Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Akatsuki    01/09/2012    4 recensioni
E se esistesse un altro biju oltre gli altri nove? E se il jinchuuriki di questo demone fosse una ragazza?
E se questa ragazza incontrasse Gaara, cosa potrebbe accadere ai due?
Estratto dal V Capitolo:
Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore.

[GaaraxOC] [Primi 4 capitoli revisionati]
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
dreams of the desert.











 
IV Capitolo.
 
«Le ho detto che sto bene! Posso uscire, ora!» continuò ostinata Aoi, ignorando le proteste del ninja medico.
«N-non credo sia possibile, signorina» si scusò il ninja intimorito. «E’ stata avvelenata con una tossina molto potente e, nonostante le abbia somministrato l’antidoto, le occorrono almeno due settimane di riabilitazione» concluse esperto, posizionando meglio gli occhiali sul naso.
Kaen sbuffò e girò stizzita la testa di lato.
«Non faccia così, Suzuki-san. Lo dico per il suo bene» cercò di persuaderla. «E perché Temari-san mi ucciderebbe se la lasciassi andare…» terminò sottovoce, mentre un brivido gli correva lungo la schiena minuta.
 
 
 
«E si assicuri che si sia rimessa nel migliore dei modi, dottore» sibilò Temari minacciosa.
Il ninja trasalì e indietreggiò di un passo.
«C-certo, Temari-sama. Non si preoccupi e lasci fare tutto a me» la rassicurò spaventato, cercando di essere quanto più convincente possibile. Per quanto lo sguardo terrificante di Temari potesse permetterglielo, ovviamente.
«Sono felice di sentirlo, e ricordi anche che so dove abita» sorrise, e al povero ninja sembrò che avesse una lingua biforcuta, da serpente.
 
 
Il ninja medico non metteva in dubbio che Temari-sama avesse le migliori intenzioni quando l’aveva gentilmente minacciato, dopo averlo trascinato molto cordialmente nello stanzino degli strumenti medici. Sapeva che la sorella del Kazekage aveva a cuore la salute della ragazza ricoverata, e che desiderava che ricevesse le migliori cure, ma in quanto maniere di persuasione era davvero pessima. Avrebbe indubbiamente potuto chiederglielo in modo più cortese. Lui non si sarebbe comunque mai permesso di negare le sue più totali attenzioni alla più cara amica di Temari-sama, ma evidentemente l’ambasciatrice di Suna era convinta di essere decisamente più convincente nelle vesti di ragazza assatanata e pronta a prendere a morsi il primo che capita.
«Lo so che lo fa per il mio bene, ma le ho detto che non potrei stare meglio di così!» insistette Kaen, dimenandosi nel letto dell’infermeria.
«Non vedo come sia possibile una sua guarigione così immediata, Suzuki-san. » borbottò il medico avvicinandosi all’armadietto dei medicinali. Estrasse dal suo interno una boccettina colorata piena di pillole ovali, che non rassicurarono per niente Kaen. Odiava le medicine, detestava le pillole.
Ne porse paziente una alla ragazza nel lettino che, dopo un po’ di titubanza, la prese e la ingoiò, trangugiando insieme l’enorme bicchiere d’acqua che le diede successivamente il ninja.
«Lo so io il motivo della mia precoce guarigione, signor…»
«Yatori» le suggerì rassegnato. Nessuno ricordava mai il suo nome.
«Yatori-san.»
«Prendiamo che lei abbia davvero una spiegazione per il suo ristabilimento, Suzuki-san. Potrei sapere qual’è?» chiese, osservandola con un cipiglio curioso.
Kaen si pietrificò e assunse una tonalità cadaverica, che fece seriamente preoccupare il ninja medico. Forse la sua salute stava peggiorando, secondo le sue malaugurate previsioni? E ricordi che so dove abita, dottore...
La ragazza si mise sulla difensiva e si chinò come a proteggersi. Abbassò il capo e fissò un punto imprecisato del letto, artigliando il lenzuolo candido.
«Non credo sia affari suoi» mormorò cupa, stringendo i lembi del lenzuolo fino a che le nocche non divennero bianche.
Non avrebbe mai rivelato a quello stupido medico di essere la jinchuuriki del Dodeacoda, e che quindi il suo sangue eliminava qualsiasi impurità gli si riversasse dentro. Non importava quanto letale, non sarebbe mai morta per mano di un veleno, né per dissanguamento. Per lei era la normalità. Certo non era immortale, ma il sangue era il suo punto forte. In fondo era quello il potere principale di Hiirowo, il demone soprannominato “Sangue maledetto” nel suo villaggio.
Il medico avrebbe reagito come tutti, urlando e strepitando, spaventato da quello che era e quello che aveva dentro. Successivamente l’avrebbero catturata e rinchiusa, probabilmente perché credevano potesse essere un pericolo per il villaggio, e sicuramente l’avrebbero torturata, provando gusto a vedere soffrire un essere innaturale come lei.
Così sarebbe stata costretta ad essere rinchiusa in una barriera a prova di jinchuuriki, così da non farla scappare. Forse stava diventando un po’ troppo drammatica, ma in ogni caso custodiva gelosamente il suo segreto e non era di certo un ninja qualsiasi la persona in grado di farla aprire.
Il medico continuò a guardarla per qualche secondo, indeciso sul da farsi. Dopo attimi di incertezza sospirò e decise di chiudere lì la questione, capendo che probabilmente era una questione troppo intima e personale per parlarne con uno sconosciuto quale lui.
Si passò una mano fra la zazzera corvina e sulle sue giovani labbra si increspò un sorriso comprensivo.
Kaen, non sentendo altre parole, alzò lentamente la testa e si ritrovò a fissare stranita il sorriso comprensivo e indulgente formatosi sulle labbra del giovane. Assottigliò gli occhi e lo trafisse con lo sguardo.
«Non mi guardi così» ordinò decisa, stringendo le labbra.
«Come la sto guardando?» chiese il giovane sulla trentina, mantenendo la sua posizione. Si torturò le mani, un po’ inquieto.
«Non mi guardi come sta facendo ora. Come se capisse.»
Il dottore indugiò e puntò i suoi occhi scuri in quelli della paziente, fermo nella sua decisione di continuare a far luce sull’arcano.
«Oh, io credo di capire molto bene, invece» la provocò, e si stupì di se stesso per il comportamento sicuro che aveva assunto. Non era decisamente una sua peculiarità, quella.
«No che non capisce, dottore» rispose candidamente Aoi, strascicando l’ultima parola.
Non era il suo modo di comportarsi quello, ma quando toccavano tasti dolorosi e difficili da accettare il suo lato più oscuro e sconosciuti veniva fuori. Non avrebbe voluto, ma non era a suo comando, non decideva lei -non decideva mai niente che la riguardasse, lei-. Era un tratto istintivo che veniva fuori quando si sentiva minacciata, quando minacciavano, seppur inconsapevolmente, il suo segreto. E ciò a cui teneva.
«Perché non prova a spiegarmelo, allora?»
«Perché non si è specializzato in psicologia se voleva tanto inoltrarsi nella psiche dei suoi pazienti, mh?» lo azzittì lei impertinente, cercando un modo per concludere definitivamente la questione. Cosa che sarebbe dovuta succedere prima, d’altronde. Si era già esposta troppo, secondo i suoi gusti.
L'uomo si ritrasse, scottato da quegli occhi smeraldini infuocati. Era un metodo di difesa, quello. Mettere all’angolo la possibile minaccia e rigirare il coltello dalla sua parte, per metterlo al tappeto. Lei si sentiva minacciata da lui, ma perché? Lui non la stava davvero minacciando, era solo un modo per conoscere i motivi del suo stare sulle proprie e per provocarla un po’, giusto per osservare la sua reazione. Era come se si sentisse braccata, e quindi doveva trovare una via d’uscita, rapida e sicura. Cosa le era successo in passato per farla comportare così davanti alle presunte minacce? Cosa nascondeva di tanto importante?
«Va bene, può andare. E se le succede qualcosa non me ne assumo le responsabilità, intesi?» si arrese, firmando abbattuto la cartella per le sue dimissioni.
Un sorriso sollevato si formò sulle labbra di Kaen.
 
 
 
 
 
Temari, seduta sul letto della nuova camera di Kaen, fissava la sua amica con un’ espressione fintamente scandalizzata.
«Sei spregevole, sai?»  affermò Temari. «Non ti senti minimamente in colpa per quel povero ninja medico che voleva solamente aiutarti?» finse, portandosi teatralmente una mano al cuore.
Kaen ridacchiò, compiaciuta.
«Lo so, ma ti vorrei ricordare che», la indicò fintamente accusatoria, «anche tu lo hai minacciato. Non credere che non lo sappia» concluse, incrociando soddisfatta le braccia sotto il seno.
«Mah» sillabò Temari, facendo leva con le mani per spingersi verso la ragazza. «Avevo delle ottime motivazioni» precisò offesa, stringendo l’elastico di uno dei codini biondi che stava per cedere.
«Anche io» asserì calma Kaen, terminando di piegare i suoi nuovi abiti. «Ma ero più giustificata, comunque» commentò piano, suscitando l’ilarità della bionda.
«Che c’è, vuoi fare a botte?» scherzò Temari, porgendole una busta colorata all’amica.
«No, per carità, rischierei di farti molto male» rise la castana, prendendo la busta e chiudendo con una fiancata l’anta dell’armadio.
«E ora cosa c’è qui dentro, altri vestiti?» si lamentò esasperata, iniziando ad aprirla.
Poco prima erano andate insieme in giro per Suna, in cerca di qualche abito adatto a Kaen. La ragazza era di gusti difficili, quindi non aveva intenzione di farsi consigliare. Temari, d’altronde, non andava particolarmente a braccetto con la moda, quindi fu più che felice di accompagnare e non consigliare la sua amica. I suoi gusti, poi, erano decisamente differenti da quelli di Kaen.
Dopo ore di estenuante cammino - sì, anche per delle kunoichi come loro - avevano fatto scorta di abiti che, mediamente, sarebbero bastati per l’intero anno.
Nonostante la stanchezza, però, erano tornate al palazzo del Kazekage soddisfatte e contente.  Era da un’intera vita che non si sentivano così appagate, libere di girare per il villaggio fianco a fianco e fare ciò che preferivano.
«In realtà no» bofonchiò la kunoichi di Suna. «E’ un regalino. Da parte mia.» Arrossì leggermente, imbarazzata.
Aoi assunse un’aria sorpresa, sorridendo scherzosa, e si appoggiò all’armadio chiuso.
«Non ci credo. Temari, la Leonessa del Deserto, che fa un regalo? Questa è da segnare sul calendario, gente» la punzecchiò amichevolmente, infilando una mano nella busta. Un rumore metallico arrivò dal suo interno. La bionda trasalì a quel soprannome strano, ma indubbiamente azzeccato.
«Guada che me lo riprendo» minacciò Temari, sbirciando la sua reazione.
La jinchuuriki scosse la testa ed estrasse curiosa un coprifronte di Suna dalla busta, osservandolo senza riuscire a spiccicare parola.
«Oh» riuscì solamente a sussurrare, piacevolmente sorpresa.
«Sono riuscita a procurarmelo con grande fatica, sai. Di solito se ne riceve uno solo quando si supera l'esame all'Accademia» puntualizzò la ninja di Suna, alzandosi e posizionando le mani sui fianchi. Scrutò la ragazza di fronte a lei, che osservava con gli occhi smeraldini spiritati il regalo.
Non dava segni di aver sentito. Temari si avvicinò, lievemente preoccupata.
«Tutto bene?» Poggiò una mano sulla spalla di Kaen, che aveva abbassato il capo facendo in modo che il viso venisse coperto in parte dai capelli nocciola.
La neo-ninja di Suna girò di scatto la testa, osservando ostinatamente il muro color sabbia. Evidentemente scarseggiavano di fantasia, nel palazzo del Kazekage. Tutto era di quel colore così noioso.
«Non mi guardare, mi vergogno» sussurrò in imbarazzo. Le sue gote avevano assunto un grazioso color pesca, che spiccava molto sulla sua pelle poco abbronzata. Temari ridacchiò, allietata.
«Ehi, non ti facevo così emotiva.»
«Non lo sono, te lo giuro» assicurò, strofinandosi le guance per nascondere il rossore. «E’ solo che è la prima volta che mi fanno un regalo così bello» spiegò. Lo sguardo si rabbuiò per qualche secondo.
Si legò con gesti lenti e precisi il coprifronte al braccio, con lo sguardo lontano. Temari la guardavano comprensiva, cercando un modo per consolarla.
Gli occhi smeraldini di Aoi incontrarono quelli della ragazza più grande, e lo sguardo si indurì di biasimo.
«Non mi guardare così anche tu, Temari» ordinò, in un comando che sapeva più di supplica disperata.
Odiava gli sguardi di quel tipo, e li odiava ancora di più se erano rivolti a lei.
Erano pochi quelli che glieli rivolgevano, ma facevano male. Erano sguardi di comprensione, di indulgenza, di compassione. E lei non voleva essere compativa, per nessun motivo.
Era come se la targassero come debole, una persona da consolare, di cui capivano il dolore. Ma loro non capivano, nessuno capiva mai davvero.                                                                                            Avevano solo pietà di lei e la facevano sentire inutile e indifesa, incapace di strappare quel timbro impresso nel suo cuore. Il dolore e la sofferenza, che pulsavano come fossero ferite mai guarite e rimarginate. Non completamente, almeno.
Forse era vero, lei non era capace di estirpare il dolore radicato nel suo cuore, ma che importava? Riusciva a conviverci e non aveva mai provato il desiderio di compiere un’azione sbagliata solo per sentirsi meglio e più viva di quanto non fosse.
Non aveva bisogno della compassione di nessuno, non se voleva stare bene.
«Così come, Kaen? Come se capissi?» ringhiò Temari lentamente e a tono basso. «Ti posso assicurare che capisco, e anche bene. Certo, non avrò provato il tuo stesso dolore, ma anche io ho sofferto, sai? Per la mia famiglia, per la mia condizione, per la condizione dei miei fratelli. E soprattutto la sua condizione. E si tratta dei miei fratelli minori, Kaen. Quelli che avrei voluto proteggere e che avrei voluto non soffrissero. » soffiò piano, perdendo lentamente la decisione con cui era partita.
Kaen alzò lo sguardo e lo puntò nei suoi occhi, che celavano allo suo stesso modo un dolore che mai era appassito, seppur fosse meno tagliente di quello della jinchuuriki.
«La sua situazione? Di Gaara?» chiese la ragazza in un soffio. Il solo pensiero il Kazekage potesse aver sofferto le faceva pesare il cuore come un macigno. Sapeva che non aveva avuto un’infanzia felice, che era solo come lo era lei, ma non aveva mai saputo bene il perché. Non avevano mai parlato molto.
«Già, ma non credo spetti a me parlartene. Un giorno arriveranno le risposte che aspetti» rispose pragmatica la bionda, avviandosi verso la porta.
«Cosa?»
«Magari quando di deciderai a fare quella cosa? Dopo sono sicura che diventerete più intimi» le suggerì uscendo e chiudendosi la porta alle spalle, con un sorrisetto consapevole increspato sulle labbra. Kaen avvampò, diventando paonazza, e infilò le mani fra i capelli, agitandole.
«Intimi noi? Non lasciarmi così, stupida Temari» sospirò avvilita, buttandosi a peso morto sul letto comodo e lasciandosi cullare dal suono del vento forte che tirava, con mille domande in testa. Due freddi occhi acquamarina si fecero spazio a forza nella sua mente, catturando tutta la sua attenzione e impedendole di cadere fra le braccia di Morfeo. Forse era davvero la decisione giusta da prendere, ma aveva paura.
 
 
 
 
 
«…e successivamente, Kazekage-dono, dovrebbe inviare una squadra di supporto per quella che è al momento sul campo, dato che hanno riscontrato degli ostacoli sul loro cammino e non sono nelle condizioni di continuare da soli… »
«E non si dimentichi di avere queste pratiche da leggere e firmare, sono estremamente importanti per…»  
«… inoltre dovrete presenziare in un villaggio poco distante da qui. Capirete la necessità di rassicurare tutti gli abitati del Paese con la vostra presenza, Kazekage-dono, in quanto...»
Gaara ascoltava, attento, senza perdersi neanche una parola di quello che gli Anziani di Suna gli stava illustrando, ma la sua pazienza era al limite e man mano che il tempo passava, più difficile diventava rimanere concentrato sul vociare confuso degli uomini che lo circondavano.
Poggiò le mani sul tavolo che utilizzavano per le riunioni e si alzò, composto, mentre gli sguardi si catalizzavano su di lui e il chiacchierio incessante finalmente terminava.
Si lasciò sfuggire un sospiro leggero che nessuno udì e si tolse calmo il copricapo da Kazekage.
«Con tutto il rispetto, credo possa bastare per oggi. Provvederò a tutto, Anziani» assicurò Gaara osservando uno ad uno i vecchi. «Dichiaro la riunione conclusa. Potete congedarvi»  concluse pacato, aspettando paziente che tutti gli Anziani uscissero per poter allontanarsi a sua volta da quella stanza che gli dava l’impressione di star soffocando.
Uscì anche lui, lento, e si diresse verso il suo ufficio, attraversando uno dei tanti corridoi del suo Palazzo.
Gli faceva ancora uno strano effetto indicare come suo quel Palazzo, il Palazzo del Kazekage. Gli sembrava davvero impossibile aver raggiunto una tale livello. La carica più alta del Paese del Vento, lui.
Proprio lui, che pochi anni prima era considerato l’arma del Villaggio, un assassino condannato ancor prima di nascere.
Da mostro disgustoso e disprezzato da tutti era passato a Capo Villaggio, importante e indispensabile per la sua patria.
Certo, le sue colpe erano sempre lì, presenti come un segno indelebile, e sicuramente c’erano ancora molti abitanti che lo disprezzavano per quello che era, ma aveva raggiunto un livello a cui ambiva solo nei suoi più remoti sogni.
Non poteva dissentire, in ogni caso. Tutte le morti che aveva causato e il dolore e il terrore che aveva procurato negli animi delle persone erano ancora lì, facendogli presente che non bastava essere Kazekage perché tutte le azioni sbagliate sparissero.
D’altronde, un mostro era e un mostro rimaneva, nonostante tutto. Un mostro rivoltante che si odiava con tutto il cuore. Un mostro incapace di amare altri se non se stesso.
Si chiuse nel suo ufficio, solo con i suoi sensi di colpa e con il risentimento verso se stesso. Unico conforto due occhi smeraldini che non lo osservavano con disgusto, come tutti gli altri.
E che sperava, nei meandri del suo essere, non facessero mai.
 
 
Kaen…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N/a: ecco l’ultimo capitolo revisionato dopo la pausa di ben cinque anni.
Il prossimo è quello nuovo, scritto oggi!
Volevo giusto ringraziare la persona che in una delle recensioni vecchie mi ha consigliato il nuovo nome della protagonista, che prima era diverso. Questo mi piace di più, e per questo mille grazie!
Stessa cosa per chi ha recensito i capitoli prima che io li modificassi, mi dispiace che ora non si adattino più tanto bene alle modifiche che ho fatto, ma spero che qualcuno di loro anche a distanza di anni continui a leggere e recensire, sarebbe bello!
Termino qui, grazie a tutti.                                             
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Akatsuki