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Autore: Hika86    30/08/2012    1 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una delle cose che più lo infastidivano nella vita era svegliarsi e dimenticare immediatamente cosa stesse sognando. Ciò che lo aveva strappato al sonno era stata la suoneria del cellulare. Alzò la mano al di sopra della propria testa e recuperò l'apparecchio sulla mensola, tastando ad occhi chiusi. «Pronto?» bofonchiò più addormentato che sveglio
⎨Mh, ottimo. E' così che rispondi alle sue chiamate?⎬domandò la voce dall'altra parte. Sho aggrottò le sopracciglia e allontanò il cellulare dall'orecchio per vedere sul display di chi fosse il numero: era Erina, eppure non era con lei che aveva parlato. «Ma chi è?» domandò confuso
⎨Ah, ora ho capito⎬ sospirò la donna al telefono⎨Hai fatto le ore piccole e stai ancora dormendo, dato che è il tuo giorno libero⎬
«Sei Hang san? La coinquilina di Erina?» domandò passandosi una mano sulla faccia
⎨Pin - pon! Risposta esatta. Ora fammi il piacere di vestirti e presentarti a casa nostra entro tre ore⎬
«Perchè?» domandò richiudendo gli occhi
⎨Come "Perchè"?⎬
«Sì, dammi una valida ragione. Mi hai riempito di insulti l'ultima volta che ci siamo visti: perchè mai dovrei scattare ad un tuo ordine?»
⎨Hai ragione, non venire, ho bisogno di una mano con Erina: quel pappamolla di Fujimiya san non mi piace, ma è un uomo tutto d'un pezzo che sa prendersi cura delle persone intorno a sè, quindi chi meglio di lui se voglio un aiuto? Oh. E se non ti fosse chiaro: sono ironica. Muoviti e non fare tardi⎬
«Sì.. va bene, va bene... ma guarda che non sono un cagnolino che risponde ai tuoi comandi, lo faccio solo perchè è una situazione d'emergenza» le spiegò in tono ostile, tanto quanto quello che lei stava usando con lui
⎨Sei ancora lì a dar fiato alla bocca?⎬ concluse prima di riattaccare. Anche Sho interruppe la chiamata e tirò il cellulare dall'altra parte del materasso, con un sospiro frustrato. Richiuse gli occhi e sospirò infastidito: quella non era stata la sveglia migliore che potesse avere, non nella sua due giorni di libertà. L'agenzia glieli aveva concessi perchè poi sarebbe partito per l'inizio delle riprese del nuovo film. Avrebbe cominciato un mese difficile: tre giorni di riprese sul set, nella cittadina di Matsumoto, e quattro a Tokyo per portare avanti gli impegni settimanali con il gruppo. Sarebbe stato un Ottobre da incubo e il suo relax prima dell'inizio di quella spirale d'impegni era stato avviato da una telefonata acida da parte della rivale in amore più improbabile a cui avesse mai pensato. «Nii san» si sentì richiamare da una vocina. Lentamente riaprì gli occhi e battè le palpebre un paio di volte per riabituarsi alla luce. Davanti a sè vide la faccia sorridente di suo fratello: per poco non si prese uno spavento. «Aaaah... Shu» sospirò girandosi dall'altra parte e cercando con le mani il lenzuolo per tirarselo addosso. Il ragazzino non disse niente e il secondo dopo, ancora agitandosi per cercare la stoffa, Sho cadde di sedere dal letto: stava dormendo sul bordo del materasso. Il fratello scoppiò a ridere e si rialzò in piedi «Guarda che la mamma sta preparando un pranzo di tutto rispetto solo per te, faresti meglio a svegliarti» gli fece notare sedendosi alla sedia della scrivania
«Ahiiii... che botta...» borbottò lui stendendosi stancamente sul pavimento in legno e osservando il soffitto
«Perlomeno eri ancora steso in una posizione normale» annuì l'altro «Mi aspettavo di vederti per metà fuori dal letto, come al solito. Devi essere proprio stanco». Shu smise di sorridere e osservò il fratello maggiore con apprensione: lo aspettava un mese pieno, ma anche la settimana che era appena trascorsa non era stata migliore. Aveva dormito ben poco i giorni precedenti, un po' per il lavoro e un po' per la storia di Erina, così quella mattina le occhiaie dovevano essere ben visibili e i suo fratellino non poteva fare a meno di preoccuparsi vedendolo così. Sho se ne accorse e fece un sorriso sbilenco passandosi la lingua sui denti prima di farla schioccare. «Beh? Cos'è quella faccia?» domandò stiracchiandosi
«Ti ho preparato le cose per fare la doccia» gli disse Shu, senza realmente rispondere
«Si?» chiese illuminandosi e scattando subito a sedere, nonostante il dolore all'osso sacro
«Mh» annuì «Vado a prendere qualcosa da bere al conbini per questo pomeriggio, devo prenderti qualcosa?» fece alzandosi dalla sedia e tendendogli la mano
«Nnnnnno...» fece pensieroso, accettando l'aiuto che gli veniva offerto e tirandosi in piedi dal pavimento «Hai già fatto abbastanza direi. Ci siamo tutti a pranzo?» chiese sorridendogli
«Tutti. Mai è appena tornata dal suo viaggetto con le amiche» annuì quello. Entrambi uscirono dalla stanza, quindi si salutarono ed ognuno andrò nella sua direzione -rispettivamente: doccia uno e conbini l'altro. Shu non aveva risposto, ma era chiaro che era preoccupato per lui. Le sue giornate erano così ogni anno che facevano dei tour (e quell'anno si aggiungeva il film), ma nonostante questo non riusciva a non angustiarsi ogni volta.
Sho si fece una doccia in fretta: non lo aveva ancora detto ma non ci sarebbe stato per pranzo, nonostante quella sarebbe stata la prima volta dopo tanto tempo che tutta la famiglia si sarebbe riunita a tavola. Nei periodi più intensi gli mancavano quei momenti, ma più di tutti gli mancavano quelle due pesti dei suoi fratelli. Non che non volesse bene anche ai suoi genitori, ma il rapporto che legava i tre figli era qualcosa di unico e prezioso per lui. Data la differenza d'età -Mai era più giovane di cinque anni, Shu ben di tredici- in passato si era occupato di loro come se fosse stato un terzo genitore per loro. Eppure insieme era anche un fratello, un ragazzino anche lui, con la voglia di divertirsi e spensierato, anche se aveva dovuto imparate molto presto ad essere responsabile. L'ometto di casa. Tra loro non c'era contatto fisico, cosa invece normale tra fratelli e sorelle, ma c'era invece una leggera distanza che sottolineava il rispetto, la riconoscenza (e forse anche la devozione e l'ammirazione) per il fratello maggiore, ma al tempo stesso c'era tutta l'intimità che hanno tra loro i compagni di giochi. Ad esempio: non c'era fidanzato di Mai di cui lui non avesse saputo, e lo stesso valeva per Shu, anche se aveva cominciato ad interessarsi alle ragazze solo di recente; e questo non perchè Sho si impicciasse, ma perchè i fratelli sapevano del suo buonsenso così come del fatto che potevano raccontargli tutto senza essere troppo giudicati come invece temevano avrebbero fatto i genitori. Si scusò mille volte con loro, con la madre, con il padre, ma non poteva rimanere. Gli scocciava rinunciare ad un simile momento per via di una donna, ma era anche vero che se non fosse andato avrebbe potuto rimpiangerlo e forse ci avrebbe pensato per tutto il pranzo, senza poter dare la dovuta attenzione agli altri. Inoltre, se quella era la volta buona in cui avrebbe chiarito tutto valeva la pena andare: magari avrebbe chiuso definitivamente una possibile storia con Erina e da quel giorno in poi tutto il suo tempo libero sarebbe stato esclusivamente per la famiglia.
Arrivò due ore e mezza dopo la telefonata e fu la cinese ad aprirgli la porta. Lo fece entrare ed accomodare al tavolo della cucina mentre lei chiuse tutte le porte, in perfetto silenzio, accese la televisione e la lasciò a basso volume, quanto bastava per creare un lieve brusio in sottofondo alle loro voci. «Allora, che vuoi?» domandò Sho ostile. Non aveva nemmeno visto Erina, che doveva essere in camera o la coinquilina non si sarebbe premurata tanto perchè non potesse sentirli. «Venti minuti del tuo tempo» rispose lei sedendoglisi davanti
«Ti ho già dato due ore e mezza e un pranzo in famiglia come me ne capitano di rado, ma sarò magnanimo» sospirò Sho con aria di rassegnazione. La cinese lo scrutò in viso per qualche minuto, poi abbassò lo sguardo, con gli occhi lucidi. «Tu sarai magnanimo?» domandò piano «Credo tu non abbia idea di cosa significhi veramente esserlo, quella che si sta sacrificando oggi sono io, non tu. Ma non è colpa tua. L'ho sempre saputo che non avrei potuto fare niente: non dipende dal fatto che ci sia tu in questa stanza o un altro, dipende dal fatto che dall'altra parte del tavolo ci sono io» pronunciò fissandosi le mani, con le dita intrecciate tra loro «Conosco Erina da tanti anni. Per me è stata speciale fin dal primo momento e in parte ho deciso di trasferirmi in questo paese proprio perchè era quello in cui viveva lei. Però fin dai primi giorni in cui siamo uscite insieme ho capito che lei per me non avrebbe mai provato nessun sentimento più forte di quello dell'amicizia e così non le ho mai detto niente, non le ho mai lanciato nemmeno un indizio riguardo i miei sentimenti»
«Lei non sa...?» domandò Sho senza terminare la frase perchè Ying aveva già risposto scuotendo il capo
«E non deve saperlo. Per favore, non dirle niente»
«Non ci ho nemmeno pensato!» spiegò il ragazzo «Ma non... ecco, posso chiedertelo? Voglio dire, non è doloroso vivere con una persona che ti piace ma che non ricambierà mai?»
«I primi tempi, dopo diventa meno difficile. L'amore è affetto, di base, quindi non significa per forza desiderare qualcuno solo per sè. Per me significa anche proteggerlo, sostenerlo, essere al suo fianco quante più volte possibile. E così mi sono spesso illusa di essere riuscita a trasformare i miei sentimenti solo in un'amicizia speciale. Ogni tanto però capita qualcosa che sconvolge questo equilibrio e io mi rendo conto che non è vero: sono gelosa e protettiva con lei, più di una normale amica. Erina ha tanti difetti, tra cui il non saper scegliere bene le persone di cui si innamora: da quando la conosco si è invaghita solo di uomini sciocchi, non tanto diversi da quel Fujimiya». Sho avrebbe voluto commentare, ma non aprì bocca: la sua aggressività si era dissipata davanti al senso di impotenza che quella ragazza gli trasmetteva. «Ma so perchè lo fa: lei non è normale in questo paese, nessuno la tratta come tale nonostante sia nata e cresciuta qui. Voi giapponesi siete xenofobi il più delle volte volte e l'ho visto da come le persone trattano Erina in alcune occasioni. E' capitato quasi che trattassero meglio me, perchè sono a tutti gli effetti orientale e se non apro bocca sembro una di voi, mentre lei è lampante che non sia una giapponese pura. Eppure essere normale è proprio ciò a cui aspira. Mescolarsi nella folla, essere una delle tante e non venire notata. Così sceglie ragazzi banali e insipidi. La differenza sta nel fatto che ormai è un'adulta e Fujimiya sarà pure un uomo di poco spessore caratteriale, un giapponese medio, ma è affidabile, ci tiene a lei, è sincero. Impacciato e cretino, ma sincero» gli spiegò quasi senza nessun errore grammaticale nel discorso. Sho era colpito da tanta fluidità nel parlare la sua lingua da parte di una straniera, anche se rimaneva il fatto che aveva un accento cinese marcatissimo. Doveva essersi ripetuta quel discorso un paio di volte comunque, era troppo ben impostato per essere spontaneo. «Ai cretini degli anni precedenti mi ero opposta, convinta che Erina meritasse di più e spinta dalla gelosia, ma ormai siamo adulte entrambe e devo rassegnarmi all'idea che prima o poi troverà la persona che amerà per tutta la vita. Con Fujimiya sembrava la volta buona, non potevo esserne certa, ma mi ero ormai convinta a farmene una ragione. Poi, una sera di Luglio, è tornata a casa dopo il suo primo lavoro per un nuovo entusiasmante progetto e da quel giorno l'ho sentita parlare di te, di te, solo di te»
«Sai cosa c'è stato tra noi quindi?» domandò Sho, lievemente imbarazzato: poteva solo immaginare il grado di confidenza che dovevano avere le due coinquiline, quindi chissà quanti dettagli sui loro momenti più intimi doveva sapere! «In realtà no. Proprio per via di ciò che provo ho deciso di instaurare con lei un rapporto di fiducia e rispetto, certo, ma l'ho sempre scoraggiata dal considerarmi una sua confidente: avrei voluto essere speciale per lei, ma non potevo permettermelo perchè allo stesso tempo non volevo sapere delle sue relazioni con altri uomini» spiegò storcendo il naso «Quindi, no: non so i dettagli, ma ho saputo quanto bastava per arrabbiarmi. La confidente di Erina è Nomura Tomomi, la conosci no?» lui annuì «Quando Erina è tornata a casa sconvolta e in lacrime un paio di giorni fa volevo sapere e ho capito qualcosa dai successivi deliri della febbre, ma ho costretto Tomomi a raccontarmi altri dettagli. Ora, non ti ho chiamato qui perchè penso che tu sia finalmente il tipo d'uomo che lei merita, ma perchè da quel che ho capito quello che c'è tra voi è qualcosa che esiste da anni e che non avete dimenticato pur perdendovi di vista. Se mi mettessi in mezzo ora, impedendovi di chiarire, sarebbe fatica sprecata: potreste rivedervi tra dieci anni e ancora pensare l'uno all'altra. Quindi ti dò un'occasione per rimediare a quello che hai fatto. No, zitto!» gli intimò quando lo vide prendere fiato «Non usare le tue scuse con me, ma con lei. Da quel che ne so io ti sei comportato di merda, ma conosco anche quella ragazza e sono più che certa che avere a che fare con le sue convinzioni strane non sia del tutto facile, quindi avrà sicuramente la sua parte di colpe» concluse alzandosi dal tavolo con un profondo sospiro. Ying gli diede le spalle per andare in corridoio, e Sho non riuscì a guardarla in faccia, ma era certo di aver sentito tremare leggermente il suo sospiro in gola: se non stava piangendo aveva almeno le lacrime agli occhi. «Come sta Erina?» domandò
«E' a letto con la febbre. Ha smesso di delirare da ieri, ma sta ancora male» rispose la cinese trafficando in corridoio
«E secondo te io dovrei chiarire con una moribonda?» chiese alzandosi dalla sedia e raggiungendo la cinese. Stava spostando una valigia vicino alla porta d'ingresso. «E adesso che fai?»
«Ho un viaggio di lavoro di due giorni e una notte a cui non posso non partecipare. Ho visto sull'agenda di Eri che tu invece hai due giorni di vacanza, quindi sarai il più motivato ad occuparsi di lei perchè riacquisti abbastanza lucidità da seguire il discorso che le farai per scusarti e chiarirti» spiegò stringendosi nelle spalle mentre indossava un giacchino di jeans
«Come scusa?» fece il ragazzo strabuzzando gli occhi «Stai partendo e mi lasci qui da solo con lei?»
«Ma che ci trova in te? Sembri totalmente scemo, tutte le volte che ti parlo non capisci mai: guarda che sto parlando la tua lingua» spiegò storcendo il naso e squadrandolo da capo a piedi prima di prendere la valigia e mettersela a tracolla «Ah, già che ci sei ho lasciato dei piatti sporchi nel lavello e c'è il bucato da fare. Chiaramente non è la mia biancheria» spiegò mettendosi le scarpe e aprendo la porta «Però vedi di non fare il maniaco con le mutandine di Eri, sarebbe la volta buona che ti cancello dalla sua memoria. Ciao, ciao!» lo salutò apprestandosi ad uscire
«Aspetta» tentò di placcarla facendo per raggiungerla sulla soglia
«Che c'è? Sono in ritardo per colpa tua» sospirò la giovane, fingendosi scocciata. Sho la squadrò e deglutì a fatica. «Volevo ringraziarti»
«Oh, ti prego...» sbuffò quella alzando gli occhi al cielo
«E poi... poi...» aggiunse subito prima che lei tentasse di nuovo di andarsene senza averlo ascoltato «Hai detto che che Erina non prova nessun sentimento più forte dell'amicizia, ma io non credo che l'amore sia più forte dell'amicizia. I miei amici verranno sempre prima di chiunque altro e sono quasi certo che la stessa cosa è per lei. Tu sei importante per Erina, più di quanto non lo sia io» le spiegò rimanendo nell'ingresso di casa, fissandola seriamente «Non le sono stata vicina in questi anni in cui si è laureata e ha affrontato il mondo del lavoro con le sue sfide, le delusioni e le conquiste. Non ho idea di come i giapponesi trattino una ragazza diversa come lei e non sono in grado di descrivere i suoi pensieri e le sue convinzioni come fai tu». Sho le sorrise leggermente, un po' come si sorride ad un cane rabbioso per mostrarsi inoffensibi. «Chi è stato vicino ad Erina mentre da ragazza diventava donna sei stata tu, Hang san, e questo deve avere un significato profondo per entrambe, anche se non siete mai diventate intime confidenti. Tra me e alcuni compagni di lavoro è così, eppure darei qualsiasi cosa per la loro felicità e mi sono preziosi come fossero parte della mia famiglia». Ying lo guardò con gli occhi lucidi già da prima, ma strinse le labbra per trattenersi e non mettersi a lacrimare. La vide prendere un respiro profondo e stringere la mano sulla maniglia. «Ottimo discorso. Ricordati di separare i bianchi dai colorati» concluse prima di chiudere la porta. Sho fissò l'uscita dell'appartamento con gli occhi sgranati. Aveva capito quello che aveva voluto dirle con quel discorso? Forse sì, ma era troppo orgogliosa o ancora troppo scossa per dire qualcosa a riguardo. Rimaneva il fatto che la coinquilina di Erina lo aveva intortato con un bel discorsetto logico e commovente per poterlo poi schiavizzare e ricattarlo dandogli quell'unica possibilità per chiarirsi con la ragazza. «Ah!» esclamò la cinese riaprendo la porta d'improvviso «Se devi comprare qualcosa pagala di tasca tua, non c'è un soldo in casa. Le chiavi di riserva sono nella ciotolina lì, sul muretto e... non ti approfittare di lei solo perchè è malata» lo redarguì socchiudendo gli occhi con fare sospetto, poi sparì per la seconda volta.
Era diabolica!

Erina si passò un mano sugli occhi: Sakurai Sho era seduto al tavolo della sua cucina, con un copione aperto davanti a sè e alcuni fogli di appunti sparpagliati. Si tamburellava il naso con la punta della penna mentre leggeva. Lì vicino c'era la confezione del detersivo con il misurino a fianco. A parte quel dettaglio casalingo le sembrò di avere davanti nuovamente la prima visione che aveva avuto di Sho: nella biblioteca dell'università, il suo profilo bagnato dalla luce del sole mentre studiava un libro di economia. Il suo rivale di statistica. Anche per quello trovava difficile credere ai suoi occhi. "E' stato lui a dirmi di uscire dalla sua vita per sempre, quindi perchè dovrebbe essere nel mio appartamento?" riflettè umettandosi le labbra. Ad un certo punto il ragazzo si girò nella sua direzione e si accorse di lei. Alzò gli occhi fino ai suoi e la osservò in silenzio per qualche secondo, smettendo di muovere la penna. «Come ti senti?» le domandò, ma Erina non cambiò espressione e continuò a fissarlo, inespressiva. «Sai cosa odio dell'essere malati?» domandò a voce bassa, ma a se stessa, piuttosto sicura che quella persona al tavolo non esistesse realmente. «Il fatto che il pensiero che più ti assilla, si trasforma in sogno e continui a vedere sempre quella cosa anche mentre dormi. Poi ti svegli e dici "ora basta pensarci, altrimenti mi appare anche quando dormo", con convinzione. Cominci a pensare ad altro e... dopo un po' sei ancora lì, sullo stesso pensiero e con lo stesso sogno» sospirò e girò sui tacchi per tornare in camera, allungando le mani sulle pareti perchè ancora si sentiva un po' debole. «Non stai dormendo. Hang san è partita e al suo posto ci sono io» si sentì dire, alchè tornò a guardare in salotto, fermandosi sulla soglia della camera. «Oh» rispose solo, aggrottando le sopracciglia. "Oh... dunque è lì davvero" realizzò, troppo intontita per avere reazioni eccessive. «Ying mi ha promesso una mela» disse poi «Sai sbucciarne una?»
«Sì... certo che sì, che domande fai?» chiese Sho alzandosi dal tavolo «Te la porto in camera o ti siedi al tavolo? Non ti vedo bene in piedi». Erina annuì solamente e tornò in cucina, sedendosi dalla parte opposta rispetto a Sho. "Mi aveva detto di non farmi più vedere. E io mi ero ripromessa di non incontrarlo più, per non stare male. Cosa dicevo ieri a Ying? Ah sì, che voglio cambiare lavoro" cominciò a rimettere insieme i pezzi, cercando di riflettere nonostante fosse come se un gruppo di operai per la manutenzione del manto stradale stesse insistendo nel trapanarle il cranio. Il ragazzo le mise davanti una tazza fumante. «Hai bollito la mela?» domandò sempre con un filo di voce
«No, ma avevo fatto bollire dell'acqua e quando si è malati fa bene bere qualcosa di caldo» rispose lui prima di avviarsi verso il frigorifero, aprirlo e osservarlo in silenzio. «Ultimo cassetto in basso» spiegò Erina, quindi abbassò lo sguardo sulla superficie del te caldo davanti a sè. "Ho deciso che finito questo incarico con la JE cambierò ufficio. Ormai ho fatto un pasticcio troppo grande, non tornerei mai con Koji dopo quel che è successo, ma temo non riuscirei nemmeno più a rivederlo senza sentirmi male e senza ripensare a Sho. Sì. Mi ero ripromessa che pian piano avrei tagliato i ponti con tutto, ma non sembra possibile... perchè lui è qui?" si domandò ancora osservando la striscia di sole che tagliava l'aria dalla finestra socchiusa fino al tavolo. Terminava poco dopo la sua tazza e il vapore saliva bianco e leggero illuminato da quella lama di luce. Avrebbe voluto fare quella domanda direttamente a Sho, ma aveva paura della risposta. Tante cose con lui erano accadute d'improvviso, cogliendola alla sprovvista, cose positive e non, ma ormai aveva paura perchè l'ultima era stata la più negativa di tutte e temeva cambiamenti più terribili in futuro. Per quello era rimasta zitta quando si era resa conto che Sho era veramente lì. Si convinse a rimanere in silenzio: mangiare la mela, bere il te e tornare in camera, in silenzio. Se lo avesse ignorato tutto sarebbe finito presto.
Chissà quanti minuti dopo, finalmente lui le posò davanti agli occhi un piattino con sopra gli spicchi di mela tagliati: li aveva sbucciati come dei coniglietti*. Erina li osservò meravigliata e l'attimo dopo scoprì di avere le lacrime agli occhi: quello era stato un gesto carinissimo che, se solo fossero stati insieme, avrebbe apprezzato tantissimo, ma in quel momento non lo capiva e le dolcezza di quella mela sbucciata sembrava solo ferirla. «Non dovevamo più vederci» riuscì a dire con voce tremante
«E' vero» confermò Sho sedendosi davanti a lei, senza aggiungere altro. Rimase in attesa di un eventuale aggiunta, ma il ragazzo non disse altro, così si decise a prendere uno spicchio e a rigirarselo tra le dita per guardarlo, nel tentativo di distrarsi e non piangere sul serio. "Respira ora. Respira. Non sei una ragazzina: abbi la dignità di non versare lacrime in sua presenza" si impose tirando su con il naso. «Perchè sei qui?» domandò dimenticando che poco prima era stata terrorizzata dall'avere una risposta a quel quesito. «Capisco che tu sia un po' confusa, lo sono anche io. E' stata Hang san a farmi venire qui, quasi con la forza... dopo che però mi aveva cacciato lei stessa da questa casa solo due giorni fa» spiegò lui mettendo i fogli da una parte e bevendo la sua tazza di te. Il rumore continuo della lavatrice faceva da sottofondo a quel mattino assurdo. «Non vorrei fare questo discorso finchè stai male dato che ti sei ammalata proprio per quello che c'è stato tra noi» le disse agitandosi un poco sulla sedia «Però temo che la mia presenza qui ti confonda e non vorrei che questo non ti aiuti a riprenderti quindi... facciamo che parlo io, tu ascolti»
«Ascolto» ripetè piano Erina prima di mordere lo spicchio di mela, mangiandone metà
«Sì, tu dovrai solo ascoltare, giuro che parlerò solo finchè non avrai finito il te e la tua mela. Poi dovrai riposare e mentre preparerò la cena avrai tutto il tempo per riflettere sulle mie parole» le disse piegandosi in avanti sul tavolo, a cercare il suo sguardo, ma lei non alzò gli occhi dalla seconda metà dello spicchio di mela che mangiò solo quando lui si fece indietro, smettendo di cercare di attirare la sua attenzione. «Vorrei che pensassi e che per dopocena trovassi la forza di spiegarti a tua volta perchè sono confuso. Sono parecchio confuso e penso sia ora di chiarirci: sistemiamo questa cosa in un modo o nell'altro, non importa come, ma facciamolo. Così tu potrai dormire in pace e forse per dopodomani starai sufficientemente bene per riprendere il lavoro» finì di illustrarle il suo piano d'azione con un po' di stanchezza nella voce. Erina non disse nulla, finì il suo spicchio e cominciò il secondo. «Ottimo... in realtà non mi aspettavo tutto questo silenzio. Non so nemmeno da dove partire» ammise il ragazzo appoggiando un gomito al tavolo e passandosi una mano tra i capelli, confuso. «Quello che ti ho detto l'ultima volta che ci siamo visti era vero. Non volevo più vederti» disse fissando i fogli sul tavolo «Non è facile innamorarsi per persone come me. Personalmente non ci stavo nemmeno pensando quando ti ho rivista. La mia vita è fatta di lavoro e lavoro. Da solo o con gli altri, ma comunque lavoro. Mi diverto, mi piace e non penso spesso ad avere una storia con una donna. Quello che è accaduto con te mi ha preso alla sprovvista e quando mi sono dichiarato... ero sincero, ecco» ammise con un certo imbarazzo «Non è stato facile starti dietro e capirti, ma credevo veramente che tu provassi la stessa cosa. Poi il tuo capo ci ha rivelato di averti scelta per il lavoro con noi perchè, tra le altre cose, aveva saputo che presto ti saresti sposata e pensava che una ragazza simile sarebbe stata meno incline a fare la sciocca con Jun... beh, in questo caso con me» prese un sorso di te e lei lo imitò svuotando metà della tazza. Non riusciva a pensare a niente di concreto, stava semplicemente ad ascoltare e ringraziava il cielo che non ci fossero rumori forti in quel pomeriggio perchè non avrebbero fatto altro che aumentarle il mal di testa. «Ero incredulo e arrabbiato: per una volta che mi ero messo in gioco ero stato preso in giro. Ho pensato che ti fossi, diciamo, approfittata del fatto che provassi ancora qualcosa dai tempi dell'università, ho pensato volessi concederti un'ultima avventura prima di separarci alla fine del lavoro e sparire andando ognuno per strade diverse. E questo mi ha ferito perchè... perchè non era quello che avevo in mente io. In un primo momento mi sono solo arrabbiato e sentendomi tradito ti ho detto quelle parole, poi però, con più calma, mi sono reso conto che non volevo chiudere tutto a quel modo. Sono venuto qui una sera per incontrarti, chiarire e porre fine alla storia senza più dubbi o rimpianti... o forse avevo solo voglia di insultarti. Non so... comunque ho incontrato Fujimiya san fuori dalla porta». Erina si strozzò con il pezzo di mela e cominciò a tossire. «Koji è stato qui? Con te?» domandò col fiato corto, dopo aver preso un lungo sorso di te. Fissò Sho con gli occhi spalancati e lacrimanti per via del soffocamento. «Sì e lui ha negato tutto ciò che il tuo capo ha raccontato, il che mi ha lasciato spiazzato: perchè lui ha negato mentre, quando ti ho accusato, tu hai ammesso la tua colpevolezza?» domandò prima di mettersi a raccogliere i fogli. Il ragazzo si alzò dal tavolo mettendo la propria tazza nel lavello. «Hai finito il tuo te?» chiese. Lei annuì e prese tra le dita anche l'ultimo spicchio di mela per liberare il piattino. «Forza finisci di mangiare e vai a riposarti. Se ti serve qualcosa chiamami e te lo porto, io preparo la cena e stendo»
«Perchè fai tutto questo?» domandò lei, finalmente guardandolo in faccia
«Non ho capito cosa è successo, voglio sapere e non ascolterò più le parole di nessuno all'infuori di te: voglio che sia tu a spiegarmi cosa c'era con quell'uomo e cosa... insomma... se c'era o se c'è qualcosa tra noi» spiegò Sho dubbioso sulle parole da usare «Credevo che non avrei avuto più occasioni, ma Hang san ha detto che potevo chiarirmi con te a patto che ti accudissi e mi occupassi della casa in sua assenza» concluse stringendosi nelle spalle. Erina annuì e finì lo spicchio. Passò le dita in un tovagliolo di carta, quindi si alzò dal tavolo, borbottando un "grazie per la mela", e strusciò i piedi fino in stanza. Avrebbe preso una pastiglia per il mal di testa e si sarebbe messa stesa a riflettere, proprio come le era stato detto: in quel momento non le riusciva di ragionare su niente, nemmeno su come mettere i piedi l'uno davanti all'altro. «Erina san» si sentì richiamare quando ormai aveva già un piede in camera «Sono stato sincero. Per favore, pensaci bene a ciò che vuoi dirmi e dimmi la verità... non voglio crearmi delle speranze basandomi su delle bugie, preferisco soffrire per la verità». Lei annuì guardando a terra ed entrò nella piccola stanza in penombra.

Erina emerse dalla sua camera circa sei o sette volte. Quattro per prendere un bicchiere d'acqua, le rimanenti per andare a fare pipì. Non lo aveva mai degnato di uno sguardo nessuna delle volte in cui gli era passata davanti, ma Sho non se la prese: in realtà non sembrava realmente vedere nemmeno il bicchiere che aveva tra le mani. L'unica volta in cui gli aveva parlato era venuta in cucina e si era seduta al tavolo, poi si era guardata intorno con aria stanca e aveva borbottato «Ho sbagliato... io volevo andare in bagno» poi se n'era andata.
Nel frattempo lui aveva finito il bucato e l'aveva steso in balcone. La cosa non gli aveva dato alcun problema: a dispetto di quello che pensava la coinquilina cinese non era a livelli di depravazione tali da eccitarsi solo a stendere un paio di mutande femminili. Senza contare che erano insieme a calzini, magliette e gonne, insomma si era rivelato solo un compito da svolgere e niente più. Poi aveva preparato la cena: del riso in bianco per entrambi e al suo avrebbe aggiunto il composto per fare del Tamagodon**. Il tempo libero che gli era rimasto lo aveva speso continuando a studiarsi il copione del film o a leggere il libro da cui era tratto: in realtà quel lavoro lo rendeva più nervoso della situazione con Erina.
Alle otto decise che si era stufato di aspettare la ragazza ed era arrivato il momento di mangiare così si affacciò alla stanza buia. «Erina san» la chiamò guardando nella camera in attesa che i suoi occhi si abituassero al buio «Erina san, io mangio, tu te la senti?» domandò. Ricevette un mugugno come risposta e la vide rigirarsi sotto le coperte. Insicuro sul significato di quella reazione tornò in cucina, mise in tavola per entrambi e cominciò a mangiare. Gli sembrò triste e strano cenare da solo perchè non gli capitava molto spesso. Sul set mangiava con i ragazzi o con colleghi e tecnici, alla JH mangiava con gli altri dell'agenzia e con Yun-seo. A casa sua tutti avevano orari diversi quindi gli capitava di mangiare quando qualcuno stava finendo il suo piatto o di finire il suo quando qualcuno arrivava e allora ci si faceva compagnia. Gli capitava di mangiare senza nessuno, ma poche volte: quella doveva essere una di quelle occasioni. Dopo qualche minuto invece Erina emerse dalla sua stanza con uno sbadiglio e venne a sedersi al tavolo. La osservò stropicciarsi gli occhi e fissare il piatto come se non capisse cosa farsene. «Come ti senti?» domandò ancora Sho
«Meglio. Erano giorni che non dormivo così» rispose con la voce impastata dal sonno «Ying era troppo apprensiva e continuava ad entrare in camera e a svegliarmi» spiegò prima di prendere il bicchiere pieno d'acqua e svuotarlo in un sol colpo mandando giù l'ennesima pastiglia. Il ragazzo non disse nulla, quella era la frase più lunga che la ragazza gli avesse rivolto da quando era entrato in casa, se si sentiva abbastanza bene da parlare allora l'avrebbe lasciata fare. Lei infatti mise da parte la scodella del riso e il cucchiaio e appoggiò i gomiti sul tavolo davanti a sè. «Siamo adulti? Cominciamo a comportarci come tali» disse prima di versarsi ancora dell'acqua e berla per schiarirsi la gola. Sho continuò il suo riso sbirciando le sue mosse. «Vuoi la verità, te la darò» annuì la ragazza rimettendo il bicchiere davanti a sè «Ko.. Fujimiya san mi faceva la corte da molto tempo. Mi piaceva: non si faceva problemi sull'essere visto in giro con me, non mi ha mai chiesto di cambiare il mio atteggiamento per... per non essere ciò che sono. Mi ha sempre accettato così e mi ha trattato bene, mi ha fatto regali che io ho accettato. Forse non è un uomo dagli interessi strani o dalla vita movimentata, non ha grandi ambizioni o progetti per il futuro, gli basta guadagnare con un lavoro onesto e che gli piace per poter vivere in maniera decorosa, uscire a mangiare con gli amici, fare i weekend fuori porta con la macchina, le vacanze invernali a sciare e la golden week, magari in qualche paese straniero. Forse suona comune e banale, ma a me andava bene così. Questo è Fujimiya san, questo era ciò che c'era tra noi. Quello che non c'era, erano le parole: non mi ha mai detto "mi piaci" o "usciamo insieme" così come non mi ha mai chiesto "vuoi essere la mia ragazza?" e nemmeno "vuoi sposarmi?". Lo so che tanti uomini fanno così, lasciano le cose non dette e semplicemente le danno per scontate una volta che la donna accetta le loro avances, ma per me non è così: io non mi sento legata da nessuna promessa se non mi si chiede di esserlo, a maggior ragione se si parla di matrimonio. Come si può pretendere che io mi consideri in procinto di sposarmi se non mi si chiede nemmeno se voglio esserlo?» domandò lei finalmente guardando Sho in faccia. Praticamente non l'aveva ancora degnato di uno sguard dopo il suo discorso e lui la fissò per qualche secondo, prima di sparecchiare le sue cose dato che aveva finito di mangiare. «Ma lasciamo pure da parte la mia inflessibilità su certe cose. Uscivo con qualcuno, questa è certo la verità dei fatti, ma non ho mai promesso niente tanto è vero che una volta che ho temporaneamente cambiato sede di lavoro questo qualcuno non mi ha più invitato. Fujimiya san mi avrà scritto un paio di mail i primi giorni, ma poi non c'è stato altro. E a dirla tutta, se fossi stata la sua ragazza lo avrei mandato a quel paese dato che da un compagno mi aspetto attenzioni anche se non mi ha tutti i giorni sotto gli occhi». Fece una pausa per bere un altro bicchiere d'acqua e andare in bagno. Mentre era via Sho mise un piattino sulla ciotola di riso di Erina, mise della nuova acqua nella caraffa e sciacquò il bicchiere usato per rimetterlo in tavola pulito. Quando la ragazza tornò a sedersi, decise di restare in piedi, appoggiandosi alla cucina e incrociando le braccia. «Se era così perchè tutti hanno pensato stessi per sposarti? E perchè lui ti ronzava ancora attorno quando sono stato nel tuo ufficio?» domandò per ridarle il filo del discorso
«Perchè prima che partissi ci ha provato a farmi la sua proposta, ma è un uomo timido e invece di farmi semplicemente una domanda diretta a cui non avrei certo detto "no" -ma magari nemmeno un "sì" senza dubbi- ha usato strani giri di parole che io ho capito solo per metà e a cui non ho saputo bene come reagire. Solo ripensandoci dopo mi son resa conto che forse mi stava chiedendo di sposarlo. Forse avrà pensato di richiedermelo una volta che fossi tornata in ufficio così non ha fatto più alcun tentativo. Le colleghe e i colleghi ci vedevano già da tempo come una coppia che si frequentata regolarmente e loro, come lui, davano per scontato certe cose» rispose la rossa per poi appoggiare la schiena alla sedia, allungando le braccia sul tavolo e giocherellando con il bicchiere vuoto
«Quando ti ho accusata di essere promessa ad un altro non hai negato, come me lo spieghi?» insistette Sho
«Quello...» tossicchiò Erina «Sii preciso, tu non mi hai detto "devi spostarti con qualcuno?". Le tue parole sono state vaghe, hai fatto un riferimento non dettagliato all'essere quasi sposati. Io pensavo avessi semplicemente scoperto di quel che c'era stato tra me e lui». Al ragazzo girò momentaneamente la testa e strinse i pugni fino a sentirsi le unghie dolorosamente premute contro i palmi delle mani «Non dovevo saperlo? Quindi intendevi veramente fare il doppio gioco?» chiese
«Assolutamente no!» esclamò lei per poi tossire e portarsi le mani alla testa. Attese che ebbe respirato profondamente e la ascoltò quando riprese a parlare «Ammetto che il giorno in cui ho avuto una quasi conferma di quello che provavi per me avrei fatto bene a tagliare i miei rapporti con Fujimiya san, ma non lavoriamo nello stesso reparto ed è più in alto di me quindi ha più cose da fare. Mi sono decisa a combinare qualcosa quando tra noi è stato tutto più chiaro, e quando sono tornata in ufficio era mia intenzione fargli capire che le cose non sarebbero tornate come prima, ma non ne ho avuto l'occasione e poi... come avrei fatto? Con quale sfacciataggine vai da qualcuno a dirgli "tra noi è finita e non ti sposerò" quando questa persona non te l'hai chiesto esplicitamente?» domandò guardando in faccia Sho «Non credi sia un atteggiamento un po' sfacciato? E' per questo che voglio che le cose mi vengano dette chiaramente, perchè senza chiarezza io stessa poi non so più come andare avanti. Ad ogni modo stavo cercando un modo, magari meno crudele e diretto, ma comunque chiaro e poi avevo cambiato il mio atteggiamento nei suoi confronti. Insomma non volevo fare il doppio gioco, ma devo ammetterlo, ho rinviato fino al mio ritorno anche perchè non ero certa: non avevo il coraggio di abbandonare un futuro certo con qualcuno che finalmente mi voleva, per tentare la sorte con l'uomo più improbabile del Giappone» fece una pausa e lo guardò con tristezza «Puoi seriamente biasimarmi per questo?». "Posso?" si domandò Sho a sua volta "Vorrei che la persona che sta con me, mi amasse in maniera esclusiva, non vorrei avere dubbi su di lei altrimenti non sentirei che il nostro sentimento è sincero, ma è vero che quello che voglio io è una cosa, ciò che deve affrontare il partner è un'altra. In questo caso Erina è una persona qualsiasi... uguale a tutte le fan che vedo a migliaia nei concerti: quante probabilità hanno quelle donne di avere una storia con uno di noi? Nessuna praticamente, io non saprò nemmeno di ognuna come si chiamano, cosa piace loro o cosa fanno nella vita. Quindi....". «Volevi essere sicura?» domandò abbassando lo sguardo, pensoso
«Chi non vuole esserlo quando ci sono di mezzo i sentimenti? Ma... sì, in questo caso volevo esserne certa, senza ombra di dubbio, e così è stato, ma solo dopo un numero incredibile di fraintendimenti» rispose Erina annuendo
«Effettivamente abbiamo avuto non pochi qui pro quo» ammise Sho
«E qui mi permetto di farti presente che una parte di colpa per ciò che è successo ce l'hai anche tu ed è ingiusto farmi sentire l'unica colpevole»
«Scusa?» domandò lui incredulo, raddrizzandosi e sciogliendo l'incrocio delle braccia «Che cosa avrei sbagliato, sentiamo?» fece arricciando il labbro inferiore
«Ricordi quando credevi stessi con Aiba? C'erano mille modi discreti per avere conferma della cosa, ma tu non hai voluto usarne nemmeno uno, no: ti sei convinto che era così e hai fatto su un macello che la metà sarebbe bastata. Aiba si era addirittura arrabbiato» raccontò la rossa «E' un tuo vizio, ti convinci di una cosa e ti ci tormenti con tutto te stesso senza nemmeno porti il dubbio. Parla, per la miseria!» sospirò Erina scuotendo il capo «Se tu mi avessi lasciato spiegare quel giorno al mio ufficio avresti saputo tutto subito, se tu non avessi dato solo ascolto ad altri, ma fossi venuto da me a chiedere "hanno detto così, è vero?" allora non sarebbe successo niente di tutto questo. L'ho detto anche a Kokoro chan, il che è comprensibile, ma è pazzesco che debba dirlo anche a te: se non parliamo tra di noi e se non crediamo prima di tutto a ciò che ci diciamo è inutile anche solo cominciare una relazione come questa. Un giorno potrebbe venire fuori un pettegolezzo su di te e una donna sconosciuta e se non mi fidassi di te, se non venissi a chiederti conferma, sarebbe finita. Se tu mi vedessi in giro con un uomo e invece di domandarmi come mai, anche in quel caso sarebbe finita. Io sono... non lo so, sono stupida forse, ma mi sento più sicura se le cose sono dette: parola per parola, frase per frase. E allo stesso modo, se io non parlo in maniera chiara allora non si può dare per certo qualcosa»
«Va bene, allora chiariamo tutto una volta per tutte» annuì Sho e girò intorno al tavolo per mettersi al suo fianco «Fujimiya Koji ti piace ancora?» domandò serio, con aria di sfida.

Erina si alzò in piedi a sua volta, tenendosi alla sedia. Non si era aspettata una simile reazione, ma dopo il primo attimo di smarrimento si disse che non avrebbe potuto essere altrimenti "Ho elencato tutti i disastri accaduti per colpa dell'assenza di chiarezza e gli ho detto che se non l'avremo tra noi non potrà mai esserci niente... è normale che uno precipitoso come Sho reagisca così. E poi è stato lui a chiedere la verità". «Prima sì, ora no» rispose quindi con decisione
«E se io ora ti dicessi che, comunque sia, non voglio stare con te, cosa faresti?»
«Se anche tu mi respingessi stasera, non tornerei da lui» scosse il capo «Non mi piace più, non starei con qualcuno per cui non provo qualcosa»
«Quindi se ti chiedessi di diventare la mia ragazza andresti a dirgli che non ci sarà più nulla tra voi?» insistette ancora Sho fissandola dritto negli occhi, doveva essere quello un altro dei punti fondamentali per lui
«Se per stare con te serve che gli dica esattamente così lo farò, d'accordo. Anche se dovessi risultare sfacciata» concesse, anche se sapeva che le sarebbe costato un gran coraggio
«Ma continuerai a lavorare in quell'ufficio?»
«Non intendo lasciare il mio lavoro, un buon posto e un ufficio in cui mi trovo bene solo perchè me lo chiedi tu. Devi fidarti» rispose allora, con fermezza «Anche tu non accetteresti se io ti chiedessi di lasciare il tuo a causa del timore di eventuali tue colleghe di lavoro. Mi sbaglio?». Lo vide trattenere il fiato per qualche secondo, scrutando il suo sguardo, ma lei sapeva di risultare sicura, forse aveva gli occhi un po' lucidi e l'aria stanca per via della malattia, ma stava rispondendo con sincerità. «Va bene...» sospirò infine lui
«Tocca a me» lo incalzò la rossa, prendendolo in contropiede «Quando qualcosa non è chiaro parlerai con me, sempre, prima di decidere cosa è vero e cosa no?». Sho sbattè le palpebre e fece un passo indietro «Sì» rispose a mezza voce: probabilmente non si aspettava che Erina rivoltasse contro di lui il suo "gioco delle domande a bruciapelo"
«Se sbaglierò qualcosa avrai la pazienza di dirmelo, senza decidere che è finita e che sono fuori dalla tua vita?» continuò la rossa incrociando le braccia. Erina lo guardava con il collo piegato perchè era più bassa di lui e la posizione non aiutava dato che stava meglio di qualche ora prima, ma un po' continuava a girarle la testa. «Lo farò: pensare prima di agire» annuì lui
«Sono la tua ragazza?» fu la sua terza domanda
«Sì» rispose lui a capo chino poi lo rialzò di scatto «Cioè... cosa?» domandò confuso
«Hai capito benissimo cosa ti ho chiesto» spiegò Erina. Avrebbe voluto sedersi perchè era ancora troppo debole per stare in piedi a lungo, ma era un momento cruciale quindi fece un profondo respiro e rimase salda sulle gambe, senza muoversi per non perdere l'equilibrio. «Se non c'è una richiesta esplicita non mi considero legata» gli spiegò «Perchè quando le situazioni non sono più tanto chiare, com'è stato per Fujimiya san, voglio poter agire con risoluzione ed evitare fraintendimenti e problemi con terze persone. Quindi sono la tua ragazza o no? Altrimenti romperò con Fujimiya san con i tempi e le parole che preferisco»
«Significa che se ti dico "sì" andrai da lui a dirgli esattamente quel che ti ho chiesto di dire?» domandò Sho incredulo
«Ho già risposto a questa domanda, sei tu che stai evitando di fare lo stesso con la mia» disse lei risoluta. In campo sentimentale c'era sempre voluta forza e chiarezza con uno dal temperamento precipitoso e focoso come Sho e non avrebbe ceduto in quel momento. Era il momento, quello in cui si giocava tutto. Quello in cui capire una volta per tutte se con lui non ci sarebbe mai stato niente o per capire se mesi di impacciati tentativi avrebbero trovato una conclusione positiva, se tutti i piccoli gesti che c'erano stati tra loro erano stati un'illusione. Per sapere se la dichiarazione di Sho, le parole più inaspettate e meravigliose che avesse mai sentito, era stata vera fino infondo o no. «Sì» annuì lui dopo qualche secondo di silenzio. Le fece un sorriso appena accennato «Se è quello che vuoi anche tu, allora sì». Erina trattenne il respiro nell'ascoltarlo e anche dopo, rielaborando la sua risposta nella propria mente, poi lasciò andare un sospiro e di risedette sulla sedia di colpo. «Tutto bene?» domandò Sho allarmato, mettendole le mani sulle spalle
«Sì... più o meno, non ce la facevo più a stare in piedi» rispose con voce debole «Un simile sforzo avrebbe dovuto farmi venire fame e invece niente»
«Il riso possiamo scaldarlo più tardi» la rassicurò il ragazzo «Vuoi una tisana? Devi prendere altre medicine?»
«Sei bravo a prenderti cura degli altri» osservò la ragazza alzando lo sguardo verso di lui «E' proprio vero che ti comporti come una mamma»
«Ho fatto pratica con i miei fratelli minori quando erano malati e poi negli anni era come avere altri 4 fratellini combina guai» spiegò con un sorriso divertito. Erina lo osservò mentre metteva da parte la sua ciotola di riso e toglieva tutto dalla tavola. Avevano appena finito un litigio e chiarito una situazione terribile durata diversi giorni, lei era diventata ufficialmente la ragazza di Sakurai Sho e tutto quello di cui parlavano erano gli Arashi? Trattenne un risatina e dopo si mise a tossire. «Cosa posso fare per te?» le domandò lui dopo che ebbe finito di sistemare
«Mmmmh... Ying spesso mi spazzola i capelli prima di andare a dormire» rimuginò la ragazza «Ti piacerebbe prendere il suo posto per una sera?» domandò conoscendo già la risposta. Sho esitò una manciata di secondi poi annuì contento, come nulla fosse.
Erina andò a sistemare i cuscini sul divano di modo da sedersi comoda con le gambe incrociate, con la schiena rivolta verso la metà del materasso dove Sho si sedette, quando fu tornato dal bagno. Appoggiò un braccio al morbido poggia schiena e piegò la testa contro di esso mentre sentiva la spazzola e le mani del suo ragazzo cominciare a districarle i ricci. Sospirò lentamente chiudendo gli occhi. Fuori dalla finestra cominciava ad essere scuro, segno che era ancora sera presto. Shimokitazawa le piaceva, perchè era una cittadina movimentata, ma aveva anche delle vie residenziali e tranquille dove non c'erano rumori molesti dalla strada e le persone non facevano chiasso. A differenza della stanza, dove lei prendeva medicine e starnutiva o tossiva tutto il tempo, in sala si stava più freschi e l'aria non odorava di medicinale. Lì c'era ancora il delicato profumo del riso caldo appena fatto e un vago sentore di uova perchè Sho doveva essersele preparate per sè. Dalla porta finestra socchiusa inoltre, entrava anche l'odore del detersivo che lei e Ying usavano sempre per fare il bucato. Ormai, lì in sala, stava cancellando quello del riso. Quell'ambiente più fresco della camera e quegli odori casalinghi e rassicuranti la fecero sentire un po' meglio, inoltre il mal di testa aveva cominciato a diminuire da un paio d'ore, quando aveva preso l'antidolorifico. «Ho un'ultima domanda, posso?» fece allora, dopo due minuti di silenzio
«Sentiamo» accettò lui
«So che Ying ha sgridato te e Fujimiya san l'ultima volta. Ero rincoglionita dalle medicine ma mi sono resa conto che era furiosa quando è tornata in casa da me. Cos'è successo per farla arrabbiare così? Non credo di averla mai vista in quello stato» riflettè Erina. Ying non piangeva. Non l'aveva mai vista farlo, ma ricordava di averle visto gli occhi lucidi quel giorno e quando l'aveva abbracciata tremava leggermente. Era l'amica a tremare, non c'era dubbio, perchè lei aveva caldo e non freddo. Sho smise di pettinarla e sospirò «Credo faresti meglio a chiederlo a lei. Anche noi siamo rimasti piuttosto colpiti dalla sua reazione» rispose infine. La ragazza mugugnò in segno di assenso e arricciò le labbra, comunque insoddisfatta della risposta, ma non aggiunse altro: per quella sera e in quelle condizioni, si era sforzata fin troppo per discutere. «Per essere pari devi rispondere tu ora» disse invece il ragazzo che aveva ripreso a pettinarla. Ancora una volta lei mugugnò, annuendo. «Posso abbracciarti?» domandò velocemente, come senza il coraggio di fare quella domanda. Erina si staccò dal divano e si piegò all'indietro finchè non sentì il corpo di Sho contro la sua schiena ed appoggiò la testa sulla sua spalla. «A tuo rischio e pericolo. Potrei infettarti e saresti costretto a lavorare con la febbre» spiegò con voce flebile sentendo che la medicina presa venti minuti prima doveva averle dato sonnolenza
«A mio rischio e pericolo» acconsentì Sho lasciando da una parte la spazzola e passandole le braccia intorno alle spalle per stringerla, anche se non troppo forte. Si dissero qualcos'altro sicuramente, ma il giorno dopo Erina non si ricordava cosa fosse perchè dopo quelle ultime frasi, una volta appoggiatasi a lui, aveva chiuso gli occhi e si era lasciata di nuovo andare alla sonnolenza e alla stanchezza dovute alla malattia. Eppure sentiva che stavolta avrebbe riposato sul serio, con la mente sgombra, e probabilmente il giorno dopo sarebbe stata meglio.

*Non so se sia solo un'usanza giapponese, ma io l'ho visto fare solo a loro. Per intenderci, la mela sbucciata "a coniglietto" (non saprei come meglio descriverla) è COSI'
**Il tamagodon è una delle versioni del piatto base chiamato donburi (ciotola di riso cotto con vari ingredienti fatti bollire e poi messi sopra) e prevede l'aggiunta di uovo strapazzato e una speciale salsa dolce


Questa è una delle poche volte in cui non ho pianificato niente in precedenza. Solitamente mi capita che penso un capitolo più velocemente di quanto lo scrivo (dati i tanti impegni), quindi quando vado a metterlo nero su bianco è pensato almeno per il 70%, dialoghi compresi. Qui zero, sapevo chi Ying avrebbe incastrat Shoo in casa e che alla fine tutto si sarebbe chiarito, ma cosa avrebbero detto o fatto.. boh. Non era nemmeno previsto un dialogo Sho-Ying inizialmente invece mi è venuto fuori così.
E' stato d'aiuto il fatto che sia praticamente nella stessa condizione di Erina =_= solo che io ho perso la voce, quindi non avrei fatto nessun discorso, anche volendo...

  
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