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Autore: Mistful    14/03/2007    6 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

 

Sommario: Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Avvertenze: amicizia molto strana. Potrebbe nuocere alla salute.

 

 

 

Capitolo Sette

 

Parlare chiaro

 

 

If you want me all you have to do is ask a thousand questions

 

Could you put a name to someone else's sigh?

 

Could you put a face to someone else's eyes?

 

Is it someone that you'd maybe recognise?

 

But it all fades into morning when you open your eyes.

 

 

[Se mi vuoi non devi far altro che un migliaio di domande / Potresti dare un nome al sospiro di qualcuno?/  Potresti dare un volto agli occhi di qualcuno?/  E’ qualcuno che magari riconosci? / Ma tutto scompare al mattino appena apri gli occhi.]

 

 

 

Draco camminava impettito sotto le foglie verdi degli alberi nel recinto di Hagrid, chiaramente contrariato.

 

“La fine di marzo,” disse aspramente, “preannuncia l’inizio di aprile. Sbocciano il sole e la stagione serena, che annunciano a loro volta i soavi cieli estivi.

 

Scandì ogni esse come se fosse un’offesa personale.

 

Harry soffocò un sorriso.

 

E la cosa ti dà fastidio perché…”

 

“Odio l’estate,” disse Draco, stringendo gli occhi e pronunciando quella parola come a mettere in guardia l’estate, ché se le avesse messo le mani addosso…

 

Ok,” rispose Harry con indulgenza, guardando la pallida luce del sole e tornando con gli occhi su Draco. “Spiegami perché.”

 

“Per il sole, ovviamente,” rispose Draco. “Tutti con la loro maledetta abbronzatura. Trovo inaccettabile che io sia l’unico a non prendere colore. Ho fatto qualsiasi cosa mi sia venuta in mente. Ti abbronzi anche tu, suppongo?”

 

Harry sbatté le palpebre sotto lo sguardo accusatorio di Draco. “Beh… un po’.”

 

Draco sbuffò addolorato.

 

“Certo. Bene! Non m’importa. Non mi dà fastidio,” disse a Harry infastidito. “Sono solo un’imbarazzante mozzarella bianco smorto dodici mesi all’anno. Fantastico.”

 

Contorse l’angolo delle labbra e calciò con veemenza il muschio.

 

Harry nascose un altro sorriso. Draco, a volte, si comportava proprio come un bimbo imbronciato, eppure, inspiegabilmente, cominciava non solo ad accettarlo, ma addirittura a trovarlo stranamente tenero.

 

Non gli era mai passato per la mente che potesse avere il complesso della carnagione pallida. Era… era parte di lui, no?

 

Harry osservò Draco, il cui colletto si era spostato quanto bastava ad esporre il profilo di una clavicola. Il colore della sua pelle faceva sembrare le ossa più aguzze, come se da un momento all’altro potessero forare la carne delicata. C’era qualcosa di fragile nella sua pelle, che aggiunto ai capelli avrebbe potuto renderlo infantile, se non fosse stato per l’acuta intelligenza degli occhi.

 

Nessuno aveva una pelle come la sua.

 

“…rivoltante,” concluse in tono disgustato.

 

Harry sbatté di nuovo gli occhi. “Oh… no, guarda, sei… ehm… insomma, abbastanza bello.

 

Evitò il suo sguardo. Draco lo guardò scandalizzato.

 

“Brutto idiota quattrocchi! Sono maledettamente favoloso,” disse, incrociando le braccia. “Abbastanza bello, come no! Non sono mai stato tanto offeso in vita mia.

 

Harry sospirò. “Come non detto. Magari quest’estate ti abbronzerai… o ti verranno delle lentiggini, che ne so.

 

Draco se la prese ancora di più. “Lentiggini! Potter, non è divertente.”

 

“Ehm. Scusa.”

 

“Ecco, bravo, scusati,” mormorò draco. “Abbastanza bello. Lentiggini. Una profanazione della mia pelle aristocratica. Prima o poi, Potter, una ragazza ti mollerà uno schiaffo.”

 

“Continui a farmi questa promessa, ma non la mantieni mai,” disse Harry scherzando. “Mi avevi promesso che avrei avuto l’attenzione di tutti se avessi comprato questi stupidi vestiti, e non hanno sortito alcun effetto.”

 

“Certo. A Ginny Weasley è caduto il porridge perché le andava di rovesciarselo sulle gambe.

 

“Io… non c’entra niente con me!”

 

Draco abbassò la testa e nascose un sorrisino, il che era quanto si avvicinava di più, penso Harry, all’evitare di deriderlo.

 

“Beh, Potter. Questa eventuale ragazza si prenderà una persona senza senso estetico né tatto… ma con ciò non voglio dire che non sarà fortunata.” Scosse il capo. “Non quanto la ragazza che avrà me, ovviamente.

 

“Oh, ovviamente.”

 

Draco si morse il bordo del labbro, pensieroso.

 

“Anzi, ora che ci penso è un onore troppo grande per non condividerlo. Forse dovrei essere condiviso da un gruppo di eletti.”

 

Harry non poté fare a meno di ridere. Era una bella giornata, il sole splendeva nel cielo, e tra un minuto Draco avrebbe fatto smorfie disgustate davanti alle ultime mostruosità di Hagrid. Harry si appoggiò ancora al recinto, chiuse gli occhi e sorrise di nuovo.

 

L’urlo squarciò l’aria.

 

E prima che la sua mente potesse registrare ciò che aveva udito, addirittura prima che aprisse gli occhi, l’istinto gli ordinò di afferrare il braccio di Draco prima che iniziasse la folle corsa verso la scuola.

 

*

 

Irruppero nella Sala Grande e in un tumulto totale.

 

Harry si guardò intorno: nello scompiglio generale vedeva volti terrorizzati, ma non riusciva a distinguerli, e  cercava di dare un senso alle voci che non erano voci ma grida, e… Era come un mare di rumore e squallore e paura, ma almeno lui era ancora aggrappato al braccio di Draco.

 

Lo faceva sentire… sicuro, come lo sguardo di Draco che lo cercò di scatto, anche lui in cerca di conforto.

 

Ci aveva appena fatto caso, quando il viso rigato di lacrime di Hermione gli si parò davanti, e provò un’ansia tremenda e una fitta momentanea di sgomento, perché sarebbe dovuto andare da lei… e proprio non voleva staccarsi.

 

Hermione si appoggiò a lui quando Draco si allontanò, e lo perse. Guardò la sua testa bionda scomparire tra la folla di Serpeverde, nonostante fosse circondato dai Grifondoro.

 

Vide il viso spaventato di Ron, Neville con le guance bagnate di lacrime, i capelli rosso fuoco di Ginny premuti leggermente sulla spalla di Dean, e capì, capì con un senso di gelido e oscuro terrore prima che Hermione parlasse.

 

“Hanno preso dodici studenti,” sussurrò con la voce rotta. “Tutti in una volta, Harry, da tutte le case, e… Seamus è scomparso. E’… lui è…”

 

Si contorceva le mani e piangeva, lei che era sempre così forte, lei che non si rassegnava mai. Harry le strinse una mano e per un attimo lei ricambiò la stretta con ardore. Poi girò la testa e si appoggiò sul petto di Ron, si abbracciarono forte e lui intrecciò le dita fra i suoi capelli. Hermione continuò a stringere la mano di Harry. Harry si chinò un po’ su di loro, socchiudendo gli occhi, fingendo che… Chissà. Che fossero al sicuro, insieme e legati l’uno agli altri indissolubilmente, come quando da piccoli erano alle prese con le loro avventure magiche, e niente avrebbe potuto ferirli.

 

Seamus. Il suo compagno di stanza, il suo amico. Seamus che aveva ancora la mascotte a forma di quadrifoglio della Coppa del Mondo di Quidditch, nonché una cotta segreta ma molto discussa per Padma Patil. Seamus.

 

No, smettila di pensarci!

 

“Chi… chi altro?”

 

Ron era pallido e stanco. Non riusciva a parlare.

 

Harry guardò Dean, che era sempre calmo, ma Ginny era ancora appoggiata a lui, e Calì, la sua ragazza, sembrava devastata. Era chiaramente occupato.

 

Alla fine fu di nuovo Hermione a parlare, la voce spezzata e affievolita dai vestiti di Ron. Di solito riusciva a tenere i nervi saldi nei momenti di crisi, anche quando tremava e sembrava sul punto di crollare.

 

“Non… non lo so. Soprattutto i più giovani… Orla Quirke, il fratello minore di B-Blaise Zabini, e… qualcuno del primo anno. Non so i loro nomi, io…” La sua voce si mutò in pianto. “Non li conoscevo…”

 

“Hermione, va…” prese a dire Harry.

 

Ron, che di solito non era espansivo, le baciò i capelli e la strinse a sé. “Va tutto bene, amore,” disse, sistemandosi la sua testa sotto il mento. “Va tutto bene.”

 

Il fratello minore di Blaise Zabini… Harry non poté fare a meno di guardare i Serpeverde.

 

Draco era inginocchiato, una posizione in cui non l’aveva mai visto prima. Il suo viso era pallido e deciso, e stava parlando con un ragazzino del primo anno.

 

Harry vide le sue labbra formare le parole “Non devi avere paura,” un ordine quasi violento, ma lo disse con tale sicurezza che anche il ragazzino assunse un’aria più sicura.

 

Continuò a guardare, senza capire come mai quella visione lo colpisse tanto.

 

A quel punto Draco si decise ad avvicinarsi a Zabini.

 

Harry cercò di distinguere l’espressione sul volto di Zabini, ma aveva la testa piegata verso il basso.

 

“Oh, Harry,” bisbigliò Ginny, “come faremo?”

 

Harry le prese una mano e la strinse, e lei gli si avvicinò, grata. Povera dolce Ginny. Per lei poteva essere ancora un eroe… o almeno un amico.

 

“Non lo so,” disse, notando i suoi occhi lucidi. “Però non piangere, Ginny. Ti prego.”

 

Lei lo strinse forte, aggrappandosi al suo braccio.

 

Harry vide i capelli di Draco sfiorare la manica di Zabini.

 

Ed ecco che il chiasso, la confusione e l’angoscia che lo circondavano si calmarono, perché Silente si era alzato in piedi e tutti si erano girati a guardarlo.

 

Il preside era vecchio e fragile, ma non era tanto lui quanto le speranze che in lui erano riposte ad essere d’aiuto.

 

L’unico mago che Voi-Sapete-Chi avesse mai temuto.

 

Hermione e Ginny cercarono entrambe di asciugarsi le lacrime.

 

Il professor Silente continuava ad avere un tipo di magia molto speciale.

 

“Siamo in guerra,” si limitò a dire. “In guerra non si possono evitare gli orrori. Ciò che mi consola è la convinzione che voi tutti soffrirete coraggiosamente. Sono convinto che riusciremo a riavere coloro che sono stati presi. Sono certo che coloro che sono rimasti continueranno a battersi.”

 

La sala era piena di volti illuminati da una speranza disperata.

 

“So di poter contare sul coraggio di ognuno di voi. Il professor Lupin discuterà le ulteriori precauzioni da prendere durante le riunioni del Giovane Ordine, ma la cosa più importante per tutti voi, in questo momento, è solo affrontare il pericolo e mantenere la convinzione che stiamo lottando per una giusta causa, e che non saremo sconfitti.”

 

Attorno a Harry la tensione sembrò placarsi, e sui volti si fece strada una convinzione sempre maggiore.

 

I Serpeverde, osservò Harry, guardavano Silente con rispetto, ma senza quella fede luminosa. Per loro non avevano mai dato importanza a ciò che era importante per il resto della scuola. Draco si era rimesso in piedi, sicuro e biondo e quasi simile ad un cavaliere dall’armatura scintillante, se non lo si guardava negli occhi. I Serpeverde facevano calca attorno a lui. La sua mano era posata sul braccio di Blaise Zabini.

 

Restarono accanto a lui mentre uscirono dalla sala, e Harry pensò, dov’è Snape? Hanno bisogno di qualcuno… Draco ha bisogno di qualcuno…

 

Avrebbe voluto parlare con lui per un attimo, ma adesso stava con i Serpeverde. Era loro.

 

Così Harry assunse un’espressione coraggiosa e abbracciò fraternamente Ginny, e raggiunse con tutti gli altri la Torre di Grifondoro. Si strinsero tutti nella sala comune, perché nessuno aveva voglia di guardare i letti vuoti, e inoltre stare in gruppo trasmetteva sicurezza.

 

Harry si disse che il suo posto era con loro, e bastò quello per confortarlo.

 

*

 

Hermione e Ron finirono per addormentarsi abbracciati sul divano nella sala comune, stringendosi forte per combattere il dolore. Era tardi quando Harry salì le scale aiutando Neville e Dean, che erano esausti e scossi.

 

“Buonanotte, Harry,” disse Ginny quando furono arrivati.

 

“Notte.” Si chiese cosa stesse facendo Draco in quel momento.

 

Il tragitto fino al suo letto fu rapido, tremendamente rapido. Cercò di non guardare il letto di Seamus, cercò di non guardare gli altri mentre facevano lo stesso e fingevano che ogni loro più piccolo gesto non fosse rigido e terrorizzato. Tentò di non pensare alla solitudine, e al fatto che alcuni erano stati rapiti durante il sonno. Cercò di ripensare alla luce del sole poco prima, alle risate.

 

Non funzionò. Continuava a rigirarsi tra le lenzuola al pensiero di chi sarebbe stato il prossimo, Hermione, Ron, Ginny, Dean… e nel mezzo di quell’incubo e dell’ansia si addormentò e…

 

Stava nuotando nel lago di notte. Si sentiva particolarmente pesante nell’acqua, come sul punto di sprofondare.

 

Che poi voleva dire annegare, no? L’idea gli sembrò stranamente rasserenante.

 

Hermione gli passò accanto su una delle imbarcazioni con cui Hagrid trasportava i ragazzi del primo anno, e aveva accanto una lanterna che illuminava il suo libro.

 

La chiamò, e lei rispose, “Harry, ho da fare. Devo combattere una guerra. Potresti star zitto, per favore?”

 

Quando passò il battello seguente vide Ron, immerso negli schemi delle strategie di Quidditch. Gridò il suo nome, ma Ron alzò la testa e disse,

 

“Scusa, Harry, ma appena finiti questi devo stare un po’ con Hermione.”

 

Diventava sempre più pesante.

 

“Sorbetto al limone.”

 

Harry si voltò e vide Draco in acqua.

 

“Che… che cos’hai detto?”

 

Draco rise, con un suono simile al lieve tremolio del lago. Nuotò all’indietro, la pelle bagnata lucida e candida.

 

“Di chi ti fidi?”

 

A quel punto Harry si tese per toccarlo, e si svegliò.

 

Era notte fonda, e il suo letto era più freddo del lago. Dean e Neville stavano dormendo, li sentiva, e sentì il bisogno di fuggire all’assenza del leggero russare di Seamus.

 

Voleva andare a parlare con Draco, ma nel bel mezzo della notte doveva star dormendo, inoltre vagare per i corridoi di quei tempi…

 

Harry si alzò e si sedette sul davanzale a guardare la pallida alba mentre sorgeva il sole.

 

Sei sveglio, Harry?” chiese sottovoce Dean.

 

“Io… sì. Ho fatto un brutto sogno.”

 

Poteva parlare con Draco a colazione.

 

“Su cosa?”

 

Harry aggrottò la fronte. “Non… non mi ricordo.”

 

*

 

Draco non c’era a colazione, e quel giorno non avevano lezioni in comune coi Serpeverde. A pranzo era circondato da persone, a cena Harry era occupato a discutere con gli altri Grifondoro della fine della storia tra Dean e Calì avvenuta quella mattina, e a chiedersi se c’entrasse qualcosa Ginny Weasley.

 

Draco aveva prenotato il campo di Quidditch per dopo.

 

Per qualche strano motivo Harry guardò gli allenamenti dalla finestra della torre, ma non riuscì a trovarsi faccia a faccia con Draco fino alla riunione del Giovane Ordine.

 

Draco era appoggiato allo schienale della sedia, col viso molto pallido. Aveva delle ombre lievi sotto gli occhi, e i capelli leggermente fuori posto.

 

Sembrava che non avesse dormito per niente.

 

E’ scandaloso. Qualcuno dovrebbe occuparsi dei Serpeverde. Finirà per ammalarsi.

 

Pansy gli stringeva una mano, e lui la lasciava fare con aria regale. Blaise Zabini gli stava appiccicato al fianco. Tutti i Serpeverde erano stretti attorno a lui, più vicini che mai.

 

Harry capì il perché grazie alle parole di Lupin.

 

“Il professor Snape è fuori a raccogliere informazioni che aiuteranno a spiegare l’ultimo attacco. Il professor Black e io prenderemo il suo posto.”

 

Harry si chiese vagamente se fossero così disperati da lasciare che Sirius insegnasse di nuovo ai Serpeverde. Silente stesso l’aveva vietato dopo la Grande Guerra dei Punti del sesto anno, quando Sirius e Snape avevano cominciato un circolo vizioso di rimozione punti e sia i Grifondoro che i Serpeverde erano finiti con punteggi negativi. Ricordava anche che c’era stata un’ammucchiata fuori dall’ufficio di Silente, in cui tutti avevano smesso di urlare per mettersi finalmente le mani addosso. Ricordava di aver cercato di spaccare la testa a Draco contro il muro di pietra, prima che uscisse Silente.

 

A Draco era sempre piaciuto Snape, ed era chiaro che sapeva già della sua assenza. Qualche ragazza Serpeverde sembrava sull’orlo delle lacrime.

 

Draco guardava Lupin, e sembrava calmo e assorto. A Harry non pareva troppo sconvolto.

 

Verrà introdotto un nuovo regolamento di sicurezza,” proseguì Lupin. “Ai ragazzi dal primo al terzo anno è assolutamente proibito lasciare le sale comuni senza un insegnante. Inoltre, i prefetti saranno in servizio a tutte le ore per assicurarsi che fili tutto liscio. Nessuno dovrà lasciare l’edificio se non con la classe intera, e gli allenamenti di Quidditch saranno supervisionati da Madama Bumb. Nessuno, per nessuna ragione al mondo, potrà andare in giro da solo. Inclusi i Giovani Consiglieri. Harry Potter, ti ho visto camminare per la scuola da solo, ieri. Che non accada più.”

 

Harry vide l’ansia negli occhi di Lupin, e si sentì male per averlo fatto preoccupare. Ma dovevo vedermi con Draco. Se non possiamo andare in giro da soli per incontrarci, e non possiamo uscire, come farò d’ora in poi a vederlo?

 

“Mi rendo conto di quanto soffrano molti di voi,” disse dolcemente Lupin. “Ma tutte le informazioni raccolte finora da Snape portano ad affermare che le persone scomparse non sono morte. Voi-Sapete-Chi sta mostrando da tempo grande interesse per l’incanto Captus.”

 

Fu Ginny ad alzare timidamente la mano e a chiedere cosa fosse.

 

Lupin, che di solito incoraggiava le discussioni, chiese se ci fosse qualche studente in grado di spiegarlo, e la forza con cui Hermione sparò in aria la mano la fece quasi sobbalzare sulla sedia.

 

Ma fu Draco che parlò senza essere interpellato, con voce pigra e quasi distratta.

 

“E’ la versione nuova di un incantesimo antico,” illustrò lentamente. Harry guardò le sue lunghe, pallide dita giocare oziosamente con una piuma. “In passato, quando noi maghi eravamo più potenti e più numerosi, potevamo creare un mondo a parte, intrappolarlo in una piccola sfera, e intrappolarci dentro persone vere. In questo modo, entrandoci, la sfera diventava il nostro regno, quelle persone i nostri schiavi.

 

Non sembrava affatto disgustato dall’idea, anzi, sembrava affascinato, ed era simile a quei piccoli ritratti di maghi antichi nei libri del professor Rüf, tutto tratti da purosangue e raffinata crudeltà.

 

Ron borbottò qualcosa come, “Ci avrei scommesso che lo sapevi, tu.

 

“Lo sa anche la tua ragazza, Weasley,” ritorse Draco. “La magia necessaria per creare interi mondi è andata perduta, ma si pensa che la Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni all’interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può scappare. Il vantaggio, per lui, è che può torturare i nostri per ottenere informazioni e convertirli, e magari usare i purosangue per programmi di procreazione, più avanti. Il vantaggio per noi sta nel fatto che… forse possiamo liberarli.

 

La voce di Ron si fece un po’ più alta.

 

“Strano che tu sia così informato sulla Magia Oscura, Malfoy.

 

Draco si appoggiò allo schienale della sedia.

 

“Conosci il tuo nemico, Weasley.”

 

“Certo, perché la tua famiglia è sempre stata così contraria alle Arti Oscure,” ribatté Ron. “Tuo padre non ti ha insegnato…?”

 

“Ron, smettila!” esclamò Harry.

 

“Non dire una parola su mio padre.”

 

Il tono deciso di Draco spinse Pansy ad avvicinarglisi, ma lui se la scrollò di dosso con fare imperioso. Harry stette ben attento a non incrociare lo sguardo scioccato di Ron.

 

“Credo sia meglio evitare le offese personali, signori. La voce di Lupin era tranquilla, ma autoritaria. “Si è spiegato perfettamente, signor Malfoy, grazie. Altre domande?”

 

Blaise parlò con voce decisa, quasi accusatoria.

 

“E’vero che il Signore Oscuro sta agendo con l’aiuto di qualcuno dentro Hogwarts?”

 

Draco ha parlato con lui.

 

Però aveva senso, così come l’aveva quando Draco ne aveva parlato con Harry. Era una cosa che sapevano tutti, anche se molti non ne parlavano se non sussurrando.

 

Lupin guardò Zabini dritto negli occhi. Harry sapeva che non avrebbe mai mentito ad uno dei suoi studenti.

 

“Sì, io credo di sì. Ma non abbiamo idea di chi possa essere. Posso solo invitare tutti voi ad essere discreti e a stare all’erta per qualsiasi segnale che indichi comunicazioni con il nemico.”

 

Tutti si guardarono intorno con timore e sospetto. Una cosa del genere poteva portare alla paranoia, e forse era proprio quello il piano di Voldemort.

 

Harry si ritrovò a osservare i volti attorno al tavolo in cerca di segni di colpevolezza, e la cosa lo sconvolse.

 

“Grazie. I prefetti possono scortare gli altri nelle rispettive sale comuni, adesso. Il Giovane Consiglio deve discutere ulteriori misure di sicurezza.”

 

Harry sorrise a Ginny quando lei si alzò, perché era bianca e spaventata, come se non si fosse ancora resa conto di ciò che aveva detto Lupin. Lei ricambiò, seppur con un sorriso tremante.

 

Pensò di stringerle la mano, ma fu distratto da Pansy che continuava a dare piccoli bacini sulla guancia a Draco. Draco glielo lasciava fare, e le labbra di Pansy sfioravano appena la delicata linea bianca del suo zigomo. Harry pensò, ma a lui non piace che la gente lo tocchi, non vuole che lo faccia…

 

In quel momento Pansy si tirò via, affiancata da altre ragazze Serpeverde e da Tiger e Goyle, e lasciò Blaise e Draco. Harry vide Blaise spostare la sedia più vicino a quella di Draco, quando se ne furono andate.

 

“Bene,” disse Lupin con fermezza, appena la porta si chiuse dietro l’ultimo studente non-membro del Consiglio. “La situazione è grave. Dobbiamo agire tutti per questa emergenza, e questa è una delle cose che dobbiamo fare. Ecco delle mappe di Hogwarts, con su segnati i punti che potrebbero essere vie di fuga in caso di pericolo. Sono incantate in modo da mostrare le coordinate di chiunque sia nella scuola.

 

La versione in tempo di guerra della Mappa del Malandrino, per gentile concessione dei signori Felpato e Lunastorta.

 

“Noi insegnanti abbiamo bisogno di aiuto per perlustrare questi punti di notte, così, con l’aiuto del signor Boot, ho preparato un orario per voi…”

 

Distribuì le mappe e gli orari, e Harry prese i suoi automaticamente, prendendo una piuma per scriverci su il suo nome, e ascoltando Lupin mentre elencava i loro nomi.

 

“E il martedì notte Padma Patil e la professoressa Sinistra controlleranno la statua della strega con un occhio...”

 

Una lista di nomi, e Harry la lesse, e Lupin la lesse a voce alta, e…

 

“… e Hanna Abbott si occupe…”

 

Hei!” disse Harry, a voce troppo alta, assolutamente inappropriata in quel contesto e praticamente gridando chiaro e tondo che non gliene fregava niente. “E io cosa faccio?”

 

Lupin abbassò le palpebre come a volersi isolare dal dolore di Harry. Hermione si rifiutò di guardarlo negli occhi. Draco lo fece, ma il suo sguardo era assolutamente inespressivo.

 

Perché il mio nome non è sulla lista?”

 

“Beh, Harry. Pensiamo tutti che sarebbe saggio tenerti lontano dai pericoli. Nessuno dubita che saresti utile…”

 

Harry rise: un suono divertito che, non fosse stato per la scintilla negli occhi di Draco, avrebbe stentato a credere provenisse da se stesso.

“Semplicemente non credete che potrei rendermi utile. Credete di dovermi proteggere.”

 

Era una parola semplice, proteggere, una parola che era intensa in senso positivo, ma che strangolava senza pietà.

 

Non voglio la vostra pietà. Non voglio niente di tutto questo. E non ho più voglia di sopportarlo.

 

“No, Harry, sii ragionevole…”

 

Se non posso essere come gli altri Consiglieri, allora perché mi avete fatto entrare in questo stupido Consiglio? Dovremmo lavorare per proteggere il resto della scuola, non dovremmo essere inermi né accuditi come bambini, e… non mi toccare…”

 

Hermione tirò via la mano di scatto, come se Harry l’avesse morsa.

 

“Harry, devi capire che sei il bersaglio di Tu-Sai-Chi…”

 

“Siamo tutti il bersaglio di Voldemort!” urlò Harry, pronunciando quel nome con rabbia. “Siamo in guerra! Non voglio essere al sicuro mentre tutti gli altri sono in pericolo, non voglio che tutti stiano in pena per me, non voglio essere debole e forse non voglio essere Harry Potter.”

 

Ecco finalmente il segreto, la finzione smascherata, ci erano rimasti male tutti, e a Harry non importava più un cavolo.

 

“Harry…”

 

“Taci! Non sono un debole orfanello, non c’è bisogno di tenermi in un guscio o di cercare di farmi star meglio. Sono un membro del Consiglio, e se non posso essere trattato in quanto tale… fanculo il Consiglio. Fanculo il Torneo Tremaghi. E fanculo tutti voi.”

 

E finalmente ci fu una scintilla di emozione negli occhi di Draco: sembrò quasi che stesse per parlare, ma in quel momento Harry distolse lo sguardo e corse via dalla stanza.

 

*

 

Harry inclinò la testa all’indietro contro il muro e si disse che non avrebbe pianto.

 

Era ancora tremendamente furioso, aveva nel petto un magone rovente, ma la rabbia cominciava a lasciare il posto alla desolazione. Era così stanco di tutto.

 

Era successo altre volte che gli saltassero i nervi: incidenti minori rispetto all’ultimo, ma in ciascuno di essi c’era stato una specie di copione secondo cui, dopo un ragionevole lasso di tempo, Hermione andava a cercarlo. Poi lo riportava nella Torre Grifondoro, dove tutti lo trattavano con quell’orribile compassione.

 

E lui lo aveva accettato. Non poteva deluderli. Era Harry Potter, la povera vittima pietosa, il ragazzino eroe.

 

Strinse i denti finché la mandibola non gli fece male.

 

Già se l’immaginava. Il passo leggero di Hermione nell’atrio tra mezzora, il suo gentile bussare, il suo tatto: non era arrabbiata perché erano tutti in pensiero per Harry…

 

Fu allora che sentì dei colpi che rischiarono di buttar giù la porta.

 

“Potter! Fammi entrare, altrimenti faccio saltare la porta e ti fracasso il cranio coi pezzi!”

 

Draco. Nessun altro poteva avere quel tono così aristocratico e incazzato al tempo stesso.

 

Che ci fai qui?”

 

Alohomora!” La porta si spalancò all’istante. Draco era sulla soglia che si guardava intorno con aria delusa. “Vitious non sa proprio chiuderla bene la classe di Incantesimi.”

 

“Potevi aspettare che ti aprissi,” disse Harry.

 

“I Malfoy sono noti per la loro pazienza. Draco sogghignò. “Nel senso che la gente ci indica, dice che soffriamo di una terribile mancanza della stessa, e poi racconta storie su mio zio, una sala d’attesa e un orso.”

 

Improvvisamente a Harry venne in mente cosa ci faceva lì Draco.

 

Era lì per offrirgli comprensione. Era amico di Harry, l’aveva visto soffrire ed era stato male per lui. E ora era lì a confortarlo e rassicurarlo.

 

Oh, Draco. Pensavo che fossi diverso!

 

“Ora,” disse Draco, effervescente. “Già che ci sono, voglio sapere cosa diavolo era quel piccolo stupido exploit di autocommiserazione.”

 

Harry lo fissò.

 

Ok. Era ancora diverso.

 

E anche piuttosto offensivo.

 

“Non era auto…”

 

Draco inclinò il capo. “Forse non voglio essere Harry Potter,” citò in falsetto. “Forse Neville Paciock non vuole essere Neville Paciock. E io non gli darei certo torto se non volesse. Sono certo che un sacco di persone vorrebbero cambiare identità di questi tempi, ma nessuno di loro interrompe riunioni maledettamente importanti del Consiglio.”

 

Harry sollevò la testa. “Non si tratta solo della riunione del Consiglio!” Come osava Draco comportarsi come se fosse Harry ad avere torto? Come osava chiedergli di giustificarsi?

 

“Oh, qui ti do ragione,” rise Draco, prendendolo in giro. “Passi la metà del tuo tempo a lamentarti e a far passare l’appetito al prossimo. Cazzo, è ridicolo.

Ti suggerisco di smetterla.”

 

Harry balzò in piedi.

 

“Io ti suggerisco di non mettere il naso in cose che non capisci!”

 

Si accorse di aver stretto i pugni. Draco abbassò gli occhi su quei pugni e curvò un angolo della bocca.

 

“Illuminami.” Sogghignò. “Oppure colpiscimi, Potter. Come preferisci. La conoscenza è potere e il potere è divertente, ma una sana azzuffata non fa mai male.

 

“Oh, sparisci e smettila di fare il bastardo!”

 

Non lo avrebbe colpito. No.

 

“Posso provare la mia legittimità, Potter. Fino a dodici generazioni, se necessario.

 

Beh. Magari una volta sola.

 

Avanzò fino a costringere Draco a reclinare la testa all’indietro. Cercò di mantenere la voce distaccata.

 

“Smettila di prendermi in giro! Non sai cosa si prova.”

 

Cosa si prova quando?”

 

La voce di Draco era quasi annoiata, ed era una cosa irritantissima, così Harry prese fiato e gli raccontò tutto.

 

“Cosa si prova quando tutta la scuola ti compatisce! Quando tutti sanno che hai fallito e che una persona è morta! Cosa si prova ad essere un povero fragile orfanello di cui non si fida nessuno, che tutti proteggono, che tutti coccolano. L’hai visto. Lo sai. Lo sanno tutti. Il modo in cui mi hanno eletto capitano della squadra di Quidditch, e campione per il Torneo Tremaghi, il modo in cui tutti cercano sempre di farmi sentire meglio, anche se nessuno mi lascia fare niente perché sanno che sono inutile! Lo odio, è… è insopportabile ed è… è…”

 

Harry si fermò per prendere fiato. L’ho detto, pensò, stordito. L’ho detto, e adesso Draco capirà…

 

Gli occhi di Draco erano spalancati.

 

Cazzate,” disse.

 

Harry sbatté le palpebre. “Cosa?”

 

Perché dici tante cazzate, Potter?” domandò Draco. “Cadevi spesso sulla testa, da piccolo?”

 

“Malfoy, se hai intenzione di ridere dei miei sentimenti…”

 

“Certo che ho intenzione di ridere dei tuoi sentimenti. E’ quello che fanno i Malfoy.” Guardò Harry dall’alto del suo naso. “E ho anche intenzione di chiederti perché hai deciso di vomitarmi nelle orecchie queste idiozie melodrammatiche. Mi sento violato, francamente. Hai fallito e una persona è morta, cavolo, ok. Non sei riuscito a battere il Signore Oscuro e i Mangiamorte, tutto solo all’età di quattordici anni. Già, lì sì che hai deluso tutti. Se solo ci fosse stato Paciock, al tuo posto, avrebbe certamente salvato Diggory sacrificandosi eroicamente.

 

“Non è divertente!”

 

Però in effetti suonava stranamente più convincente di Non è colpa tua, Harry. Non c’era niente che potessi fare.

 

Draco continuò impietoso.

 

“Perché ti hanno eletto capitano, per l’amor del… Hai ragione, Potter, dev’essere stata di certo compassione. Avrebbero proprio dovuto dare quel ruolo al bimbo prodigio della squadra, il giocatore più giovane del secolo… ehi, aspetta un attimo, l’hanno fatto! Ancora un po’ e mi dirai che ti lasciano vincere le partite, quando le hai vinte ogni volta che eri abbastanza in salute da giocarle, dal primo anno. Ma almeno ti ascolti quando ti lamenti? Datti una calmata!”

 

Aveva un’espressione esasperata, sembrava avesse voglia di colpire Harry con una sedia. Draco non avrebbe potuto essere più stronzo, considerato il fatto che si trattava dei sentimenti sinceri di una persona: si stava comportando come l’idiota egoista e insensibile che Harry aveva sempre voluto prendere a pugni fino allo svenimento, e…

 

Draco aveva ragione. Era grandioso.

 

“Già, ti coccolano tutti. Cos’altro ti aspetti, se porti sempre il broncio per la tua Grossa Grassa Tempesta Emotiva? Sono i Grifondoro, Potter, gli inutili bacchettoni, nel caso non te lo ricordassi. E’ ovvio che saranno carini con te. Dubito che l’unico obiettivo della loro vita sia proteggerti e viziarti, a parte quella rimbambita di Weasley e quell’inquietante Canon. E poi dicono che io sono vanesio. Assurdo.”

 

Draco espirò a fondo.

 

“Questa scuola è piena di gente a cui non frega un cazzo di Harry Potter e delle sue patetiche crisi. Povero, fragile orfanello. Riprenditi, Potter, continuano a scomparire studenti e nessuno ha il tempo di interessarsi a te o ai tuoi adorati gen…”

 

Attento, Malfoy.”

 

Harry avanzò così furiosamente che quasi sentì il battito di ciglia di Malfoy sulle guance, quando chiuse gli occhi.

 

Fanculo, Potter.” Ma non terminò quella frase. “Dov’ero rimasto? Ah, sì. Stavo demolendo il tuo bel castello di illusioni. Ti proteggono perché sei tenero e debole. Giusto?”

 

Di certo Harry non avrebbe usato quelle parole, ma… “Sì…”

 

“Certo. Ora tutto quadra. Non è possibile che siano preoccupati per te per ragioni legittime. D’altronde chiunque in questa scuola almeno una volta ha sventato i piani di conquista del mondo del Signore Oscuro. Lupin non può aver preso in esame questa cosa e aver deciso di non usarti come guardia invitando le forze oscure a precipitarsi qui decise a farti fuori.”

 

Harry lo fissò. Non ci aveva mai pensato.

 

“E’ questo che credi?”

 

“A dire il vero, no,” rispose Draco. “Tu-Sai-Chi ti odia, lo sappiamo tutti, e penso che se ci fosse stata una possibilità di catturarti l’avrebbe già fatto. Credo che tu sia una delle persone più al sicuro, a scuola. Ma sicuramente capisco Lupin, e né io né nessun altro pensiamo che tu abbia bisogno di qualcuno che ti stringa la mano mentre cammini per i corridoi.”

 

Fu in quel momento di tremolante sollievo, con il pensiero fluttuante che forse, ma forse, Draco aveva ragione… che Harry si rese conto che aveva torto.

 

“C’è il Torneo Tremaghi,” disse, alzando il mento. “L’hanno organizzato praticamente con le stesse prove, solo per tirarmi su e metterci una pietra sopra. Spiega quello.”

 

Draco lo fissò incredulo.

 

“Sei stato proprio fortunato a non finire a Serpeverde,” disse a Harry. “Se avessi dovuto ascoltare queste chiacchiere per sei anni, avrei dato di matto e ti avrei ucciso con un manico di scopa.

 

“Oh, hai un’altra idea?”

 

Draco spinse Harry indietro di qualche centimetro, così da avere lo spazio per sporgersi in avanti.

 

“Ti sembrerà strano ma sì. E la mia idea è molto più plausibile, cosa assai meno strana dato che la tua è la più stupida che abbia mai sentito. Nessuno organizza tornei internazionali per rallegrare scolaretti intristiti. I tornei servono a rallegrare tutto il mondo magico. Non capisci che Beauxbatons è stata chiusa, e che hanno dovuto prendere il loro terzo campione dai patetici avanzi di una scuola di magia in Francia? Credi davvero di essere tanto importante?”

 

Harry avrebbe risposto di no, ma l’unica cosa che sembrava essere in grado di fare era fissare Draco mentre la speranza gli affiorava alla bocca dello stomaco.

 

“Per favore, Potter,” disse Draco nel suo tono più sdegnoso. “L’hanno organizzato per dare coraggio al mondo dei maghi. E’ stata una mossa molto semplice per far sì che ci fosse altro da scrivere sui giornali, oltre alle sparizioni. E scusami tanto, ma non credo che abbiano tempo da perdere per cambiare le prove. Siamo nel mezzo di una guerra, e poi… sono certo che farebbe piacere a tutti, se tu vincessi. Sei Harry Potter, dopotutto. Sarebbe bello per i giornali. Ma non credo affatto che sia stato messo su per il tuo bene.”

 

Draco lo sorvegliò, come se non credesse che si potesse essere tanto stupidi. Harry quasi sussultò.

 

Quindi spinse Draco contro il muro.

 

“Se stai cercando di consolarmi, non ti perdonerò mai,” giurò.

 

Draco lo spinse via.

 

“Io non cerco di consolare la gente,” rispose immediatamente. “E non mento che per i miei interessi. Perciò perché non ci dai un taglio col teatro amatoriale, Potter, e mi spieghi perché?”

 

Si aggiustò i vestiti e raggiunse la bassa scrivania di Vitious, appoggiandovisi, senza dare a vedere che l’altezza lo disturbava.

 

Harry lo seguì con lo sguardo.

 

Perché cosa?” chiese.

 

Draco sorrise, un sorriso fulmineo e luminoso. “Se è da anni che sei convinto che la gente pensi questo di te… se è per questo che a volte hai un muso lungo fino al pavimento… perché hai lasciato che lo pensassero? Non sei un tipo falso. Cosa stavi nascondendo?”

 

Harry si sedette sul pavimento. Praticamente ci cadde.

 

“Malfoy, non…”

 

Si tirò le ginocchia al petto, ci posò il viso, e forse dopotutto era davvero un bimbo, e Draco aveva il diritto di essere spietato.

 

Draco gli si avvicinò, e Harry lo sentì sedersi davanti a lui.

 

Harry alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo intenso.

 

“A me puoi dirlo,” disse.

 

“Ho solo lasciato che pensassero ciò che volevano, va bene?” scattò Harry. “Non c’è niente di male. Se volevano credere che fossi un martire innocente, era meglio…”

 

Cosa sei?” Draco gli lanciò le parole, veloci, fredde e dure.

 

L’emozione morse Harry all’interno. “Sono… oh, al diavolo!”

 

Ricordò l’odio per gli assassini dei suoi genitori, e lo sguardo sui volti innocenti e terrorizzati di Ron e Hermione.

 

Harry non vuole uccidere nessuno, vero, Harry?

 

L’odio accecante che aveva provato per Voldemort sentendo dei genitori di Neville, e poi dopo Cedric… sapere che nessun altro avrebbe mai potuto sapere cosa pensava il piccolo eroe, sapere che non era davvero innocente quanto loro, sapere, adesso, che doveva dirlo a qualcuno. A Draco.

 

“Odio Voldemort,” disse Harry con trasporto, con la lingua che si caricava di veleno. “Lo odio. Lo detesto, più di quanto gli altri possano immaginare, voglio ucciderlo, adorerei ucciderlo… e non dovrei provare queste cose!”

 

Si era sporto in avanti, solo le sue ginocchia lo separavano da Draco, e Draco non esitò un secondo.

 

“Anch’io,” disse deciso. “Anch’io lo odio. Non vuol dire che debba sentirti in colpa.”

 

Ed ecco quella gelida e tagliente amarezza nella voce di Draco, quella furia omicida, e Harry rabbrividì al pensiero e capì, e non era il disgusto automatico che si era aspettato. Non c’entrava niente con ciò che si era aspettato.

 

Abbassò di nuovo la testa sulle ginocchia, prendendo un respiro inerme.

 

Sentì il tocco di Draco tra le scapole, leggero e fugace.

 

“E’ tutto qui quello che ti tormentava?” domandò. “Solo il fatto che vuoi vendetta e non pensi che gli altri capirebbero? E’ perfettamente naturale, è perfettamente normale, e loro potrebbero capirlo. E anche se non lo facessero, va benissimo essere diversi da loro e…” Draco si fermò. “Potter… stai piangendo?”

 

Harry alzò il viso indignato. “No!”

 

Draco parve distintamente sollevato. “Oh. Beh. Bene. Stavo per correre a chiamare Granger. Tutto a posto, allora?”

 

Aveva nascosto tutto così bene, come un segreto colpevole, perché non era giusto sentire quella rabbia cieca che gli tamburellava dentro. Come il segreto di essere quasi finito a Serpeverde, che non aveva mai svelato né a Ron né a Hermione. Ma l’aveva detto a Draco, che era un Serpeverde e che comprendeva il dolore, l’odio e l’ira mortale.

 

L’aveva detto a Draco.

 

“Diciamo di sì,” rispose Harry. Si sentiva completamente prosciugato.

 

Riuscì a sentire Draco sporgersi in avanti per sbirciare il suo viso, sentì il suo peso sulle gambe, e fu come se mancasse qualcosa, quando quel peso sparì. Draco sembrava soddisfatto di ciò che aveva visto.

 

“Sei un po’ idiota, Potter,” osservò senza reale rancore.

 

Harry si inclinò all’indietro. “Può darsi,” disse, esausto. “Non capisco perché tu abbia accettato di essere mio amico.”

 

“Ovviamente c’è il fattore divertimento,” considerò Draco. Si fermò, e Harry vide vacillare nei suoi occhi quella luce brillante che aveva sempre quando rifletteva. “E poi per… per quello che provi per Tu-Sai-Chi,” disse infine, con gli occhi rivolti verso Harry. “Perché lo sai fare anche tu.”

 

La ferocia nello sguardo di Draco rispose alla domanda prima che Harry la ponesse.

 

“Fare cosa?”

 

“Vivere.” Draco alzò in aria le mani. “Voglio dire, vivere davvero. Non esistere con o senza un obiettivo, ma amare il fatto di esistere. Insomma… Non devo spiegartelo. Lo sai. Che altro provi quando voli?”

 

Harry ricordò all’improvviso e vividamente la sensazione provata quando era salito su una scopa per la prima volta. Quella gioia assoluta… era facile, era meraviglioso.

 

“Sì, esattamente,” disse Draco, continuando a guardarlo con orgoglio. “Proprio così. E’ così che può essere tutto quanto. Lo so. E’ così che vivo… è così che puoi vivere tu. E loro non possono, nessuno di loro, nemmeno i tuoi amici tanto speciali, ed è per questo che non possono arrivare né al mio livello né al tuo. Perché non riescono a vivere con la stessa furia.

 

Furia. Quella parola sembrava stranamente azzeccata per Harry, per il solo motivo che chiunque altro l’avrebbe trovata inadatta.

 

Capì. Draco non sprecava nessun momento, ci si buttava dentro. La sua ostilità verso di lui era stata così intensa perché Draco non conosceva altri modi di essere. Sapeva essere solo assolutamente atroce o assolutamente spassoso, ma sempre assolutamente, perché c’era sempre passione in lui.

 

Passione. Si trattava solo di passione. Ed era per quello che lui e Draco, nonostante fossero nemici, erano sempre stati allo stesso livello.

 

“Non ne sono capaci,” continuò Draco.

 

“Smettila,” disse Harry. “Io voglio bene a Ron e Hermione.”

 

Draco alzò le sopracciglia. “Sì, beh, è questo il tuo problema, no? Il fatto che gli vuoi bene ti ha fatto sentire in colpa per anni. Sei tornato in quel sottoscala nel momento in cui hai deciso di volergli bene.

 

“No, questo non è vero,” rispose Harry. “Ho capito cosa vuoi dire. Ho capito che è per questo che riesci a vivere così. Ma l’amore non funziona così. Il rischio di cadere rende più bello il volo. Io voglio amarli: questo rende più bella la mia vita. Ha persino reso più sopportabili i giorni passati lì dentro. Perché mi ha fatto capire che non volevo mai più essere messo in gabbia.

 

“Non capisco,” disse Draco. “Io riesco a vivere, no? E non sono mai stato intrappolato.”

 

Harry pensò a Draco negli anni passati, alla pura energia che aveva messo in ogni cosa, giusta o sbagliata che fosse. Era quello il motivo per cui Harry l’aveva odiato tanto: perché anche se era solo un altro studente e Harry aveva affrontato le forze dell’oscurità, lui era stato capace di diventare un nemico che non poteva essere ignorato.

 

E l’aveva fatto perché Harry sapeva odiarlo così tanto, sapeva desiderare con passione di batterlo una volta per tutte.

 

Allo stesso livello, appunto.

 

“Ne sei sicuro?” chiese Harry, ma non fu capace di pronunciare il nome del padre di Draco.

 

“Sì,” scattò Draco, volgendo le spalle a Harry nel modo deciso in cui faceva tutto.

 

“Non c’è niente di male nell’amare,” gli disse sottovoce Harry.

 

“Chi?”

 

“Chiunque, come io amo Ron e Hermione. Non c’entra il sottoscala. Rende tutto più brillante, è parte del… vivere davvero. Nessun uomo è un’isola, sai?”

 

“Astuta osservazione. E nessun uomo è un campo da Quidditch.” L’angolo della bocca di Draco si piegò all’ingiù. “Non sono d’accordo.”

 

Sorrise all’improvviso, un sorriso di tale intensità che sarebbe sembrato dolorosamente acceso a chiunque, tranne che a Harry.

 

Comunque. E’ per questo che ho accettato… questa cosa. Fece un gesto ampio. “Bene allora. Tutto a posto con la tua crisi emotiva? Sicuro di non star pensando alla tua infanzia abusata?”

 

Si alzò con grazia. Harry guardò in su.

 

“Mm?”

 

Draco rise. “Ti ho chiesto a cosa stai pensando.”

 

“Oh. Stavo pensando a te.”

 

Draco sorrise leggermente, misteriosamente, e gli porse la mano. “In questo caso, forse puoi alzarti dal pavimento duro e possiamo tornare alla riunione. Ho chiesto agli altri di aspettare, ma non pensavo ci sarebbe voluto così tanto.”

 

Harry scosse la testa incredulo, ma non poté fare a meno di ridere. “Mi piace stare qui. Dopotutto non riuscirò più a vederti tanto spesso.

 

“Oh, davvero?” Draco alzò un sopracciglio. “Mi vedrai stasera. Promesso. Adesso ti alzi, inutile idiota?”

 

Harry si sporse e prese la sua mano. “Ok.”

 

*

 

Hermione squadrò Blaise Zabini dall’altra parte del tavolo, e lui strinse gli occhi imitandola.

 

Il tuo piccolo leader Serpeverde non sta riportando qui Harry. Voleva dirlo, voleva gridarlo, ma Lupin la stava guardando, così rimase in discreto silenzio. Conosceva quello sguardo afflitto sul volto di Harry. Harry aveva bisogno di stare solo dopo sfoghi come quello.

 

Certo, Malfoy non le aveva dato il tempo di dirlo. Appena Harry era uscito dalla stanza quel Serpeverde ficcanaso aveva fatto indietro la sedia, sul volto una maschera che non tradiva nulla, e gli era corso dietro.

 

Non presagiva niente di buono. Hermione l’aveva sempre saputo. E si sentì quasi soddisfatta al pensiero di come avrebbe probabilmente reagito Harry. Era ora di porre fine a quella strana amicizia, comunque. Malfoy era sbagliato per Harry.

 

Harry. Hermione strinse le dita attorno alla piuma. Odiava quello sguardo triste, quell’espressione impenetrabile e quegli occhi feriti che chiedevano di lasciarlo solo e che le facevano desiderare di alzarsi e urlare, Qualsiasi cosa sia, Harry, puoi dirmela, puoi dirmi tutto…

 

Ancora un attimo e sarebbe andata da lui.

 

Un attimo dopo Malfoy e Harry entrarono nella stanza. Malfoy tenne su il mento e sorvegliò tutti con quell’aria autorevole che Hermione trovava così incredibilmente irritante.

 

“Vi siamo mancati?” chiese con supponenza.

 

Harry lanciò un sorriso imbarazzato in direzione di Hermione, quindi si mise a sedere in silenzio.

 

Hermione non si lasciò affatto ingannare dalla posa timida e modesta che gli veniva tanto bene. Guardò il sorrisino appena accennato agli angoli della bocca di Harry e la strana luce nei suoi occhi.

 

Non ci capiva niente.

 

Nessuna idea geniale mentre ero via? Certo che no, ero via,” mormorò Malfoy tra sé e sé nel suo tono tremendamente tronfio. “Discutiamo la questione sicurezza, ok?”

 

Quelle parole fecero scattare in su la testa di Hermione. Ok, odiava Malfoy, ma sapeva che era una risorsa dalla loro parte. Lui e Hermione avevano lavorato insieme su un paio di progetti necessari, e malgrado i commenti acidi e le frequenti occhiatine allo specchio, il ragazzo sapeva il fatto suo.

 

Inoltre Harry collaborava raramente. Hermione non poteva deludere i Grifondoro.

 

Malfoy si era alzato in piedi.

 

“C’è una spia di Voi-Sapete-Chi a Hogwarts,” disse disinvolto. “Quindi, naturalmente, dobbiamo prendere precauzioni. Nessuno deve sapere tutto. Dobbiamo assegnare diverse aree di investigazione e custodia a diverse sezioni del Consiglio e dell’Ordine.”

 

“Io devo occuparmi sia delle cure che della ricerca,” lo interruppe Hermione, mantenendo un tono professionale. “Siamo quasi giunti ad un punto di svolta nella conservazione delle lacrime di fenice. Potrebbero rivelarsi cruciali sul campo di battaglia.

 

Malfoy annuì delicatamente. Da molto tempo avevano stabilito dei limiti di finto rispetto.

 

“Quanto cruciali?” chiese Harry. “Le lacrime di fenice curano solo le ferite fisiche, me lo ricordo. Quanto servirebbero le lacrime conservate, se i Mangiamorte si affidassero agli incantesimi? Servirebbero solo a curare ferite procurate lungo il cammino. Non penso che tutto il reparto cure dovrebbe focalizzarsi su questo.”

 

Hermione sbatté le palpebre e si domandò se per caso non fosse finita in un universo parallelo. Certo, Harry sapeva delle lacrime di fenice sin dal secondo anno, per via della Camera dei Segreti, ma… era davvero strano da parte sua intervenire durante le riunioni del Giovane Consiglio.

 

Era strano che fosse così… reattivo. Vivo.

 

“Ben detto, Potter. Mi raccomando, Granger,” disse Malfoy freddamente.

 

Hermione si accigliò. Ovviamente a lui non importava.

 

“Ora. Per quanto riguarda la questione di quanto possiamo fidarci del professor Lupin,” continuò Malfoy.

 

Hermione si alzò. “Come osi! E’ il capo del Giovane Ordine. E’ stato a lui a mettere in piedi tutto questo. Come osi anche solo insinuare che potremmo non fidarci di lui?”

 

Malfoy inarcò un sopracciglio.

 

“Non l’ho detto. So che voi Grifondoro siete anime pure. Potete fidarvi, se credete… ma io sono un Serpeverde, noi non ci fidiamo di nessuno. E in questo momento, in questa situazione, non possiamo assolutamente fidarci di nessuno. Perciò siete dannatamente fortunati ad avere me.

 

“Professore…!”

 

“Signorina Granger,” disse Lupin. “Non voglio costringere nessuno a fidarsi di me. Il signor Malfoy sta facendo del suo meglio per il bene della scuola. Non ho problemi ad essere considerato un sospetto come tutti gli altri… e penso che abbia ragione.

 

“Non sospetta di lei,” disse Harry, intervenendo nuovamente.

 

Lo sguardo di Malfoy guizzò brevemente.

 

“No,” ammise, più delicatamente. “Ma potrei sbagliarmi. E’ già successo, una volta o due. Ora, che ne pensate di inserire Terry Boot nella divisione ricerca? Siediti, Granger.”

 

Hermione si sedette pesantemente, e alzò lo sguardo per scambiare con Harry una delle loro solite occhiate quei-maledetti-Serpeverde.

 

Ma Harry stava guardando Malfoy, e splendeva d’orgoglio.

 

*

 

Draco aveva detto che si sarebbero visti quella sera.

 

Qualche ora più tardi, mentre scendeva le scale per andare nella sala comune, Harry ne dubitò. Non che non gli credesse, ma era alquanto probabile che Draco avesse sopravvalutato le proprie capacità…

 

Harry stata in effetti soppesando l’ipotesi di indossare il Mantello dell’Invisibilità, fingere di stare andando al bagno e sgattaiolare nei sotterranei. L’unico neo era che Ron e Hermione, probabilmente, sarebbero stati scettici circa una permanenza al bagno lunga ore, e i Serpeverde avrebbero potuto allarmarsi di fronte a strane presenze invisibili che aprivano le porte, ma…

 

Si bloccò su uno scalino, perché Draco era nella sala comune. Era appoggiato al muro e stava sussurrando pigramente qualcosa a Calì Patil, che pareva piuttosto affascinata.

 

Harry pensò che era davvero carina.

 

“Malfoy,” disse.

 

Draco si voltò e sorrise. “Potter. Tiger e Goyle mi hanno piantato qui, e mi serve qualcuno che mi riaccompagni. Non vorrai certo abbandonare un innocente nel momento del bisogno, spero.

 

Harry sogghignò. “Non sono sicuro che tu possa essere definito innocente, Malfoy, ma suppongo di doverti accompagnare. Rompiscatole.”

 

Draco si spostò di un passo da Calì, alzando le sopracciglia.

 

“Allora suppongo che il mio ultrasviluppato senso dell’ospitalità mi obbligherà ad intrattenerti nella mia stanza. Che fastidio. E’ sempre un piacere, Calì.”

 

Draco le regalò il suo sorriso più fascinoso e Calì ricambiò.

 

Aveva i capelli lunghi e lucenti, era molto popolare e aveva degli enormi occhi neri. Si era appena lasciata con Dean. Non era un comportamento appropriato.

 

Draco stava già camminando spedito verso la porta, quando Calì mise un piede sul primo scalino, sempre sorridendo, e scosse la testa.

 

“Quel Draco Malfoy,” disse divertita. “Spudorato.”

 

“Come, scusa?”

 

“Potter, datti una mossa, non ho intenzione di passare la vita in queste stanze. C’è gente onesta e leale qui, e quelle cose sono contagiose.

 

Harry alzò gli occhi al cielo e camminò in tutta calma fino al punto dove stava Draco, che aveva l’aria da martire di chi è stato trattenuto da rozzi bifolchi.

 

Durò i due secondi che impiegarono per uscire dalle stanze dei Grifondoro, quindi Draco avviò la conversazione, e prese a sembrare di ottimo umore.

 

“Devo dirlo, voi Grifondoro avere standard molto alti di bellezza femminile,” osservò allegramente. “Alcune cose sfornate dai Tassorosso sono semplicemente tragiche, ma le vostre ragazze sono attraenti quasi senza eccezioni. C’è Calì che è davvero notevole, e anche la tua fan Ginny Weasley è piuttosto carina.

 

E Hermione, allora?” chiese Harry in tono accusatorio.

 

Draco rise.

 

“Oh, non mi piace la ragazza, ma devo ammettere che è molto attraente.

 

“Malfoy, non puoi dire certe cose. E Ron?”

 

“No, lui non è affatto attraente.”

 

Draco fece una faccia un po’ sconvolta. Harry si vietò di ridere. Dopo qualche secondo, disse neutrale,

 

Dunque, Calì. Sai, lei e Dean si sono lasciati l’altro giorno.

 

Lasciò la frase in sospeso. Draco si girò verso di lui, un angolo della bocca sollevato.

 

“Pensi davvero che sia interessato a quella Calì? Per favore. Un’innocente Grifondoro.” Tirò una ciocca di capelli di Harry. “Sai, ho degli standard.”

 

Harry non riuscì a non ridere.

 

“Errore mio.”

 

“L’errore è sempre tuo, Potter. Allora, dimmi. C’è qualche possibilità che tu sappia giocare a poker?”

 

Harry sospirò con fare drammatico. “Allora è così che andrà a finire. Niente più avventure, solo partite a carte nella tua stanza. Probabilmente mi annoierò fino alle lacrime.

 

Dubitava che Draco sapesse essere noioso.

 

Draco era impegnato ad assumere la sua aria superiore, cosa che includeva lo scuotere i capelli all’indietro guardando il mondo dall’alto con indifferenza.

 

“Non essere assurdo, Potter,” disse Draco. “Hai un Mantello dell’Invisibilità, no? E secondo i miei calcoli tu e i tuoi compagni siete completamente al sicuro. Possiamo uscire, domani. Nel frattempo ti insegnerò a giocare a poker. Un adolescente che non sa giocare illegalmente è davvero tragico…”

 

Si fermò.

 

“Beh, cos’hai da ridere, Potter? E cos’hai da guardare? Non lo sai che è maleducato?”

 

“E’…” Harry scosse la testa. Era infrangere allegramente le regole, fare piani illeciti, ridere dell’estate, e questa intensa forza moralmente discutibile che gli aveva invaso la vita, e sentirsi così bene e… adorava tutto ciò. Lo adorava.

 

“Niente. Andiamo nella tua stanza.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

Qualche chiarimento da parte della traduttrice: La storia è slash, ovviamente. Guardate il pairing :) Abbiate fiducia e continuate a seguirmi, ne vale la pena!
I capitoli sono 22.

 

Il prossimo capitolo, per esigenze personali, sarà pubblicato martedì 20 marzo!

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