sapeva di volerlo con tutto se stesso e allora si liberò dalla morsa dei pantaloni e risalì a baciarlo con foga per poi chiedere con gli occhi qualcosa; qualcosa di cui aveva già avuto il consenso. Si fermò un secondo, indeciso, tremante eppure incapace di pensare a un modo per aiutarsi, per non fargli male.
Fu Holmes, con un gesto un po’ saccente dei suoi, ad indicargli il cassetto del comodino mezzo divelto: in effetti, aveva scordato dove si trovava. Fu un attimo trovare ciò di cui aveva bisogno. Aprì con delicatezza la boccetta  e prese un po’ d’olio con le dita spargendolo abbondantemente sopra di esse e poi sulla propria erezione. Il detective seguì ogni mosse, attento, e quando l’altro fu pronto aprì solo un po’ di più le gambe in un gesto inequivocabile. Watson avvicinò delicatamente le dita.
- Farà un po’ male - disse solo.
- Potrei farci l’abitudine. -
Trattenne il respiro e spinse un dito contro la sua apertura forzando leggermente. Lo sentì contrarsi istintivamente per respingere il suo ingresso, ma riuscì ugualmente a scivolare al’interno. Si fermò avvertendo un singhiozzo trattenuto.
- Continui… - gli ordinò, stringendo gli occhi.
A suo modo, era abituato al dolore e Watson capì che se si fosse fermato ora per riguardo gli avrebbe fatto un male ben maggiore. Si mosse piano, abituandolo alla sua presenza poi, sentendolo rilassarsi un po’, aggiunse un secondo dito. Rimasero in silenzio in quell’intimità e ancora una volta il dottore pensò a quanto dovesse fidarsi di lui per donargli addirittura se stesso.
Pian piano riuscì a percepire un cambiamento: dei piccoli tremiti che diventavano da sussulti di dolore a sussulti di piacere. Aspettò che fossero evidenti, quasi gemiti e allora tolse le dita e gli rivolse un ultima domanda. E i suoi occhi gli dissero di sì.
Penetrò dentro di lui quasi con dolcezza e rimase senza fiato: era stretto, bruciante, tanto che anche il semplice star fermo gli procurava delle scosse di piacere così intense che temette di poter giungere al limite. Strinse i denti e respirò profondamente per recuperare il controllo.
Si mosse lento, controllato, lasciando che la carne cedesse lentamente sotto le sue spinte fino a che non lo sentì di nuovo gemere di piacere. Aumentò di un po’ la velocità e con una mano gli prese il sesso muovendolo a ritmo con lui e sentendolo inarcarsi fra le sue dita. Anche il suo corpo era ostinato come la sua mente, ma lui prese a domarlo una spinta dopo l’altra fino a sentirlo rispondere sotto si sé ad ogni movimento e ad ogni carezza. Gli afferrò i fianchi, incapace di trattenersi ora che i colpi diventavano sempre più veloci e potenti, ansimando a sua volta senza controllo mentre lo possedeva. Nel prenderlo cambiò angolazione ed il detective gridò quando il suo corpo di scosso da una simultanea esplosione di piacere. Resistette ad altri due colpi prima di venire singhiozzando il suo nome e lo sentì raggiungere i limite con un ruggito al suono della propria voce.
Crollarono entrambi, incapaci di una sola parola, stretti l’uno all’altro coi corpi ancora tremanti per l’orgasmo.
- Lo ammetta Watson - sussurrò  il detective - non può fare a meno di me. -
L’altro sbuffò alzando gli occhi al soffitto senza rispondere.
Passarono alcuni minuti, poi entrambi si mossero. Nel farlo Holmes urtò contro una delle colonnine di legno della spalliera del letto ed entrambi sussultarono per il rumore che fece: suonava vuoto.
- Ma certo! Come ho fatto a non arrivarci! -
Si sollevò di scatto e afferrò il pomello ruotandolo. Quello si mosse docile e dopo pochi giri si staccò rivelando un vano nascosto. Ci infilò la mano, estraendone soddisfatto due sacchetti dall’aria piuttosto pesante.
- Come immaginavo! In uno ci sono gli effetti personali delle nostre vittime e nell’altro i soldi delle mogli tradite. Tutto torna. Watson, abbiamo le prove! -
- Ho notato - borbottò l’altro, raccogliendo i propri abiti.
Si vestirono in fretta, Holmes diventato un autentico fiume di parole dopo aver trovato anche l’ultima chiave mancante del caso. Prestarono attenzione a lasciare meno tracce possibili prima di uscire. Watson imboccò rapidamente la strada per la porta secondaria, ma l’altro lo trattenne.
- Non da questa parte, dottore. C’è un’ultima cosa da fare. -
Attraversarono il corridoio in senso opposto, scendendo la scala che dava al salone convinti di trovare buio. Anche Holmes sussultò per la sorpresa quando, illuminata da un’unica lampada, scorsero Madame Bovary intenta a leggere un libro su una delle poltrone, con a lato un bicchiere di scotch.
- Madame - salutò il detective riprendendosi velocemente.
Quella alzò il capo, per nulla sorpresa dei due uomini che le stavano davanti: doveva avere quarant’anni, i capelli corvini e gli occhi neri, un fisico generoso ma ben formato. Aveva un fascino particolare, dato dall’espressione composta e sicura di sé che si stemperava in una bocca sensualmente sottolineata dal rossetto.
- Buonasera Mr. Holmes, o forse sarebbe meglio dire buongiorno, data l’ora -
- Non sono solito badare a queste formalità - sorrise lui. - Ci tenevo ad informarla che il caso è risolto, ho trovato anche l’ultima prova mancante. Senza la sua collaborazione, questo non sarebbe stato possibile. -
- Grazie a lei di avermi liberato di una così scomoda situazione. I clienti avevano già iniziato a vociferare che qualcuno li osservasse entrare nel Club per poi ucciderli e a breve qualcuno avrebbe iniziato a spargere il panico. Inoltre, grazie alla sua collaborazione, all’arrivo della polizia i miei ospiti erano tutti al sicuro nel salone e hanno potuto andarsene in fretta senza essere fermati. -
Watson spalancò gli occhi, capendo solo allora il perché non avesse incontrato nessuno mentre si apprestava a soccorrere Holmes. Un altro dei dettagli su cui il collega non aveva ritenuto utile informarlo.
- Mi dispiace solo che la polizia sia intervenuta in modo così poco elegante, nonostante tutti le mie raccomandazioni.. -
- Oh, non si crucci, Mr. Holmes. Il Club Flaubert conta clienti affezionati e troppo influenti perché possa davvero temere qualcosa, ed è troppo unico per potervi rinunciare: l’amore che si vende sulle note della letteratura non sembra nemmeno peccato. Torneranno. -
- Lei è una donna saggia, Madame. Vorrei ugualmente lasciarle questo denaro, una sorta di risarcimento di Lady Isolde per danni che lei ed il fratello hanno provocato. Ora, se non le dispiace, io ed il mio socio andremmo a concederci il meritato riposo. -
- Vi auguro che sia profondo ed appagante, Signori. -
Con un breve cenno di congedo i due si diressero verso la porta.
- Ah, Mr. Holmes - li richiamò lei, un attimo prima che uscissero. - Voglio che sappia che il Club Flaubert avrà sempre una stanza per Voi, quando la vorrete. -
E dopo un lieve inchino, ritornò a leggere.


 





> Ringrazio AkaneMikael per aver indetto il contest 'Potere alle lemon!', a cui la storia partecipa e grazie a cui è stata creata.
   E un grazie di cuore a chi ha letto, apprezzato e lasciato un commento. Il vostro parere resta fondamentale.

   A.H.




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