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Autore: Jaccquelyn    01/09/2012    14 recensioni
Ognuno vive a modo proprio, siamo noi a decidere cosa fare di noi stessi.
Eppure a volte questo non è possibile e vieni costretta a seguire dei severissimi codici.
Ma c'è sempre un modo per esprimersi, bisogna solo trovarlo.
Così, quando lo scopri, capisci qual'è il tuo ruolo nel mondo.
Ma cosa succede se ti fidi delle persone sbagliate?
Se tutta la tua esistenza viene scombussolata, con poche parole?
Nella vita reale, non in quella dei film, c'è davvero un lieto fine?
E c'è posto,in tutto questo, per l'amore?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non sono andata da Liam dopo. Sono tornata a casa, mi sono buttata a letto e ho dormito, con le parole di Zayn che mi echeggiavano nella testa: ‘Lo scoprirò, sai? Sono bravo in queste cose. Se non me lo dici tu lo saprò da me.’

Che vuole fare? Spiarmi? Potrebbe farlo. E a quel punto non saprei più cosa fare… non credo che riuscirei ad inventare un alibi, se mi vedesse scomparire dietro un albero.

Penso ancora a cosa potrei fare mentre ceno compostamente con la mia famiglia, ma è quando tutti dormono che mi pongo realmente il problema.

Magari era un bluff. Solo per spaventarmi. Magari non farà proprio niente.

Ma come posso esserne sicura? Devo rischiare? E se poi lo scopre cosa succederà? Mi ricatterà, lo andrà a dire a tutti? No, quest’ultima cosa mi sembra meno probabile, contando com’è lui. Non che io lo conosca. Ma non ci vuole molto per capire che si tiene tutto dentro. Non lo direbbe a nessuno. Userebbe la cosa a suo favore, però.

Zayn, Zayn, Zayn. Perché vuoi causarmi tutti questi problemi?

Bene, ho solo una possibilità, a questo punto. Oggi non vado, anche se so che domani mi si ripercuoterà tutto contro. Non posso farci niente, devo proteggere il segreto.

Arrivata a questa conclusione mi stendo sul letto e ordino al mio cervello di dormire, perché contando che l’effetto della bevanda durerà solo fino alle sei di mattina, mi servirà un bel po’ di sonno per affrontare la giornata che viene.

 

Ma non ce n’è bisogno. La mattina dopo, prima di poter entrare a scuola Buck mi porge un bicchiere. –Bevi.- mi dice. –Phillips si è arrabbiato, sai? Abbiamo dovuto rimandare una missione. Vedi di esserci, oggi.- sussurra. Annuisco e non aggiungo altro, perché so che non è il luogo adatto per parlare di questioni del genere.

 

Neanche si fossero messi d’accordo –o forse lo hanno fatto- appena Buck se ne va mi raggiunge Liam. –Non farlo più.- mi sussurra arrabbiato. Poi va via anche lui.

 

Ma c’è qualcuno che rimane, c’era quando mi ha parlato Buck e quando mi ha parlato Liam. A dovuta distanza, Zayn mi osserva. Gli scocco un veloce sguardo truce e continuo a camminare anch’io, andando in classe.

Non ne posso già più di Zayn.

Anche a mensa continua a fissarmi in silenzio, spero solo che abbia capito che non ho più intenzione di parlare con lui. Ma purtroppo scattano i dodici minuti.

-Stanotte niente, eh?- mi sussurra. Lo dice abbastanza piano da poter far finta di niente. Quindi cerco di iniziare una conversazione con qualcun altro, tipo Bertha. Ma c’è un motivo se tutti i miei amici sono maschi. Le ragazze sono insulse e parlano sempre delle stesse cose. Vestiti, vestiti, vestiti. A scuola.

Qualche volta ho anche provato ad uscire con loro, ma quando non c’è la sorveglianza l’argomento cambia in ragazzi, ragazzi, ragazzi. Ma andiamo!

I ragazzi sono buoni solo per combattere.

                                                                    

Non dormo nell’ora in cui dovrei, perché sono ancora troppo irrequieta, solo che non riesco a focalizzarne il motivo.

Fantastico.

L’unica cosa positiva è che stavolta il guardiano è Jethro, lui lo conosco. Oh si, è uno dei pochi guardiani buoni. Quindi faccio i compiti con il suo aiuto e finchè non scatta la campana parliamo un po’. Penso che probabilmente ci sarebbe utile, è abbastanza muscoloso e massiccio. E non rispetta le regole e questo è fondamentale.

Purtroppo le reclute possono essere solo adolescenti. Scusa, Jethro.

E se..? Potrebbe essere Zayn una nuova recluta? Non so. Non mi fido di lui per ora. Certo, ha coraggio e va ammirato per questo, ma non basta da solo per entrare, più o meno. Il fatto è che non voglio dargliela vinta.

 

Dopo la campana decido di andare da Buck, è dall’altra parte della città quindi non dovrò neanche passare sotto casa di Zayn, perfetto.

Cammino svelta per la città sentendomi osservata. Non dai sempre presenti occhi dei vecchietti, no. È una sensazione diversa che solo chi ha fatto anni e anni del mio lavoro può riconoscere. Qualcuno mi sta seguendo, ma non vuole essere visto.

Non mi risulta difficile capire chi è quel qualcuno. A quanto pare il ragazzo non si è dato per vinto a scoprire cosa ho fatto.

Motivo in più per parlare con Buck.

Abbandono il mio passo svelto, perché ho paura che possa fargli capire che so che lui c’è, nascosto da qualche parte. Quindi comincio a camminare molto lentamente e quando arrivo sotto casa di Buck ringrazio gli angeli, perché non sono abituata a camminare piano.

Busso più volte perché so che lui dorme di solito, ma non mi interessa. Ha la bevanda.

Si decide finalmente ad aprire ed entro sollevata in casa sua, sollevata sapendo che Zayn non può. So esattamente dove andare perché, com’è ovvio, tutte le case sono uguali. Non possiamo neanche spostare o aggiungere un quadro. Sarebbe ‘disordine’.

 

-E chi poteva essere?!- sbuffa Buck vedendomi. E’ a torso nudo con dei pantaloncini che gli arrivano al ginocchio. Non si vergogna e nemmeno io. Non è solo perché è il mio migliore amico: l’ho visto così più e più volte e in alcune missioni ci è capitato di rimanere completamente nudi. Ma non puoi essere schizzinoso, in guerra.

-Sei arrabbiato?- gli chiedo, nonostante io sappia già la risposta.

-No. Sono curioso. Che ti è successo?- risponde velocemente, quasi accavallando le parole. Perché qua ci potrebbe sentire chiunque. Ma fuori c’è Zayn.

-Zayn.- sussurro. –Mi segue. La scorsa notte non riusciva a dormire. Mi ha detto che mi ha visto camminare due volte: andata e ritorno. Vuole sapere cosa ho fatto.- rispondo in un veloce sussurro. Mi guarda per un po’, quasi a voler capire se mento o meno, ma sa che non gli mentirei mai. Soprattutto se riguarda l’associazione.

-Non puoi più mancare. Abbiamo fatto rimandare una missione!- esclama Buck e capisco che ha ragione.

-Farò il giro in largo, oggi.- rispondo con una scrollata di spalle. Lui annuisce e si mette tra le coperte.

-Ora voglio dormire.- dice. –Se vuoi rimani, ma non credo sia molto interessante guardarmi russare.-

-Tu non russi.- ribatto. Abbiamo dormito insieme più volte. –Ma vado.-

Annuisce e penso che sia un cucciolo tra le coperte, che tira sempre fin sopra il naso, anche con quaranta gradi. Poi mi balena in mente una sua immagine, con il fucile in mano, con un colpo che finisce dritto nel cuore di un soldato nemico. E penso che magari non sia proprio un cucciolo.

Mi sporgo dalla finestra e vedo Zayn, ma non ne rimango sorpresa. Solo che ora devo scendere ad affrontarlo.

 

-Che fai, mi segui anche, ora?- gli sbraito contro.

-Te l’ho detto. Saprò cosa fai.- mi risponde Zayn tranquillo.

-Smettila, Zayn. Non t’interessa cosa faccio. Anzi, cosa non faccio, perché non faccio niente di niente. –

-Allora dimmi, cosa non hai fatto quella notte?-

-Zayn, basta.- urlo. –Lasciami stare.- queste però sono parole a doppio significato. Perché mentre per noi significano di non aprire più l’argomento, per i vecchi che stanno sui balconi e non hanno ascoltato il resto –perché detto a voce troppo bassa- significa tutt’altro. Che ci prova con me. Che mi sta violentando, se mi va bene.

E questo è inaccepibile.

Però sembra un ragazzo sveglio, Zayn, perché guarda subito sopra e fa un sorriso ammiccante alle vecchiette. Conquistandole sicuramente tutte.

Bene, dopo di questa posso davvero andare via. Anche perché tra poco è ora di cena e non posso fare ritardo.

Sento che mi sta rincorrendo per raggiungermi, ma non faccio niente per aspettarlo.

Entro in casa violentemente, sbattendo la porta con un forte tonfo, tanto a quest’ora non ci dovrebbe essere nessuno. E la mia teoria viene confermata dal silenzio che ne segue.

Corro in camera mia e chiudo la porta. Mi accuccio sulla sporgenza della finestra per guardare fuori in pace.

Zayn è ancora lì, ma il suo sguardo non mira alla mia finestra. Alla porta. È indeciso se bussare o meno. Si passa più volte una mano tra i capelli, poi scuote la testa e corre via.

Ora c’è il vuoto fuori e penso a come lui lo colmasse bene.

Perché tra tutti gli edifici uguali, i fiori piantanti in numero preciso, secondo uno schema preciso, lui era davvero quello che portava un po’ di colore al panorama.

Beh, tecnicamente di colore ce n’è abbastanza perché, sebbene le case siano tutte uguali sia dentro che fuori come forma, struttura e arredamento, i colori cambiano. Per far sembrare questa spenta città allegra. La mia casa è rossa e io la odio.

Il rosso mi ricorda il sangue e tutti i soldati che ho ucciso fin da piccola.

Ma lui si distingue. Avrà una ventina di tatuaggi e ne sono permessi solo tre a persona. È uno dei tre ragazzi della città ad avere un orecchino. È uno dei cinque ragazzi della città ad avere la cresta. È uno dei due ragazzi della città, lui e il suo amico Louis, che non vanno sempre in giro con quel fastidioso sorriso soddisfatto.

È esattamente l’opposto di quello che serve in questa città, troppo diverso.

 

Campana. Un’altra attività giornaliera è finita per dare spazio alla prossima, la cena.

Magicamente tutta la famiglia è a casa e sta prendendo posto a tavola mentre mia madre serve la cena che in questo momento tutte le mamme stanno servendo a casa propria. Neanche il cibo può essere originale.

 

Da piccola, dopo i compiti, mi ero messa a cucinare una torta per portare qualcosa di nuovo in tavola. Era venuta benissimo e mi ero sbizzarrita con la fantasia e avevo anche scritto ‘Amo la mia famiglia’ con la glassa. Pensavo che sarebbero stati tutti felicissimi, quando l’avrebbero vista.

Ma non andò così.

Mio padre ordinò a mia sorella di andare in camera e questa lasciò solo la scia dei suoi lunghi capelli neri e un vuoto nel quale rimbombavano ancora i suoi saltelli.

Poi mia madre buttò velocemente la torta nel cestino, lavando, in seguito, le mani affusolate che non si era sporcata. Già a quel punto avevo le lacrime agli occhi. Perché ero piccola e volevo fare qualcosa di bello, ma i miei sforzi non erano stati apprezzati.

Successivamente mio padre iniziò ad urlarmi contro. Inizialmente guardavo mia madre con la speranza che mi avrebbe difeso, protetto dalle cattive parole. Ma lei stava zitta e mi guardava freddamente. Così mi accucciai a terra e ascoltai mio padre gridarmi ogni cosa brutta che gli passava per la testa. Arrivando da ‘Non si fanno queste cose’ a ‘Sei la figlia peggiore che potessi mai avere’. Mamma, ovviamente, non replicò.

Scappai in camera a singhiozzare rumorosamente e quel giorno non mi fu concessa la cena.

   
 
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