Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Beta: Vale
Sommario: Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla
guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel
momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di
quanto avesse mai immaginato. Avvertenze: amicizia molto strana. Potrebbe
nuocere alla salute.
Capitolo Sette
Parlare chiaro
If you want me all you have to do is ask a thousand questions
Could you put a name to someone else's sigh?
Could you put a face to someone else's eyes?
Is it someone that you'd maybe recognise?
But it all fades into morning when you open your eyes.
[Se mi vuoi non devi far altro che un
migliaio di domande / Potresti dare un nome al sospiro di qualcuno?/ Potresti dare un volto agli occhi di
qualcuno?/ E’ qualcuno che magari
riconosci? / Ma tutto scompare al mattino appena apri
gli occhi.]
Draco
camminava impettito sotto le foglie verdi degli alberi nel recinto di Hagrid, chiaramente contrariato.
“La fine di
marzo,” disse aspramente, “preannuncia l’inizio di
aprile. Sbocciano il sole e la stagione serena, che annunciano a loro volta i
soavi cieli estivi.”
Scandì ogni
esse come se fosse un’offesa personale.
Harry
soffocò un sorriso.
“E la cosa ti dà fastidio perché…”
“Odio
l’estate,” disse Draco, stringendo gli occhi e
pronunciando quella parola come a mettere in guardia l’estate, ché se le avesse
messo le mani addosso…
“Ok,” rispose Harry con indulgenza,
guardando la pallida luce del sole e tornando con gli occhi su Draco. “Spiegami
perché.”
“Per il
sole, ovviamente,” rispose Draco. “Tutti con la loro
maledetta abbronzatura. Trovo inaccettabile che io sia l’unico a non prendere
colore. Ho fatto qualsiasi cosa mi sia venuta in mente. Ti abbronzi anche tu, suppongo?”
Harry sbatté
le palpebre sotto lo sguardo accusatorio di Draco. “Beh… un po’.”
Draco sbuffò
addolorato.
“Certo.
Bene! Non m’importa. Non mi dà fastidio,” disse a
Harry infastidito. “Sono solo un’imbarazzante mozzarella bianco smorto dodici
mesi all’anno. Fantastico.”
Contorse
l’angolo delle labbra e calciò con veemenza il muschio.
Harry nascose
un altro sorriso. Draco, a volte, si comportava proprio come
un bimbo imbronciato, eppure, inspiegabilmente, cominciava non solo ad
accettarlo, ma addirittura a trovarlo stranamente tenero.
Non gli era
mai passato per la mente che potesse avere il
complesso della carnagione pallida. Era… era parte di
lui, no?
Harry
osservò Draco, il cui colletto si era spostato quanto bastava ad esporre il
profilo di una clavicola. Il colore della sua pelle faceva sembrare le ossa più
aguzze, come se da un momento all’altro potessero forare la carne delicata.
C’era qualcosa di fragile nella sua pelle, che aggiunto ai capelli avrebbe
potuto renderlo infantile, se non fosse stato per
l’acuta intelligenza degli occhi.
Nessuno
aveva una pelle come la sua.
“…rivoltante,” concluse in tono disgustato.
Harry sbatté
di nuovo gli occhi. “Oh… no, guarda, sei… ehm… insomma, abbastanza bello.”
Evitò il suo
sguardo. Draco lo guardò scandalizzato.
“Brutto
idiota quattrocchi! Sono maledettamente favoloso,”
disse, incrociando le braccia. “Abbastanza bello, come no! Non sono mai stato
tanto offeso in vita mia.”
Harry
sospirò. “Come non detto. Magari quest’estate ti
abbronzerai… o ti verranno delle lentiggini, che ne so.”
Draco se la
prese ancora di più. “Lentiggini! Potter, non è divertente.”
“Ehm.
Scusa.”
“Ecco,
bravo, scusati,” mormorò draco. “Abbastanza bello.
Lentiggini. Una profanazione della mia pelle aristocratica. Prima
o poi, Potter, una ragazza ti mollerà uno schiaffo.”
“Continui a
farmi questa promessa, ma non la mantieni mai,” disse
Harry scherzando. “Mi avevi promesso che avrei avuto l’attenzione di tutti se
avessi comprato questi stupidi vestiti, e non hanno sortito
alcun effetto.”
“Certo. A Ginny Weasley è caduto il porridge perché le andava di rovesciarselo sulle gambe.”
“Io… non
c’entra niente con me!”
Draco
abbassò la testa e nascose un sorrisino, il che era quanto si avvicinava di
più, penso Harry, all’evitare di deriderlo.
“Beh,
Potter. Questa eventuale ragazza si prenderà una persona senza senso estetico
né tatto… ma con ciò non voglio dire che non sarà
fortunata.” Scosse il capo. “Non quanto la ragazza che avrà me, ovviamente.”
“Oh,
ovviamente.”
Draco si
morse il bordo del labbro, pensieroso.
“Anzi, ora
che ci penso è un onore troppo grande per non condividerlo. Forse dovrei essere
condiviso da un gruppo di eletti.”
Harry non
poté fare a meno di ridere. Era una bella giornata, il sole splendeva nel
cielo, e tra un minuto Draco avrebbe fatto smorfie
disgustate davanti alle ultime mostruosità di Hagrid.
Harry si appoggiò ancora al recinto, chiuse gli occhi e sorrise di nuovo.
L’urlo
squarciò l’aria.
E prima che
la sua mente potesse registrare ciò che aveva udito, addirittura prima che
aprisse gli occhi, l’istinto gli ordinò di afferrare il braccio di Draco prima
che iniziasse la folle corsa verso la scuola.
*
Irruppero
nella Sala Grande e in un tumulto totale.
Harry si
guardò intorno: nello scompiglio generale vedeva volti terrorizzati, ma non
riusciva a distinguerli, e
cercava di dare un senso alle voci che non erano voci ma grida,
e… Era come un mare di rumore e squallore e paura, ma almeno lui era ancora
aggrappato al braccio di Draco.
Lo faceva
sentire… sicuro, come lo sguardo di Draco che lo cercò di scatto, anche lui in
cerca di conforto.
Ci aveva
appena fatto caso, quando il viso rigato di lacrime di
Hermione gli si parò davanti, e provò un’ansia tremenda e una fitta momentanea
di sgomento, perché sarebbe dovuto andare da lei… e proprio non voleva
staccarsi.
Hermione si
appoggiò a lui quando Draco si allontanò, e lo perse.
Guardò la sua testa bionda scomparire tra la folla di Serpeverde, nonostante
fosse circondato dai Grifondoro.
Vide il viso
spaventato di Ron, Neville con le guance bagnate di lacrime, i capelli rosso
fuoco di Ginny premuti leggermente sulla spalla di Dean, e capì,
capì con un senso di gelido e oscuro terrore prima che Hermione parlasse.
“Hanno preso
dodici studenti,” sussurrò con la voce rotta. “Tutti
in una volta, Harry, da tutte le case, e… Seamus è
scomparso. E’… lui è…”
Si
contorceva le mani e piangeva, lei che era sempre così forte, lei che non si
rassegnava mai. Harry le strinse una mano e per un attimo lei ricambiò la
stretta con ardore. Poi girò la testa e si appoggiò sul petto di Ron, si
abbracciarono forte e lui intrecciò le dita fra i suoi capelli. Hermione
continuò a stringere la mano di Harry. Harry si chinò un po’ su di loro,
socchiudendo gli occhi, fingendo che… Chissà. Che
fossero al sicuro, insieme e legati l’uno agli altri indissolubilmente, come
quando da piccoli erano alle prese con le loro avventure magiche, e niente
avrebbe potuto ferirli.
Seamus. Il
suo compagno di stanza, il suo amico. Seamus che aveva ancora la mascotte a forma di quadrifoglio
della Coppa del Mondo di Quidditch, nonché una cotta segreta ma molto discussa per Padma Patil. Seamus.
No, smettila di pensarci!
“Chi… chi
altro?”
Ron era pallido
e stanco. Non riusciva a parlare.
Harry guardò
Dean, che era sempre calmo, ma
Ginny era ancora appoggiata a lui, e Calì, la sua ragazza, sembrava devastata. Era chiaramente
occupato.
Alla fine fu di nuovo Hermione a parlare, la voce spezzata e affievolita
dai vestiti di Ron. Di solito riusciva a tenere i nervi saldi nei momenti di
crisi, anche quando tremava e sembrava sul punto di crollare.
“Non… non lo
so. Soprattutto i più giovani… Orla Quirke, il
fratello minore di B-Blaise Zabini, e… qualcuno del primo anno. Non so i loro nomi, io…” La sua voce si mutò in pianto. “Non li
conoscevo…”
“Hermione,
va…” prese a dire Harry.
Ron, che di
solito non era espansivo, le baciò i capelli e la strinse a sé. “Va tutto bene,
amore,” disse, sistemandosi la sua testa sotto il
mento. “Va tutto bene.”
Il fratello
minore di Blaise Zabini… Harry non poté fare a meno di guardare i Serpeverde.
Draco era
inginocchiato, una posizione in cui non l’aveva mai visto prima. Il suo viso
era pallido e deciso, e stava parlando con un ragazzino del primo anno.
Harry vide
le sue labbra formare le parole “Non devi avere paura,”
un ordine quasi violento, ma lo disse con tale sicurezza che anche il ragazzino
assunse un’aria più sicura.
Continuò a
guardare, senza capire come mai quella visione lo colpisse
tanto.
A quel punto
Draco si decise ad avvicinarsi a Zabini.
Harry cercò
di distinguere l’espressione sul volto di Zabini, ma aveva la testa piegata
verso il basso.
“Oh, Harry,” bisbigliò Ginny, “come faremo?”
Harry le
prese una mano e la strinse, e lei gli si avvicinò, grata. Povera dolce Ginny. Per lei poteva essere ancora un eroe… o almeno un
amico.
“Non lo so,” disse, notando i suoi occhi lucidi. “Però
non piangere, Ginny. Ti prego.”
Lei lo
strinse forte, aggrappandosi al suo braccio.
Harry vide i
capelli di Draco sfiorare la manica di Zabini.
Ed ecco che il chiasso, la confusione e l’angoscia che lo circondavano
si calmarono, perché Silente si era alzato in piedi e tutti si erano girati a
guardarlo.
Il preside
era vecchio e fragile, ma non era tanto lui quanto le speranze che in lui erano riposte ad essere d’aiuto.
L’unico mago che Voi-Sapete-Chi avesse mai temuto.
Hermione e Ginny cercarono entrambe di asciugarsi le lacrime.
Il professor
Silente continuava ad avere un tipo di magia molto speciale.
“Siamo in
guerra,” si limitò a dire. “In guerra non si possono
evitare gli orrori. Ciò che mi consola è la convinzione che voi tutti
soffrirete coraggiosamente. Sono convinto che riusciremo a riavere coloro che sono stati presi. Sono certo che coloro che sono rimasti continueranno a battersi.”
La sala era
piena di volti illuminati da una speranza disperata.
“So di poter
contare sul coraggio di ognuno di voi. Il professor Lupin discuterà le ulteriori precauzioni
da prendere durante le riunioni del Giovane Ordine, ma la cosa più importante
per tutti voi, in questo momento, è solo affrontare il pericolo e mantenere la
convinzione che stiamo lottando per una giusta causa, e che non saremo
sconfitti.”
Attorno a
Harry la tensione sembrò placarsi, e sui volti si fece
strada una convinzione sempre maggiore.
I
Serpeverde, osservò Harry, guardavano Silente con rispetto, ma senza quella
fede luminosa. Per loro non avevano mai dato importanza a ciò che era
importante per il resto della scuola. Draco si era rimesso in
piedi, sicuro e biondo e quasi simile ad un cavaliere dall’armatura
scintillante, se non lo si guardava negli occhi. I Serpeverde facevano calca
attorno a lui. La sua mano era posata sul braccio di Blaise Zabini.
Restarono
accanto a lui mentre uscirono dalla sala, e Harry
pensò, dov’è Snape?
Hanno bisogno di qualcuno… Draco ha bisogno di
qualcuno…
Avrebbe
voluto parlare con lui per un attimo, ma adesso stava con
i Serpeverde. Era loro.
Così Harry
assunse un’espressione coraggiosa e abbracciò fraternamente Ginny,
e raggiunse con tutti gli altri
Harry si disse che il suo posto era con loro, e bastò quello per confortarlo.
*
Hermione e
Ron finirono per addormentarsi abbracciati sul divano nella sala comune,
stringendosi forte per combattere il dolore. Era tardi quando
Harry salì le scale aiutando Neville e Dean, che
erano esausti e scossi.
“Buonanotte,
Harry,” disse Ginny quando
furono arrivati.
“Notte.” Si
chiese cosa stesse facendo Draco in quel momento.
Il tragitto
fino al suo letto fu rapido, tremendamente rapido.
Cercò di non guardare il letto di Seamus, cercò di
non guardare gli altri mentre facevano lo stesso e
fingevano che ogni loro più piccolo gesto non fosse rigido e terrorizzato.
Tentò di non pensare alla solitudine, e al fatto che alcuni erano
stati rapiti durante il sonno. Cercò di ripensare alla luce del sole
poco prima, alle risate.
Non
funzionò. Continuava a rigirarsi tra le lenzuola al pensiero di chi sarebbe
stato il prossimo, Hermione, Ron, Ginny, Dean… e nel mezzo di quell’incubo
e dell’ansia si addormentò e…
Stava
nuotando nel lago di notte. Si sentiva particolarmente pesante nell’acqua, come
sul punto di sprofondare.
Che poi
voleva dire annegare, no? L’idea gli sembrò stranamente rasserenante.
Hermione gli
passò accanto su una delle imbarcazioni con cui Hagrid
trasportava i ragazzi del primo anno, e aveva accanto una lanterna che
illuminava il suo libro.
La chiamò, e
lei rispose, “Harry, ho da fare. Devo combattere una
guerra. Potresti star zitto, per favore?”
Quando
passò il battello seguente vide Ron, immerso negli schemi delle strategie di Quidditch. Gridò il suo nome, ma
Ron alzò la testa e disse,
“Scusa,
Harry, ma appena finiti questi devo stare un po’ con
Hermione.”
Diventava
sempre più pesante.
“Sorbetto al
limone.”
Harry si
voltò e vide Draco in acqua.
“Che… che
cos’hai detto?”
Draco rise,
con un suono simile al lieve tremolio del lago. Nuotò all’indietro, la pelle
bagnata lucida e candida.
“Di chi ti fidi?”
A quel punto
Harry si tese per toccarlo, e si svegliò.
Era notte
fonda, e il suo letto era più freddo del lago. Dean e
Neville stavano dormendo, li sentiva, e sentì il
bisogno di fuggire all’assenza del leggero russare di Seamus.
Voleva
andare a parlare con Draco, ma nel bel mezzo della notte doveva star dormendo,
inoltre vagare per i corridoi di quei tempi…
Harry si
alzò e si sedette sul davanzale a guardare la pallida alba
mentre sorgeva il sole.
“Sei sveglio, Harry?” chiese sottovoce Dean.
“Io… sì. Ho
fatto un brutto sogno.”
Poteva parlare
con Draco a colazione.
“Su cosa?”
Harry
aggrottò la fronte. “Non… non mi ricordo.”
*
Draco non
c’era a colazione, e quel giorno non avevano lezioni in comune coi Serpeverde. A pranzo era circondato da persone, a cena
Harry era occupato a discutere con gli altri Grifondoro
della fine della storia tra Dean e Calì avvenuta quella mattina, e a chiedersi se c’entrasse qualcosa Ginny Weasley.
Draco aveva
prenotato il campo di Quidditch per dopo.
Per qualche
strano motivo Harry guardò gli allenamenti dalla finestra della torre, ma non
riuscì a trovarsi faccia a faccia con Draco fino alla
riunione del Giovane Ordine.
Draco era
appoggiato allo schienale della sedia, col viso molto pallido. Aveva delle
ombre lievi sotto gli occhi, e i capelli leggermente fuori posto.
Sembrava che
non avesse dormito per niente.
E’ scandaloso. Qualcuno dovrebbe
occuparsi dei Serpeverde. Finirà per ammalarsi.
Pansy gli
stringeva una mano, e lui la lasciava fare con aria regale. Blaise Zabini gli
stava appiccicato al fianco. Tutti i Serpeverde erano stretti attorno a lui,
più vicini che mai.
Harry capì
il perché grazie alle parole di Lupin.
“Il
professor Snape è fuori a raccogliere informazioni
che aiuteranno a spiegare l’ultimo attacco. Il professor Black e io prenderemo il suo posto.”
Harry si
chiese vagamente se fossero così disperati da lasciare che Sirius
insegnasse di nuovo ai Serpeverde. Silente stesso l’aveva vietato dopo
A Draco era
sempre piaciuto Snape, ed era chiaro che sapeva già della sua assenza. Qualche ragazza Serpeverde
sembrava sull’orlo delle lacrime.
Draco
guardava Lupin, e sembrava calmo e assorto. A Harry
non pareva troppo sconvolto.
“Verrà introdotto un nuovo regolamento di sicurezza,”
proseguì Lupin. “Ai ragazzi dal primo al terzo anno è
assolutamente proibito lasciare le sale comuni senza un insegnante. Inoltre, i
prefetti saranno in servizio a tutte le ore per assicurarsi che fili tutto
liscio. Nessuno dovrà lasciare l’edificio se non con la classe intera, e gli
allenamenti di Quidditch saranno supervisionati da
Madama Bumb. Nessuno, per nessuna ragione al mondo,
potrà andare in giro da solo. Inclusi i Giovani Consiglieri. Harry Potter, ti
ho visto camminare per la scuola da solo, ieri. Che
non accada più.”
Harry vide
l’ansia negli occhi di Lupin, e si sentì male per
averlo fatto preoccupare. Ma dovevo vedermi con Draco. Se non possiamo andare in giro da soli per incontrarci, e
non possiamo uscire, come farò d’ora in poi a vederlo?
“Mi rendo
conto di quanto soffrano molti di voi,” disse
dolcemente Lupin. “Ma tutte
le informazioni raccolte finora da Snape portano ad
affermare che le persone scomparse non sono morte. Voi-Sapete-Chi sta mostrando da tempo grande
interesse per l’incanto Captus.”
Fu Ginny ad alzare timidamente la mano e a chiedere cosa
fosse.
Lupin, che
di solito incoraggiava le discussioni, chiese se ci fosse
qualche studente in grado di spiegarlo, e la forza con cui Hermione sparò in
aria la mano la fece quasi sobbalzare sulla sedia.
Ma fu
Draco che parlò senza essere interpellato, con voce pigra e quasi distratta.
“E’ la
versione nuova di un incantesimo antico,” illustrò
lentamente. Harry guardò le sue lunghe, pallide dita giocare oziosamente con
una piuma. “In passato, quando noi maghi eravamo più potenti e più numerosi,
potevamo creare un mondo a parte, intrappolarlo in una piccola sfera, e intrappolarci dentro persone vere. In questo modo, entrandoci,
la sfera diventava il nostro regno, quelle persone i nostri schiavi.”
Non sembrava affatto disgustato dall’idea, anzi, sembrava affascinato, ed era
simile a quei piccoli ritratti di maghi antichi nei libri del professor Rüf, tutto tratti da purosangue e raffinata crudeltà.
Ron borbottò
qualcosa come, “Ci avrei scommesso che lo sapevi, tu.”
“Lo sa anche
la tua ragazza, Weasley,”
ritorse Draco. “La magia necessaria per creare interi mondi è andata perduta,
ma si pensa che
La voce di
Ron si fece un po’ più alta.
“Strano che
tu sia così informato sulla Magia Oscura, Malfoy.”
Draco si
appoggiò allo schienale della sedia.
“Conosci il
tuo nemico, Weasley.”
“Certo,
perché la tua famiglia è sempre stata così contraria alle Arti Oscure,” ribatté Ron. “Tuo padre non ti ha insegnato…?”
“Ron,
smettila!” esclamò Harry.
“Non dire una parola su mio padre.”
Il tono
deciso di Draco spinse Pansy ad avvicinarglisi,
ma lui se la scrollò di dosso con fare imperioso. Harry stette ben attento a
non incrociare lo sguardo scioccato di Ron.
“Credo sia
meglio evitare le offese personali, signori.” La voce
di Lupin era tranquilla, ma
autoritaria. “Si è spiegato perfettamente, signor Malfoy, grazie. Altre
domande?”
Blaise parlò
con voce decisa, quasi accusatoria.
“E’vero che
il Signore Oscuro sta agendo con l’aiuto di qualcuno
dentro Hogwarts?”
Draco ha parlato con lui.
Però aveva
senso, così come l’aveva quando Draco ne aveva parlato
con Harry. Era una cosa che sapevano tutti, anche se molti non ne parlavano se
non sussurrando.
Lupin
guardò Zabini dritto negli occhi. Harry sapeva che non avrebbe mai mentito ad
uno dei suoi studenti.
“Sì, io
credo di sì. Ma non abbiamo idea di chi possa essere.
Posso solo invitare tutti voi ad essere discreti e a
stare all’erta per qualsiasi segnale che indichi comunicazioni con il nemico.”
Tutti si
guardarono intorno con timore e sospetto. Una cosa del genere poteva portare
alla paranoia, e forse era proprio quello il piano di Voldemort.
Harry si
ritrovò a osservare i volti attorno al tavolo in cerca
di segni di colpevolezza, e la cosa lo sconvolse.
“Grazie. I
prefetti possono scortare gli altri nelle rispettive sale comuni, adesso. Il
Giovane Consiglio deve discutere ulteriori misure di
sicurezza.”
Harry sorrise a Ginny quando lei si alzò,
perché era bianca e spaventata, come se non si fosse ancora resa conto di ciò
che aveva detto Lupin. Lei ricambiò, seppur con un sorriso
tremante.
Pensò di
stringerle la mano, ma fu distratto da Pansy che
continuava a dare piccoli bacini sulla guancia a Draco. Draco glielo lasciava
fare, e le labbra di Pansy sfioravano appena la
delicata linea bianca del suo zigomo. Harry pensò, ma a lui non piace che la gente lo tocchi, non
vuole che lo faccia…
In quel
momento Pansy si tirò via, affiancata da altre
ragazze Serpeverde e da Tiger e Goyle,
e lasciò Blaise e Draco. Harry vide Blaise spostare la sedia più vicino a
quella di Draco, quando se ne furono andate.
“Bene,” disse Lupin con fermezza,
appena la porta si chiuse dietro l’ultimo studente non-membro del Consiglio.
“La situazione è grave. Dobbiamo agire tutti per questa emergenza,
e questa è una delle cose che dobbiamo fare. Ecco delle mappe di Hogwarts, con su segnati i punti
che potrebbero essere vie di fuga in caso di pericolo. Sono incantate in modo
da mostrare le coordinate di chiunque sia nella scuola.”
La versione in tempo di guerra della Mappa del Malandrino, per gentile
concessione dei signori Felpato e Lunastorta.
“Noi
insegnanti abbiamo bisogno di aiuto per perlustrare
questi punti di notte, così, con l’aiuto del signor Boot,
ho preparato un orario per voi…”
Distribuì le
mappe e gli orari, e Harry prese i suoi automaticamente, prendendo
una piuma per scriverci su il suo nome, e ascoltando Lupin
mentre elencava i loro nomi.
“E il
martedì notte Padma Patil e
la professoressa Sinistra controlleranno la statua
della strega con un occhio...”
Una lista di
nomi, e Harry la lesse, e Lupin la lesse
a voce alta, e…
“… e Hanna Abbott
si occupe…”
“Hei!” disse Harry, a voce troppo alta, assolutamente
inappropriata in quel contesto e praticamente gridando
chiaro e tondo che non gliene fregava niente. “E io
cosa faccio?”
Lupin
abbassò le palpebre come a volersi isolare dal dolore di Harry. Hermione si
rifiutò di guardarlo negli occhi. Draco lo fece, ma il suo sguardo era
assolutamente inespressivo.
“Perché il mio nome non è sulla lista?”
“Beh, Harry.
Pensiamo tutti che sarebbe saggio tenerti lontano dai
pericoli. Nessuno dubita che saresti utile…”
Harry rise:
un suono divertito che, non fosse stato per la scintilla negli occhi di Draco,
avrebbe stentato a credere provenisse da se stesso.
“Semplicemente
non credete che potrei rendermi utile. Credete di dovermi proteggere.”
Era una
parola semplice, proteggere, una
parola che era intensa in senso positivo, ma che
strangolava senza pietà.
Non voglio la vostra pietà. Non
voglio niente di tutto questo. E non ho più voglia di
sopportarlo.
“No, Harry,
sii ragionevole…”
“Se non posso essere come gli altri Consiglieri, allora
perché mi avete fatto entrare in questo stupido Consiglio? Dovremmo
lavorare per proteggere il resto della scuola, non dovremmo essere
inermi né accuditi come bambini, e… non
mi toccare…”
Hermione
tirò via la mano di scatto, come se Harry l’avesse morsa.
“Harry, devi
capire che sei il bersaglio di Tu-Sai-Chi…”
“Siamo tutti
il bersaglio di Voldemort!” urlò Harry, pronunciando quel nome con rabbia.
“Siamo in guerra! Non voglio essere al sicuro mentre
tutti gli altri sono in pericolo, non voglio che tutti stiano in pena per me,
non voglio essere debole e forse non
voglio essere Harry Potter.”
Ecco
finalmente il segreto, la finzione smascherata, ci erano
rimasti male tutti, e a Harry non importava più un cavolo.
“Harry…”
“Taci! Non sono un debole orfanello, non c’è bisogno di tenermi in un
guscio o di cercare di farmi star meglio. Sono un membro del Consiglio, e se
non posso essere trattato in quanto tale… fanculo il
Consiglio. Fanculo il Torneo Tremaghi. E fanculo tutti voi.”
E finalmente
ci fu una scintilla di emozione negli occhi di Draco:
sembrò quasi che stesse per parlare, ma in quel momento Harry distolse lo
sguardo e corse via dalla stanza.
*
Harry
inclinò la testa all’indietro contro il muro e si disse
che non avrebbe pianto.
Era ancora
tremendamente furioso, aveva nel petto un magone
rovente, ma la rabbia cominciava a lasciare il posto alla desolazione. Era così
stanco di tutto.
Era successo
altre volte che gli saltassero i nervi: incidenti
minori rispetto all’ultimo, ma in ciascuno di essi c’era stato una specie di
copione secondo cui, dopo un ragionevole lasso di tempo, Hermione andava a
cercarlo. Poi lo riportava nella Torre Grifondoro,
dove tutti lo trattavano con quell’orribile
compassione.
E lui lo
aveva accettato. Non poteva deluderli. Era Harry Potter, la povera vittima
pietosa, il ragazzino eroe.
Strinse i
denti finché la mandibola non gli fece male.
Già se
l’immaginava. Il passo leggero di Hermione nell’atrio tra mezzora, il suo
gentile bussare, il suo tatto: non era arrabbiata
perché erano tutti in pensiero per Harry…
Fu allora
che sentì dei colpi che rischiarono di buttar giù la porta.
“Potter!
Fammi entrare, altrimenti faccio saltare la porta e ti fracasso il cranio coi pezzi!”
Draco.
Nessun altro poteva avere quel tono così aristocratico e incazzato
al tempo stesso.
“Che ci fai qui?”
“Alohomora!” La porta si spalancò all’istante. Draco era
sulla soglia che si guardava intorno con aria delusa. “Vitious
non sa proprio chiuderla bene la classe di Incantesimi.”
“Potevi
aspettare che ti aprissi,” disse Harry.
“I Malfoy
sono noti per la loro pazienza.” Draco sogghignò. “Nel
senso che la gente ci indica, dice che soffriamo di
una terribile mancanza della stessa, e poi racconta storie su mio zio, una sala
d’attesa e un orso.”
Improvvisamente
a Harry venne in mente cosa ci faceva lì Draco.
Era lì per
offrirgli comprensione. Era amico di Harry, l’aveva visto soffrire ed era stato
male per lui. E ora era lì a confortarlo e
rassicurarlo.
Oh, Draco. Pensavo che
fossi diverso!
“Ora,” disse Draco, effervescente. “Già che ci sono, voglio
sapere cosa diavolo era quel piccolo stupido exploit di autocommiserazione.”
Harry lo
fissò.
Ok. Era
ancora diverso.
E anche
piuttosto offensivo.
“Non era
auto…”
Draco
inclinò il capo. “Forse non voglio essere Harry Potter,”
citò in falsetto. “Forse Neville Paciock non vuole
essere Neville Paciock. E io
non gli darei certo torto se non volesse. Sono certo che un sacco di persone vorrebbero cambiare identità di questi tempi, ma nessuno di
loro interrompe riunioni maledettamente importanti del Consiglio.”
Harry
sollevò la testa. “Non si tratta solo della riunione del Consiglio!” Come osava
Draco comportarsi come se fosse Harry ad avere torto? Come osava chiedergli di
giustificarsi?
“Oh, qui ti
do ragione,” rise Draco, prendendolo in giro. “Passi
la metà del tuo tempo a lamentarti e a far passare l’appetito al prossimo. Cazzo, è ridicolo.
Ti
suggerisco di smetterla.”
Harry balzò
in piedi.
“Io ti
suggerisco di non mettere il naso in cose che non capisci!”
Si accorse
di aver stretto i pugni. Draco abbassò gli occhi su quei pugni e curvò un
angolo della bocca.
“Illuminami.”
Sogghignò. “Oppure colpiscimi, Potter. Come
preferisci. La conoscenza è potere e il potere è divertente, ma una sana
azzuffata non fa mai male.”
“Oh,
sparisci e smettila di fare il bastardo!”
Non lo
avrebbe colpito. No.
“Posso
provare la mia legittimità, Potter. Fino a dodici generazioni, se necessario.”
Beh. Magari
una volta sola.
Avanzò fino
a costringere Draco a reclinare la testa all’indietro. Cercò di mantenere la
voce distaccata.
“Smettila di
prendermi in giro! Non sai cosa si prova.”
“Cosa si prova quando?”
La voce di
Draco era quasi annoiata, ed era una cosa irritantissima, così Harry prese fiato e gli raccontò tutto.
“Cosa si prova quando tutta la scuola ti compatisce! Quando tutti sanno che hai fallito e che una persona è
morta! Cosa si prova ad essere un povero fragile orfanello di
cui non si fida nessuno, che tutti proteggono, che tutti coccolano. L’hai visto. Lo sai. Lo sanno tutti. Il modo in
cui mi hanno eletto capitano della squadra di Quidditch, e campione per il Torneo Tremaghi, il modo in
cui tutti cercano sempre di farmi sentire
meglio, anche se nessuno mi lascia fare niente perché sanno che sono
inutile! Lo odio, è… è insopportabile ed è… è…”
Harry si
fermò per prendere fiato. L’ho detto, pensò,
stordito. L’ho detto, e adesso Draco
capirà…
Gli occhi di
Draco erano spalancati.
“Cazzate,” disse.
Harry sbatté
le palpebre. “Cosa?”
“Perché dici tante cazzate,
Potter?” domandò Draco. “Cadevi spesso sulla testa, da piccolo?”
“Malfoy, se
hai intenzione di ridere dei miei sentimenti…”
“Certo che
ho intenzione di ridere dei tuoi sentimenti. E’ quello che fanno
i Malfoy.” Guardò Harry dall’alto del suo naso. “E ho
anche intenzione di chiederti perché hai deciso di vomitarmi nelle orecchie
queste idiozie melodrammatiche. Mi sento violato, francamente. Hai fallito e
una persona è morta, cavolo, ok. Non sei riuscito a
battere il Signore Oscuro e i Mangiamorte,
tutto solo all’età di quattordici anni. Già, lì sì che hai
deluso tutti. Se solo ci fosse stato Paciock,
al tuo posto, avrebbe certamente salvato Diggory
sacrificandosi eroicamente.”
“Non è
divertente!”
Però in effetti suonava stranamente più convincente di Non è colpa tua, Harry. Non c’era niente che
potessi fare.
Draco
continuò impietoso.
“Perché ti
hanno eletto capitano, per l’amor del… Hai ragione, Potter, dev’essere
stata di certo compassione. Avrebbero
proprio dovuto dare quel ruolo al
bimbo prodigio della squadra, il giocatore più giovane del secolo… ehi, aspetta
un attimo, l’hanno fatto! Ancora un po’ e mi dirai che
ti lasciano vincere le partite, quando le hai vinte ogni volta che eri
abbastanza in salute da giocarle, dal primo anno. Ma almeno ti ascolti quando ti lamenti? Datti una calmata!”
Aveva un’espressione esasperata, sembrava avesse voglia di colpire Harry con
una sedia. Draco non avrebbe potuto essere più stronzo,
considerato il fatto che si trattava dei sentimenti sinceri di una persona: si
stava comportando come l’idiota egoista e insensibile che Harry aveva sempre
voluto prendere a pugni fino allo svenimento, e…
Draco aveva ragione. Era grandioso.
“Già, ti
coccolano tutti. Cos’altro ti aspetti, se porti sempre
il broncio per la tua Grossa Grassa Tempesta Emotiva? Sono i Grifondoro, Potter, gli inutili bacchettoni, nel caso non
te lo ricordassi. E’ ovvio che saranno carini con te. Dubito che l’unico
obiettivo della loro vita sia proteggerti e viziarti, a parte quella rimbambita
di Weasley e quell’inquietante
Canon. E poi dicono che io sono vanesio. Assurdo.”
Draco espirò
a fondo.
“Questa
scuola è piena di gente a cui non frega un cazzo di
Harry Potter e delle sue patetiche crisi. Povero, fragile orfanello.
Riprenditi, Potter, continuano a scomparire studenti e nessuno ha il tempo di interessarsi a te o ai tuoi adorati gen…”
“Attento, Malfoy.”
Harry avanzò
così furiosamente che quasi sentì il battito di ciglia di Malfoy sulle guance,
quando chiuse gli occhi.
“Fanculo, Potter.” Ma non terminò
quella frase. “Dov’ero rimasto? Ah, sì. Stavo
demolendo il tuo bel castello di illusioni. Ti
proteggono perché sei tenero e debole. Giusto?”
Di certo
Harry non avrebbe usato quelle parole, ma… “Sì…”
“Certo. Ora
tutto quadra. Non è possibile che siano preoccupati per te per ragioni
legittime. D’altronde chiunque in questa scuola almeno una volta ha sventato i
piani di conquista del mondo del Signore Oscuro. Lupin non può aver preso in esame questa cosa e aver deciso
di non usarti come guardia invitando le forze oscure a precipitarsi qui decise
a farti fuori.”
Harry lo fissò.
Non ci aveva mai pensato.
“E’ questo
che credi?”
“A dire il
vero, no,” rispose Draco. “Tu-Sai-Chi
ti odia, lo sappiamo tutti, e penso che se ci fosse stata
una possibilità di catturarti l’avrebbe già fatto. Credo che tu sia una delle
persone più al sicuro, a scuola. Ma sicuramente capisco Lupin,
e né io né nessun altro pensiamo che tu abbia bisogno
di qualcuno che ti stringa la mano mentre cammini per i corridoi.”
Fu in quel
momento di tremolante sollievo, con il pensiero fluttuante che forse, ma forse,
Draco aveva ragione… che Harry si rese conto che aveva torto.
“C’è il
Torneo Tremaghi,” disse, alzando il mento. “L’hanno
organizzato praticamente con le stesse prove, solo per
tirarmi su e metterci una pietra sopra. Spiega quello.”
Draco lo
fissò incredulo.
“Sei stato proprio
fortunato a non finire a Serpeverde,” disse a Harry.
“Se avessi dovuto ascoltare queste chiacchiere per sei anni, avrei dato di
matto e ti avrei ucciso con un manico di scopa.”
“Oh, hai
un’altra idea?”
Draco spinse
Harry indietro di qualche centimetro, così da avere lo spazio per sporgersi in
avanti.
“Ti sembrerà
strano ma sì. E la mia idea è molto più plausibile,
cosa assai meno strana dato che la tua è la più stupida che abbia mai sentito.
Nessuno organizza tornei internazionali per rallegrare scolaretti intristiti. I
tornei servono a rallegrare tutto il
mondo magico. Non capisci che Beauxbatons è stata
chiusa, e che hanno dovuto prendere il loro terzo campione dai patetici avanzi
di una scuola di magia in Francia? Credi davvero di essere
tanto importante?”
Harry
avrebbe risposto di no, ma l’unica cosa che sembrava essere in grado di fare
era fissare Draco mentre la speranza gli affiorava
alla bocca dello stomaco.
“Per favore,
Potter,” disse Draco nel suo tono più sdegnoso.
“L’hanno organizzato per dare coraggio al mondo dei maghi. E’ stata una mossa
molto semplice per far sì che ci fosse altro da scrivere sui giornali, oltre
alle sparizioni. E scusami tanto, ma non credo che
abbiano tempo da perdere per cambiare le prove. Siamo nel mezzo di una guerra,
e poi… sono certo che farebbe piacere a tutti, se tu vincessi. Sei Harry
Potter, dopotutto. Sarebbe bello per i giornali. Ma non credo
affatto che sia stato messo su per il tuo bene.”
Draco lo
sorvegliò, come se non credesse che si potesse essere tanto stupidi. Harry quasi sussultò.
Quindi
spinse Draco contro il muro.
“Se stai
cercando di consolarmi, non ti perdonerò mai,” giurò.
Draco lo
spinse via.
“Io non
cerco di consolare la gente,” rispose immediatamente.
“E non mento che per i miei interessi. Perciò perché non ci dai un taglio col teatro amatoriale,
Potter, e mi spieghi perché?”
Si aggiustò
i vestiti e raggiunse la bassa scrivania di Vitious, appoggiandovisi,
senza dare a vedere che l’altezza lo disturbava.
Harry lo
seguì con lo sguardo.
“Perché cosa?” chiese.
Draco
sorrise, un sorriso fulmineo e luminoso. “Se è da anni
che sei convinto che la gente pensi questo di te… se è per questo che a volte
hai un muso lungo fino al pavimento… perché hai lasciato che lo pensassero? Non
sei un tipo falso. Cosa stavi nascondendo?”
Harry si
sedette sul pavimento. Praticamente ci cadde.
“Malfoy,
non…”
Si tirò le
ginocchia al petto, ci posò il viso, e forse dopotutto era davvero un bimbo, e
Draco aveva il diritto di essere spietato.
Draco gli si
avvicinò, e Harry lo sentì sedersi davanti a lui.
Harry alzò
gli occhi e incrociò il suo sguardo intenso.
“A me puoi dirlo,”
disse.
“Ho solo
lasciato che pensassero ciò che volevano, va bene?” scattò Harry. “Non c’è
niente di male. Se volevano credere che fossi un
martire innocente, era meglio…”
“Cosa sei?” Draco gli lanciò le parole, veloci, fredde e
dure.
L’emozione morse Harry all’interno. “Sono… oh, al diavolo!”
Ricordò
l’odio per gli assassini dei suoi genitori, e lo sguardo sui volti innocenti e
terrorizzati di Ron e Hermione.
Harry non vuole uccidere nessuno,
vero, Harry?
L’odio accecante che aveva provato per Voldemort sentendo dei genitori
di Neville, e poi dopo Cedric… sapere che nessun
altro avrebbe mai potuto sapere cosa pensava il piccolo eroe, sapere che non
era davvero innocente quanto loro, sapere, adesso, che doveva dirlo a qualcuno. A Draco.
“Odio
Voldemort,” disse Harry con trasporto, con la lingua
che si caricava di veleno. “Lo odio. Lo detesto, più di quanto gli altri
possano immaginare, voglio ucciderlo, adorerei ucciderlo… e non dovrei provare queste cose!”
Si era
sporto in avanti, solo le sue ginocchia lo separavano da Draco, e Draco non esitò un secondo.
“Anch’io,” disse deciso. “Anch’io lo odio.
Non vuol dire che debba sentirti in colpa.”
Ed ecco quella
gelida e tagliente amarezza nella voce di Draco, quella furia omicida, e Harry rabbrividì al pensiero e capì, e non era il disgusto
automatico che si era aspettato. Non c’entrava niente con ciò che si era
aspettato.
Abbassò di
nuovo la testa sulle ginocchia, prendendo un respiro inerme.
Sentì il
tocco di Draco tra le scapole, leggero e fugace.
“E’ tutto
qui quello che ti tormentava?” domandò. “Solo il fatto che vuoi vendetta e non
pensi che gli altri capirebbero? E’ perfettamente naturale, è
perfettamente normale, e loro potrebbero capirlo. E anche se non lo facessero, va benissimo essere diversi da loro e…” Draco si
fermò. “Potter… stai piangendo?”
Harry alzò
il viso indignato. “No!”
Draco parve
distintamente sollevato. “Oh. Beh. Bene. Stavo per correre a chiamare Granger. Tutto a posto, allora?”
Aveva
nascosto tutto così bene, come un segreto colpevole, perché non era giusto
sentire quella rabbia cieca che gli tamburellava dentro.
Come il segreto di essere quasi finito a Serpeverde, che non
aveva mai svelato né a Ron né a Hermione. Ma
l’aveva detto a Draco, che era un Serpeverde e che comprendeva il dolore,
l’odio e l’ira mortale.
L’aveva
detto a Draco.
“Diciamo di
sì,” rispose Harry. Si sentiva completamente
prosciugato.
Riuscì a
sentire Draco sporgersi in avanti per sbirciare il suo viso, sentì il suo peso sulle gambe, e fu come se mancasse qualcosa, quando
quel peso sparì. Draco sembrava soddisfatto di ciò che aveva visto.
“Sei un po’
idiota, Potter,” osservò senza reale rancore.
Harry si inclinò all’indietro. “Può darsi,”
disse, esausto. “Non capisco perché tu abbia accettato di essere
mio amico.”
“Ovviamente
c’è il fattore divertimento,” considerò Draco. Si
fermò, e Harry vide vacillare nei suoi occhi quella luce brillante che aveva sempre quando rifletteva. “E poi per… per quello che provi
per Tu-Sai-Chi,” disse
infine, con gli occhi rivolti verso Harry. “Perché lo
sai fare anche tu.”
La ferocia
nello sguardo di Draco rispose alla domanda prima che Harry la ponesse.
“Fare cosa?”
“Vivere.”
Draco alzò in aria le mani. “Voglio dire, vivere davvero. Non
esistere con o senza un obiettivo, ma amare il fatto di esistere.
Insomma… Non devo spiegartelo. Lo sai. Che altro provi quando
voli?”
Harry
ricordò all’improvviso e vividamente la sensazione provata quando era salito su
una scopa per la prima volta. Quella gioia assoluta… era facile, era meraviglioso.
“Sì,
esattamente,” disse Draco, continuando a guardarlo con
orgoglio. “Proprio così. E’ così che può essere tutto quanto. Lo so. E’ così
che vivo… è così che puoi vivere tu. E loro non
possono, nessuno di loro, nemmeno i tuoi amici tanto speciali, ed è per questo
che non possono arrivare né al mio livello né al tuo. Perché non riescono a
vivere con la stessa furia.”
Furia.
Quella parola sembrava stranamente azzeccata per Harry, per il solo motivo che
chiunque altro l’avrebbe trovata inadatta.
Capì. Draco
non sprecava nessun momento, ci si buttava dentro. La
sua ostilità verso di lui era stata così intensa perché Draco non conosceva
altri modi di essere. Sapeva essere solo assolutamente atroce o assolutamente
spassoso, ma sempre assolutamente, perché c’era sempre passione in lui.
Passione. Si
trattava solo di passione. Ed era per quello che lui e
Draco, nonostante fossero nemici, erano sempre stati allo stesso livello.
“Non ne sono
capaci,” continuò Draco.
“Smettila,” disse Harry. “Io voglio bene a Ron e Hermione.”
Draco alzò
le sopracciglia. “Sì, beh, è questo il tuo problema, no? Il fatto che gli vuoi
bene ti ha fatto sentire in colpa per anni. Sei tornato in quel sottoscala nel
momento in cui hai deciso di volergli bene.”
“No, questo
non è vero,” rispose Harry. “Ho capito cosa vuoi dire.
Ho capito che è per questo che riesci a vivere così. Ma l’amore non funziona così. Il rischio di cadere rende più
bello il volo. Io voglio amarli: questo rende più bella la mia vita. Ha persino
reso più sopportabili i giorni passati lì dentro. Perché mi ha fatto capire che
non volevo mai più essere messo in gabbia.”
“Non capisco,” disse Draco. “Io riesco a vivere, no? E
non sono mai stato intrappolato.”
Harry pensò
a Draco negli anni passati, alla pura energia che aveva messo in ogni cosa,
giusta o sbagliata che fosse. Era quello il motivo per cui Harry l’aveva odiato tanto: perché anche se era solo
un altro studente e Harry aveva affrontato le forze dell’oscurità, lui era
stato capace di diventare un nemico che non poteva essere ignorato.
E l’aveva
fatto perché Harry sapeva odiarlo così tanto, sapeva desiderare con passione di batterlo una
volta per tutte.
Allo stesso
livello, appunto.
“Ne sei
sicuro?” chiese Harry, ma non fu capace di pronunciare il nome del padre di Draco.
“Sì,” scattò Draco, volgendo le spalle a Harry nel modo deciso
in cui faceva tutto.
“Non c’è
niente di male nell’amare,” gli disse sottovoce Harry.
“Chi?”
“Chiunque,
come io amo Ron e Hermione. Non c’entra il sottoscala. Rende
tutto più brillante, è parte del… vivere davvero. Nessun uomo è
un’isola, sai?”
“Astuta
osservazione. E nessun uomo è un campo da Quidditch.” L’angolo della bocca di Draco si piegò
all’ingiù. “Non sono d’accordo.”
Sorrise all’improvviso, un sorriso di tale intensità che sarebbe
sembrato dolorosamente acceso a chiunque, tranne che a Harry.
“Comunque. E’ per questo che ho accettato… questa cosa.” Fece un gesto ampio. “Bene allora. Tutto a posto con la
tua crisi emotiva? Sicuro di non star pensando alla tua infanzia abusata?”
Si alzò con
grazia. Harry guardò in su.
“Mm?”
Draco rise.
“Ti ho chiesto a cosa stai pensando.”
“Oh. Stavo
pensando a te.”
Draco sorrise leggermente, misteriosamente, e gli porse la mano. “In questo caso, forse puoi alzarti
dal pavimento duro e possiamo tornare alla riunione.
Ho chiesto agli altri di aspettare, ma non pensavo ci sarebbe voluto così tanto.”
Harry scosse
la testa incredulo, ma non poté fare a meno di ridere.
“Mi piace stare qui. Dopotutto non riuscirò più a vederti tanto spesso.”
“Oh,
davvero?” Draco alzò un sopracciglio. “Mi vedrai stasera. Promesso. Adesso ti
alzi, inutile idiota?”
Harry si
sporse e prese la sua mano. “Ok.”
*
Hermione
squadrò Blaise Zabini dall’altra parte del tavolo, e lui strinse gli occhi
imitandola.
Il tuo piccolo leader
Serpeverde non sta riportando qui Harry. Voleva dirlo, voleva gridarlo, ma Lupin la stava guardando, così rimase in discreto silenzio.
Conosceva quello sguardo afflitto sul volto di Harry. Harry aveva bisogno di
stare solo dopo sfoghi come quello.
Certo,
Malfoy non le aveva dato il tempo di dirlo. Appena
Harry era uscito dalla stanza quel Serpeverde
ficcanaso aveva fatto indietro la sedia, sul volto una maschera che non tradiva
nulla, e gli era corso dietro.
Non
presagiva niente di buono. Hermione l’aveva sempre saputo. E
si sentì quasi soddisfatta al pensiero di come avrebbe probabilmente reagito
Harry. Era ora di porre fine a quella strana amicizia, comunque.
Malfoy era sbagliato per Harry.
Harry. Hermione strinse le dita attorno
alla piuma. Odiava quello sguardo triste, quell’espressione
impenetrabile e quegli occhi feriti che chiedevano di lasciarlo solo e che le
facevano desiderare di alzarsi e urlare, Qualsiasi
cosa sia, Harry, puoi dirmela, puoi dirmi tutto…
Ancora un
attimo e sarebbe andata da lui.
Un attimo
dopo Malfoy e Harry entrarono nella stanza. Malfoy tenne su il mento e
sorvegliò tutti con quell’aria autorevole che
Hermione trovava così incredibilmente irritante.
“Vi siamo
mancati?” chiese con supponenza.
Harry lanciò un sorriso imbarazzato in direzione di Hermione, quindi si
mise a sedere in silenzio.
Hermione non si lasciò affatto ingannare dalla posa timida e modesta
che gli veniva tanto bene. Guardò il sorrisino appena accennato agli angoli
della bocca di Harry e la strana luce nei suoi occhi.
Non ci
capiva niente.
“Nessuna idea geniale mentre ero via? Certo che no, ero via,” mormorò Malfoy tra sé e sé nel suo tono tremendamente
tronfio. “Discutiamo la questione sicurezza, ok?”
Quelle
parole fecero scattare in su la testa di Hermione. Ok, odiava Malfoy, ma sapeva che era una risorsa dalla loro
parte. Lui e Hermione avevano lavorato insieme su un
paio di progetti necessari, e malgrado i commenti acidi e le frequenti
occhiatine allo specchio, il ragazzo sapeva il fatto suo.
Inoltre
Harry collaborava raramente. Hermione non poteva deludere i Grifondoro.
Malfoy si era
alzato in piedi.
“C’è una
spia di Voi-Sapete-Chi a Hogwarts,” disse disinvolto. “Quindi,
naturalmente, dobbiamo prendere precauzioni. Nessuno deve sapere tutto. Dobbiamo
assegnare diverse aree di investigazione e custodia a
diverse sezioni del Consiglio e dell’Ordine.”
“Io devo
occuparmi sia delle cure che della ricerca,” lo
interruppe Hermione, mantenendo un tono professionale. “Siamo quasi giunti ad
un punto di svolta nella conservazione delle lacrime di
fenice. Potrebbero rivelarsi cruciali sul campo di battaglia.”
Malfoy annuì
delicatamente. Da molto tempo avevano stabilito dei limiti di finto rispetto.
“Quanto cruciali?”
chiese Harry. “Le lacrime di fenice curano solo le ferite
fisiche, me lo ricordo. Quanto servirebbero le
lacrime conservate, se i Mangiamorte si affidassero
agli incantesimi? Servirebbero solo a curare ferite procurate lungo il cammino.
Non penso che tutto il reparto cure dovrebbe
focalizzarsi su questo.”
Hermione
sbatté le palpebre e si domandò se per caso non fosse finita in un universo
parallelo. Certo, Harry sapeva delle lacrime di fenice sin dal secondo anno, per
via della Camera dei Segreti, ma… era davvero strano da parte sua intervenire
durante le riunioni del Giovane Consiglio.
Era strano
che fosse così… reattivo. Vivo.
“Ben detto,
Potter. Mi raccomando, Granger,”
disse Malfoy freddamente.
Hermione si
accigliò. Ovviamente a lui non
importava.
“Ora. Per
quanto riguarda la questione di quanto possiamo
fidarci del professor Lupin,” continuò Malfoy.
Hermione si
alzò. “Come osi! E’ il capo del Giovane Ordine. E’ stato a lui a mettere in
piedi tutto questo. Come osi anche solo insinuare che potremmo non fidarci di
lui?”
Malfoy
inarcò un sopracciglio.
“Non l’ho
detto. So che voi Grifondoro siete anime pure. Potete
fidarvi, se credete… ma io sono un Serpeverde, noi non
ci fidiamo di nessuno. E in questo momento, in questa
situazione, non possiamo assolutamente fidarci di nessuno. Perciò siete
dannatamente fortunati ad avere me.”
“Professore…!”
“Signorina Granger,” disse Lupin. “Non voglio costringere nessuno a
fidarsi di me. Il signor Malfoy sta facendo del suo meglio per il bene
della scuola. Non ho problemi ad essere considerato un sospetto come tutti gli
altri… e penso che abbia ragione.”
“Non
sospetta di lei,” disse Harry, intervenendo
nuovamente.
Lo sguardo
di Malfoy guizzò brevemente.
“No,” ammise, più delicatamente. “Ma
potrei sbagliarmi. E’ già successo, una volta o due. Ora, che ne pensate di
inserire Terry Boot nella divisione ricerca?
Siediti, Granger.”
Hermione si
sedette pesantemente, e alzò lo sguardo per scambiare con Harry una delle loro
solite occhiate quei-maledetti-Serpeverde.
Ma Harry
stava guardando Malfoy, e splendeva d’orgoglio.
*
Draco aveva detto che si sarebbero visti quella sera.
Qualche ora
più tardi, mentre scendeva le scale per andare nella sala comune, Harry ne
dubitò. Non che non gli credesse, ma
era alquanto probabile che Draco avesse sopravvalutato le proprie capacità…
Harry stata in effetti soppesando l’ipotesi di indossare il Mantello
dell’Invisibilità, fingere di stare andando al bagno e sgattaiolare nei
sotterranei. L’unico neo era che Ron e Hermione, probabilmente, sarebbero stati
scettici circa una permanenza al bagno lunga ore, e i Serpeverde avrebbero potuto allarmarsi di fronte a strane presenze invisibili
che aprivano le porte, ma…
Si bloccò su
uno scalino, perché Draco era nella sala comune. Era appoggiato al muro e stava
sussurrando pigramente qualcosa a Calì Patil, che pareva piuttosto affascinata.
Harry pensò
che era davvero
carina.
“Malfoy,” disse.
Draco si
voltò e sorrise. “Potter. Tiger e Goyle
mi hanno piantato qui, e mi serve qualcuno che mi riaccompagni. Non vorrai
certo abbandonare un innocente nel momento del bisogno, spero.”
Harry
sogghignò. “Non sono sicuro che tu possa essere definito innocente, Malfoy, ma
suppongo di doverti accompagnare. Rompiscatole.”
Draco si
spostò di un passo da Calì, alzando le sopracciglia.
“Allora
suppongo che il mio ultrasviluppato senso
dell’ospitalità mi obbligherà ad intrattenerti nella mia stanza. Che fastidio. E’ sempre un piacere, Calì.”
Draco le
regalò il suo sorriso più fascinoso e Calì ricambiò.
Aveva i
capelli lunghi e lucenti, era molto popolare e aveva degli enormi occhi neri.
Si era appena lasciata con Dean. Non era un
comportamento appropriato.
Draco stava
già camminando spedito verso la porta, quando Calì
mise un piede sul primo scalino, sempre sorridendo, e scosse la testa.
“Quel Draco
Malfoy,” disse divertita. “Spudorato.”
“Come,
scusa?”
“Potter,
datti una mossa, non ho intenzione di passare la vita in queste stanze. C’è
gente onesta e leale qui, e quelle cose sono contagiose.”
Harry alzò
gli occhi al cielo e camminò in tutta calma fino al punto dove stava Draco, che
aveva l’aria da martire di chi è stato trattenuto da rozzi bifolchi.
Durò i due
secondi che impiegarono per uscire dalle stanze dei Grifondoro,
quindi Draco avviò la conversazione, e prese a sembrare di ottimo
umore.
“Devo dirlo,
voi Grifondoro avere standard molto alti di bellezza
femminile,” osservò allegramente. “Alcune cose
sfornate dai Tassorosso sono semplicemente tragiche,
ma le vostre ragazze sono attraenti quasi senza eccezioni. C’è Calì che è davvero notevole, e anche la tua fan Ginny Weasley è piuttosto carina.”
“E Hermione, allora?” chiese Harry in tono accusatorio.
Draco rise.
“Oh, non mi
piace la ragazza, ma devo ammettere che è molto attraente.”
“Malfoy, non
puoi dire certe cose. E Ron?”
“No, lui non è affatto attraente.”
Draco fece
una faccia un po’ sconvolta. Harry si vietò di ridere. Dopo qualche secondo,
disse neutrale,
“Dunque, Calì. Sai, lei e Dean si sono lasciati l’altro giorno.”
Lasciò la
frase in sospeso. Draco si girò verso di lui, un angolo della bocca sollevato.
“Pensi
davvero che sia interessato a quella Calì? Per
favore. Un’innocente Grifondoro.” Tirò una ciocca di
capelli di Harry. “Sai, ho degli standard.”
Harry non
riuscì a non ridere.
“Errore
mio.”
“L’errore è
sempre tuo, Potter. Allora, dimmi. C’è qualche possibilità che tu sappia giocare a poker?”
Harry
sospirò con fare drammatico. “Allora è così che andrà a finire. Niente più
avventure, solo partite a carte nella tua stanza. Probabilmente mi annoierò
fino alle lacrime.”
Dubitava che
Draco sapesse essere noioso.
Draco era
impegnato ad assumere la sua aria superiore, cosa che includeva lo scuotere i
capelli all’indietro guardando il mondo dall’alto con indifferenza.
“Non essere
assurdo, Potter,” disse Draco. “Hai un Mantello dell’Invisibilità,
no? E secondo i miei calcoli tu e i tuoi compagni siete
completamente al sicuro. Possiamo uscire, domani. Nel frattempo ti insegnerò a giocare a poker. Un adolescente che non sa giocare
illegalmente è davvero tragico…”
Si fermò.
“Beh, cos’hai da ridere, Potter? E cos’hai da
guardare? Non lo sai che è maleducato?”
“E’…” Harry
scosse la testa. Era infrangere allegramente le regole, fare piani illeciti,
ridere dell’estate, e questa intensa forza moralmente
discutibile che gli aveva invaso la vita, e sentirsi così bene e… adorava tutto
ciò. Lo adorava.
“Niente. Andiamo
nella tua stanza.”
***
Qualche
chiarimento da parte della traduttrice: La storia è slash,
ovviamente. Guardate il pairing :)
Abbiate fiducia e continuate a seguirmi, ne vale la pena!
I capitoli sono 22.
Il prossimo
capitolo, per esigenze personali, sarà pubblicato martedì 20 marzo!
E ora filate
a commentare ;-)