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Autore: Simona_Lupin    02/09/2012    34 recensioni
1977. L'ultima occasione.
L'ultima occasione per respirare la magia di Hogwarts, la casa più bella, nell'ultimo anno di dolce spensieratezza.
L'ultima occasione per James di sgraffignare il cuore di Lily invece di uno stupido Boccino d'Oro.
L'ultima occasione per Lily di dare un due di picche alla Piovra Gigante e concedersi agli sfiancanti corteggiamenti di James.
L'ultima occasione per Sirius di chiudere le porte al suo orribile passato e aprirle a un amore che non ha mai conosciuto.
L'ultima occasione per Remus di far splendere ai raggi di luna la sua anima al posto del sangue delle sue ferite eterne.
L'ultima occasione per Peter di ricevere la luce di un sorriso amico prima di precipitare nell'oscurità del male senza speranza di riemergere.
L'ultima possibilità. Di amare, di lottare, di essere coraggiosi. Di vivere.
L'ultima possibilità di stringere tra le mani la vita di qualche sogno prima di gettarli via, tra le polveri di una guerra senza fine in cui tutti rimarranno prigionieri.
Dal capitolo 12 [Miley/Remus]:
« Tu riesci a mangiare mezza tavoletta di cioccolata in un colpo solo? » si incuriosì Miley, disorientata.
« Mezza tavoletta è una routine ormai assodata » fu la risposta. « Riesco a fare molto meglio. Tu, invece... riusciresti mai a farlo? »
Miley ingoiò il cioccolato e riflettè con calma, poi incrociò le braccia al petto e lo studiò. « Mi stai sfidando, per caso? »
Remus trattenne una mezza risata e scrollò le spalle, senza riuscire a mascherare il divertimento. « Se dicessi di sì? »
« Oh, John, vedrai » rise di rimando lei, guardando prima lui, poi il cioccolato con aria di sfida.
« John? » chiese lui, stranito, inclinando il capo.
« John » ripetè lei, annuendo. « E' il tuo secondo nome, no? Ti sta bene ».
John. Nessuno lo aveva mai chiamato così. Sorrise. Gli piaceva.
Dal capitolo 14 [Lily/James]:
« Come stai? » mormorò Lily a bassa voce, sorridendo ancora.
James annuì, per poi accorgersi che non era una domanda a cui rispondere con un sì o un no e riprendersi.
« Molto... molto bene, grazie » rispose, passandosi una mano tra i capelli. « Sono contento di vederti ».
« E io sono contenta che tu sia vivo » rise lei. « Così potrò realizzare uno dei sogni della mia vita ».
« Cosa? » fece lui, fingendosi ammiccante. « Uscire con me? »
« No » rispose lei, allegra. « Ucciderti personalmente ».
Dal capitolo 20 [Scarlett/Sirius]:
Era la prima volta che la teneva tra le braccia. La strinse a sé, protettivo come non si era mai sentito verso qualcuno, e si chiese perché, perché mai quel momento dovesse finire. Perché fosse destinato a rimanere solo un piccolo sprazzo di gioia isolata in una vita costellata di dolori e flebili attimi di felicità inespressa. Perché per lei non potesse significare quello che significava per lui. Perché non potesse durare solo... solo per sempre.
Genere: Comico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 22

In famiglia




 
 
Lily aveva sempre adorato viaggiare in macchina. 
Quando non c'era Petunia, amava distendersi su tutti e tre i sedili posteriori, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo rivolto alle macchie di cielo visibili attraverso il finestrino. Amava persino le lievi scosse che facevano rimbalzare l'auto e che tutti quanti, solitamente, trovavano davvero fastidiose. Petunia si lamentava sempre dei dossi e delle strade scoscese e piene di ciottoli, ma Lily la zittiva e continuava ad osservare ammirata il paesaggio, isolandosi dalle chiacchiere fino a quando il padre non parcheggiava l'automobile all'ingresso di casa.
Erano anni, però, che Petunia non saltava in macchina con lei. Erano anni che Lily non aveva nessuno da zittire. Da anni, ormai, Petunia non c'era mai.
La sua mente era stata rivolta a lei per tutta la durata del viaggio e, proprio per questo, aveva risposto molto distrattamente alle domande dei genitori.
« Viaggiare in treno è stancante » aveva spiegato quando le avevano chiesto come mai fosse tanto taciturna, ma non era stata per nulla convincente.
L'idea di rivederla, ogni anno, in occasione delle vacanze natalizie o estive, la preoccupava e la rendeva pensierosa e cupa.
Sapeva bene che non era con un abbraccio che l'avrebbe accolta, ma piuttosto con un piatto: « Ciao » che sapeva sempre di distacco e mai di bentornato.
Non era mai venuta a prenderla insieme ai genitori sin dal secondo anno di Lily ad Hogwarts, quando era riuscita a farsi valere e a costringere i genitori a lasciarla in casa in compagnia dei vicini, amici fidati di famiglia. I loro incontri si erano fatti sempre più freddi, come se una distanza invalicabile impedisse ai loro corpi di sfiorarsi in un abbraccio o una semplice pacca sulla spalla, come se una forza incontrastabile non permettesse alle loro labbra di piegarsi in un sorriso caloroso, piuttosto che di semplice cortesia, e ai loro occhi di brillare di gioia intensa alla vista di una sorella mancata per mesi.
Lily si sentiva impotente di fronte a quella situazione, ma aveva imparato a non farsi toccare più di tanto dalla freddezza della sorella, a farsi scivolare le sue punzecchiature addosso senza darvi peso, come invece aveva fatto spesso da piccola. Non avrebbe permesso a Petunia di rovinarle anche quelle vacanze, ed era sinceramente stufa del suo comportamento immaturo. 
Qualcosa, però, le diceva che non sarebbe cambiato nulla neanche dopo decine di anni. Qualcosa le suggeriva che Petunia non avrebbe mai messo da parte il suo astio, e che il loro rapporto non sarebbe mai tornato ad essere quello di prima.
Quando l'automobile di Jack Evans si piantò con un sobbalzo su un quadrato di terreno privo di neve accanto al vialetto di casa, Lily si raddrizzò e aprì la portiera, balzando fuori con le gambe che formicolavano e la testa che pulsava lievemente.
Sua madre, Caroline, una donna di straordinaria bellezza dai lunghi capelli rossicci e dall'aria nobile, le poggiò una mano sulla spalla e la guidò verso l'entrata. La chiave scattò dentro la serratura finché la porta non si spalancò, rivelando un ingresso piuttosto piccolo che attraversarono nel giro di un paio di secondi. Varcando la porta frontale, si ritrovarono in un accogliente salotto dai toni scarlatti, presenti sia sulle pareti che sui divani e gli ampi tappeti.
Petunia stava leggendo un libro di cucina sulla poltrona accanto al camino e non sollevò lo sguardo quando entrarono.
I lunghi capelli di un biondo spento le ricadevano lungo le spalle, nascondendo il collo lungo e la faccia cavallina.
Lily le si avvicinò, cauta, e tentò un debole sorriso, mentre lei non la degnò d'uno sguardo.
« Ciao, Tunia » la salutò, arrotolandosi tra le dita una ciocca di capelli rosso scuro. « Come stai? »
« Ciao » fece lei in tutta risposta, senza neanche prendersi la briga di rispondere alla sua domanda.
Lily si mordicchiò il labbro e fece qualche passo indietro. La madre, appoggiata allo stipite della porta, osservava la scena con aria rammaricata, immobile.
« Porto di sopra il mio baule » le borbottò, il capo chino, avviandosi nuovamente verso l'ingresso per prenderlo.
« Tesoro, lascia fare a tuo padre, è molto pesante » rispose con gentilezza la donna.
Lei tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la bacchetta magica e gliela mostrò con un'occhiata eloquente. Caroline si battè la mano su una tempia, annuendo.
« Non è neanche arrivata, e già tira fuori quella cosa ».
La voce bassa e glaciale di Petunia giunse alle orecchie di Lily come da un'immensa distanza. Si voltò a guardarla, le sopracciglia unite in una riga sottile.
« Non sono neanche arrivata e già tiri fuori le tue frecciatine, direi » replicò con lo stesso tono duro.
La ragazza distolse finalmente lo sguardo dal libro, lo richiuse di scatto e lo abbandonò sulla federa spessa del divano. In un attimo la videro correre fuori, sulle scale, e la sentirono sbattersi alle spalle la porta della sua camera. Al suono di quel feroce schianto, Lily trasalì e fissò il pavimento.
« Tesoro... » tentò la madre, titubante, protendendo verso di lei una mano per rassicurarla, ma lei la scansò, e senza una parola sollevò con un tocco di bacchetta il baule e salì pesantemente le scale, premurandosi di chiudere anche lei la porta della propria camera da letto.
Non c'era nulla di speciale in quella stanza. Una carta da parati color giallo tenue ricopriva le pareti prive di ornamenti, mentre il comodino accanto al letto, seppur piccolo, era pieno zeppo di oggetti. Vi era poggiato un piccolo lume basso e tondo, un libriccino dall'aria malandata, una boccetta di profumo alla lavanda, un minuscolo portagioie in argento decorato e, al centro, una vasta cornice spessa che racchiudeva una fotografia magica. 
L'immagine ritraeva Lily insieme alle amiche, e tutte agitavano la mano sorridendo. Mary si stava esibendo in una boccaccia storta, Scarlett teneva stretta Lily per la vita, Alice aveva indice e medio sollevati in segno di vittoria, mentre Emmeline si sistemava i capelli con una falsa aria snob. Sulla cornice tutte e quattro avevano scritto qualcosa. La grafia sottile e allungata di Emmeline si riconosceva immediatamente in alto a destra. Aveva scritto: Lily, sarai sempre la nostra rossa preferita. Mary, con i suoi soliti scarabocchi disordinati, aveva scribacchiato: stronza, sono venuta malissimo, ma aveva disegnato un piccolo cuore accanto. Alice, invece, aveva lasciato un messaggio a lettere tondeggianti che recitava: sei nel nostro cuore, tesoro. Scarlett, infine, con la sua grafia difficilmente decifrabile ma assai particolare, aveva scritto: siamo le più fighe, Rossa. Ti voglio bene.
Lily adorava quella foto. Sorrideva sempre riguardandola, e avrebbe voluto averla ogni momento con sé, come un conforto sotto la stoffa della giacca.
Abbandonò il baule sul pavimento e lo spalancò, borbottando un incantesimo in modo tale che tutti i suoi vestiti prendessero a svolazzare per la stanza e a posizionarsi nella loro postazione. Si gettò sul letto senza neanche sfilarsi dai piedi le ballerine di cuoio e sospirò, fissando il soffitto biancastro.
Avrebbe dovuto prepararsi a un Natale terribile, come tutti i precedenti. Silenzio glaciale a tavola, sguardi tesi tra i suoi genitori, aria di festa completamente assente. Un Natale che non somigliava affatto a quelli vissuti da bambina, quando la magia non era altro che un sogno racchiuso nelle favole invece che una semplice realtà, quando lei e Petunia si scambiavano ancora i regali ai piedi dell'albero di Natale e strappavano via gli incarti con foga, quando i tappeti di neve sul viottolo di casa rappresentavano un terreno di gioco invece che di solitudine. Non si sentiva pronta a vivere un Natale in famiglia da ben sei anni, eppure avrebbe dovuto affrontarlo. Fortunatamente, almeno, avrebbe avuto il conforto dei suoi genitori, che l'avevano sempre sostenuta e appoggiata.
A quel pensiero, decise di rialzarsi e scendere nuovamente da loro in salotto. Ripercorse la scalinata e vide che anche suo padre era rientrato.
Era tutto intento a chiacchierare con la moglie, ma non appena avvertì il suono dei suoi passi, si voltò e fece un gran sorriso.
Sul suo volto cordiale spiccavano occhi verde smeraldo, straordinariamente simili a quelli della figlia, che ricambiò il sorriso.
« Tutto bene, Lily? » le chiese, scrutandola con attenzione.
Lei annuì, cercando di apparire convincente, e si raggomitolò sul divano insieme ai genitori.
« Allora » esordì, guardando entrambi con un sorriso, « cosa avete fatto in questi tre mesi? Vi sono mancata almeno un po'? »
« Certo che sì! » chiocciò la madre, affettuosa. « Ma noi non abbiamo niente di speciale da raccontare... tu, piuttosto, come va la tua vita da Caposcuola? »
Lei scrollò le spalle, accocolandosi meglio sul braccio del padre. « Sorprendentemente bene, direi » rispose, annuendo. « James si sta dimostrando un ottimo compagno di lavoro, sapete. Non mi trovo affatto male insieme a lui ».
Caroline sbarrò gli occhi, colta alla sprovvista. « Dici sul serio? » le domandò, incredula. « E... oh, ma santo cielo, da quando lo chiami James? »
« E' vero » convenne il marito, altrettanto stupito dall'inattesa rivelazione. « Non era quel montato di Potter, fino a poco tempo fa? Devo preoccuparmi? »
Lei ridacchiò divertita e scosse il capo. Un mucchio di volte, in vita sua, era esplosa in valanghe di critiche e infiniti sproloqui sul comportamento immaturo di Potter, sul suo ego smisurato, sul suo essere insopportabile, sui suoi capelli ritti e del tutto privi di senso, sui suoi ghigni, sui suoi scherzi, sulla sua perenne maleducazione nei confronti di chiunque... ecco perché i genitori parevano così sconvolti. Ne avevano tutte le ragioni.
« Beh » disse, piuttosto vaga, « diciamo che... i nostri rapporti non sono più quelli di una volta. Le cose sono cambiate tra di noi. Sono cambiate parecchio ».
Jack e Caroline si scambiarono uno sguardo perplesso, ma non insistettero oltre sull'argomento e si ripresero.
« E le tue amiche come stanno? » chiese lei, ritrovando il sorriso. « Mi manca vederle, quest'estate non hanno neanche fatto un salto qui ».
« Stanno bene, mamma » rispose Lily. « Ti mandano i loro saluti ».
« E il professor Silente, invece? » domandò Jack a voce bassa, interessato.
La ragazza sorrise. Sapeva bene che il padre nutriva una grande ammirazione verso il mago, come fosse un mito da idolatrare, e anche se non lo aveva mai visto di persona ma solo nell'immagine delle figurine delle Cioccorane, non mancava mai di chiedere di lui alla figlia, che gli aveva raccontato delle sue straordinarie gesta, della sua intelligenza assolutamente fuori dal comune e anche, inevitabilmente, della sua nota vena un po' folle.
« Capita spesso di non vederlo ad Hogwarts » rispose, riflettendoci su. « Pensiamo che si occupi di missioni per l'O-... voglio dire, di... faccende della scuola o... o del Ministero, con cui ha frequenti contatti... credo » borbottò, evasiva.
Calò un profondo silenzio, durante il quale Lily si mise diritta contro lo schienale del divano e si circondò le gambe raggomitolate con le braccia.
« Tesoro ». La voce di sua madre pareva fin troppo comprensiva, e non si voltò a guardarla. « Per quanto riguarda Petunia... io... io so che è difficile, d'accordo? Ma tu devi avere pazienza. Continuo a sperare che prima o poi cambierà idea sul tuo dono, ne sono certa ».
« Non cambierà idea, mamma » replicò dura Lily, senza riuscire a trattenere una traccia di rabbia nella voce. « E' da più di sei anni che questa storia va avanti, da mille Natali che discutiamo di questo. Anch'io ci speravo » mormorò, avvicinando le gambe al petto e nascondendovi il volto. « Ma comincio a non crederci più ».
Avvertì la sua mano calda poggiarsi sulla spalla e stringerla. Avrebbe tanto voluto che quel calore si impadronisse di lei, ma non pareva così potente.
« Non dare tutto per scontato, Lily » le disse, rassicurante. « So che Tunia ti vuole molto bene. Lo so per certo ».
Lei sollevò le spalle. « Me lo dirai la prossima estate e ogni giorno e sempre, mamma » ribattè. « E non sarà mai vero ».
Caroline la strinse in un abbraccio, sotto lo sguardo cupo del marito che pareva senza parole.
« Quello che voglio che tu sappia » proseguì la donna sottovoce, passando le dita fra i suoi capelli di fiamma, « è che, malgrado tutto quello che può pensare Petunia, noi siamo molto fieri di quello che sei... una strega piena di talento e una figlia meravigliosa. Credimi, tesoro ».
Si strinse più forte al petto della madre, senza dire nulla, poi riemerse e si alzò di scatto. Non riusciva a rimanere lì un attimo di più.
« Torno di sopra » borbottò, sistemandosi i capelli su una spalla e poi sull'altra, e si allontanò di fretta, diretta nuovamente alla sua camera.
Non sopportava l'idea di rimanere lì ad ascoltare quelle parole, di venire delusa ancora. Non sopportava nulla in quel momento e desiderava solo stare da sola, per capire se voleva credere ancora o lasciare andare ogni speranza. Speranze ormai andate in fumo.
 
 
*  *  *
 
 
« Mamma, ci prepari la cioccolata? Ho una fame da lupi ».
« Sì, mamma, anch'io ho un certo languorino... su, dai, preparala ».
« Ragazze, è quasi mezzanotte... vi farà male. Da quando siete tornate avete già svuotato una confezione mega di Cioccalderoni e vi siete ingozzate di Topoghiacci e Rospi alla Menta come dei maschiacci ingordi. Per la barba di Merlino, contenetevi un po' ».
Scarlett e Miley sbuffarono forte in contemporanea, sprofondando ancor di più sul divano del salotto.
« Mamma, andiamo » si lagnò Miley, scocciata. « Il cioccolato non ha mai fatto male a nessuno a memoria d'uomo. Preparaci quella dannata cosa ».
Charlotte, che solitamente manteneva un'espressione distesa e dolce, fissò la figlia a braccia conserte.
« Non la ascoltare » fece Scarlett, agitando una mano a mezz'aria. « E' sempre più maleducata. Però, dai, mamma, non ci farà niente, su! Siamo appena tornate e la tua cioccolata ci è mancata tantissimo... concluderemmo in bellezza una splendida serata ».
Intrecciò le mani come in preghiera, sbattendo rapidamente le palpebre, e alla fine la donna, esasperata, sospirò e si diresse verso la cucina, borbottando.
Le sorelle si batterono un cinque, il trionfo dipinto sui loro volti compiaciuti, e la seguirono trotterellando.
A casa Banks si era consumata un'allegra cenetta fra donne, in attesa del ritorno ormai imminente di Richard dall'Australia.
Scarlett e Miley avevano ingannato il tempo giocando a Scacchi Magici sul tavolo da cucina mentre la madre dava una ripulita al piano da lavoro, e poi si erano tuffate insieme a lei sull'ampio divano sfondato del salotto, chiacchierando sulle ultime novità e sui loro primi tre mesi passati ad Hogwarts.
« Quando arriva papà? » domandò Miley per quella che doveva essere la centocinquantesima volta.
« Tesoro, dovrebbero mancare pochi minuti » rispose paziente sua madre, gettandole un'occhiata mentre trafficava sui fornelli ben lustri. « Non stressarmi, me lo chiedi da quattro a ore a intervalli regolari ».
La ragazza sollevò le spalle e appiattì la guancia sul tavolo, distendendovi le braccia. « Chiederlo mi dà conforto » mugugnò.
A quelle parole, Scarlett sbuffò. La prendeva sempre in giro per il suo attaccamento ai genitori, ma lei non vi faceva caso.
Si rimise diritta sulla sedia solo quando la madre le porse una tazza di cioccolata densa e fumante e ne bevve un lungo sorso, scottandosi la lingua.
« Se non mi ha portato qualcosa dall'Australia non lo faccio entrare in casa » scherzò Scarlett, soffiando sulla sua tazza.
La sorella rise. « Io spero ancora che mi porti un cucciolo di canguro » sospirò, poggiando il mento sul palmo aperto della mano.
In quel momento, si sentì il rumore di una porta che scattava, e le due sobbalzarono sulla sedia e spiccarono una corsa verso l'entrata.
Richard Banks, un uomo alto e corpulento dai capelli lievemente brizzolati e ricciolini, si stava disfando del lungo mantello per riporlo sull'appendiabiti. Dava l'impressione di un padre austero e inflessibile, ma il sorriso affettuoso che si fece largo sul suo volto non appena vide le figlie corrergli incontro gli donò tutt'altra espressione. Gli occhi color marroncino e le guance ben pronunciate addolcivano immensamente i suoi tratti, e fu con uno sguardo amorevole che strinse tra le braccia le due ragazze festanti.
« Papà! » esclamarono in coro, allontanandosi per guardarlo meglio.
« Meraviglie! » fece lui, accarezzando dolcemente i volti di entrambe. « Mi siete mancate! »
« Come stai? » domandò Scarlett, sorridendogli. « Sembri stanchissimo ».
Lui scrollò le spalle, scoccò un bacio sulla guancia alla moglie e sorrise nuovamente. « Ho solo bisogno di dormire » rispose, tranquillo. « Ma non ancora! Adesso voglio stare un po' con le mie belle figlie... che ne dite, eh? »
Cinse le spalle delle due ragazze con le braccia e le condusse in salotto, sprofondando sul suo amato divano e sospirando pesantemente.
« Ho preparato la cioccolata, Richard » disse Charlotte amorevole. « Ne vuoi una tazza? »
« Grazie, tesoro » rispose gentilmente il marito.
La donna si affrettò verso la cucina, riemergendo poco dopo con un'altra tazza colma di cioccolata fumante. Gliela porse, poggiandogli le mani sulle spalle, poi si accomodò sulla poltrona, raggomitolandosi comodamente.
« Allora, papà? » lo incalzò Miley, stringendogli il braccio. « Com'è andato il viaggio? Ti sei divertito? »
Lui sorrise, scuotendo il capo. « Non è stata esattamente una vacanza » disse, distendendo le gambe. « Ma l'Australia è magnifica. Vi ci porterò ».
La ragazza diede in una festante esultanza, che si aggiunse a quella di Scarlett non appena il padre disse: « Vi ho comprato lì i regali di Natale ».
Quando entrambe si furono calmate, proseguì. 
« Allora, ditemi » esordì, « come sta andando la scuola? »
« Alla grande, padre » rispose prontamente Miley. « Mi sto riposando ».
A quelle parole, Richard scambiò una fugace occhiata con Charlotte, senza capire.
« Che significa "ti stai riposando"? » domandò, perplesso.
Lei diede in un profondo sospiro. « Beh » spiegò, « dopo la faticaccia dei G.U.F.O. dell'anno scorso... »
I genitori si guardarono nuovamente. Miley era riuscita a strappare un Accettabile in gran parte della materie ed era stata bocciata in Storia della Magia e Divinazione, riuscendo ad ottenere un Eccezionale in Pozioni e un Oltre Ogni Previsione in Babbanologia. Non esattamente la faticaccia di cui parlava.
« ... ho deciso che quest'anno mi servirà a recuperare le energie per i M.A.G.O. dell'anno prossimo » concluse, tranquilla. « Già al pensiero sto male ».
Il padre, spiazzato dalla serenità e dal candore con i quali la figlia aveva annunciato la sua pausa di riflessione dagli studi per quell'annata, decise di non ribattere.
« E tu, Scar? » chiese alla figlia maggiore, riprendendosi. « Come va con i M.A.G.O.? »
Lei sospirò stancamente. « Uno schifo » borbottò in tono tetro. « Ci caricano dal 2 di settembre. E' terribile, non abbiamo un attimo di tregua, soprattutto la McGranitt, Vitious e Lumacorno ci sommergono di temi, esercizi e robe varie. E poi, mai come quest'anno mi sono pentita di aver scelto Antiche Rune come materia opzionale ».
« Oh, tesoro, ti capisco » intervenne Charlotte, comprensiva. « Anche per me era un tormento ».
« Eh sì, l'ultimo anno è duro » convenne Richard. « Ma non stressarti troppo, tesoro, e goditelo, perché Hogwarts ti mancherà ».
Lei annuì, pienamente d'accordo. « A proposito di questo » riprese, « sono venuti dei tizi per quella sorta di orientamento professionale avanzato... ovviamente lo sai, c'era mamma... ed è stato davvero interessante, papà, mi sono schiarita le idee ».
Lui annuì, compiaciuto. « Niente banca, allora? » domandò poi, rassegnato. « Nessuna delle due vuole seguire le orme del papà? »
« No » risposero loro in coro con aria dispettosa, ridacchiando sotto i baffi.
« Richard, sarebbe ora che la smettessi con questa storia della Gringott » intervenne Charlotte, alzando gli occhi al cielo. « Già mi ritrovo da sola quando le ragazze sono ad Hogwarts e tu viaggi qua e là per il mondo... non cercare di rubarmele ancora! »
L'uomo rise, sollevando le mani in segno di resa. Il suo desiderio che almeno una delle sue figlie intraprendesse la sua stessa carriera pareva decisamente destinato ad andare in fumo, e capì che era meglio arrendersi sin da subito di fronte all'evidenza dei fatti.
« Va bene, va bene » concesse infine. « Era una battuta, d'accordo? Bene » concluse, sconfitto ma sorridente.
I quattro sprofondarono in un momentaneo silenzio, poi Miley strattonò nuovamente il braccio del padre e lui si voltò a guardarla.
« Abbiamo perso la prima partita del Campionato, papà » racconto, picchiando la testa contro la sua spalla. « Facciamo schifo. Più schifo dei Pipistrelli di Ballycastle quattro stagioni fa, quando hanno vinto una partita su venti e solo perché i Cannoni di Chudley erano stati costretti a giocare con quel Cercatore di quattordici anni perché avevano avuto dieci infortuni ».
Il padre le accarezzò i capelli. Ogni anno era sempre la stessa storia. « Neanche quest'anno si è presentato qualcuno di decente? » chiese, comprensivo.
Lei scosse il capo con immensa tristezza e si spalmò un cuscino in piena faccia. « Il nostro Cercatore non acciufferebbe il Boccino neanche se gli si ficcasse dentro quelle orecchie da ottuso che si ritrova » raccontò, la voce alterata dal contatto con la stoffa spessa. « Il Portiere è un insulto vivente al Quidditch. Non si smuoverebbe da quell'anello sinistro neanche se gli lanciassero una di quelle bombe a mano babbane addosso. Non ho idea di che cosa abbia... sembra una malformazione al cervello che non lo fa schiodare da lì. Per non parlare della nuova Cacciatrice! Al secondo allenamento ha fatto due autogol, mentre alla partita non faceva che volare appiccicata a Dylan e commentare quello che le succedeva intorno! Lo distraeva, un Bolide mi stava ammazzando, se non ci fosse stato John ti saresti ritrovato senza la figlia migliore! »
Scarlett le tirò un cuscino in faccia, ma quello rimbalzò addosso all'altro che Miley si teneva ancora addosso e cadde a terra con un lieve tonfo.
« Mmm... mi dispiace molto, tesoro » commentò il padre. « Purtroppo, quando non si ha la stoffa c'è poco da fare. Però, qualche elemento valido c'è, no? Puntate su quello ».
« Gli unici salvabili sono Dylan e John, che sono davvero bravi, e Gary Reagan, l'altro Cacciatore... e, beh, io ovviamente » ribattè Miley, mesta. « Cosa mi consigli di fare? »
Richard pensò velocemente a qualche accorgimento da suggerire alla figlia, rispolverando le sue vecchie doti di Capitano e grande appassionato di Quidditch.
« Beh, intanto, se come mi dici i Battitori sono bravi, potresti farli esercitare molto sulla precisione, in modo da bloccare l'iniziativa degli avversari oltre che salvare la faccia a voi compagni » iniziò a spiegare lui, particolarmente partecipe. « E poi, visto che a quanto pare i centocinquanta punti del Boccino potete scordarveli » e subito Miley confermò, annuendo vigorosamente, « dovete necessariamente aumentare il numero di gol. Quindi tu e il tuo compagno Reagan potete allenarvi su passaggi corti e veloci per confondere gli avversari e cercare di segnare il più possibile ».
Miley assimilò pian piano le informazioni e alla fine annuì. « Grazie, papà » mormorò, accoccolandosi sulla sua spalla.
« Dai, però, non è giusto! » protestò Scarlett. « Papà, scusa, tu eri un Grifondoro, e lo rimarrai per sempre! Non puoi dare consigli ai Tassorosso, su! »
Richard rise e accarezzò il volto della figlia. « Ma voi non avete bisogno di consigli, tesoro. Vincerete la coppa senza problemi ».
« Papà! » saltò su Miley, guardandolo risentita. 
Lui rise più sonoramente e si voltò a guardarla. « Ammettilo, tesoro, senza Cercatore e senza Portiere è molto dura, non credi? Potete almeno non arrivare ultimi, ecco ».
La ragazza continuò a fissarlo senza ribattere, offesa, finché anche lei non si arrese all'evidenza e annuì, sconfitta, mentre il padre l'abbracciava nuovamente e lei si riappoggiava alla sua spalla.
« In conclusione, anche tu pensi che siamo perduti » fu la sua sepolcrale conclusione. « Hogwarts ci ricorderà come la squadra peggiore di sempre, quindi ricorderà me come il peggiore Capitano della storia, e come se non bastasse, a febbraio i Grifondoro ci faranno il cu-... »
« Miley! » la rimproverarono aspramente i genitori, indispettiti, e lei sbuffò contrariata.
« Il sedere, va bene? » sbottò con una smorfia. « Il deretano, il fondoschiena... le chiappe! Grifondoro ci farà le chiappe. Le chiappe oro e scarlatto ».
Scarlett scoppiò a ridere. « Puoi dirlo forte, sorella! » esclamò, rincarando la dose.
« Puoi dirlo forte, sorella » ripetè Miley, facendole il verso in tono infastidito.
« Sei solo invidiosa » commentò l'altra sprezzante. « Comunque, davvero papà, abbiamo messo su una squadra fantastica. E poi quest'anno per metà di noi è l'ultimo anno, quindi non possiamo fallire ».
« Già... Vincere l'ultima coppa ha un sapore speciale... » disse lui, ricordando il suo ultimo trionfo ad Hogwarts. « James va alla grande, quindi, come Capitano! Come sta quel tormento di figlioccio che mi ritrovo? »
Scarlett rise. « Sta benissimo, anzi mi ha chiesto di salutarti » rispose lei. « Quest'anno è in formissima, è una macchina da gol. Comunque anch'io alla prima partita mi sono superata, papà! Ho preso il Boccino dopo soli nove minuti! »
« Lo so, tesoro, l'ho letto nella tua lettera » rispose il padre, fiero. « Ma tu sei una campionessa, l'ho sempre detto » e le diede un bacio tra i capelli.
« Bene, miei tre campioni e campionesse, è ora di andare a letto, non credete? » fece Charlotte, alzandosi dalla poltrona. 
« Hai ragione, amore, sono stanchissimo » disse Richard, mettendosi anche lui in piedi. « Sei di turno in ospedale domani mattina? » chiese alla moglie.
« Sì » rispose la donna con un sospiro. « Ma tornerò per pranzo ».
« Tu, papà, resterai per tutte le vacanze? » domandò Miley, seguendo la sorella e i genitori verso la scala che portava al piano superiore.
« Fortunatamente sì, tesoro » fece il padre, sorridendo. « Per un po' resterò in Inghilterra. Se non ci saranno cambiamenti, il prossimo viaggio è previsto per fine febbraio ».
« Ah, che bella notizia! » festeggiò subito Charlotte, che per diversi periodi era costretta a restare da sola per gli impegni lavorativi del marito.
Lui la prese per la vita e la baciò sulla guancia. « Dovrai sopportarmi per due mesi interi, tesoro » 
Lei rise sommessamente. « Sai che lo faccio volentieri » rispose, lasciandosi abbracciare dal marito. 
« Ma come siamo romantici! » li prese in giro Scarlett, guardandoli dalla cima della scala. « Quanto amore, eh, Miley? »
« Già, sorella » convenne lei, sorridendo beffarda. « Sembrano due piccioncini, non trovi? »
La madre salì i pochi scalini che le mancavano per raggiungerle. « Smettetela, voi due » disse, dando loro dei buffetti sulle guance. « Proprio non capisco da dove provenga tutta questa acidità... »
Le prese a braccetto e si avvicinò alle porte delle loro camere, mentre Richard le salutava e si recava nella sua camera da letto.
« Non avete nulla da raccontarmi, signorine? » chiese loro con tono malizioso, d'un tratto curiosa. « Nessuno ha fatto breccia nel vostro cuore in questi tre mesi? »
Come ogni volta, la madre tentava di carpire da entrambe qualche gossip e di sapere qualcosa in più sulle loro vite sentimentali, ma, purtroppo per lei, si trovava di fronte un muro. Anzi, due. 
Le ragazze si scambiarono uno sguardo d'intesa e, nello stesso momento, risposero con un secco e perentorio: « No », sciogliendosi dalla sua stretta e dirigendosi verso le rispettive stanze. Lei le fissò con uno sguardo di sfida, e serrò le mani sui fianchi.
« Sì, certo, non dite niente a vostra madre, brave » commentò, mentre le due si scambiavano un cinque, « tanto lo scoprirò comunque, da sola ».
Scarlett e Miley scoppiarono a ridere. Non ci credevano neanche un po'.
« Buonanotte, mamma » disse Miley, ridendo ancora.
« E se ti viene in mente qualche nome su un nostro possibile fidanzato, scordatelo » aggiunse Scarlett. « Sicuramente lo avrai sognato ».
La madre, che ormai era scesa nuovamente al piano inferiore, rise. « Lo vedremo » rispose. « Ma è meglio per voi non sottovalutarmi ».
E dopo quella velata minaccia, le due si chiusero la porta delle loro camere alle spalle, senza smettere di ridere.
 
 
*  *  *
 
 
« ... e a quel punto, ho schivato tutti quei corvacci del malaugurio, ho lanciato la Pluffa verso l'anello più difficile, l'ho centrata e, oltre ad aver avuto modo di festeggiare da vero figo quale sono, sono anche riuscito a fare una pernacchia lunga quanto un acuto di Celestina Warbeck a quel deretano di Davies! Capito, mamma? Non hai un figlio grandioso? Eh? Mamma? MAMMA! »
James aveva sempre dedicato i primi momenti del proprio ritorno a casa per le vacanze natalizie al racconto delle epiche vicende che lo vedevano protagonista durante il primo periodo dell'anno scolastico. Malefatte, punizioni, scherzi... ma soprattutto quello: il Quidditch.
Quando sua madre Dorea, in passato Cacciatrice e Capitano della squadra di Serpeverde, infatti, gli domandava come fosse andata la prima partita del Campionato, giungeva immediata la fine più nera per tutti quelli che si ritrovavano a dover ascoltare la sua assai logorroica risposta.
Si lanciava in interminabili dissertazioni sulle sue magnifiche imprese sul campo, gonfiandole un po' per rendere la narrazione più piacevole e avvincente alle orecchie dei suoi ascoltatori, che, al contrario di ciò che ingenuamente credeva lui, trovavano la cosa decisamente esasperante. Non si limitava, quindi, alla semplice descrizione delle sorti del match, ma si sforzava, anche se con incredibile piacere, di entrare nei dettagli, non solo con tutti quanti i suoi strabilianti tiri, ma anche con le azioni dei compagni e degli avversari che registrava attraverso la cronaca di Sirius.
Il problema principale di tutta la questione, però, non era tanto il dover ascoltare i suoi pomposi racconti, visto che ad un certo punto tutti smettevano di farlo e pensavano ad altro, ma il desiderio di James di sentire dei commenti, o meglio, lodi e complimenti per le sue prestazioni da fuoriclasse.
Nessuno, ovviamente, si diceva mai disposto ad assolvere a quello spiacevole ed ingrato compito, e il tutto si concludeva solitamente con una sfuriata del ragazzo, che si sentiva profondamente incompreso e addirittura maltrattato, e che progettava fughe per allontanarsi da una famiglia che non lo apprezzava affatto, né per il suo talento immane in più e più campi, né per la perfezione che rasentava nel ruolo di figlio.
« Bravo, James » tagliò corto Dorea quella volta, piuttosto scocciata dal suo comportamento.
Lui attese, speranzoso, con la certezza che la sua amata madre avrebbe aggiunto qualcos'altro per gratificarlo, ma venne terribilmente deluso.
« Ramoso, continua a parlare di quelle fottutissime partite e appenderò le mie balle all'albero di Natale » fece Sirius con voce strascicata.
Dorea si voltò di scatto a fissarlo, gli occhi serrati che lampeggiavano e le braccia serrate all'altezza del petto, ben salde.
« Non provare mai più a utilizzare quel linguaggio scurrile, Sirius, o ti metto in punizione » lo rimproverò, severa e irremovibile.
Lui le rivolse un sorriso brillante. « Andiamo, Dory, non ho detto niente di sconvolgente » scherzò, per nulla turbato.
La donna serrò le labbra. « Bene, allora, se vuoi continuare a fare lo spavaldo, domani mi aiuterai a ripulire la casa » replicò, il tono della voce fermo mentre il sorriso scivolava via dal volto del ragazzo e gli altri due ridevano. « E non osare chiamarmi Dory, o ti assegnerò la pulizia del water tutti i giorni! »
Sirius sbuffò, mollando due gomitate fra le costole a James e Remus senza che lei se ne accorgesse, ma non aggiunse altro.
Quando finalmente furono arrivati all'ingresso di casa Potter, videro la porta principale spalancarsi senza che l'avessero sfiorata, e Charlus Potter apparire sulla soglia. Un enorme sorriso accogliente rendeva il suo volto gioviale e parecchio comico, e i capelli bianchi lievemente ritti sul capo lo facevano somigliare a un Babbo Natale senza la barba. Era basso e un po' grassoccio, e in quel momento indossava degli ampi pantaloni di lino bianco, un paio di sandali e un maglione spesso dal colore indefinibile. Per completare il tutto, si era allacciato intorno all'ampia vita un grembiule da cucina giallo sole.
« I miei figlioli! » ululò, piombandosi verso James e Sirius per stritolarli in un abbraccio soffocante. « Così belli... così alti, maledizione... e quello è Remus! » esclamò poi, allargando le braccia per far sì che il ragazzo prendesse parte all'abbraccio mentre Sirius tentava di fuggire via. « Come state? »
« Charlus, lasciali, James sta diventando blu » intervenne Dorea, scuotendo il capo. « Charlus ».
« Sì, tesoro » si affrettò a dire lui, lasciando andare i tre ragazzi, che tornarono pian piano a respirare. « Questo Natale ci divertiamo, ragazzoni! Ho comprato dei guanti Lancia Palle per tutti e la neve sarà presto alta più di me, quindi... » ma si zittì nel momento esatto in cui incrociò lo sguardo intimidatorio della moglie.
I tre ridacchiarono sotto i baffi, ma lui parve sinceramente mortificato e chinò il capo.
« Ma tu cosa ci fai qui? » domandò Dorea, squadrandolo. « Non credevo che saresti tornato prima delle dieci ».
L'uomo si ricompose e sorrise gioioso. « Mi sono liberato in fretta » rispose. « Sono stato tutto il tempo accanto alla porta ad aspettarvi, poi ho sentito le vostre voci e ho aperto la porta ».
James lo fissò, interdetto. « Sei rimasto accanto alla porta ad aspettarci? » ripetè, sconvolto. « Da quando sei arrivato? »
« Ma certo! » rispose immediatamente lui. « I miei ragazzoni... vi aspettavo con ansia! »
Il ragazzo continuò a fissarlo, ma non aggiunse altro e lo seguì dentro casa, chiudendosi la porta alle spalle e serrandola con un rapido tocco di bacchetta.
L'ingresso dell'abitazione era piuttosto ampio e davvero molto accogliente. Un larghissimo tappeto color miele era steso sul pavimento lustro, mentre accanto al lungo appendiabiti vi era un grazioso tavolinetto intarsiato coronato da un vaso di girasoli. Dalla parte opposta alla porta d'ingresso stava ben in vista una scala di un chiaro legno lucido simile al ciliegio, che portava a uno stretto corridoio a ferro di cavallo su cui si susseguivano le diverse camere.
I Malandrini attraversarono l'ingresso e si fiondarono in salotto, attraverso un arco sulla parete destra, gettandosi sul comodo divano color bordeaux e accendendo con un colpo di bacchetta il fuoco dentro il maestoso camino di mattoni che si parava loro di fronte.
« Ho fame » brontolò Sirius, tenendosi una mano sullo stomaco. « DOREA! » chiamò in un urlo. « DOREA, HO FAME! »
La donna apparve un attimo dopo sulla soglia della stanza, le mani sui fianchi. « Sono appena arrivata, Sirius, abbi pazienza » ribattè, piccata. « E togliti quelle maledette scarpe prima di salire sul mio divano. Lo stesso vale per te, signorino » aggiunse poi, rivolta a James. « Salite su a sistemare i bauli, datevi una ripulita e riscendete. Su, svelti » ordinò, facendo un cenno imperioso verso il piano di sopra e dirigendosi nuovamente in cucina.
James diede in un lunghissimo sbuffo esasperato e si rialzò di malavoglia, seguito dagli altri, verso la propria camera.
Dietro la porta socchiusa si apriva una stanza che faceva a pugni con il resto della casa. Le pareti scarlatte erano brillanti e balzavano immediatamente all'occhio, tappezzate da numerosissimi stendardi di Grifondoro e da poster della sua squadra del cuore, il Puddlemore United. 
Al centro della parete principale stava ben in vista una teca in vetro contenente la sua prima scopa, minuscola e malridotta, ma tenuta in alto come un trofeo, con tanto di didascalia che recitava: Questo cimelio nient'altro è che la prima scopa da corsa di James Charlus Potter, Cacciatore dal talento impareggiabile, Capitano di una squadra infallibile e figo da paura mentre vola (e non solo, fanciulle. Anche mentre è fermo, mentre dorme, mentre mangia... 'sempre' mi pare la parola più appropriata). Non toccare senza il permesso di suddetto figo. E, Sirius, se anche solo la sfiori dichiarati pure castrato.
Accanto all'enorme armadio sulla sinistra vi era una bacheca ricca di fotografie vecchie e nuove. Una piuttosto ingiallita vedeva quattro sorridenti ragazzi in primo piano: Sirius teneva un braccio intorno alla spalla di Remus e con la mano libera scompigliava i capelli corvini di James, che tendeva le mani speranzoso verso un lontano Peter con in mano i suoi tondi e preziosi occhiali. Era il loro secondo anno ad Hogwarts. 
In un'altra immagine un James di appena cinque anni giocava con Scarlett sul pavimento, mentre una minuscola Miley si divertiva a scagliare loro contro oggetti di vario genere.
Quella più in vista, però, era una foto piuttosto recente, che ritraeva i Malandrini al loro sesto anno: all'estrema sinistra c'era James, un'espressione ammiccante dipinta sul volto e un sopracciglio inarcato; al suo fianco, Sirius portava la cravatta di Grifondoro allacciata intorno al capo e strizzava l'occhio in direzione dell'obiettivo, mentre Remus, accanto, pareva reduce da una terribile luna piena e ne portava i segni; un sorridente Peter, infine, chiudeva in bellezza lo scatto, i capelli lievemente in disordine come a voler imitare quelli dell'amico.
Sulla scrivania erano sparpagliati rotoli di pergamena accartocciati, penne d'oca spezzate e libri impolverati, oltre a qualche incarto di caramella. Regnava il caos, visto che James aveva vietato categoricamente alla madre anche solo di sfiorare la maniglia della porta, però a lui la camera piaceva così com'era, stipata di oggetti e soffocante, forse, ma nel suo stile.
« Ho trovato una Cioccorana sotto il cuscino! » esclamò Sirius, portandola in alto come un trofeo. La scartò e se la ficcò in bocca per intero.
Gli amici lo fissarono. « Poteva anche essere lì da due anni » osservò ragionevolmente James in tono piatto, ma lui scrollò le spalle e la ingoiò, compiaciuto.
« Invece di mangiare rifiuti, Felpato, porta il tuo stramaledetto baule nella tua stramaledetta camera. Qui non c'è spazio » aggiunse il ragazzo.
Lui obbedì e varcò l'entrata della camera accanto a quella dell'amico. Un tempo era stata la stanza degli ospiti, ma era diventata sua non appena i Potter lo avevano accolto in casa. Non c'era nulla di speciale nell'arredamento semplice, ma anche lui aveva appeso un grande stendardo di Grifondoro sopra il letto. Un'enorme fotografia che ritraeva lui e James aggrappati l'uno all'altro per non essere sopraffatti dalle risate stava ben in mostra sulla parete bianca, accanto a un'altra immagine dei Malandrini, impegnati in una partita di Spara Schiocco in cui Remus stava miseramente perdendo e ad una più recente in cui lui e James, sotto lo sguardo divertito degli altri due, erano in procinto di gettare sulla schiena di un addormentato Frank un'abbondante dose di cioccolata bollente.
Gettò un'occhiata alle immagini e sorrise appena, poi lasciò cadere il baule a terra e lo aprì, cominciando a sistemare le proprie cose.
« Quella non me la ricordavo ».
La voce bassa e profonda di Remus arrivò alle sue orecchie e si voltò a guardarlo, un paio di mutande natalizie strette in mano, mentre nell'altra teneva un paio di vecchi jeans logori. Sorrise. Era fermo sulla soglia e osservava le tre fotografie che spiccavano sulla parete.
« Devo invitarti a entrare? » domandò, facendolo riscuotere.
« Oh, sì, sarebbe carino » scherzò lui, varcando la soglia e avvicinandosi. « Io sono l'ospite, no? Dovresti fare gli onori di casa ».
Sempre sorridendo in maniera vaga, si lasciò sprofondare sul letto e osservò l'amico che, con estrema cura, riponeva le proprie mutande in un ampio cassetto dell'armadio. Aveva un'aria strana, cupa, corrucciata, un'espressione che i Malandrini avevano imparato a conoscere. 
Sirius, per quanto potesse apparire sempre spensierato e con la mente rivolta solo a sciocchezze come il rimorchiare ragazze, le moto o il Quidditch, aveva sempre qualche tormento che non lo lasciava in pace e lo faceva rabbuiare nei momenti di solitudine, anche se si allontanava dagli amici solamente per sistemare il baule di scuola.
« Non sei più ospite tu di quanto non lo sia io » rispose, il volto nascosto dai lunghi capelli ondulati mentre era chino di fronte all'armadio.
E Remus, a quelle parole, capì al volo cosa non andava. Sospirò silenziosamente e si distese sul letto, senza smettere di guardarlo.
« Su dieci cose che dici, almeno sei o sette sono sempre sciocchezze, Sirius » buttò lì, sereno.
Lui gli gettò un'occhiata di sbieco. « Si dice stronzate, Lunastorta » gli fece notare, sorridendo appena per poi voltarsi di nuovo un attimo dopo.
« Ho tanto da imparare » fu la sua risposta.
Tacque qualche momento, riflettendo. « E' questo il problema? » domandò infine, sottovoce.
Inizialmente, Sirius non rispose, ma smise di fare qualsiasi cosa stesse facendo, lo sguardo immobile. Non aveva idea di cosa rispondere.
Era quello il problema, esattamente. Uno dei tanti, in realtà, ma per lui i problemi erano pane quotidiano sin dalla nascita.
Ogni volta che rientrava in quella casa, così accogliente e bella in ogni singolo e più impercettibile particolare, si sentiva felice. Abbracciare Dorea e Charlus, avvertire l'affetto nelle loro braccia che lo stringevano, nelle loro parole cariche di gioia, in quel figliolo che Charlus ripeteva sempre come un'ovvietà, era forse una delle cose più belle e speciali che avesse mai conosciuto. Eppure, immediatamente dopo, anche se non desiderata, arrivava sempre quella spiacevole stretta allo stomaco che gli ricordava costantemente l'unica vera certezza esistente: quella non era casa sua. E quella non era la sua vera famiglia.
Non poteva rispondere a quel figliolo con un papà, e non poteva sentirsi parte integrante di quelle mura, come invece accadeva a chi viveva in una casa davvero sua. E ad amplificare il tutto vi era quella realtà sempre più spaventosa e vicina che gli sussurrava notte e giorno che tutto stava per cambiare. Che tutto, forse, era cambiato già. Presto la scuola sarebbe finita, e avrebbe dovuto trovarsi un posto tutto suo. Un posto che non avrebbe potuto condividere con nessuno, perché sentiva che tutti avrebbero trovato la propria strada, mentre lui sarebbe rimasto indietro.
Era un periodo strano, quello, in cui tutto gli appariva gigantesco e orribile, persino e soprattutto dei sentimenti che chiunque altro avrebbe trovato fonte di gioia e rinascita, ma in cui lui non riusciva a trovare altro che insensatezza e dubbio. Era tutto instabile, tutto più nero di quanto non fosse mai stato, e sarebbe peggiorato, sì, lo sapeva... Sarebbe andato tutto in frantumi un'altra volta, di nuovo, come sempre.
« Sono io il problema, Remus » rispose, più brusco di quanto avrebbe voluto essere. « Sono sempre io il problema, un problema vivente ».
L'altro scosse lentamente il capo. « Il problema è che tu vedi problemi ovunque, Sirius, e non ti rilassi mai » replicò, con la sua solita, estrema calma e pacatezza. « Il problema è che non sei mai tranquillo e ti senti sempre fuori posto. Non ho mai capito perché ».
Sirius sbuffò stancamente e sbattè l'anta dell'armadio, rialzandosi di botto. Remus non battè ciglio, ma continuò a scrutarlo con aria cupa.
« I problemi ci sono, Remus! » sbottò, nervoso. « Non sono solo io che li vedo, spuntano fuori sempre, ovunque, e non riesco a tenere sotto controllo tutto quanto! Ed è normale che mi senta sempre a disagio, non credi? Questa non è casa mia, io non mi chiamo Potter e non faccio parte di questa famiglia! »
Aveva urlato senza rendersene conto, ma Remus, previdente, aveva lanciato un Muffliato sulla porta prima che si voltasse.
Si rimise diritto sul letto, i gomiti sulle ginocchia e le mani unite come in preghiera.
« Tu non vuoi vederla come casa tua » replicò a bassa voce. « Ma so che ti senti come se lo fosse, quando sei qui. Vuoi a tutti i costi ripeterti che questo posto non ti appartiene, ma sono certo che lo senti tuo. Non c'entra niente come ti chiami, Sirius. Scordatelo una volta per tutte. Credevo che l'essere Malandrini fosse questo, no? E' come se... come se avessimo tutti lo stesso cognome ».
Sirius lo fissò, per qualche attimo lievemente stordito e senza parole. In effetti, era quello il significato dei Malandrini.
« Scommetto che quando sei scappato di casa, non hai pensato neanche un istante a dove andare, perché lo sapevi già » riprese Remus, osservandolo. « Ed è stato James a chiederti di restare per tutto il resto del tempo. L'hai notato? Non sei stato tu a chiedere, ma lui ad offrirti tutto ».
E lui pensò che era vero. Quando si era sbattuto alle spalle la porta di Grimmauld Place, non aveva avuto dubbi sulla propria destinazione. E quando era arrivato sull'uscio di quella stessa casa e James aveva aperto la porta, soffocandolo in uno dei suoi soliti caldi abbracci, era stato lui a chiedergli di restare. In quel momento, si era sentito salvo, libero e felice.
« Dovrò comunque andare via, alla fine » mormorò, facendo scorrere le dita tra i capelli. « Sarà tutto diverso. E orribile » aggiunse.
« No ». Remus scosse il capo. « Diverso e orribile non sono la stessa cosa. Tutto cambierà, e lo sappiamo, ma c'è sempre qualcosa che resta. Sirius » disse poi, scrutandolo col capo inclinato, « credi davvero che possa arrivare un giorno, un qualsiasi momento, in cui noi quattro non ci saremo l'uno per l'altro? »
Sirius lo fissò. « Io... » balbettò, preso in contropiede. « Non... » Sospirò. « L'unica cosa che so è che cambia sempre tutto, alla fine, anche quello che non ti aspetti possa cambiare. Chi ti dice che andrà sempre tutto così, Remus? »
Si guardarono, le iridi color metallo di Sirius, così spente, che incontravano quelle ardenti di Remus.
« Tu » rispose lui. « E James, e Peter. Siete voi a farmelo credere. Me lo avete fatto capire cinque anni fa, quando vi ho raccontato che ero una bestia feroce e un emarginato sociale e mi avete semplicemente risposto che l'unica cosa che ero era un idiota... e me lo farete capire tra vent'anni, se mi reggerò ancora in piedi, ne sono sicuro ».
E ne era certo davvero. Credeva che la loro fosse una di quelle amicizie incrollabili e rare, che possedevano davvero un tocco di magia. Credeva che avrebbero potuto rimanere distanti anche per anni, ma al momento di rivedersi si sarebbero sentiti come se non fosse cambiato assolutamente nulla dall'ultima volta. Voleva davvero sperare che, se fossero sopravvissuti a quella guerra, anche dopo cinquant'anni, avrebbero continuato a chiamarsi Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, come avevano iniziato a fare da quindicenni.
Ma Sirius sbuffò, scettico. « Schiatteremo tutti e andrà tutto a puttane, come succede sempre » sputò fuori.
Remus si passò una mano sul viso in un gesto stanco. « Piantala » mormorò, tornando a guardarlo. « Non sai neanche tu quel che dici, Sirius. Sei tu che mandi sempre tutto all'aria, solo perché non vuoi credere che ti possa capitare qualcosa di bello ».
« Esatto! » urlò lui, frustrato. « Sì, hai ragione, è così! Non ci credo! Perché questa è la realtà, Remus, e nella realtà tutte le persone cambiano e vanno via, nella realtà tutte le amicizie vanno sempre a farsi fottere e la gente muore, ogni santo giorno! E niente va bene, niente di niente! »
L'amico si alzò e gli si avvicinò, stringendogli forte le spalle così da costringerlo a guardarlo. Notò che respirava a fatica. Pareva esausto.
Quella era una delle rare volte in cui esplodeva e cominciava a urlare tutto ciò che gli attraversava la mente. Partiva da ciò che lo faceva star male e lo tormentava e alla fine si ritrovava a sbraitare di tutto, tutto ciò che gli faceva paura, perché Sirius Black di paura ne aveva, eccome.
« Nella realtà » gli disse Remus, « adesso, questa è casa tua, noi siamo la tua famiglia e ci uniremo all'Ordine della Fenice per combattere tutto questo schifo ».
Lo scrollò appena e lui prese un profondo respiro, annuendo lievemente ma tenendo lo sguardo piantato sul pavimento.
« Ma a parte tutte le cavolate che hai sparato » riprese lui, allentando la stretta senza però lasciarlo, « qual è il vero problema? »
Sirius pareva sfinito. Non aveva neanche dormito, ed era pallido, con i capelli neri che risaltavano intorno al suo volto.
« Il problema è che... » mormorò, guardando ovunque tranne che nella sua direzione. « Il problema è come mi sento, credo. In questo periodo... è tutto così strano, non capisco cosa mi succede e non lo sopporto... E ieri sera... ieri, io... è Scarlett il problema » disse infine, brusco. « Scarlett. Mi sta facendo impazzire... non ci sto capendo niente, Remus... »
Lui sorrise appena. Fece per parlare, ma in quel momento James aprì la porta della stanza e rimase fermo a fissarli. Indossava un accappatoio rosso scuro, e gocciolava copiosamente, i capelli scombinati anche da bagnati e il viso arrossato.
« Scusate » disse, leggermente stordito. « Stavate facendo una riunione malandrina senza di me o devo pensare che c'è una tresca tra voi due? »
Remus rise e persino Sirius si lasciò andare a un sorriso debole. Il primo lo lasciò andare e si allontanò appena.
« Quindi siete gay » dedusse James, annuendo. « Cavoli... potevate dirmelo. Adesso devo prendermi Peter, quindi? E' questa l'idea? Mmm... Codaliscia ha il suo fascino, non c'è ombra di dubbio... d'accordo, allora, glielo farò sapere ».
I due scoppiarono a ridere, poi lui disse: « Vado ad asciugarmi prima che mamma mi ficchi un mestolo in... okay, torno tra poco » e uscì di fretta.
Tornò una manciata di secondi dopo, un paio di mutande addosso e un pigiama di lana pesante stretto in mano, mentre nell'altra aveva un paio di pantofole imbottite e gonfie. I capelli gocciolavano ancora, così si gettò sul capo un asciugamano. Sembrava appena fuggito da un manicomio.
« Eccomi! » annunciò, spiccando il volo per atterrare comodamente sul letto e cominciando a rivestirsi per non congelare.
« Allora » riprese dopo un attimo. « Qual è il problema? Ditelo a James, e James lo risolve. Perché James può, ragazzi ».
« Gli effetti della sbronza... » sospirò Remus, alzando gli occhi al cielo. « Comunque, il problema è che il complessato del gruppo non sono io, ma il qui presente Sirius-Niente-Mi-Tocca-Black. Credo abbia qualcosa da dichiarare ai nostri microfoni. Lo lascio a te, amico ».
Sorrise. Sapeva che lasciarlo a James era la cosa migliore da fare. Uscì silenziosamente, richiudendosi la porta alle spalle.
Nella stanza calò il silenzio. James notò che qualcosa non andava in Sirius. Capì che non era il momento di scherzare e lo scrutò a lungo, profondamente.
« Cosa c'è che non va, Felpato? » domandò sottovoce. « Dimmi tutto ».
Lui esitò. Non sapeva bene se aveva voglia di buttare fuori tutto o continuare a convivere con quel tormento, sopportando in silenzio come faceva sempre, finché la preoccupazione non si attenuava o, cosa parecchio rara, non lo abbandonava completamente. Incrociò lo sguardo di James e si passò la lingua sulle labbra. Proprio guardando quegli occhi così familiari, alla fine, pensò che, maledizione, se non gettava fuori l'anima con lui, non avrebbe potuto farlo con nessun altro. Perché quando il suo migliore amico gli si piantava di fronte e lo esortava, anche in silenzio, a liberarsi di ciò che aveva dentro, era lì solo per lui. Solo per ascoltarlo, stargli vicino e provare a comprenderlo, a incoraggiarlo e nient'altro. Avrebbe potuto scatenarsi una guerra accanto a loro, e lui non si sarebbe mosso fin quando Sirius non si fosse calmato e non fosse riuscito a svuotarsi di ogni preoccupazione. Era sempre stato così.
« Non ti ho raccontato tutto di quel che è successo ieri sera, James » esordì, crollando sul pavimento.
« Ma dai » fece lui, sorridendo. « Mi sconvolgi, amico ».
Lui, suo malgrado, rise e fece un'altra lunga pausa. 
« Quando ho riaccompagnato Scarlett in Sala Comune » riprese infine, sospirando, « sono rimasto a farle compagnia. Lei aveva bisogno di essere rassicurata, di sentirsi protetta, dopo tutto quello che aveva passato, e... e io non ho avuto il coraggio di lasciarla lì e tornare alla festa ».
Tacque nuovamente, poi ricominciò a raccontare. « Ad un certo punto » disse, « lei ha tirato fuori il nome di Regulus e... non so come sia successo, in realtà... ma io ho cominciato a parlarle di lui, di... di mia madre, della mia famiglia e... insomma, le ho raccontato tutto ».
James lo guardò stupefatto mentre si sistemava i capelli sulla fronte. Sirius non aveva mai raccontato a nessuno del suo passato, esclusi i Malandrini. Il fatto che si fosse aperto con qualcun altro, con Scarlett, in particolar modo, era davvero sconvolgente, ma non disse nulla e lo lasciò continuare.
« Il fatto strano » proseguì lui, lo sguardo fisso in un punto imprecisato del pavimento di piastrelle color latte, « è che mi sono sentito pronto a raccontarle tutto. Il mio unico pensiero è stato... beh, insomma, credevo che fosse normale che lei sapesse. Non ho pensato neanche un momento di lasciar cadere l'argomento ».
Sollevò lo sguardo per incontrare nuovamente quello di James, come se lui potesse in qualche modo spiegargli il suo stesso comportamento, e lui lo osservò con il medesimo interesse. Quella notizia non faceva altro che confermare tutti i suoi sospetti.
« Non è così difficile, sai, Sirius? » gli disse, sorridendo appena, e lui lo fissò. « Scarlett è diventata importante per te » spiegò, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Per Sirius, però, era probabilmente una rivelazione scioccante.
Al contrario di ciò che l'amico pensava, invece, lui riflettè a lungo e mormorò tra sé e sé un flebile: « Lo so » che fece ampliare il sorriso di James. « Ma non è normale, James » proseguì, frustrato. « Non capisco cosa sia cambiato. Scarlett è sempre la stessa, no? E io... »
« Tu non sei sempre lo stesso, Sirius » concluse l'amico per lui, scuotendo il capo. « Questa mattina sei stato tu a capire di cosa aveva bisogno Scarlett, ieri sera sei stato tu ad andare da lei e a rimanerle vicino, sempre tu ad andarle incontro quando è scoppiata a piangere per quella stupida lezione di Legilimanzia. E hai smesso di uscire con tutte le ragazze idiote di quella lista, hai cominciato a prendertela con tutti quelli che le stanno intorno... Tyler, Walker, Davies, Dylan e tuo fratello... non capisci che è cambiato tutto? Non solo in te, ma nel vostro rapporto ».
Sirius lo fissò, completamente spiazzato da quella verità fino ad allora sconosciuta ai suoi occhi. Si sentiva davvero uno sciocco.
« Sei diventato geloso marcio, amico » proseguì James, sorridendo appena. « E hai perso interesse per qualsiasi cosa che non sia lei. Non so tu, ma io lo so di che si tratta. Sono soggiogato da questo genere di cosa da un bel po' ».
Scrollò le spalle, come se avesse appena dichiarato qualcosa di incontestabile. E in effetti aveva totalmente ragione.
« Ma io non sono come te » ribattè Sirius alla fine, ancora smarrito. « Tu sei un fottutissimo sentimentale, non io ».
Lui sbuffò e rise. « Non si tratta di essere fottutamente sentimentali o roba del genere » gli disse con sicurezza. « Quando succedono cose come questa, credimi, siamo tutti uguali. Insomma, voglio dire » fece, mettendosi più diritto sul letto, « quando siamo seduti in Sala Grande, dove guardi se non nella sua direzione? A lezione, mentre Remus prende appunti, chi è che fissi tutto il tempo se non lei? E quando non hai niente da fare, non ti metti a pensarci tutto il tempo, anche involontariamente? Non ti senti bene quando sei con lei? E' questo che succede, amico. E' così che funziona ».
Cadde il silenzio, durante il quale Sirius prese a riflettere su tutto quello che James gli aveva detto. Non trovava nulla da obiettare e si era ritrovato in tutti quelli che, a quanto pareva, lui credeva i sintomi dell'innamoramento. Forse era davvero inutile continuare a negare a se stesso la realtà, e se ne rese conto.
« Mi sento un idiota » borbottò alla fine, atono. « E' normale anche questo, guru dei sentimenti? »
Lui scoppiò a ridere e gli lanciò il cuscino addosso, ma Sirius riuscì ad evitarlo con un agile scatto.
« Sei tu quello strano, Felpato » gli disse James, ridendo ancora. « Non quello che ti succede ».
E lui, dopo un momento, si lasciò andare a un sorriso.
All'improvviso, la tonante voce di Charlus li raggiunse urlando: « TUTTI A TAVOLA! » e li fece sobbalzare.
Si scambiarono uno sguardo e uscirono dalla camera, chiedendosi dove si fosse cacciato Remus.
« LUNASTOOOOOOOOOORTA! » urlò James, che non aveva per niente voglia di mettersi a cercarlo.
Si sentirono parecchi tonfi provenire dal bagno e, dopo diverse imprecazioni sommesse, il ragazzo uscì trafelato.
« Cosa, che succede? » domandò frettolosamente. Si era infilato l'accappatoio al contrario.
James e Sirius scoppiarono a ridere. « Calmati, amico, è tutto okay » lo rassicurò il primo, che rideva ancora.
Il ragazzo gli lanciò uno sguardo rancoroso. Aveva praticamente rischiato di morire, ma certo, a lui non importava. Si richiuse la porta alle spalle e fuoriuscì nuovamente qualche momento dopo, vestito e apparentemente sano, così da seguire gli altri verso la cucina al piano di sotto.
Era piuttosto piccola, con le pareti dipinte di una leggera sfumatura verde foglia, ma molto ordinata e accogliente. Un tavolo rettangolare ornato di una tovaglia di lino bianco era piazzato al centro della stanza, e un delizioso profumo di zuppa invadeva la stanza. Dorea, proprio come l'amica Charlotte, era un'ottima cuoca.
« Vostro padre mi ha fatto perdere tempo » disse, sentendoli arrivare senza neanche voltarsi. Stava versando da una gran pentola in acciaio la densa zuppa dentro cinque piatti in porcellana. « Qualsiasi cosa tocchi, provoca danni di dimensioni abnormi ».
« Non è vero! » protestò Charlus, offeso. « Ho imparato a cucinare con nonna Abilene, sono un maestro! »
Si alzò da tavola mentre i ragazzi prendevano posto, ridendo, e si avvicinò alla moglie, facendo per aiutarla.
« Molla, Charlus, faccio da sola » lo bacchettò all'istante lei, assestandogli un lieve colpo d'anca. « Non metterti sempre in mezzo ».
Lui le rivolse un sorriso radioso. « Ma tesoro » mormorò, gentile, « volevo solo darti una mano. Durante i primi anni di matrimonio cucinavamo sempre insieme, ti ricordi? Ah, ci divertivamo... i fornelli potevano anche esplodere e noi non ce ne accorgevamo... oh, sì... »
« Charlus, per piacere! » sbottò la moglie, esasperata, gettando un'occhiata ai tre ragazzi che avevano preso a ridere più forte. « Non hai il minimo giudizio... scriteriato... sei come tuo figlio James... sempre a mettermi in imbarazzo... » farfugliò, le guance lievemente arrossate.
Per tutta risposta, il marito le circondò la vita con le braccia e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
« Charlus, ma che schifo! » fece Sirius, mentre il fratello applaudiva entusiasta. « Proprio di fronte a noi? Prima di cena? Andiamo, su! Remus si impressiona facilmente! » e si guadagnò una gomitata dell'amico tra le costole.
L'uomo ridacchiò allegramente. « Io amo mia moglie » annunciò poi rivolto al ragazzo, con la massima solennità. « E trentadue anni fa ho giurato su quell'altare che glielo avrei dimostrato ogni giorno della mia vita. Manterrò la mia promessa, fino alla fine dei miei giorni ».
E James esplose in un altro applauso, battendo sulla schiena del padre una poderosa pacca. « Questo è parlare, papà! » si congratulò, annuendo.
« Ti ringrazio, figliolo » rispose lui con sincerità. « Mi auguro che tu possa fare altrettanto con la tua bella Lily. A proposito, come va con lei? »
Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo e, nello stesso istante, affondarono il volto fra le mani. Era di nuovo giunta la fine.
« Charlus » disse il primo in tono melodrammatico, « perché glielo hai chiesto? Dimmelo. Perché mai lo hai fatto? »
Ma lui non gli prestò ascolto e, mentre la moglie porgeva a tutti i loro piatti, si sporse verso il figlio e borbottò: « Raccontami tutto, ragazzone ».
Lui annuì, ingoiò una cucchiaiata di zuppa bollente e diede il via ai suoi racconti.
I genitori conoscevano ogni dettaglio del suo rapporto con Lily e di quel che provava per lei. Non aveva problemi a rivelare loro tutto quanto, anzi, sentiva il bisogno di aprirsi anche con loro per ricevere consigli, per avere comprensione e supporto.
« Le acque si stanno muovendo, papà » disse con ardore, ficcandosi nuovamente il cucchiaio in bocca. « Faffo paffi fa fifante ».
« Non parlare con la bocca piena, James » lo redarguì Dorea. « Spero che tu non faccia lo stesso di fronte a Lily, almeno ».
« Fefto fe no » rispose prontamente lui, mandando giù tutto. « Sono un gentiluomo, io! Davvero, mamma, dovresti essere fiera di come sono venuto su ».
Lei, suo malgrado, sorrise. « Lo sono, tesoro » rispose, in uno sprazzo di dolcezza. « Sai bene che lo sono ».
James parve illuminarsi e si allungò sul tavolo per abbracciarla. « Grazie, mamma » mormorò con immenso affetto, per poi tornare a sedersi sotto lo sguardo esasperato di Sirius. « Comunque, dicevo. Con Lily va molto meglio, sapete? Insomma, ci capita di litigare di brutto, ma poi ci passa... La prima ronda è stata fantastica. Abbiamo parlato un sacco, e lei è così... è così meravigliosa, sul serio... vorrei ascoltarla tutto il giorno, ma lei odia che io le stia tra i piedi, quindi, beh, magari evito di esprimere questo particolare sentimento. Quindi... nulla, stiamo bene. Alla festa di Lumacorno abbiamo ballato... per Godric, mi sentivo stordito, un vero coglio-... un vero cretino, già... e stamattina l'ho baciata! »
Charlus, per la foga di congratularsi, soffocò, e Remus si affrettò a riempirgli un calice d'acqua e a porgerglielo frettolosamente.
« Ah, grazie, mio caro ragazzo » fece l'uomo, tornando a respirare. « Ma cos'è che hai fatto? » tuonò poi, rivolto al figlio.
« L'ho baciata! » ripetè lui con allegria, mentre la madre lo fissava ad occhi sbarrati. « Sotto il vischio! Un bacio innocente, naturalmente... ma la tradizione dice che ci sposeremo! Capito, papà? Ci sposeremo! Te l'avevo detto che ci saremmo sposati! E tu devi vestirti elegante, HA! »
Scoppiò in una risata un filino troppo esaltata, e tutti lo fissarono.
« James, tesoro » intervenne Dorea, cauta, « perdonami, ma... Lily era... come dire... consensiente? »
La risata del ragazzo si spense nell'aria. « Beh » rispose, scrollando le spalle, « ovviamente no ».
La donna serrò le labbra e drizzò la schiena. Cattivissimo segno. « Come ti sei permesso, James? » lo rimproverò, indignata. « Prenderti gioco a tuo piacimento di una ragazza innocente! Dov'è finita la tua galanteria? Sei stato un vero screanzato! Le donne vanno rispettate, James! Io e Charlotte ci battiamo per questo da sempre! Insomma, come hai potuto approfittarti di lei? »
James si fece piccolo piccolo e fece cadere il cucchiaio, che tintinnò sonoramente a contatto con la porcellana lucente. « Io... » farfugliò. « Io... »
« Stiamo lavorando sulla sua impulsività » intervenne Remus in tono pratico e professionale. « Devo ammettere che fa progressi piuttosto velocemente, ma c'è ancora molto lavoro da fare. Ho bisogno di tempo, signora Potter, ma posso farcela. Ho molto a cuore questa faccenda, visto che anche Lily è mia amica ».
Dorea lo ascoltò interessata, e annuì. « Capisco » mormorò, sovrappensiero. « Sei molto generoso, caro, non deve essere semplice cercare di educare James. Io lo so bene. E' impulsivo e, quando ha degli sprazzi di estrema fiducia in se stesso, combina guai. Non si rende conto, ma è così ».
Remus annuì, totalmente d'accordo. « Il fatto è » disse, intrecciando le mani sotto il mento, « che se si impegna a fondo, riesce a compiere passi importanti in avanti, ma poi rovina tutto facendone mille indietro. E questo gioca a suo svantaggio, perché poi cerca di rimediare con le sue solite sciocchezze e la situazione precipita del tutto ».
Lo sguardo di James e Sirius andava dall'uno all'altra, affascinato. Pareva che stessero assistendo a un lancio di Pluffe infinito.
« Cavoli » bisbigliò quest'ultimo all'amico, « un dibattito tra mamme è interessante. Finalmente Lunastorta ha trovato qualcuno alla sua altezza ».
James annuì di rimando. « Già » rispose. « Almeno mi ha salvato dalla strigliata ».
Tornarono a fissare i due che discutevano e sorrisero. Quando ebbero finito di disquisire, James terminò la discussione.
« Dunque convolerò a nozze con Lily Evans! » esclamò, allargando le braccia come in attesa di un applauso che, naturalmente, non venne.
« E bravo il mio ragazzone innamorato! » si complimentò Charlus, fiero, scompigliandogli i capelli ancora umidi. « E tu, invece, Sirius? Come procede la tua vita sentimentale? Hai conosciuto qualche ragazzona capace di farti mettere la testa a posto? »
Sirius lo fissò, lievemente a disagio, e si affrettò a prendere un'altra cucchiaiata di zuppa per non essere costretto a rispondere. Sfortunatamente, però, si rese conto di averla finita un minuto prima, e pensò di essere seriamente nei pasticci.
« Sì, Sirius » fece James, dando man forte al padre, « come procede la tua vita sentimentale? L'hai trovata, la ragazzona per te? »
Lui gli rivolse un'occhiata intrisa del più puro disprezzo, ma l'amico si limitò a sorridere, compiaciuto, scambiando un cenno con Remus.
« Ehm... non procede » rispose, secco. « Mi sono... come dire... preso una pausa ».
« Non ti piace nessuna? » domandò interessato Charlus, scrutandolo con attenzione. « Seriamente, intendo? »
Sirius cominciò ad agitarsi e si passò una mano sulla nuca. « Non... » balbettò, in difficoltà. « Non proprio... cioè, sì, però... no. Non mi piace nessuna » concluse infine, tentando di apparire convincente. « Andiamo » aggiunse poi, riprendendosi e riacquistando una certa padronanza, « Charlus, ti sembro un tipo da relazione seria? Mi conosci... non fa per me. Sono uno spirito libero, io ».
Charlus ridacchiò sotto i baffi. « Puoi essere uno spirito libero anche con una ragazzona accanto » osservò saggiamente. « Vedrai, figliolo, un giorno riderai delle tue stesse parole ». Afferrò la brocca d'acqua e se ne versò un po' dentro il proprio calice. « Sai chi era proprio come te? » aggiunse dopo un po', sovrappensiero. « Richard Banks, il padre di Scarlett e Miley ».
A quel nome, Sirius soffocò, e James gli battè qualche pacca sulla schiena.
« Papà, ma che dici? » fece nel frattempo, rivolto al padre. « Zio Richard! E' la persona più diversa da Sirius che ci sia sulla terra ».
Lui scosse il capo con un sorrisetto. « Tu lo conosci come un uomo tutto d'un pezzo, distinto, in giacca e cravatta anche mentre dorme » scherzò, anche se era la verità, « ma a scuola era un'altra persona. Un vero latin lover, non puoi capire! A Hogwarts era il ragazzo più desiderato, con quei capelli ricciolini che tanto piacevano a tutte e quell'aria da bel tenebroso... e non si risparmiava in fatto di ragazze, per niente! »
James lo fissava ad occhi sgranati, sconvolto. Per tutta la vita, sin dalla nascita, si era abituato a un Richard piuttosto rigido, fermo sulle sue posizioni sempre e comunque, anche se molto affettuoso con le persone che gli stavano a cuore. Non riusciva a credere che in passato fosse stato così diverso.
« Partiva spedito, chiedeva di uscire alla ragazza prescelta, e lei accettava balbettando » continuò a raccontare Charlus, ormai preso dal suo stesso racconto. « Inoltre, era il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, il Caposcuola... il ragazzo più popolare, senza ombra di dubbio! Ti ricordi, cara? » domandò, rivolto alla moglie, che annuì con entusiasmo.
« E' proprio vero » confermò lei, sorridendo. « Non si fermava mai. Era uno studente modello, un Portiere eccezionale e un vero rubacuori. Gli insegnanti lo adoravano, le studentesse impazzivano per lui e i ragazzi lo invidiavano immensamente. Si parlava molto spesso di lui... ma poi è arrivata Charlotte ».
« Esatto! » esclamò Charlus, annuendo freneticamente, e James fissò lo sguardo nuovamente su di lui, rapito. « Verso la fine del sesto anno, ha cominciato a punzecchiare Charlotte. Lei era una ragazza con la testa sulle spalle, sempre sui libri, sempre educata. I ragazzi erano l'ultimo dei suoi pensieri, non faceva che studiare tutto il giorno, perché già allora sognava di diventare Guaritrice al San Mungo. E poi era timidissima, arrossiva ad ogni complimento e si portava sempre una mano sulla bocca quando rideva » raccontò, la voce carica d'affetto, perso tra i ricordi. « Io ho capito che a Richard piaceva, perché ero il suo migliore amico e non riusciva a nascondermi niente, il ragazzone... così gli ho detto di mettersi la testa a posto. Inutile dire che non mi ha ascoltato ».
Lui e Dorea si scambiarono un sorriso. Ricordare i vecchi tempi era sempre un piacere.
« E allora? » incalzò James, scocciato dal breve silenzio. « Continua, papà! »
« Oh » fece lui, riprendendosi. « Sì, dicevo... continuava a comportarsi da sciocco con lei. Le lanciava battutine piene di doppi sensi, ma lei andava in confusione e scappava via quando possibile. L'anno successivo, però, l'ho visto piuttosto agguerrito. Ha cominciato ad andarle dietro seriamente, quasi non le lasciava un attimo di pace, e a lei in fondo piaceva molto, perché riusciva a distrarla e a divertirla. Già, Richard ci sapeva fare con le ragazze » ricordò, ridendo sottovoce. « Eppure, guardava Charlotte in maniera speciale. Un giorno si fece coraggio e le chiese di uscire, ma lei entrò così nel pallone che disse di no senza neanche pensarci. Per lui fu un duro colpo e, al contrario di te, figliolo, gettò subito la spugna ».
James parve profondamente deluso e scosso, come se non conoscesse la fine della storia e si stesse preoccupando seriamente per le sorti di quella storia d'amore appassionante. Gli fece cenno di continuare, ansioso di ascoltare il lieto fine, e Charlus proseguì col suo racconto.
« Dopo un po', però » disse, riempiendosi nuovamente il calice, « Charlotte si rese conto di aver commesso una sciocchezza, e accadde l'incredibile ».
Si interruppe, e fu Dorea a prendere la parola. Sorrideva ancora. « E' vero » convenne. « Lei, così timida e chiusa, si fece forza e gli andò incontro dopo una partita di Quidditch... non ricordo cosa fosse accaduto, ma fu lei a chiedergli di uscire ».
James trattenne il fiato, portandosi entrambe le mani alla bocca, meravigliato dall'inaspettato colpo di scena.
« E già » fece Charlus, ridendo della reazione del figlio. « E uscirono... la prima volta andò benissimo, Richard era al settimo cielo... e da quella volta in poi presero a darsi appuntamento in riva al lago per passeggiare e chiacchierare, passeggiare e chiacchierare... Trascorse un mucchio di tempo prima che si decidessero a mettersi insieme davvero. Charlotte aveva un po' timore di lui, paura, forse, che la stesse prendendo solo in giro... ma alla fine riuscì a lasciarsi andare e decise di fidarsi. E oggi, direi che fece proprio un'ottima scelta, viste le due belle ragazzone che sono venute fuori! »
Ridacchiò, mentre James picchiava la testa sullo schienale della sedia, borbottando: « Assurdo... » ripetutamente. « E come ha fatto a diventare così? Insomma, adesso sembra zia Charlotte quella rilassata e sicura di sé... mentre lui è... insomma, tutto il contrario di com'era prima ».
Il padre annuì più volte. « E' come se si fossero un po' scambiati i ruoli » rispose, riflettendo. « Adesso è lei che lo punzecchia, di tanto in tanto, e lui ad andare in confusione. Charlotte è diventata scherzosa ed elastica, mentre lui si è irrigidito come un palo. E poi è iperprotettivo, per Merlino... capisco che con due figlie femmine sia naturale, ma lui esagera un po'. Ma tanto non mi ascolta neanche adesso che siamo vecchi » concluse infine, sospirando. Poi, più serio, si rivolse a Sirius e aggiunse: « Morale della favola, mio caro ragazzone: mai pensare che uno sciupafemmine non possa innamorarsi. Se trovi la tua ragazzona, non hai scampo ».
« Non hai scampo » fecero eco James e Remus in coro, sorridendo con aria malandrina.
Sirius li fissò senza batter ciglio, ma per fortuna Charlus riprese a parlare.
« A proposito » disse, illuminandosi all'improvviso, « come stanno quelle ragazzone? »
« Scarlett e Miley? » domandò James, e il padre annuì. « Benissimo! E, proprio come me, diventano più belle ogni giorno che passa. Non è vero, Sirius, Remus? » chiese agli amici, subdolo. « Sono belle, non credete? Su, dite la vostra, il mio parere non conta, sono di parte! »
Entrambi alzarono gli occhi al cielo e non risposero, ma Charlus si fece curioso.
« Voi siete amici delle ragazzone? » s'informò, addentando una fetta di pane imburrato. « Scarlett è del vostro stesso anno, la conoscerete bene ».
James annuì con vigore. « Sirius la conosce molto bene » confermò, sempre più malvagio. « Vero, Sirius? E' del tuo stesso anno! »
« Sì » sbuffò lui, scocciato. « La conosco. Quest'anno abbiamo... come dire... allargato un po' la comitiva, quindi sì, siamo... siamo... amici » concluse con una smorfia. "Amici" era la peggior definizione esistente per il rapporto che legava lui e Scarlett, ma non gli era venuto in mente altro.
« Remus invece ha legato molto con Miley, ultimamente » proseguì beffardo James, battendo una pacca sulla schiena dell'amico. « Diglielo, amico mio! »
Lui scansò il suo braccio, infastidito. « Mi dà una mano in Pozioni » rispose, evasivo.
« Oh, ma certo! » esclamò Charlus. « Lei è un fenomeno in Pozioni! Anche Charlotte era eccezionale in quel campo... eh, già... »
Continuò a borbottare mentre Dorea serviva a tutti una generosa fetta di torta alla melassa e, quando finirono di cenare, si massaggiò lo stomaco.
« La mia bella moglie è la cuoca migliore del mondo » commentò con affetto, e lei gli battè una mano sulla spalla per ringraziarlo.
« Mamma, dammi il resto della torta! » saltò su James, la forchetta stretta in pugno come un'arma impropria.
Per tutta risposta, la madre agitò la bacchetta e la fece adagiare sul piano da cucina.
« Ne hai mangiate tre fette, James » rispose, secca. « Lo sai che il cacao ti fa star male. Una volta ho dovuto portarti con me in ospedale ».
Lui borbottò qualcosa di indistinto, infastidito, e incrociò le braccia al petto, offeso come un bambino di cinque anni.
« Dorea, a me invece ne dai un'altra fetta, vero? » fece Sirius, sorridendo angelico. « Sono denutrito, lo dici sempre anche tu ».
La donna ricambiò il sorriso. « A te sì, Sirius caro » disse, porgendogliela.
Gli occhi di James si dilatarono per la delusione, e il suo viso divenne così dolce che Dorea preferì voltargli le spalle.
« Lo faccio per te, tesoro » rispose, dispiaciuta. « Ho già parecchio da fare al San Mungo, risparmiami almeno un paziente ».
Lui annuì, intristito. « Va bene, mamma » mormorò, mentre Sirius mangiava felicemente la sua torta.
Gli mollò un potente colpo sulla nuca per vendicarsi dell'oltraggio subito, e lui rispose con un calcio ben assestato sugli stinchi. James non si lasciò sopraffare e lo colpì con un pugno sul braccio. Il litigio prese una brutta piega e si trasformò in una muta rissa improvvisata.
« RAGAZZI! » tuonò Dorea scandalizzata, prendendoli entrambi per la collottola e allontanandoli l'uno dall'altro. « Ma insomma, quanti anni avete? »
« Pochi » rispose mestamente Remus, scuotendo il capo. « Davvero troppo pochi ».
La donna annuì, fin troppo d'accordo, e li lasciò andare, uscendo dalla cucina con aria impettita e borbottando tra i denti parole indistinte.
Il marito si assicurò che fosse sparita al piano di sopra, poi scattò a sedere e si diresse verso il piano da cucina.
« Vieni, ragazzone » disse in tono concitato al figlio. « Non esagerare, però ».
James si armò di coltello e tagliò una sottilissima fetta di torta, duplicandola più di una volta con un rapido incantesimo per renderla di dimensioni accettabili, poi mangiò il più velocemente possibile.
« Grazie, papà » mormorò al padre. « Ci sono tracce di cioccolato? »
« Nessuna » lo tranquillizzò lui, annuendo come a dar conferma delle sue parole.
Uscirono dalla cucina insieme a Remus e Sirius, che ridevano, e si accomodarono in salotto, dove Charlus era solito bere un bicchierino prima di dormire.
« Dov'è il brandy, tesoro? » domandò alla moglie, ricercando fra i vari sportelli.
« L'ho nascosto » rispose lei, riemergendo dalle scale. « Chiedi a Sirius perché ».
Ma il ragazzo era fermo accanto all'entrata del salotto, fissando qualcosa che inizialmente gli era sfuggito.
« Cos'è quello? » domandò con voce sepolcrale indicando l'enorme albero di Natale all'angolo della stanza.
Dorea seguì il suo sguardo, poi tornò a fissare lui. « L'albero di Natale, Sirius caro » rispose con ovvietà.
« Ma... » balbettò lui, incredulo e profondamente addolorato. « Ma dovevo addobbarlo io! E' compito mio mettere le decorazioni! Perché non mi avete aspettato? »
« Io avrei voluto » rispose la donna, sinceramente dispiaciuta. « So quanto ti piace addobbare l'albero, ma Charlus non ha voluto aspettare ».
« Colpa mia, ragazzone » fece l'uomo, una mano sul petto. « Mi dispiace, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione ».
Questo non bastò a far calmare Sirius, che si lasciò cadere sulla poltrona libera, infuriato.
« Questo non avresti dovuto farmelo, Charlus » disse, più serio che mai. « E' un affronto a me, che sono l'addetto alle decorazioni, e al mio lavoro ».
Il padre parve affranto. « Devi perdonarmi, figliolo » lo pregò. « Domani avrò la giornata libera, fortunatamente, perciò butteremo giù tutto e potrai rifare tutto da solo. Sei contento? »
Lui bofonchiò qualcosa e sollevò le spalle, cercando di mostrare ancora un certo risentimento.
« D'accordo » disse infine, mantenendo comunque un tono distaccato e scivolando sulla poltrona alla ricerca di una posizione comoda.
Charlus ridacchiò divertito e si sporse per dargli uno scalpellotto sulla nuca.
« Hai lavorato molto ultimamente, papà? » domandò James dopo un po' con aria seria, raggomitolandosi sul divano.
Il padre annuì e bevve un sorso del brandy che la moglie gli porgeva, guardandola mentre prendeva posto accanto a lui e James sul divano.
« Come sempre, in questo periodo » rispose stancamente. « Non esiste lavoro extra, non esistono pagamenti speciali... ormai lavoriamo tutti notte e giorno e nessuno osa lamentarsi. Non so neanche come sia riuscito a liberarmi per domani. Potrebbero anche richiamarmi al lavoro e non fiaterei ».
Charlus, infatti, lavorava al dipartimento Auror al Ministero della Magia da quasi trentacinque anni. Anche per questo James aveva iniziato ad aspirare a quella carriera sin da piccolo, perché suo padre era sempre stato per lui un modello da seguire e i suoi racconti lo avevano sempre affascinato. Vedere la passione con cui Charlus affrontava il suo lavoro lo aveva inconsciamente spinto verso la stessa direzione e, giunto ormai al momento di decidere cosa fare da grande, era più convinto che mai a seguire le sue orme.
« E quell'impiegato dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia? Non è stato ancora ritrovato? » chiese ancora, curioso.
« No » rispose il padre, scuotendo il capo. « E' sparito più di un mese fa e... la verità è che non sappiamo che pesci prendere ».
Premette nuovamente le labbra sul vetro del suo calice e lo vuotò in un sorso.
« Al Ministero aleggia uno stato di confusione mai visto prima » proseguì in tono grave. « Il Ministro non si fa vedere, nessuno ha la minima idea di cosa fare e la gente continua a scomparirci sotto il naso, senza lasciare traccia... è un inferno. Perdipiù, nessuno sembra capace di prendere in mano le redini della situazione, men che meno il Ministro, che si ostina a voler fare tutto il contrario di quel che Silente suggerisce ».
Diede in un altro sospiro affaticato, e la moglie gli poggiò una mano sul ginocchio.
« Ma fammi capire » fece James, raddrizzandosi contro lo schienale del divano, « il Ministro non sa realmente cosa fare o vuole solo cercare di creare una sorta di pace apparente per non far sapere al mondo magico che cosa sta succedendo? »
Charlus soppesò la domanda per qualche secondo. « Beh » disse poi, « in realtà, un po' entrambe le cose. Da una parte, la situazione è veramente difficile e tenere tutto sotto controllo diventa davvero un'impresa. Dall'altra, però, non si può non notare che il Ministero abbia di fatto scelto una linea morbida, per così dire, preferendo mettere a tacere e tranquillizzare tutti piuttosto che informare e preparare il mondo magico a una possibile guerra ».
« In più, credo ci sia anche chi preferisce non vedere » intervenne Sirius, riflettendo. « Non a tutti piace l'idea di essere in pericolo ».
« Esatto » convenne subito Charlus. « L'atteggiamento generale è proprio questo. Negare, negare fino alla morte, visto che vivere nell'ignoranza è molto più comodo. E questo non può che fare gioco al Ministero ».
Tacquero qualche secondo, poi fu Remus a parlare.
« E all'interno del Dipartimento Auror com'è la situazione, invece? » domandò, cercando di capire. « Anche lì si tende a far finta di non sapere o c'è una maggiore consapevolezza? »
« Noi Auror ci siamo dentro fino al collo, Remus, è difficile far finta di niente » rispose, massaggiandosi le tempie. « E' tutta gente di esperienza, sanno tutti contro chi stiamo combattendo e quanto è grave la situazione attuale. Non ti nascondo che anche tra di noi, però, qualcuno fa lo gnorri e parla di "incidenti occasionali", "sparizioni misteriose" e "uccisioni isolate", ma è chiaro che è solo una copertura, sanno tutti bene chi c'è dietro. Uno dei più attivi in questo senso è Alastor Moody, il migliore dei nostri ».
« Ah, sì, Moody » intervenne James, annuendo ripetutamente. « E' venuto a scuola per l'orientamento professionale. Ricordo che me ne avevi parlato, ma non lo avevo mai visto di persona. E'... è davvero assurdo! »
Charlus sorrise. « Già » rispose, annuendo. « Il vecchio Alastor è tosto ».
« E si vede! » commentò Sirius, che ancora ricordava le numerose cicatrici che deformavano il suo volto, l'occhio roteante e la sua aria arcigna.
« Sì, beh, è un po' inquietante nell'aspetto » ammise l'uomo, mentre Dorea sorrideva, « ma sa il fatto suo ed è capace come nessuno. E' grazie alla sua guida che il nostro Dipartimento continua a funzionare anche in questo caos generale, per quanto possibile ».
Calò nuovamente il silenzio. Ognuno era perso nei propri pensieri.
« Sono tempi bui, ragazzi » riprese nuovamente Charlus, sollevando lo sguardo da terra. « Sono tempi molto, molto bui e duri, e il mondo magico si prepara a qualcosa di oscuro. Per questo vi consiglio di godervi appieno questi ultimi mesi di scuola » proseguì, guardando fisso negli occhi i tre ragazzi, « perché saranno gli ultimi in cui potrete vivere in totale gioia e spensieratezza ».
Loro annuirono lentamente, fin troppo consapevoli del fatto che Charlus avesse pienamente ragione, vista la loro scelta di unirsi all'Ordine della Fenice non appena fossero usciti da Hogwarts. Avevano fatto i conti con quella realtà, decidendo di affrontarla comunque, quindi gli avvertimenti appena ricevuti non erano altro che nuove conferme del mondo che li attendeva lì fuori di lì a poco.
« Ma ora basta con questi discorsi tristi! » saltò su Charlus, incapace di trattenere un sorriso per troppo tempo. « Proprio in questi momenti capisco che ho tutto quello che mi serve. Mia moglie è qui al mio fianco » e battè un colpo sulla gamba di Dorea, che sorrise radiosa, « i miei ragazzoni sono tornati » e qui guardò i figli e Remus con palese affetto, « e passeremo un felice Natale tutti insieme. Che posso volere di più? » 
Si alzò dal divano, pimpante e gioioso, e si rivolse al figlio.
« Avanti, James, da' un abbraccio al tuo vecchio, così vado a letto contento » gli disse, spalancando le braccia.
James scoppiò a ridere e si alzò per abbracciarlo.
« Bravo il mio figliolo! » fece il padre, felice. « Domani, mentre Sirius addobba l'albero, io, tu e Remus ce ne andiamo a fare un bel giretto a Diagon Alley, così io compro il regalo di Natale per tua madre e voi... »
« E no, Charlus! » lo interruppe subito Sirius, contrariato. « A Diagon Alley ci vengo anch'io, non fare storie! »
Lui scoppiò in una fragorosa risata e diede un colpetto sulla nuca al ragazzo.
« Ci sei cascato, ragazzone! » ribattè, divertito. « Ci andremo quando finirai con le tue cianfrusaglie natalizie, è ovvio! »
Anche lui rise, mentre Charlus si avvicinava alla porta, augurando la buonanotte ai ragazzi.
« Anch'io vado a dormire » disse Dorea, afferrando il bicchiere che il marito aveva lasciato sul tavolinetto. « Domani mattina sono di turno in ospedale, quindi finisco in cucina e corro a letto. Mi raccomando, non fate troppo tardi e niente baccano, intesi? »
James le si avvicinò e le cinse la vita con le braccia, scoccandole un dolce bacio sulla guancia.
« Promesso, mon amour » rispose, tenendola stretta.
Lei, per tutta risposta, gli diede un affettuoso buffetto sulla guancia.
« Buonanotte, ragazzi » disse, allontanandosi.
Loro ricambiarono il saluto, e Sirius azzardò un: « Buonanotte, Dory » che la fece voltare indispettita. I tre rimasero in salotto, rilassati, ma proprio mentre James si risistemava comodo sul divano, distendendosi in tutta la sua lunghezza, un urlo proveniente dalla cucina sferzò l'aria.
« JAMES CHARLUS POTTER, METTI DI NUOVO LE MANI SULLA MIA TORTA E A QUIDDITCH POTRAI GIOCARCI CON I PIEDI! »









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, tutti quanti? Procede bene la vita?
Bene, ecco il primo vero capitolo natalizio, piuttosto tranquillo, credo, ma spero non vi dispiaccia troppo.
Vediamo cosa c'è da spiegare. Mmm... allora, ovviamente torneremo presto sull'argomento Lily-Petunia. Come vedete, le cose vanno malissimo tra le due sorelle, una rottura davvero insanabile, come noi ben sappiamo. I signori Evans, però, amano Lily per ciò che è e le stanno vicini, com'è giusto che sia.
Poi c'è la parentesi Sirius-Tormentato-Black. Allora, non è stato un attacco di follia immotivato, ma una serie di emozioni accumulate e mai rivelate che lo hanno fatto scoppiare. E quando il mio Sirius scoppia, comincia a urlare cose del tutto prive di senso, ma che comunque pensa, e non si tiene nulla per sé, come invece fa praticamente ogni giorno della sua vita. Quindi gli incomprensibili sentimenti verso Scarlett, così inaspettati, la sua convinzione che quella casa non gli appartenga davvero, di non avere una famiglia, la paura che tutto finisca, con la guerra che divide anche le amicizie più solide... insomma, mille cose che lo turbano e lo rendono insofferente. Per fortuna, però, Remus e James riescono a calmarlo davvero e a schiarirgli le idee.
E poi, beh... ecco tutti i genitori. Spero vi piaccia come sono nella mia mente, ma ne parleremo meglio con l'avanzare del Natale.
Non so se avevo altro da dire, ma se ci fosse qualcosa di poco chiaro, come sempre, chiedetemi tutto ciò che vi passa per la testa.
Adesso cosa abbiamo? Oh, ecco un quadretto di tutti i genitori! 
http://oi50.tinypic.com/jg6vph.jpg. Avevamo detto che Charlotte era la madre di Nina Dobrev e che Sally Field era Dorea. Bene, Richard è Colin Firth, Charlus Dustin Hoffman, Jack David Duchovny, mentre Caroline Julianne Moore.

Detto questo, passo ai ringraziamenti! Oh, ma miseriaccia, vi rendete conto che siamo per raggiungere le 500 recensioni? E siamo solo al ventiduesimo capitolo! Stento a crederci! E non ho parole per ringraziare le ventisette meravigliose persone che mi hanno lasciato dei commenti... grazie infinite di cuore!
E un grazie enorme anche ai 133 delle preferite, ai 37 delle ricordate e ai 180 delle seguite... grazie mille!
Beh, adesso mi dileguo. Un bacio grande grande a tutti voi, vi abbraccio forte... grazie ancora!


Simona_Lupin
   
 
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