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Autore: Lelaiah    01/09/2012    2 recensioni
Ethelyn è figlia del Vento, ma ha i capelli di fiamma.
Drew vive in un villaggio di minatori, in compagnia del suo fidato amico Blaking.
Simar e Kiron sono gli eredi al trono di un Regno celato da una misteriosa e potente foresta.
Nive è stata abbandonata e si guadagna da vivere facendo la danzatrice.
Zahira è a capo del proprio villaggio, ma è rimasta sola.
Gizah ha la capacità di trasformarsi in un centauro grazie all'eredità paterna.
Infine Roving è l'ultimogenito dell'antica casata dei Kite, indomito come il simbolo della propria famiglia.
Tutti loro sono attesi al varco e si ritroveranno a viaggiare per lunghi chilometri nel disperato tentativo di impedire la morte di uno dei Veglianti, i grandi lupi elementali. Non dovranno temere le ombre perchè è in esse che si cela il loro nemico.
Nessuno di loro è nato per diventare un eroe, ma voi siete disposti ad accompagnarli in questo viaggio?
Qualsiasi sia la vostra risposta, vi do comunque il benvenuto a Suran!
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 11 Vivere a palazzo
Finalmente i primi indizi... i ragazzi si confidano e torniamo da Shunka per vedere com'è la situazione.
Buona lettura! :)



Cap. 11 Vivere a palazzo


  La ragazza si alzò, lentamente.
Cambiò l’impugnatura dei sai e prese un respiro profondo, che quasi le si impigliò in gola.
Non si aspettava di incontrarlo, non dopo il modo in cui si era comportato la sera prima. Le aveva fatto chiaramente capire che non voleva incrociare la sua strada, nemmeno per caso.
-Cosa fai qui?- il principe ripetè la domanda, avvicinandosi di qualche passo.
Lei lo fissò, leggermente affaticata dall’esercizio fisico.
-Non posso stare qui? Non sapevo ci fossero zone vietate.- rispose con calma. “Non essere scortese, non fino a quando non ti provocherà o offenderà.”, si disse.
-Non intendevo questo. Ma sei sul campo d’allentamento.- le fece notare, facendo spaziare lo sguardo.
-Me ne rendo conto.- disse, rigida. “Non sono stupida.”
-Tra i Ferift ci sono donne guerriere?- domandò allora lui, confuso.
La domanda la prese in contropiede. –No… perché?
-Ti stavi allenando. E le donne, a quanto mi hanno insegnato, non sono avvezze ad imbrattarsi di sangue e polvere.- replicò. Si rese conto che quel discorso era un po’ troppo sessista, ma non riusciva ad essere il solito Simar, non con lei. Ogni volta che la guardava ripensava a quel dannatissimo giorno.
-Non vedo perché una donna non possa difendersi.- la Ferift si sentì offesa dalle sue parole.
-Qui non hai bisogno di difenderti.- le disse, cercando di mantenere inalterato il proprio tono di voce.
-Questo è tutto da vedere.- mormorò lei.
Il principe la sentì, era abbastanza vicino per poter udire il suo sussurro. –Credi che potrei attaccarti?- suonò sorpreso anche alle proprie orecchie. Non avrebbe mai attaccato qualcuno senza motivo, nemmeno un Ferift!
  La ragazza ponderò le proprie parole. -Ieri sera non mi siete parso… contento di avermi qui a palazzo.
-E non lo sono. Mi dispiace ammetterlo. Ma non per questo vi farò del male.- ammise.
-Mi avete già fatto del male. Il pregiudizio ferisce.- rispose lei. Si stava alterando e la sua voce stava diventando incerta.
-Mi dispiace, è più forte di me.- non era una scusa, ma una semplice constatazione. Voleva mettere in chiaro che, se si fossero evitati a vicenda, non sarebbe successo nulla di irreparabile.
-Ah, quindi non potete fare a meno di odiare senza motivo una persona?- chiese lei, quasi urlando.
Con la coda dell’occhio scorse alcuni Elfi, fermatisi a bordo campo. Da come erano vestiti dedusse che appartenessero alle guardie che li avevano catturati la sera prima.
-Non odio voi, ma il vostro popolo.- Simar digrignò i denti, cercando di non perder la calma. Non voleva dare spettacolo di fronte agli altri Ulver.
Era un sergente: non poteva lasciarsi andare ad infantili dimostrazioni di forza.
-Quindi odiate anche me.
-Questa conversazione è finita.- tagliò corto e fece per andarsene.
  Ethelyn ricacciò indietro una lacrima, dovuta alla rabbia che provava in quel momento. Prese un respiro profondo, sollevò il braccio destro e lanciò il sai.
Non era riuscita a contenersi.
L’arma sibilò attraverso l’aria, sfiorò la spalla dell’Elfo e si conficcò a pochi passi da lui.
Il ragazzo, al vedere la lama conficcarsi nel terreno, si bloccò.
“Ha tentato di colpirmi?”, si chiese, scioccato.
-Voglio chiarire una volta per tutte che io non c’entro nulla con i bastardi che hanno ucciso vostro fratello. Se ora non accettate questo confronto, vi dovrò ritenere un razzista.- sibilò, arrabbiata.
Simar si voltò lentamente a guardarla. –Non sai niente di me, non osare giudicarmi.
-Nemmeno tu sai niente di me, ma l’hai fatto.- replicò. Al diavolo il voi.
Mentre loro parlavano si era radunata una discreta folla di curiosi. Tutti passavano gli occhi dall’uno all’altra, in attesa della prossima mossa.
“Non mi farò insultare così.”, decise il ragazzo. Si tolse l’arco dalla schiena e lo depositò a terra assieme alla faretra.
Osservò le armi della sua avversaria ed optò per i pugnali che portava sempre con sé, uno dei quali all’interno dello stivale sinistro.
-Bene… chiariamo la questione.- disse, accettando la sfida.
Ethelyn si mise in posizione difensiva, di tre quarti. Avrebbe avuto l’occasione per dimostrargli che lei era diversa, che aveva dei principi morali. Voleva fargli capire che era semplicemente una ragazza senza la minima intenzione di ferire gli altri.
  Iniziarono a scrutarsi, valutandosi. La prima cosa da fare, quando ci si trovava di fronte un avversario, era cercare di capire quali fossero le sue capacità ed individuare i suoi punti deboli.
Tutti avevano punti deboli.
Simar si stupì di vederla assumere quella posizione, significava che sapeva cosa stava facendo e non era una sprovveduta. Non che facesse differenza, lui e Kiron erano stati addestrati fin da piccoli all’uso di tutte le armi elfiche.
Strinse l’elsa d’osso delle sue armi, saggiando il terreno con un piede.
La ragazza rimaneva immobile, non accennando a volersi muovere. L’Elfo allora prese a girarle intorno, per innervosirla e cercare il punto cieco della sua difesa.
“Non troverai il mio punto debole.”, Ethelyn aveva capito le sue intenzioni ed iniziò a seguirlo con lo sguardo.
Quando non ne fu più capace prese a girare sul posto, mantenendo sempre la posizione.
-Sei astuta.- le disse il principe.
-Grazie.
Continuarono a scrutarsi, mentre il ragazzo proseguiva il suo percorso. Tutti e due sapevano che stava tracciando una spirale per potersi avvicinare a lei.
La Ferift aveva iniziato a compiere il tragitto opposto non appena lui le si era avvicinato troppo, ma aveva valutato male i tempi.
  Con uno scatto Simar le fu addosso e cercò di mandare a segno un fendente dall’alto. Lo bloccò per un pelo, incrociando le lame.
Dalla folla si levò un boato ed iniziò un tifo serrato.
Ethelyn lo ricacciò indietro e con una veloce rotazione di polso incastrò una delle lame con l’elsa ricurva. Con quella rimasta deviò il fendente successivo.
Per un attimo si ritrovarono molto vicini e nessuno dei due disse niente, troppo impegnato ad evitare di essere colpito.
Simar osservò il proprio riflesso sulla lama della Ferift e non si riconobbe. Trattenne il respiro per un attimo, chiedendosi cosa stesse facendo, ma poi scacciò via quelle domande.
Infilò un piede tra le gambe della giovane, riuscendo a sbilanciarla.
Lei cadde in avanti e lui ne approfittò per cercare di colpirla. Riuscì a farle un piccolo taglio sulla guancia prima di esser sbalzato via con un calcio nello stomaco.
Si avvitò in aria e atterrò senza danni.
Quando si voltò la trovò già pronta per combattere.
-Principe! Principe!- urlavano i presenti.
“Non è una tenzone!”, si ritrovò a pensare. Avrebbe voluto esser solo con lei, per non dar inutilmente spettacolo.

  Ethelyn si guardò intorno, infastidita dalle urla.
Lanciò uno sguardo al suo avversario e notò che nemmeno lui ne era particolarmente entusiasta.
Almeno erano d’accordo su una cosa.
Cambiò nuovamente l’impugnatura dei suoi sai e partì all’attacco. Poco prima di colpire il principe deviò di lato, tentando un affondo laterale.
Lui lo bloccò, aiutandosi col pugnale e i bracciali di cuoio che gli proteggevano gli avambracci. Tentò di forzare la sua difesa, ma venne respinta.
“E’ il mio turno.”, pensò Simar.
Caricò con potenza, scagliandosi di peso contro la rossa. La mise alle strette con dei colpi ascendenti e discendenti in rapida successione.
All’ultimo lei riuscì a pararli e a sottrargli uno dei due pugnali. L’impeto, però, la privò anche dell’arma che impugnava.
  Si ritrovarono ambedue con una lama a testa.
Ansimando, presero le distanze l’uno dall’altra. Dovevano cambiare tattica.
Si fissarono in silenzio, ragionando.
Il tifo e le grida continuavano, incessanti ed assordanti.
Simar si stupì che non fosse ancora giunto nessuno a fermarli: né Tùrin, né il capitano… nemmeno suo padre o suo fratello.
“Tanto meglio.”, pensò.
Notò un piccolo movimento della ragazza e scattò. Lo stesso fece lei, vedendosi attaccata. Lo scontro fu violento e riverberò attraverso i muscoli delle loro braccia.
Ethelyn cercò di sbilanciarlo, ma lui piantò i piedi, resistendo.
Andarono avanti per un bel po’, fino a quando il principe non la fece cadere a terra. Iniziarono a rotolare sul terreno, in un intrico di corpi. Fino a quando non si fermarono, circondati da nuvole di polvere.
La Ferift si ritrovò in una posizione dominante, il sai puntato alla gola del ragazzo. Ma ben presto si accorse di avere la sua lama a contatto con lo stomaco.
Si guardarono negli occhi, arrabbiati e senza fiato.
-Sono stanca di tutto questo! Ho passato quasi tutta la vita rinchiusa in una grotta, odiata dal mio stesso popolo!- gli urlò in faccia.
Simar la fissò in silenzio, spiazzato. Quelle che vedeva nei suoi occhi erano lacrime.
“Cos’ho fatto..?”, si chiese ritornando lucido. Ritornando ad essere se stesso.
  Fece per dire qualcosa, ma la ragazza corse via, per evitare di mostrargli il suo dolore.

Quando Drew venne a sapere di quello che era successo andò su tutte le furie.
-Potrà pure essere un principe, ma non aveva nessun diritto!- esclamò, arrabbiato. Si trovava in compagnia di Blaking sul campo di combattimento.
Avevano trovato tutta quella folla di persone e si erano avvicinati, trovando Simar al centro dello spiazzo.
Lui li aveva visti e si era messo una mano sul viso, scuotendo la testa. Kiron si era congedato da loro e l’aveva raggiunto, ma suo fratello l’aveva scacciato e si era avviato verso il palazzo a passo di marcia.
I due amici si erano scambiati uno sguardo, perplessi e avevano chiesto spiegazioni.
Ed ora eccoli lì: Blaking stava cercando in tutti i modi di calmare un Drew letteralmente fuori di sé.
-Ethelyn non è mia sorella né la mia fidanzata, d’accordo, ma non mi sembra giusto che lei debba soffrire per i suoi pregiudizi!- si liberò dalla presa dell’amico, scostando le sue ali.
L’Ippogrifo sospirò. –Drew, calmati, per favore.
-No che non mi calmo!- sbottò.
L’amico lanciò un’occhiata alla folla, che si stava disperdendo, poi tornò ad avvicinarglisi. –Dobbiamo lasciare che se la sbrighino tra di loro.- gli disse, cercando di essere il più conciliante possibile.
-Potrebbe accusarla di qualcos’altro!- gesticolò il ragazzo.
-La tua reazione è esagerata.- lo rimproverò allora. Il Nun si fermò, lo guardò e poi sospirò, ritrovando una parvenza di calma.
-Mi dispiace, ma ho visto il suo sguardo, ieri… e ho avuto una stretta al cuore.- si giustificò. –Lei è una brava ragazza e sono sicuro che abbia tante altre buone qualità. Non merita di esser giudicata per quello che hanno fatto altri.
-Lo so, sono d’accordo con te. E sono sicuro che anche il principe se ne sia reso conto.- gli diede un colpetto col muso. –Per ora, però, lasciamoli stare. Tutti e due.
Anche se a malincuore, Drew annuì.

-Simar, dannazione! Fermati!- sbottò Kiron, esasperato.
Suo fratello lo ignorò, continuando a puntare dritto verso la propria camera. Da un anno ormai non condividevano più una stanza comune. Da quando era arrivata Caitlin.
-Insomma, si può sapere che ti è presto?- finalmente riuscì ad afferrarlo per un braccio.
Lui si girò, rosso in volto. –Niente, sono impazzito, va bene?!- ringhiò.
Kiron lo guardò confuso. –Tu non sei così…- gli disse.
-E come sono?
-Tu sei quello calmo, quello disponibile… quello che ha sempre fatto la cosa giusta.- gli sorrise. Nei suoi occhi azzurri, però, c’era un velo di amarezza.
Nel vederla, il ragazzo ritornò in sé. Fu meglio di una doccia fredda. Entrambi sapevano che il motivo scatenante di quella sua sfuriata non era solo la Ferift.
-Mi dispiace.- sospirò Simar, vergognandosi di se stesso.
Kiron gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla. –Senza rancore. Abbiamo avuto tempo per picchiarci.- cercò di buttarla sul ridere per alleggerire l’atmosfera.
-So che reagire così è stupido e mi rendo conto che è anche inutile. So che lei ti ama e sono felice per voi.- mormorò.
-No, tu ti stai sforzando di essere felice per noi, ma so che soffri ancora.- replicò, senza farsi ingannare.
Al che suo fratello lo guardò, colpito. Credeva di esser riuscito a mascherare meglio i suoi sentimenti.
-Di che ti stupisci? Dopotutto siamo gemelli.- sorrise il moro. –Ora, vai a farti un bel bagno. Poi medita come solo tu sai fare e, quando sarà il momento, vai a scusarti con quella povera ragazza.
-Non credo vorrà più parlarmi… ho quasi tentato di… che cretino sono stato!- scosse la testa, incredulo.
-Tutti sbagliamo, anche tu.
-Perché ora sei tu il saggio, tra noi due?- gli chiese.
-Perché ogni tanto bisogna scambiarsi i ruoli, no?- ridacchiò. –Su… vai. Non vorrei che il Nun ti venisse a cercare.
Simar lo guardò perplesso. –Perché?
-Credo che Ethelyn sia una sorta di mascotte per loro… insomma, devono volerle bene. Quindi non saranno contenti di sapere quello che hai fatto.- spiegò.
-Fantastico. Vado a farmi questo famoso bagno… grazie fratellino.- gli sorrise e poi s’incamminò lungo il corridoio.
Kiron scosse la testa, orgoglioso di se stesso: per una volta era stato lui a dispensare consigli, non il contrario.

  Ethelyn si gettò sul letto dopo aver sbattuto la porta.
Affondò il viso nel cuscino e, non potendosi più trattenere, diede libero sfogo alle lacrime.
Non capiva il comportamento del principe, non concepiva il suo odio indiscriminato verso di lei.
Poteva comprendere il dolore del lutto, ma quello no.
Lei non aveva fatto nulla di male per meritarsi quel trattamento. Lui non aveva il diritto di dirle quelle cose.
Per l’ennesima volta aveva avuto la riprova che le persone erano meschine e capaci di provare sentimenti negativi verso dei perfetti sconosciuti solo per dei pregiudizi.
“Il pregiudizio finirà per uccidermi.”, pensò, singhiozzando.
Non voleva essere amata da tutti, le bastava semplicemente non essere tacciata di essere una sporca mezzosangue e un’appartenente ad un popolo di assassini.
Lei non era quello.
Ethelyn non si limitava al suo essere Ferift o all’avere sangue misto. Era molto di più, ma nessuno sembrava volerlo capire.
Tranne Blaking e Drew. Loro l’avevano accettata ed sarebbe stata riconoscente per il resto della sua vita.
Quel pensiero la risollevò un attimo, ma subito dopo ripiombò nello sconforto, piangendo ancora più forte.


  Quella sera, a cena, incontrarono il re e la regina.
Kiron e Simar erano assenti, impegnati nella riunione indetta dal capitano degli Ulver. La principessa aveva scelto di mangiare in camera, aspettando il marito.
Non vedendo il principe dai capelli d’argento al tavolo, Ethelyn decise di sedersi per cenare.
In caso contrario avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornata in camera.
-Ho saputo che avete parlato con Arun.- esordì sir Holean.
Blaking alzò lo sguardo dal suo pezzo di carne. –Sì, maestà. Abbiamo avuto uno scambio d’informazioni. Crediamo che gli animali siano rallentati dalla luce del sole.- disse.
-Interessante. So che in questo momento è in corso una riunione.- aggiunse, lisciandosi una ciocca di capelli.
L’altro annuì. –Dopo, col vostro permesso, mi unirò anche io.
-Certo, vai pure.- concesse.
-So che Kiron vi ha fatto da guida. Vi è piaciuto il palazzo?- domandò cortesemente Undine.
-Oh, sì molto. Siamo stati anche nella foresta, a parlare col capitano.- disse Drew.
-Avete visto i Fisàans?- gli sorrise.
-Sì… sono animali molto belli.- confermò il ragazzo.
-Sono i nostri guardiani. Vigilano sulla foresta da tempo immemore e hanno deciso di aiutarci a proteggerla. È molto difficile conquistarsi il loro rispetto.- intervenne il re. –Ricordo ancora quando…
-Oh, caro, non annoiare i ragazzi.- lo fermò la Ninfa. Lui la guardò e poi si scusò, ridacchiando. –Caitlin mi ha detto che si è divertita molto in tua compagnia.- aggiunse.
Ethelyn, sentendosi presa in causa, alzò la testa di scatto e si voltò a fissarla. –Come?
-La principessa… oggi avete passato del tempo insieme.- disse.
-Oh… sì. È una persona molto piacevole.- si sforzò di sorridere.
-Ethelyn, qualsiasi cosa abbia fatto o detto mio figlio, ti prego di scusarlo.
Aveva capito dal modo di comportarsi della ragazza che Simar doveva aver dato sfogo alla sua rabbia. Sapeva che aveva faticato a buttarsi il passato alle spalle, ad accettare la scomparsa di suo fratello, ma questo non lo giustificava dall’aggredire una persona estranea ai fatti.
La Ferift la guardò, cercando di mascherare il proprio stupore. Poi disse:-Non vi preoccupate, maestà. È tutto a posto.
La donna finse di crederci. Non voleva intromettersi.
La cena passò in tranquillità e, ad un certo punto, Blaking si congedò per raggiungere gli Ulver. Il sovrani vennero richiesti per alcune questioni di corte, così rimasero solo Drew ed Ethelyn.
Il ragazzo voleva dire qualcosa per tirarla su di morale, ma non sapeva proprio cosa.
Ci pensò lei a toglierlo d’impaccio. –Drew… vorrei parlare con te di alcune cose. Ti va di andare in camera…?- gli chiese.
La guardò, stupito e poi annuì.
Lasciarono i loro piatti e poi s’avviarono lungo la grande sala, ammirando gli scorci di cielo che regalava il soffitto di rami intrecciati.
Lungo il corridoio nessuno parlò. Quando arrivarono al vestibolo, la Ferift esitò, non sapendo quale camera scegliere.
-Andiamo nella tua.- le propose l’amico.
Accettò di buon grado e lo fece accomodare, richiudendo subito la porta.
-Siediti pure dove vuoi.- gli disse, sistemando alcuni cuscini che aveva buttato a terra, durante lo sfogo del pomeriggio.
Il ragazzo si sistemò sul letto, molto vicino al bordo. Quasi volesse esser pronto per fuggire, nell’eventualità.
Lei lo imitò, un po’ a disagio.
-Va tutto bene…?- azzardò a chiederle. Tenne lo sguardo sulla ragazza, cercando di cogliere la sua espressione.
-Sì… tutto bene.- sussurrò, sforzandosi di sorridere.
-Ethelyn, so che…- iniziò, ma la Ferift lo interruppe. Alzò il capo, lasciando che i lunghi ricci color del rame le scivolassero sulle spalle.
-Vorrei chiederti alcune cose.- gli disse, fissandolo dritto negli occhi. Non sapeva perché, ma aveva bisogno di quel contatto visivo.
-Certo, chiedi pure.- annuì.
Strinse la coperta, nervosa. –Com’è stata la tua vita? Come sei cresciuto?- chiese.
“Oh… allora stiamo per fare quel discorso. D’accordo.”, si disse prendendo un respiro. Anche lui voleva discutere con lei di quello che significava essere dei mezzosangue, ma non aveva ancora trovato il momento giusto.
Non che fosse passato molto, solamente un giorno.
-La mia è una bella famiglia, unita.- iniziò a raccontare. Sorrise al ricordo dei suoi genitori. –Mia madre è un’Elfa. Abitava nelle terre al confine con l’Ovest, ma non qui, nel Regno del Nord. Più a sud.
-Oh… quindi tu potresti essere imparentato con qualcuno di questi Elfi.- fece lei, stupita.
Scosse la testa. –Difficile, ma non avrei comunque tempo per appurarlo. Papà mi ha raccontato di averla incontrata mentre era a caccia. Per poco non l’ha colpita, scambiandola per un cervo.- ridacchiò al solo pensiero. Sua madre doveva essersi arrabbiata moltissimo.
Anche Ethelyn cerco d’immaginarsi la scena e le venne da sorridere.
-Lei stava raccogliendo erbe medicinali da vendere al mercato. Sua madre era un’erborista. Se non sbaglio non è stato facile, all’inizio: credo che mamma avesse voglia di strozzare papà dopo quel “piacevole” incontro.- ammise, divertito.
-E allora come hanno fatto ad innamorarsi?- volle sapere la ragazza. Se non si trovavano simpatici perché avevano scelto di stare insieme?
-Be’, papà faceva in modo di capitare “per caso” nella foresta, battendo la zona vicino al villaggio di mamma. Pian piano hanno iniziato a vedersi sempre più spesso, di nascosto e si sono innamorati.- rivelò, guardandola. Voleva assicurarsi che quel racconto non stesse peggiorando il suo umore. Sembrava incuriosita, invece, ma non triste.
-Ma i suoi genitori lo sapevano?
-I genitori di mia madre? No. Infatti non avrebbero approvato, se l’avessero scoperto. Non perché non avrebbero apprezzato papà, ma perché lei avrebbe dovuto sposare un suo lontano cugino. Erano indebitati e il matrimonio era l’unica soluzione.- spiegò.
La rossa si accigliò, abbassando lo sguardo. –Volevano sfruttare il matrimonio per i soldi che ne sarebbero derivati?- chiese. Che cosa squallida.
Lui fu costretto ad annuire. –I miei genitori però scapparono e andarono a vivere presso mio nonno paterno. Lui era rimasto solo, dopo la morte della nonna, ma aveva ancora parecchio potere a Kephas. È uno dei consiglieri.- dalla sua voce permeava l’orgoglio per quell’uomo.
-E lui non si è opposto?- chiese.
-No. Lui ha una mente molto aperta, non ha di questi problemi.- le sorrise.
-Oh… mi piacerebbe conoscerlo.- ammise. “Forse accetterebbe anche me.”, pensò.
-Sono sicuro che gli piaceresti.- assicurò, convinto.
Mollò la presa sulla coperta, visibilmente più rilassata rispetto a prima. L’allegria con cui Drew raccontava le stava facendo dimenticare il suo cattivo umore. -Tu sei cresciuto con tuo nonno, quindi?
-Sì, ma non nella stessa casa. Ci ha trovato un posto, non molto lontano dalla sua terra. Veniva a trovarci praticamente tutti i giorni.- rispose.
-E Blaking?
-Come ti ho detto è stato lui a portarmelo. A quanto pare conosceva bene il padre di Blaking e hanno trovato un accordo. Così, all’età di pochi mesi, mi hanno portato questo compagno di giochi.- gli venne nuovamente da sorridere.
-Litigavate spesso, eh?- chiese lei. L’altro annuì, ridacchiando. –E i bambini del villaggio…?
-Loro? Be’, anche loro avevano un compagno animale. Ricordo che Blaking non sopportava l’Ippogrifo di Rodrik. Aveva ragione: erano entrambi insopportabili.- la guardò, sperando di farla ridere.
Era bella quando rideva e i suoi occhi s’illuminavano. Ottenne solo un lieve sorriso, comunque dolce.
-Loro giocavano con te?- chiese.
-Sì.- dovette annuire. –Mia madre si era fatta un nome, nel villaggio, vendendo erbe. Le persone la apprezzano per quello che fa, ancora oggi.
All’udire quelle parole Ethelyn ripiombò nella sua tristezza. Nonostante non fosse di sangue puro, Drew era stato accettato dagli altri e aveva avuto un’infanzia felice.
Nel vederla reprimere una smorfia, il Nun le prese una mano. –Ethelyn, ti prego.- supplicò.
-Volevo solo sapere se anche tu hai avuto delle difficoltà… come me.- ammise.
-E ne ho avute, non è stato sempre facile!- replicò, alzando leggermente la voce.
-Ah sì?
-Sì. Quando ho iniziato a tirare con l’arco mi hanno criticato. Mi dicevano tutti che non è un’arma da Nun, ma da Elfi. Io ho risposto che non m’importava, anche perché ero per metà Elfo e i miei insegnanti hanno chiamato i miei genitori. Hanno detto loro che io mettevo a disagio i miei compagni, con le mie strambe manie.- le raccontò, non riuscendo a trattenere quella punta di rabbia che ancora provava nel ricordare l’avvenimento. –Non è mai stato come quello che hai passato tu, ma sono state piccole cose che comunque mi hanno fatto soffrire.
-Mi dispiace.- mormorò lei.
-A me dispiace per quello che è successo a te.- le disse. Esitò un attimo, poi le si avvicinò. Ethelyn lo fissò, perplessa. Lui ricambiò lo sguardo e poi le sfiorò una guancia, leggero.
Subito arrossirono entrambi e il Nun ritrasse la mano.
-I tuoi genitori come si sono incontrati?- le chiese dopo un po’, per rompere il silenzio che si era creato.
-Ehm… papà è l’aiutante di uno degli armaioli di Ferend. Ce ne sono tre, credo. E’ molto bravo, è stato lui a forgiare i miei sai.- li recuperò e glieli mostrò, orgogliosa.
-Sono molto belli. E particolari.- Drew passò due dita su una delle lame, attento a non tagliarsi.
-Mi ha sempre detto che sono una buona arma di difesa, ma anche d’attacco. E sono facili da usare, soprattutto per le donne.- sorrise, rievocando le parole del genitore.
-Be’, aveva ragione: sei molto abile.- confermò. Lei sorrise, imbarazzata e allo stesso tempo lusingata. –Tua madre…?
-Mamma è una maestra. È stata lei ad istruirmi.- disse.
Il ragazzo la guardò stupita. Considerato l’aspetto della figlia, non poteva immaginare come la madre potesse passare per Ferift.
Ethelyn intuì i suoi pensieri. –Lei sembra una Ferift. O per lo meno, può farsi passare per tale senza destare troppi sospetti.- rivelò, con una profonda amarezza nella voce. Non odiava sua madre per quello, ma si chiedeva sempre perché non fosse toccata la stessa fortuna anche a lei. –Nel nostro popolo hanno tutti i capelli biondi o castano chiaro. Gli occhi azzurri, grigi o qualche volta viola. Mamma è bionda e ha gli occhi abbastanza bigi per essere Ferift.
-Ah… ma… come mai la sua discendenza si è…- non seppe come finire la frase e si limitò ad indicarla, imbarazzato.
Scosse la testa. –Non lo so. Io sembro una Doslor, anche se non sono alta come una bambola. Per fortuna non ho le squame, se no sarei abbastanza grottesca.- tentò di buttarla sul ridere.
-Perché? Saresti… particolare. Molto esotica.- cercò di farle vedere il lato positivo della cosa.
-O un fenomeno da baraccone.- ribatté.
-Ethelyn, per favore, non dire così!- la prese per le braccia, scuotendola.
-E’ la verità! Mamma era così terrorizzata che, quando stavo per nascere, è andata via dalla città. Ha partorito nel bosco, aiutata da papà. Me l’ha detto lei…- lo guardò, spalancando gli occhi per impedirsi di piangere.
“Non davanti a lui.”, si stava ripetendo.
-Ma loro ti amano! Se no ti avrebbero abbandonata.- le fece presente.
-Lo so. E non li ringrazierò mai abbastanza per tutti i sacrifici che hanno fatto per me. Ma sono stati gli unici!- quasi urlò.
Senza pensare, Drew la strinse tra le braccia, premendola contro il proprio petto. –Noi ti vogliamo bene, ti accettiamo per quello che sei.- le sussurrò.
Si aggrappò a lui, ingoiando il groppo che aveva in gola. –Non mi conoscete nemmeno.- disse.
-Mi basta aver visto il tuo sguardo, ieri. E averti guardata mentre ascoltavi le mie storie. L’unica cosa che vuoi è essere accettata. Vuoi solo essere amata.- prese ad accarezzarle la testa.
Lei annuì, senza poter negare.
-Se quell’odioso di un principe dovesse fare o dire ancora qualcosa, giuro che gli spacco il muso.- promise.
-Drew!- si staccò, guardandolo scandalizzata. Poi, non riuscendo a trattenersi, scoppiò a ridere. –Lo faresti sul serio?
-Sicuro.- assicurò.
Sorrise e tornò a stringerlo, commossa. Lui era la prima persona, oltre ai suoi genitori, ad averla a cuore.
Poteva quasi considerarlo suo amico.
-Noi cosa siamo?- gli chiese di punto in bianco.
Lui smise di accarezzarle i capelli, fulminato dalla domanda. “Cosa siamo?”, si chiese. Non lo sapeva nemmeno lui, o meglio, non sapeva quale rapporto voleva che ci fosse tra di loro. Era un po’ confuso, soprattutto in quel momento, con lei stretta tra le braccia.
-Amici…- mormorò infine.
A quella parola lei sorrise nuovamente e lo ringraziò.
Drew si diede del cretino, ma non fiatò.
Iniziarono a raccontarsi tantissime cose, scambiandosi aneddoti sulla propria vita.

  I due giorni seguenti Blaking fu spesso assente.
Drew lo salutava alla sera, osservandolo planare nel giardino su cui affacciava la sua camera e lo rivedeva la sera del giorno dopo.
Gli Ulver l’avevano preso in simpatia e, cosa non meno importante, il capitano voleva che lui desse qualche consiglio alle guardie.
Aveva chiesto di poterlo accompagnare, ma gli avevano detto di no e così aveva rinunciato, costretto a palazzo.
  Ethelyn si era ritrovava senza una compagna, perché Caitlin era andata per qualche giorno in visita dai suoi genitori. La volevano vedere per sapere del matrimonio, dato che non avevano potuto presenziare.
Così i due ragazzi iniziarono a passare sempre più tempo insieme.
Finirono anche per allenarsi, giusto per fare qualcosa di diverso. La Ferift era veramente molto abile. Lui, invece, si sentiva un po’ spaesato senza il suo arco, ma non era molto utile nel corpo a corpo. Certo, poteva usarlo per sferrare dei colpi, anche dolorosi se ben assestati, ma era un’arma adatta alle lunghe distanze.
  Spesso finì a terra, battuto dalla ragazza. Ma non si diede mai per vinto, rialzandosi ogni volta.
In un’occasione Tùrin si era fermato ad osservarli, incuriosito. Ogni tanto aveva dato loro qualche suggerimento e la tecnica di Drew ne aveva notevolmente giovato.
Senza nemmeno rendersene conto, i due ragazzi si avvicinarono molto, saldando il loro rapporto d’amicizia, ancora tenero come un germoglio.
-Sai, Ethelyn, sei una bella persona.- disse Drew, mentre si riposavano dopo l’ennesimo scontro. Lei si voltò a fissarlo, scostando alcune ciocche di capelli dal viso.
-Davvero…?- chiese, colta di sorpresa.
Lui annuì, sincero. –Sì. Mi piace stare in tua compagnia e non mi accorgo nemmeno del tempo che passa.- le sorrise.
-Oh… be’, grazie. Anche io sto bene con te.- non sapeva cosa dire. Cosa si doveva rispondere ad una dichiarazione del genere? Per Ethelyn era una cosa nuova.
-Anche se è strano essere battuto da una ragazza. Appena lo verrà a sapere, Blaking mi riderà sicuramente dietro.- ridacchiò, divertito dalle proprie parole.
Arrossì. –Scusa, mi dispiace.
Si tirò su a sedere, la schiena sporca di terra. –No, no! Non era un rimprovero, dicevo solo che sei forte con quei… quei sai.- chiarì, indicando col capo le sue armi.
-Non sono così forte. Per poco quell’orso non mi ha uccisa.- distolse lo sguardo.
-Quello non era un orso normale. E ci sono voluti i…- si bloccò, guardandosi attorno. –…i poter di Blaking per sconfiggerlo.- concluse a bassa voce.
-Ti fa strano, pensarlo come un…- iniziò, ma lui le tappò la bocca.
-Non dirlo.
-Non stavo per dirlo. Volevo farti intendere la fine della frase.- disse, leggermente infastidita. Non era così sprovveduta.
-Scusa, ma ha detto che non dobbiamo farlo sapere a nessuno.- si giustificò.
-Lo so, non ti preoccupare. Però è stato bello… lui era molto bello.- si rifece la coda, ravviando i capelli, leggermente umidi a causa del sudore.
-Era la prima volta che cavalcavi?- le domandò, curioso.
Lei abbassò un attimo i suoi meravigliosi occhi verdi e poi li rialzò. –Sì, non sono mai salita su un cavallo.- confessò.
Lo sguardo del ragazzo s’illuminò. –Vuoi provare? Sono abbastanza bravo.- si alzò in piedi, allungandole una mano.
-Ma non abbiamo un cavallo…- protestò lei.
-Possiamo chiedere a Tùrin di farci usare quelli nella stalla. Non usciremo da palazzo.- le disse.
Convinta, afferrò la sua mano e si fece tirare in piedi. –Andiamo!
Si diressero velocemente verso le scuderie e cercarono il maestro d’armi. Gli fecero la loro richiesta e lui si dimostrò ben felice di poterli aiutare, anzi, si offrì pure per delle lezioni.
Nonostante l’assenza di Blaking, Drew ed Ethelyn avevano trovato un buon modo per passare il tempo. Era piacevole, divertente e, non meno importante, un buon allenamento per il futuro.
Il principe Simar, fortunatamente, non si fece mai vedere, salvo i rari momenti della cena. Un’altra cosa che andò a loro vantaggio.

***

“Più potere… mi serve più potere.”
La piuma pulsò, come attraversata da un tremito. Shunka giaceva lì accanto, gli occhi chiusi.
Era stanco, molto più stanco del giorno prima.
Gli era parso di sentire, qualche tempo addietro, il potere di uno dei suoi fratelli ai margini della sua dimora. Aveva provato ad estendere la sua aura, ma qualcosa glielo aveva impedito.
E l’occasione era sfumata.
“Ancora più potere.”
Si voltò a fissare l’oggetto che lo tratteneva in vita. Iniziava a temerlo e avvertiva strane emanazioni provenire da esso. A volte aveva creduto di captare dei pensieri.
“Ombre, crescete…”
Un altro spasimo, questa volta più forte. Il Cair sollevò leggermente il muso, confuso.
“Shunka.”, questa volta lo sentì distintamente.
Qualcuno aveva appena pronunciato il suo nome. Era una voce sconosciuta e gli era penetrata nella testa come una lama.
Serrò gli occhi dorati, cercando di scacciarla.
“Non hai il potere di scacciarmi. Non più.”, fu la replica beffarda al suo tentativo.
-Chi sei…? Cosa vuoi da me…?- sussurrò, tentando di alzarsi sulle zampe, ormai troppo malferme per reggere il suo peso.
“Sono l’ombra. Sono una parte di te.”
A quelle parole digrignò i denti, avvertendo spire di potere scorrergli addosso. Rizzò il pelo della collottola, emettendo una debole luminescenza.
“Non serve combattermi… non ha più senso. Lasciati andare.”, un sussurro suadente, invitante che gli strisciò nella testa.
Guaì, provando dolore. –No!- riuscì a dire.
“No…? Ti dimostrerò che non puoi niente contro di me.”
Improvvisamente il lupo si sentì schiacciare a terra, come bloccato da un peso inamovibile. Tentò di liberarsi racimolando le poche forze che gli erano rimaste. Ringhiò, facendo scattare le fauci un paio di volte.
Si sentiva impotente. Debole.
La risata rimbombò tra i suoi pensieri fin nel più profondo del suo essere. Avrebbe voluto ribellarsi, doveva ribellarsi, ma i suoi poteri di Vegliante erano stati intaccati e quasi prosciugati.
La corruzione che aveva annerito la piuma stava lentamente prendendo anche lui. Il processo non sarebbe stato completo fino a quando non fosse stata completamente nera, ma era ormai oltre la metà.
“Ho vinto io.”, a quelle parole Shunka s’immobilizzò. Gli sembrava di udire la sua stessa voce, ma al tempo stesso gli era estranea.
Artigliò il terreno in un ultimo sforzo, ma il peso scomparve all’improvviso. Boccheggiò, libero. Subito dopo, però, la spirale di luce che lo ospitava tremò, come scossa dall’interno.
Dal flusso si staccarono dei fasci luminosi, che si protesero verso di lui.
-Fermati!- arretrò, riuscendo a rimettersi in piedi.
Quei serpenti di luce si fermarono a mezz’aria, fluttuanti e in attesa.
“Non mi servi più.”
Fu come se quelle parole fossero il segnale: il potere della spirale si rivolse contro il suo stesso creatore, catturandolo e inglobandolo.
Il Cair della Luce tentò di lottare con le forze che gli rimanevano, ma venne presto bloccato. La luce lo invase, riempiendo il suo corpo. Non fu una sensazione di potere, si sentì quasi affogare.
Mentre lui artigliava il suo stesso elemento, disperato, dalla piuma iniziò ad emanare un’energia oscura, potente e vibrante.
Sgranò gli occhi.
Lentamente l’oscurità avviluppò se stessa, contorcendosi e pulsando, viva. Da quell’ammasso informe si delineò una figura, sempre più nitida. Nere gocce d’ombra accarezzavano quel nuovo corpo, sparendo nel terreno.
“Ahh! Finalmente alla vita.”
Quando anche l’ultimo frammento di oscurità si fu dissolto, Shunka poté vedere l’incarnazione di quella voce. Del potere che lo aveva imprigionato.
Mani nervose sfiorarono una pelle diafana, lasciandovi rossi graffi in rilievo per poi immergersi in una lunga chioma corvina, più scura di una notte senza luna. Forme toniche, scolpite che terminavano in un viso affilato, impreziosito da due occhi color dell’oro fuso.
Uguali a quelli del Vegliante, non fosse per la pupilla verticale, da rettile.
L’uomo si voltò lentamente, facendo scorrere su di sé una carezza d’ombra. Fronteggiò Shunka coperto da un mantello impalpabile ed effimero.
-Chi sei tu?- gli domandò con un filo di voce.
-Anrekres.
  
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