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Autore: LadySunshine    01/09/2012    1 recensioni
I Muse.
Sono loro la causa delle continue liti che le sorelle Jenkins affrontano giorno e notte con il loro padre. Loro amano quei tre artisti capaci di farle sentire libere solo con la loro musica.
Le furiose liti avvengono perché le due ragazze vogliono andare a Birmingham, al concerto dei Muse.
Ma, soprattutto, questa è solo una scusa per rivedere i loro amici che le ospiteranno.
Questa sarà l'inizio di un'esperienza che terranno sempre tra i loro ricordi più cari.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina Amy si svegliò di soprassalto: aveva sentito un forte rumore che aveva interrotto i suoi sogni. Dopo poco si accorse che il rumore lo aveva provocato lei stessa cadendo dal letto: bene.
Non c'era peggior risveglio di quello. Non aveva neanche preso il latte, di solito non riusciva neanche ad alzarsi dal letto senza il suo latte caldo e leggermente zuccherato, non era colpa sua, non lo faceva apposta, per fare la bambina viziata, solo sentiva una stretta allo stomaco che la incatenava al letto, e l'unico modo per sciogliere quella stretta era il latte. Dio, che stress che era! 
Poi, d'improvviso ricordò la litigata con la sorella, poi ancora ricordò la vivida discussione col padre e infine, ricordò quanto le mancasse sua madre.
Certa che ormai la giornata sarebbe solo potuta peggiorare, andò a farsi una doccia che le avrebbe sicuramente alleggerito la sua testa, appesantita dai mille pensieri. Uscita dalla doccia, si affrettò a prepararsi: aveva deciso di far visita a sua madre, voleva parlarle. Scesa in cucina e finalmente fece colazione. Iniziò a bere il latte dalla sua tazza appena tolta dalla cucina quando, dopo il primo sorso, sputò tutto, non sapeva neanche prepararsi il latte da sola: era congelato.
-Fanculo.- sussurrò più incazzata che mai. Prese distrattamente il cellulare e la giacca e uscì.
Dalla tasca della giacca cacciò il suo amato iPod, dove lesse le parole 'Break these walls down' incise sul retro del lettore che stringeva tra le mani. Sì, doveva decisamente abbattere questi muri: i muri della costrizione. Ora più che mai era decisa sul da farsi: sarebbe partita, fregandosene delle conseguenze che, era certa, sarebbero arrivate come un terremoto, pronte a scombussolare la sua vita già sottosopra.
Senza accorgersene era arrivata. Sorpassò il cancello nero all'entrata e s’incamminò tra la nebbia, verso sua madre. Poteva fare quel percorso ad occhi chiusi, l'aveva imparato a memoria, infatti, nonostante non vedesse nulla, arrivò alla lapide di sua madre senza problemi. La ragazza incrociò i suoi occhi con quelli di sua madre in quella stupida ed insulsa fotografia incollata su una lapide altrettanto stupida e insulsa. Ogni volta che andava da sua madre, era sempre così: piena di rabbia. Lei non era come la sorella che ogni santa volta scoppiava a piangere, no, lei s’incazzava con tutto e tutti, senza un motivo. Più di ogni altra cosa s’incazzava con se stessa per non essere stata -e per non esserlo tuttora- la figlia perfetta, quella che sicuramente sua madre avrebbe preferito ad una figlia così problematica; s’incazzava con se stessa perché aveva sprecato del tempo che avrebbe potuto passare con sua madre, per fare la principessina viziata; s’incazzava con se stessa perché non era stata presente all'esalazione dell'ultimo respiro di sua madre. 
Accarezzò la foto di sua madre con una mano, mentre l'altra la posò sul suo cuore: poteva sentire la sua presenza.
-Mi manchi, mamma.- Iniziò a dire, anzi, a sussurrare. -Manchi a tutti, in realtà. E' inutile che ti racconti tutto ciò che è successo perché sono sicura che tu lo sai già, tu ci guardi da lassù...- nonostante non credesse in Dio e non avesse fede, Amy era convinta che la madre si trovasse in Paradiso perché quello era il suo posto. - Quindi non c'è neanche bisogno che ti metta al corrente della mia decisione, già la conosci. Me ne vado perché ho bisogno di farlo, forse non c'entrano nulla i Muse e il loro concerto, me ne vado perché mi sento oppressa, questa non sono io e voglio cambiare ma non ci riuscirò mai se non cambio aria. Mi dispiace ma, per ora, questa sarà l'ultima volta che mi vedrai qui, di fronte alla tua lapide ed in ginocchio, d'ora in poi ti porterò sempre e solo qui. - indicò il suo cuore e poi scappò via.
Rientrò sbattendo la porta e salì le scale ignorando la sorella che continuava a chiamarla allegramente '' 'cazzo hai da essere allegra?!" pensò incazzata Amy. Entrò nella sua camera sbattendo la porta, accese distrattamente lo stereo e si buttò sul letto con la faccia schiacciata al cuscino.
Voleva addormentarsi cullata dalla loro musica, precisamente mentre Matthew Bellamy cantava ''City of Delusion".
'Destroy this City of Delusion
Break these walls down
I will fight
Justify my reasons
With your blame'

Ci stava riuscendo, stava quasi per concedersi a Morfeo, quando si ritrovò schiacciata da qualcosa, o meglio qualcuno.
-Ho una bella notizia per teeee!- cantilenò Serena
-Va via! Non voglio sapere nulla, lasciami sola!- disse scocciata la riccia, rifugiandosi con la testa sotto il cuscino.
-Ma ti piacerà!- insisté la sorella.
-Non mi interessa, punto. Va via.- continuò Amy sempre più scocciata.
-E io te la dico lo stesso!- la mora sapeva essere alquanto stancante, soprattutto quando non la si voleva ascoltare.
-Come ti pare...-
-Ho convinto papà! Andiamo al concerto! Andiamo dai ragazzi!- finalmente rivelò la bella notizia, non senza aver battuto le mani e saltellato per tutta la stanza.
-Davvero?- Amy cacciò la testa fuori dal cuscino
-Yep. Prepara le valige, sorella!- continuava a sprizzare gioia da tutti i pori.
-Come diavolo hai fatto a convincere papà?- chiese fintamente curiosa la riccia
-Eh, mi sono dovuta impegnare tantissimo, l'ho dovuto anche pregare!...- iniziò a raccontare Serena, ma Amy non l'ascoltava, stava cercando un modo per informarla senza che si sarebbe arrabbiata, decise che quello non era il momento adatto, voleva aspettare almeno che arrivasse la sera, così avrebbe dovuto sopportare i suoi tentativi di farla ragionare per meno tempo.
-...e poi ha semplicemente detto: "Va bene, avete vinto, potete andare. Attente, però, a non farmi cambiare idea". Non è bellissimo?!- terminò di raccontare la mora.
-Sì, lo è.- rispose Amy fingendo un sorriso per non sminuire la gioia della sorella. -Ora va via che ho sonno e voglio dormire! - la cacciò ancora una volta.
-Simpatica la ragazza! 
-Non ho preso il latte stamattina!- si giustificò lei sprofondando con la testa nel cuscino mentre la sorella, ridendo, chiuse la porta ed uscì.
 
Le melodie di quell'odioso disco di Sting risuonavano di prima mattina in casa e Serena avrebbe messo volentieri un altro disco, ma quello era l'unico modo per ringraziare il padre, anche se lei per lui avrebbe fatto di tutto. Ancora ricordava la conversazione avuta col padre... 

“Speriamo che vada tutto bene” o “Speriamo che dica di si” questi erano i pensieri di Serena.
- Papà, ti posso parlare? - chiese la ragazza sbucando dietro la porta dello studio
- Certo Serena, entra! - acconsentì il padre senza alzare gli occhi dalle carte.
Aveva provato quel discorso tante di quelle volte davanti allo specchio che ormai sapeva a memoria ciò che doveva dire ma in quel momento iniziò a balbettare e non ricordava più niente, le parole le morivano in gola
- Papà... Si beh ecco... Vorrei chiederti se... – iniziò col dire balbettando.
Ma fu interrotta dal padre con - Devi uscire? Ti serve la macchina?
No no, non mi serve la macchina anche perché non ho la patente e non devo uscire. – rispose la ragazza sbigottita 
- Allora vuoi andare a dormire a casa di un’amica? Vai, non hai bisogno di chiedermelo
Il padre stava cambiando discorso, e lei esasperata disse – No, papà, non devo andare a dormire a casa di nessuno, poiché qui quelle poche persone che mi sono “amiche” lo sono solo perché sono la figlia di Jenckins, visto che tu mi hai portata via dai miei veri amici. – forse aveva esagerato, ma in quel momento non le importava, doveva raggiungere il suo scopo.
Ancora con questa storia? Quest’anno voi non andrete lì. – disse il padre con una calma che solo lui poteva avere quando si parlava di quel discorso, e lo faceva di proposito per far innervosire le ragazze, ma sapeva bene che con Serena non funzionava, lei sapeva essere più calma e pacata di lui, era come provare a sfondare una porta già aperta, spalancata: inutile. Ma questa volta non fu così, doveva riuscirci e sapeva che restando calma non ci sarebbe riuscita, era arrivato il momento di tirare fuori le unghie.
- Ma perché? Perché non vuoi renderci felici? Papà dai, non ti ho mai chiesto niente, né di organizzare megafeste, né una macchina, non ti ho mai creato problemi, ti sei sempre fidato di me, perché ora non ti fidi più? – chiese con voce triste la ragazza, lo sapeva bene che il problema non era lei, ne era consapevole, ma doveva tentare, doveva riuscirci, doveva assolutamente convincere il padre.
Serena, lo so che tu non mi hai mai creato problemi o fatto richieste assurde, e neanche tua sorella me ne ha mai creati di problemi, certo, mi ha fatto prendere certi spaventi, ma in fondo non è mai stata colpa sua, così come l’ultima volta alla festa, ci credo che non è stata colpa sua, ma… - la ragazza iniziava a vedere uno spiraglio di luce.
E quindi? Dai papà, ti prometto che mi prenderò cura io di Amy come ogni volta che siamo andate lì e ti prego papà, ti prego. Insomma, quando avevi la nostra età non hai mai desiderato andare ad un concerto di un tuo idolo? Che so, di Sting o dei Pink Floyd? Papà ti prego, è importante andare a quel concerto per noi, lo sai che in Italia non verranno, faranno tappe in tutto il mondo tranne che in Italia, e per noi è un’opportunità anche per stare con i ragazzi… Ti prego. – sussurrò infine la ragazza, le stava tentando tutte, ma lo sapeva bene che il padre molte volte sapeva essere un osso duro, ma forse, non quel giorno.
Sai piccola mia, anche alla mamma piacevano tanto i Muse, infatti, prima che ci lasciasse, mi fece promettere di mandarvi ad un loro concerto se mai un giorno avessero fatto uno in Italia o da qualche altra parte e voi sareste state abbastanza grandi da poter andare da sole, ed io, io gliel’ho promesso, quindi… - La passione per i Muse l’avevano presa dalla madre. La madre… Al solo pensiero le venivano le lacrime agli occhi. Dopo aver saputo ciò aveva un’ultima carta da giocare e l’avrebbe giocata, pur sapendo che il padre avrebbe ceduto di lì a qualche minuto.
- Quindi fallo per la mamma, mandaci per lei, fallo per lei. – disse la ragazza nella speranza che il padre riuscisse ad addolcirsi e a farle andare.
Infatti, dopo pochi attimi di silenzio da parte del padre, quest’ultimo prese il telefono per fare un paio di telefonate, poi si gira verso la figlia e le dice – Partirete Venerdì, vi accompagnerà il mio autista… E mi raccomando, prenditi cura tu di tua sorella. – la ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa e saltò in braccio al padre dandogli tanti piccoli bacini su tutto il viso, ringraziandolo e promettendogli che non se ne sarebbe pentito.
 
‘Come diavolo glielo dico ora? Proprio ora che è così contenta per aver convinto papà devo distruggere la sua contentezza… Sono una fottuta testa di cazzo!’
Era un’abitudine per Amy insultarsi da sola soprattutto quando pensava a come distruggere involontariamente l’indole contenta ed appagata della sorella, esattamente quello che stava facendo: era lì, seduta sul suo letto col pc sulle gambe ad aspettare che il suo amico riccio si connettesse su skype per la videochiamata quotidiana, mentre pensava a come dire alla sorella che lei, una volta arrivata dai ragazzi ci sarebbe rimasta.
Una lucina ad infastidirle gli occhi la distrasse: Harry le aveva inviato la richiesta per la videochiamata, accettò.
- YO bella! – la salutò allegro il ragazzo.
- Harry… -
- Hey, cosa c’è? Non sei contenta di vedere me e i miei ricci sexy? – la canzonò Harry.
- No, non è questo, stupido. Sono sempre contenta di vedere i tuoi ricci. – chiarì la ragazza.
- E me no?
- No, preferisco i tuoi ricci. – rise per poi tornare seria.
- Mi sono offeso. Comunque, bando alle ciance, cos’è quel faccino serio? – la preoccupazione si fece largo tra l’espressione del riccio.
- Niente ma… Ecco, sto per chiederti un favore enorme. – sputò tutto d’un fiato Amy.
- E io sono qui per ascoltarti ed accontentarti. – disse sorridendo.
- Ecco, sì… stavo pensando se, magari, potessi… -
- Dai, non mordo mica. – la incitò a continuare il ragazzo.
- Ecco, dato che verrò lì, potrei restare per un po’ di tempo da voi, scroccandovi vitto e alloggio?- chiese velocemente la riccia temendo una risposta negativa da parte dell’amico.
- E me lo chiedi anche?! Certo che puoi restare, puoi restare a scroccarci vitto e alloggio per tutto il tempo che vuoi.- la risposta positiva arrivò alla ragazza come se non avesse mai sentito nulla di più bello.
- Grazie, grazie, grazie e ancora grazie!
- Calma con i ringraziamenti, ricorda che dovrai vivere nella stessa casa con due ragazzi per niente ordinati.
- Credimi se ti dico che io non sono la persona più ordinata al mondo, anzi…-
- Ma perché questa decisione improvvisa? – chiese il riccio cambiando discorso.
- Ecco, voglio cambiare, ma cambiare sul serio. E non ci riuscirò mai se continuerò a stare qui continuando a sentirmi fuori luogo ed inadatta. – spiegò Amy con voce fioca.
- Oh. Beh immagino già la faccia di Louis quando saprà che tu e Serena verrete qui. – disse raggiante Harry.
- No no no. Serena ancora non sa nulla della mia decisione, ti prego di non dirlo a nessuno, neanche a Louis.
- Va bene. Come vuoi, non glielo dirò. Prometto.  – disse facendo vedere alla sua amica le sue dita incrociate e la sua mano appoggiata al cuore, in segno di giuramento facendo ridere la ragazza.
- Sai, non vedo l’ora di riavere le mie bambine. – disse Harry sorridendo.
- Come te lo devo spiegare che io e mia sorella non siamo bambine, non più? – lo canzonò Amy.
- Oh, ma io non parlavo di te e Serena, affatto – disse, poi, vedendo lo sguardo interrogativo della ragazza dall’altro lato del pc, continuò – Io intendevo le tue tette. – e poi scoppiò in una fragorosa risata.
- Fanculo maniaco! – dicendo ciò, Amy staccò la videochiamata e andò a dormire pensando alla sorella e a come dirle della sua scelta.


lalalalalalalalalalalalalala!
lo so,
è passato più di un mese,
ma...
ma non ho scuse, okay? okay.
bene, vi chiedo umilmente scusa e 
per piacere, non uccidetemi.
Grazie a tutte le persone che hanno messo tra le 'preferite','seguite' ecc. la storia
e grazie a quelle anime buone e pie che hanno lasciato una recensione nei precedenti capitoli.
Alla prossima (?) che spero non arrivi tra un mese! LOL

  
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