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Autore: Nana Kudo    30/08/2012    5 recensioni
Dalla terrazza dell’edificio in cui era postato poteva vedere le miriadi di poliziotti che circondavano l’hotel in cui si trovava il gioiello, e qualche minuto dopo anche l’arrivo dell’ispettore Nakamori.
Le sue parole si potevano quasi udire da lassù da quanto urlava. Continuava a urlare gli ordini ai suoi subordinati e a chiedere sempre più poliziotti, ma non aveva capito che più c’è n’erano più facile sarebbe stato per il ladro portarsi via la gemma.
“10.58, è ora di entrare in azione” disse guardando il suo orologio da polso.
si avviò sul bordo della terrazza, dove tra qualche secondo ci si sarebbe buttato.
“It’s showtime”
(tratto dal capitolo 1)
ciao!! sono tornata con questa nuova fic tutta dedicata al nostro ladro gentiluomo!! Spero vi abbia incuriosito con l'intro, e se leggerete mi piacerebbe molto avere pareri e consigli utili dato che è la mia prima long :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Aoko Nakamori , Kaito Kuroba/Kaito Kid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Warning:
Se siete sensibili come la mia amica,
vi consiglio di preparare i fazzoletti ^^                               

 
                                                 It will rain
                                                                         Pioverà

 
 
 
 



Bip…. Bip…. Bip….
L’unico assordante rumore che regnava in quel piccolo spazio di mondo che aveva visto tragedie e gioie.
La stanza era Bianca, Bianca e con quello strano odore che caratterizzava gli ospedali.
Non aveva molti mobili, se non un lettino, un piccolo comodino ed una sedia affiancata ad esso.
Sul lettino posizionato al centro di essa giaceva un ragazzo sui diciassette anni, capelli castani e ribelli, pelle pallida come non mai e le braccia attaccate al corpo.
Non respirava più.
L’unica cosa che ancora glielo permetteva erano le macchine attaccate a sé.
In quei giorni era come se avesse perso la vita, tutta la sua audacia e la sua sfrontataggine si era dissolta nel vuoto più totale; come fosse risucchiata da un buco nero, nero e senza via d’uscita.
Al suo fianco invece, una ragazza sulla stessa età, capelli anch’essi castani ma con riflessi ramati, che tenendogli la mano continuava a pregare che si svegliasse, che ciò che le avevano detto i medici fosse falso, perché non poteva permettere che tutto finisse così, no, non doveva finire così.
 
Saliva le scale di quella imminente torre con molta fretta, accompagnata dal piccolo bambino di cui non sapeva niente se non che conosceva in qualche modo la doppia identità dell’amico.
Dopo quello sparo erano corsi immediatamente al suo interno con l’intento di raggiungere la fonte di quel rumore.
Non sapevano cosa fosse successo di preciso, ma il solo fatto che un mantello bianco e delle gocce scarlatte si erano intraviste da sotto la terrazza li aveva terrorizzati al punto da non riuscire più a dire una minima parola, o a formulare un pensiero che non gli si fosse stato legato.
Aoko è stata una stupida, come ha potuto lasciarti senza dire niente? Come ha potuto? Ti prego Kaito non tirarmi brutti scherzi, perché senza di te non potrei più vivere…
Pensò mentre continuava a salire quella gradinata che a lei pareva infinita.
 
“Kaito, ti prego apri gli occhi" continuava a ripetere Aoko con gli occhi lucidi.
Aveva passato gli ultimi sei giorni in ospedale vicina a lui, non gli si era mai allontanata neanche per un istante, perché voleva essere lì il momento in cui avrebbe aperto gli occhi.
L’aveva insultato, gli aveva pianto addosso, l’aveva supplicato… ma non accennava ad aprire quei suoi splendidi occhi blu.
Non accennava nessuno di quei suoi odiosi sorrisi che però l’avevano fatta innamorare di lui.
Ma i dottori l’avevano avvisata, la pallottola aveva colpito vicino al cuore e le possibilità che potesse risvegliarsi dal coma erano pari alla metà della percentuale.
“Kaito, ti prego non lasciarmi” ripeté ancora e ancora, andando a spostare quei ciuffi che ribelli ricadevano sul viso del ragazzo.
 
Salì anche gli ultimi gradini con fretta e prudenza, per poi ritrovarsi di fronte alla porta che l’avrebbe portata alla verità,quella che con tutta se stessa sperava non si rivelasse una tragedia.
Andò a toccare la gelida maniglia di ferro, e con la mano che le tremava dall’ansia, l’aprì lentamente.
Risate.
Risate di un pazzo riecheggiavano in quella notte di luna piena.
Voltò lo sguardo alla ricerca della sua provenienza, quando notandola, sbiancò e strabuzzò gli occhi.
Non capì più niente, e non vide più niente.
Solo quel corpo candido a terra che veniva pian piano ricoperto da una tonalità scarlatta.
“K-Kaito…” balbettò a qualche metro di distanza shockata.
Il piccolo detective finalmente uscì anche lui, e vedendo ciò che gli si parava dinanzi, si bloccò anch’esso.
“K-Kaito non…” si avvicinava piano, senza badare neanche agli uomini che la minacciavano e che inutilmente le puntavano le pistole addosso.
Quei piccoli e lenti passi però, si trasformarono in una corsa verso quell’incubo che mai avrebbe creduto si fosse avverato.
Si accasciò a terra senza neanche badare al sangue che le macchiava i vestiti e le gambe, alzò leggermente il ragazzo per poterlo guardare in faccia.
“Kaito… Kaito apri gli occhi” mormorò con le prime lacrime che andavano a rigarle il volto. “Kaito ti prego, fallo per me..” lo imprecò stringendolo sempre più forte.
Ma il ragazzo non aveva reagito, non aveva reagito neanche con le lacrime amare che copiose ricadevano sul suo viso. “Kaito!”
 
Bip…... Bip…….
 
“Sei uno stupido” gli sussurrò continuando ad accarezzargli i capelli. “Ti cacci sempre nei guai, tu e i tuoi stramaledetti trucchi. Ma sta volta è diversa, quindi apri gli occhi deficiente”
Di nuovo, niente.
L’unica cosa che cambiava era il colorito della sua pelle, che secondo per secondo diventava sempre più pallida.
Lasciò che una lacrima solitaria le rigasse il volto, per poi tornare ad insultarlo con la speranza che si risvegli.
 
“Che gli avete fatto bastardi?” chiese Aoko con voce rotta dal pianto, ma al contempo che trapelava tutta la sua rabbia.
“Quello che si meritava” rispose il più anziano. Fece per andare alla porta ma qualcosa, o meglio, qualcuno glielo impedì. “Vedi di levarti moccioso, a meno che tu non voglia fare la stessa fine di quello lì”
Conan lo guardò di sottecchi, per poi incurvare le sue labbra in un sorriso di sfida appena sentì l’uscio della porta che si apriva.
“Cosa volete fare al moccioso?” gli chiese la figura appena arrivata: un ragazzo alto e dai capelli ramati.
“Ha-Hakuba?! Come hai fatto? Si può sapere che sta succedendo qui?” chiese Cobra spaesato.
Lo sguardo del detective volò subito sul ladro ferito e la ragazza che invano continuava a scuoterlo.
L’altra, accortasi del suo arrivo, abbozzò un lieve sorriso.
“Akako” rispose con fare spavaldo l’altro. Mentre si avvicinava sempre di più all’amico. “è vivo, tranquilla” sussurrò alla ragazza dopo aver controllato respiro e battito poggiando le dita sul collo di Kaito.
“Grazie Hakuba”
“Non devi ringraziare me, ma Akako che mi ha liberato da quei tizi” rispose facendole l’occhiolino.
“Cosa vuoi moccioso? Non crederai di arrestarci?” scherzò Spider.
“No, potete andare” rispose voltandogli le spalle e prendendo in braccio l’amico.
“Cosa?!” chiesero stupiti all’unisono i presenti. Tutti a parte il piccolo Conan, che gli rivolse un sorriso soddisfatto.
“Non sono io quello che deve arrestarvi. Questo è il compito di Kaitou Kid.” Disse aprendo la porta da cui poco prima aveva fatto irruzione nel piano.
“Quel cretino? Ormai è morto! Ci stai regalando la libertà ragazzo!” esclamò il capo dell’organizzazione per poi lasciarsi ad una risata, seguito poco dopo dagli altri due.
Aoko, da dietro Hakuba, serrò i pugni per non dovergli rispondere. Li serrò talmente forte che le unghie iniziavano a penetrare nella carne.
Ma proprio il suo “salvatore” la salvò da quel terrore rispondendo con un semplice “Tornerà a piovere”.
 
Con la testa appoggiata al petto del ragazzo ricordava gli avvenimenti del giorno prima.
Ricordava il vuoto che aveva sentito quanto vide il ragazzo a terra circondato da quella pozza di sangue.
Ricordava l’odio che l’aveva assalita nei confronti di quei criminali.
Ricordava quel senso di gratitudine che aveva provato nel vedere Hakuba proteggerli.
E ricordava quel senso di gioia nel sentire che l’amico era ancora vivo.
Si scostò delicatamente da lui, guardandolo malinconicamente.
La speranza ancora regnava in lei, come la consapevolezza che prima o poi si sarebbe risvegliato e le avrebbe detto qualcosa tipo “Baro! Non starmi così appiccicata!” con quel suo solito rossore che lo rendeva ancora più bello di quello che già fosse.
Ma poi il cessare di quel rumore fastidioso che aveva regnato nella stanza fino a qualche secondo prima le fece sentire come mille lame affilate che passavano il suo petto, come un vetro che a contatto con un piccolo e pungente ago si frammenta in tante piccole schegge.
 
………………
 
Guardò il ragazzo terrorizzata.
No, non respirava più.
Il suo corpo divenne istantaneamente duro e gelido, rilasciando tutto quel calore che l’aveva sempre caratterizzato.
Lo sfiorò con le dita e rabbrividì al solo tocco.
“K-Kaito…” balbettò lei. “Bakaito non scherzare” disse con le lacrime agli occhi e sorridendo a fatica, mentre cercava di convincersi che tutto quello era solo uno stupido trucco o scherzo del ragazzo.
Aspettò qualche minuto, con la speranza che quel suono che aveva maledetto per quegli ultimi giorni tornasse e l’allietasse. Ma niente.
“Ti prego, apri gli occhi” ripeté Aoko scuotendolo delicatamente. “Ti prego non può finire così”
Lo guardò nuovamente con le lacrime che non resistevano a rimanere sulla soglia delle palpebre.
Era freddo, troppo.
“No…” disse con espressione terrorizzata.
E fu allora che si abbandonò in un pianto disperato, andando a cingere il collo dell’amico urlando disperatamente.
“Kaito… Kaito perché? Perché?”
I medici, da fuori la stanza, assisterono alla scena e senza esitazioni interruppero nella stanza insieme alle loro macchine.
“Mi spiace signorina, ma si deve spostare di qui” le ordinò uno dei paramedici che con poca delicatezza la scostò dal lettino, mentre le lacrime ancora le annebbiavano la vista.
L’infermiera scoprì subito il petto del ragazzo in modo da potergli dare le scariche con l’apparecchio accanto al collega, ma quando l’aprì, non poté far altro che ridere, seguita dagli altri medici.
Aoko li guardava quasi schifiata.
Un ragazzo era morto e loro ridevano.
Voleva tanto prenderli a schiaffi uno ad uno, ma cercò di trattenere l’impulso per la seconda volta in quegli ultimi giorni.
“Che cavolo avete da ridere?! Un ragazzo è morto e voi come i deficienti ridete? Ma che razza di medici siete?!” sbottò lei con un tono poco amichevole.
La donna le rivolse un sorriso, un sorriso sincero, per poi avvicinarsi a lei e poggiare una mano sulla sua giovane spalla.
“Tesoro, stiamo ridendo perché il tuo amico è vivo” le disse l’altra sorridendo. Ma la ragazza non sembrò capire il concetto, anzi, continuò con i suoi insulti.
“Fate schifo come medici! Da quando un dottore ride in… cos’ha detto?” disse poi con uno sguardo spaesato.
“È vivo” ripeté lei. “Si è soltanto staccata la ventosa che contava il battito cardiaco dal suo petto” le spiegò indicandogli il collega che la teneva alzata come prova inconfutabile dell’affermazione dell’infermiera.
Guardò la signora e poi la ventosa, la ventosa e poi la signora.
Spostò lo sguardo da una all’altra un centinaio di volte circa, prima di risvegliarsi da quello stato di shock che si era fondato in lei poco prima.
“E, e.. come spiegate il fatto che si è indurito di un colpo? E che non respirava? E che era diventato freddo?”
“La finestra, è aperta” le risposero all’unisono i medici indicandole la finestra che in quel pomeriggio di metà ottobre era rimasta aperta per tutto il tempo. “Per il resto è stata tutta una tua impressione, forse lo shock..”
“Quindi..” chiese speranzosa la ragazza, mentre un sorriso a trentadue denti stava andando a disegnarsi sul suo volto.
“Se vieni qui c’è anche una sorpresa” le suggerì uno dei paramedici, con un sorriso pieno di gioia.
L’altra gli rivolse uno sguardo incerto, per poi ritornare ad ascoltare quel suono, che seppur con ritmo diverso, aveva odiato e adorato al contempo in quell’ultima settimana.
 
Bip.Bip.Bip.Bip.Bip.
 
Vide i medici prendere le loro apparecchiature e uscire dalla stanza per lasciarli soli.
Soli, dopo tanto tempo.
Si avvicinò a lui e lo vide muovere le dita della mano destra.
Sorrise, un sorriso sincero e non forzato come aveva dovuto fare negli ultimi giorni.
Lo vide aprire l’occhio sinistro e poi richiuderlo per via della luce accecante dei flebili e rossi raggi del sole che penetrava tra le tende della stanza.
Il suo petto tornò ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente e normalmente, la sua pelle tornò di quel colorito roseo che aveva sempre avuto, e i suoi occhi, anche se aperti leggermente, risplendevano di quel blu che avevano sempre ipnotizzato la ragazza.
Andò a posare una mano sulla maschera che gli copriva naso e bocca e la tolse senza molta fatica.
Sembrava come se per tutto quel tempo avesse soltanto dormito, dati i movimenti che faceva senza neanche faticare, come se non fosse mai successo niente.
“Cos’è successo? Perché sono chiuso in un ospedale” chiese ad Aoko una volta seduto, mentre si guardava attorno.
“Ti hanno sparato” rispose felice, felice di aver finalmente risentito quella melodia che negli ultimi giorni sembrava terminata, felice di esser finalmente uscita da quel buco nero che la sua vita stava diventando.
“Sparato? E chi?”
“Un certo ‘capo’..” rispose tranquillamente andando ad adagiarsi sullo schienale della sedia.
“Capo…” sembrò rimuginarci su il giovane mago. “Aspetta un attimo, ma io ero sulla terrazza della Mori Tower, e.. il Sunlight, o meglio, Pandora… e Cobra e Spider e quel pazzo… come hai fatto a raggiungermi? E che fine hanno fatto quei tre?” le domandò con notevole preoccupazione.
“Aoko era venuta apposta per parlarti, sai? Mentre quei tre… Hakuba li ha lasciati andare”
“Hakuba? Ma non era loro prigioniero? E poi perché cavolo di motivo quel malato mentale li ha lasciati andare? Si rende conto di ciò che ha fatto? Ha bisogno di uno psicologo quel deficiente!” si esasperò per poi lasciarsi ad un sospiro di rassegnazione.
“L’ha liberato Akako, da quel che ho capito. Mentre per il resto devi chiederlo a lui”
“Heh, che felicità! Ora mi toccherà pure ringraziare quel cretino!” esultò ironicamente Kaito, facendo divertire l’amica accanto a lui.
“Kaito” lo richiamò l’altra avvicinandosi a lui. Il ragazzo le fece semplicemente cenno di continuare, anche se sorpreso del fatto che lei fosse lì e gli stesse parlando dopo ciò che era successo in quell’albergo*. “Aoko era venuta per scusarsi. Non crede davvero a tutto quello che ti ha detto, non le fai davvero schifo e non ti detesta neanche. E quando pensava che Kaito fosse morto.. beh, si è sentita lei stessa uno schifo. Vedi, non so se mi spiego ma mi dispiace davvero molto per ciò che ti ho detto, non intendevo nessuna di quelle parole” cercò di spiegarsi, ma ad ogni parola si impallava e si confondeva sempre di più.
Il ladro le rivolse uno sguardo dolce, per la prima volta in tutti quegli anni che la conosceva, e andò a posare la sua fronte su quella dell’amica.
Non ti farò più soffrire Aoko.
“Ehm, adesso Aoko vorrebbe sapere, ecco… se Kaito la odia” balbettò lei paonazza per l’estrema vicinanza del viso dell’amico al suo.
“Da morire” rispose l’altro per poi neutralizzarla in un istante, andando a poggiare le sue labbra su quelle di lei.
Il loro primo bacio.
Dolcissimo e bramato segretamente da entrambi.
In quel momento li sembrava come se il resto del mondo non esistesse più.
Niente più Pandora, niente più organizzazione, niente più urla di Nakamori, niente più Kid.
Finalmente potevano concedersi un momento in cui gli unici che contavano erano loro, Kaito e Aoko.
 
Dopo minuti che ai ragazzi parevano secondi, quel bacio si dovette sciogliere per poter dar aria ai loro polmoni che supplicavano pietà.
Si scambiarono un sorriso complice, consapevoli che non sarebbe stata l’ultima volta.
Poi Kaito tornò a stendersi nel lettino, ma senza mai distogliere lo sguardo dall’amica.
“Ti amo Aoko” sussurrò, in modo che l’altra non potesse sentirlo.
Ma speranze al vento, perché per sua (s)fortuna quelle tre semplici parole arrivarono dritte alle orecchie della ragazza.
“Cos’hai detto?” gli chiese ancora più sorridente di prima, quasi con le lacrime agli occhi.
“Che ti odio da morire?”
“No, dopo” rispose l’altra, mentre il volto del ragazzo era diventato completamente rosso, tanto da poterlo scambiare per un pomodoro.
“Beh, ecco… io…” balbettò il ragazzo, visibilmente in difficoltà. “Ho detto che, che, che t-ti a-amo!” sbottò dopo qualche minuto, voltando il viso dal lato opposto della ragazza.
Quella, non poté far altro che cingerlo in un abbraccio, felice di ciò che aveva appena sentito.
“Aoko è tanto felice!”
“NO! Aoko levati! Baro! Finiscila!” continuava ad urlargli mentre cercava di togliersela di dosso. L’altra, dopo qualche minuto si staccò e cominciò a ridere, ridere come non aveva mai fatto in vita sua. “Che hai da ridere? Baro! Sono malato io! Non dovresti starmi così attaccata!”
“Proprio qualche ora fa, Aoko stava pensando a come avrebbe reagito Kaito se gli si fosse fiondata addosso. E sai, hai avuto la stessa reazione che Aoko aveva immaginato” rispose con la voce rotta dalle risate.
“Simpatica” sbuffò Kaito, per poi tornare serio tutto d’un colpo. “Aoko”
“Si?”
“Mi-mi hai portato qui vestito da Kid?” le chiese preoccupato.
“No, Bakaito!” rispose l’altra. “Sai, un bambino sui sette anni ci ha prestato un jeans della tua taglia dicendo qualcosa tipo “riportatelo a Shinichi Kudo poi”. Dovevi vederlo, era così carino con quella camicia che gli arrivava fino alle caviglie, kawaii!”
“Si si, kawaii..” disse seccato il ragazzo.
“Kaito”
“Si?”
“Davvero mi odi?”
“Neanche morto potrei” rispose, per poi tornare a ridere insieme, mentre fuori la luna era tornata a risplendere.
Il suo lavoro non era ancora finito, ma il solo fatto di aver vendicato il padre lo faceva sentire più leggero.
Come se dopo anni di siccità, fosse finalmente tornata la pioggia.
Perché si, prima o poi, pioverà sempre.
 
*Capitolo 13/14.
 
 
Blacky’s Corner:
Konnichiwa!! ^^
Il titolo è un omaggio alla canzone “It Will Rain” di Bruno Mars, che mi ha dato l’ispirazione per questo chap.
Comunque… com’è il chap?? Noiso? Sdolcinato? Carino? Fa schifo? Bello? Troppo romantico????
Ditemelo per favore!! Ne va della mia sanità mentale!!! >.<
E anche perché l’ho chiesto alle mie amiche e una (quella “buona”) si è messa a piangere leggendolo, mentre l’altra (quella “str...a) mi ha detto qualcosa tipo “fa cagare”… quindi vi prego, ditemelo che ne pensate!!!
Poooi, chi di voi ha creduto che Kaito fosse veramente morto ad un certo punto del chap? Chi ha pianto? Chi è svenuto? (no, ve lo chiedo perché sono state le reazioni della mia amica, quindi.. ^^”)
Poi, vi è piaciuto il bacio??? Spero di si :s
Non sapete quanto sono in ansia :S
Spero di non aver deluso nessuno!!! Ma in tal caso, gomen nasaiiiiiiiiii!!!!!!!!!!! T.T
Bene! Ora passiamo ai ringraziamenti:
un grazie più che speciale ad aoko_90, CupidSBow, Lady Pad, _ R I N chan _ e Shana17 per aver recensito lo scorso chap, thanx!!!!!!!
Grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, seguite e ricordate!
E grazie anche a chi legge solamente!
Spero di non aver deluso nessuno!!!! >.<
A presto!
XXX,
Blacky.

                                                                                                      a presto col prossimo chap: How?
                                                                                                      Kaito: grazie Blacky per non avermi ucciso*^*
                                                                                                      Blacky: prego Kiddo!! ^^"
   
 
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