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Autore: Tyra Sunlow    02/09/2012    1 recensioni
Questa fan fiction è ambientato nel fantastico mondo creato da Licia Troisi, ho voluto scrivere l'avventura di una ragazza (Sahita) nell'era di Leven, padre di Nammen. Si ritroverà a dover vagare per il Mondo Emerso, sempre alla disperata ricerca di un modo per vendicarsi. Sarà un incontro particolare a cambiare la sua vita. Spero che vi piaccia!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stavo camminando fra gli alberi di un piccolo bosco seguendo un ruscello che mi avrebbe di sicuro portato verso qualche centro abitato.   Non sapevo se stavo facendo la cosa giusta, ma non avevo altra scelta. Una ragazzina senza armi non era di certo al sicuro a girovagare   per la Terra dell'Acqua. Stremata dalla lunga camminata mi accucciai per terra e mi lavai la faccia, per l'ennesima volta in quella giornata. Forse cercavo di cancellare la ferita che aveva alla guancia, o forse di eliminare la paura che avevo negli occhi. Guardai il mio riflesso nell'acqua e mi resi conto che avevo ancora indosso il vestito della sera prima e che i miei capelli erano una zazzera  spettinata e sporca. La gonna era nera per la polvera e la fuliggine e il corpetto non era di certo in uno stato migliore. Immersi        completamente la testa nell'acqua e mi lavai per bene i capelli cercando di togliere il sangue. Dopo circa un quarto d'ora ripresi a camminare e ogni tanto sobbalzavo per qualche rumore sospetto. La notte dopo salii su un albero e la gonna di certo non mi aiutò nell'impresa. Quando riuscii a stabilizzarmi su un ramo abbastanza grosso, cercai di dormire, ma i ricordi della sera prima mi            rimbombavano nella testa. Il dolore di aver perso i miei genitori, la mia casa e un mio amico non mi fece chiudere occhio per altre due ore, ma d'un tratto la stanchezza di due giornate intere passate a correre e coi nervi a fior di pelle vinse e mi addormentai. Un sonno leggero e soggetto a numerosi incubi.
 
Mi risvegliai urlando e subito mi tappai la bocca. Avevo sognato Taimel che mi incolpava perchè era morto e i miei genitori che mi dicevano di scappare perchè stavano arrivando le truppe nemiche. Scesi dall'albero e camminai per metà giornata fino a quando arrivai nei pressi di un villaggio piuttosto povero e con pochi abitanti che non era ancora stato vittima delle truppe di Leven. Vinta dai morsi della fame decisi di inoltrarmi nelle strette vie e di cercare una locanda in cui chiedere un po' di cibo. Nelle tasche avevo a malapena due   scellini, ma valutai che in teoria mi sarebbero dovuti bastare. Gli abitanti del paese mi ricordavano molto quelli del mio. Simpatici sotto certi punti di vista, ma molto scorbutici e pessimisti sotto altri. Mentre camminavo per le strade, molte persone mi guardavano con curiosità, altre con riluttanza. Decisi di chiudermi meglio il mantello e di calarmi il cappuccio sul viso, avrei dato meno nell'occhio.  Verso il centro della città trovai l'unica locanda disponibile ed entrai. L'odore acre di cipolla mi scombussolò e la confusione dovuta al vociare che regnava dentro quel posto angusto mi disorientò ancora di più. Sembrava che tutto il villaggio fosse dentro quella locanda.  Le donne erano in compagnia di uomini rudi e ubriachi. Doveva essere quella la loro vita. Ero capitata in un paese fuori dal mondo,  sconosciuto alle carte geografiche. Non mi stupii di non vedere ninfe, non avrebbero tollerato quella confusione e quella sporcizia. Nonostante il caos, decisi di non togliermi il cappuccio. Mi avvicinai al banco dove una ragazza minuta serviva in preda al panico  bicchieri colmi di liquori e boccali di birra. Quando arrivò il mio turno, mi schiarii la voce e chiesi gentilmente una scodella di zuppa di legumi. Dopo poco mi venne servita e io cercai di non ingurgitarla troppo velocemente. Nel tavolo vicino al mio c'erano due signori che discutevano animatamente della guerra. Allora quel paese non era così estraniato dal mondo. Da quello che riuscii a sentire, Leven sembrava inarrestabile e voleva conquistare tutte le terre. Al pensiero di rivedere i suoi soldati la zuppa mi si fermava in gola. Un odio profondo si stava piano piano impossessando di me e io non sapevo se lasciargli prendere il mio controllo o cercare di trattenerlo. La vendetta però, aveva un gusto così dolce e soddisfacente che mi promisi di lottare con tutte le forze contro Leven e le sue truppe.
-Che cosa?- il tono allarmato di uno dei due uomini attirò; di nuovo la mia attenzione.
-Sono arrivati anche a questo? E perchè mai! La tortura è una cosa così...-
-L'avevo detto io che quello lì ci chiuderà tutti nelle catacombe...
Un tremito mi percosse da capo a piedi e dopo aver lasciato i due scellini sul tavolo mi alzai e uscii dalla locanda, silenziosa com'ero  entrata.
  
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