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Autore: SonLinaChan    17/03/2007    9 recensioni
Dopo la caduta della barriera e la sconfitta di Darkstar, Lina, Gourry, Amelia e Zelgadiss sono tornati alle proprie vite, ed il continente ad una apparente calma... ma gli equilibri del mondo al di qua della barriera sembrano destinati ad essere scossi, da una micaccia che si profila ai confini del regno di Sailune...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Philionel, Amelia, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una mattina d’inverno fredda e serena

Era una mattina d’inverno fredda e serena. Una di quelle giornate in cui il cielo terso, dalle mura del palazzo, permetteva di estendere lo sguardo per chilometri e chilometri sul mondo circostante, fino alla linea dell’orizzonte.

Il palazzo di Sailune, nella luce piena del giorno, aveva un aspetto vagamente spettrale. Un’ombra, o forse lo scheletro della reggia imponente e maestosa che era stato in passato. Intere aree non erano ancora agibili, i segni del fuoco dominavano ovunque, e il tempio e gli alloggi dei sacerdoti erano ridotti ad un indistinto cumulo di macerie. Tuttavia, nel breve mese trascorso fra la caduta di Oberon e quel giorno, i costruttori e i servitori del castello avevano compiuto una specie di miracolo, per permettere alla costruzione sventrata di accogliere la folla che quel giorno si ammucchiava nei suoi cortili…

Eravamo in piedi, ai lati del lungo viale che, inerpicandosi lungo una dolce salita, conduceva agli ingressi principali del palazzo… Tradizionalmente, era in quel luogo, all’esterno delle bianche pareti del tempio, che si svolgeva il momento centrale delle cerimonie di incoronazione nel palazzo di Sailune… era lì che in un remoto passato il primo sovrano della famiglia di Philionel aveva ricevuto l’investitura da parte da parte dei lord suoi alleati, dopo che alla loro guida aveva sconfitto l’alleanza di regni minori che minacciava il regno…

Secondo la consuetudine, a quel rito avrebbe dovuto precedere la benedizione da parte dei sacerdoti all’interno del tempio… tuttavia, non era stato possibile attendere sino alla ricostruzione dell’edificio. Sailune aveva bisogno di un sovrano, e ne aveva bisogno in quel momento. L’urgenza della stabilizzazione della pace rendeva necessario, per la popolazione e per i Lord, un saldo punto di riferimento…

Per questo, un altare era stato improvvisato all’esterno, dove il gran sacerdote, un uomo pallido e smunto, dalle lunghe gambe e dal viso affusolato, aveva cosparso dell’acqua sacra di Cheipied il capo del neo sovrano… Ed ora, i capelli ancora umidi che luccicavano al freddo sole invernale, quest’ultimo stava procedendo, come la consuetudine del regno voleva, all’investitura dei suoi lord… I vassalli più potenti, uniti, avevano una forza pari, se non superiore a quella del re stesso. Il patto di fiducia che Philionel avrebbe stipulato con ciascuno di loro costituiva dunque una garanzia fondamentale per il mantenimento della pace in futuro… Per questo una silenziosa tensione attraversava l’aria, mentre una lunga processione di Lord, provenienti da ogni parte del regno, sfilava dal fondo del giardino fino alle gradinate che salivano verso i portali… lì Phil li riceveva, in piedi, avvolto nell’armatura e nella cappa bianca con lo stemma di Sailune, semplici e allo stesso tempo solenni, che lo distinguevano, fra loro, come primo fra i pari.

In quel momento, un lord dai capelli bruni e dallo sguardo arcigno si accingeva a prestare il suo omaggio al sovrano. Giunto al cospetto dell’imponente figura di Philionel, in un sommesso fruscio della sua cappa verde chiaro, il nobile pose un ginocchio al suolo, e, dopo un istante di silenziosa riverenza, pronunciò a voce alta e chiara le parole del giuramento.

“Sottometto la mia autorità al bene di Sailune.”

Philionel chinò il capo, e ripeté. “Sottometto la mia autorità al bene di Sailune.”

Il Gran Sacerdote si avvicinò al sovrano, e consegnò nelle sue mani una piccola scatola di legno, con ricchi intarsi. Philionel la tenne stretta per un momento, quindi la passò nelle dita del nobile, con fare solenne. “Autorità è dovere.” Sanzionò.

“Autorità è dovere.” Confermò il lord, stringendola fra le mani.

Amelia mi aveva spiegato il significato di quei gesti. La scatola conteneva alcuni grammi di terra benedetta, raccolti nel giardino sacro a Cheiphied, che si trovava all’interno del palazzo… il legno simboleggiava le radici, il legame del vassallo con il regno e la dinastia regnante, la terra benedetta la delega che Philionel faceva dei propri poteri su parte del territorio sotto la sua giurisdizione, compiuta sotto gli occhi e con il consenso degli dei… La popolazione di Sailune, che assisteva da lontano, sembrava non stancarsi mai di osservare con mormorii di approvazione il momento del passaggio, uno dei più sacri nella ritualità della corte… Persone ciniche come me potevano anche pensare che gli dei avessero ben altre preoccupazioni che badare alle nostre vicende da umani, ma a Sailune, in generale, certe credenze erano molto sentite… e la stessa Amelia, quella mattina, mi aveva confessato di essere felice del sole che splendeva, pur pallido e freddo, sulla cerimonia di incoronazione… fra la popolazione del suo regno viveva, silenziosa ma mai sopita, la convinzione che una incoronazione baciata dai raggi solari fosse una incoronazione benvoluta da Cheiphied…

Lanciai uno sguardo alla principessa. Si trovava in piedi alle spalle del gran sacerdote, avvolta in un lungo abito bianco coperto da un pesante mantello di lana, e sembrava non risentire né del freddo né della stanchezza. Il suo sguardo era fisso su Philionel, emozionato, vagamente commosso. Gourry, Zel ed io osservavamo a pochi metri di distanza, ma con capacità di dissimulazione molto inferiore… nessuno di noi poteva impedirsi di strofinare vigorosamente le mani al di sotto del mantello, o di spostare ripetutamente il peso da una gamba all’altra, come del resto buona parte degli astanti, prostrati e infreddoliti dalla lunga attesa. E la realtà era che non avevamo ancora veramente avuto modo di riposarci, dopo la dura battaglia… mentre gli armati continuavano a combattere, qua e là nel regno, laddove i focolai di lotta non si erano ancora spenti, noi avevamo fatto ritorno insieme alla principessa e a suo padre nella capitale, dove il panorama che ci aveva accolti era stato di devastazione e desolazione… Philionel aveva chiesto a me e a Zelgadiss di aiutare i bibliotecari a recuperare e catalogare quanto del patrimonio di conoscenza accumulato nella città non era andato perduto nel corso del saccheggio alla città… un compito che avevo accettato non senza entusiasmo, perché mi aveva permesso di mettere mano ad un sapere che nell’ansia della ricostruzione mi sarebbe stato altrimenti inaccessibile, e che in quel momento mi appariva vitale, di fronte ai mille dubbi che ancora attanagliavano la mia mente… Gourry, per contro, si era offerto di dare una mano a riorganizzare le truppe poste a difesa della capitale… Sembrava tornato al suo vecchio sé, ora, forse soltanto un po’ più stanco e un po’ meno sicuro di se stesso. Ma questo valeva per tutti, e confidavo che il tempo avrebbe vi portato rimedio, per quanto lento questo processo avrebbe potuto rivelarsi…

 

Non ricordavo molto dell’epilogo della battaglia, consumatosi qualche settimana prima. Anzi, forse sarebbe più corretto dire che tutto ciò che conoscevo mi era stato riferito da Gourry e dagli altri, dopo che avevo ripreso conoscenza…

Oberon era morto. O meglio, aveva voluto morire. Stando a quanto mi aveva raccontato Philionel, semplicemente non si era arreso alla carica dei suoi uomini, costringendoli a non avere altra scelta che ucciderlo… e il neo sovrano di Sailune non mi era parso soddisfatto di questa soluzione. Lo comprendevo. Ciò che Philionel avrebbe voluto era un comandante sconfitto, prigioniero e costretto a ordinare l’arresto alle proprie truppe. Morendo in battaglia, invece, Oberon si era di fatto trasformato in un martire e in un eroe… forse più per impulso che per scelta deliberata… Amelia aveva descritto Oberon come un uomo controllato, addirittura cortese, a tratti, ma se Elmerish mi aveva espresso sentimenti che erano comuni anche al suo comandante, dietro la sua apparenza fredda il nostro nemico doveva aver covato una rabbia intensa e profonda nei confronti di Sailune, forse la vera ragione della sua alleanza con i demoni… una rabbia che aveva reso preferibile per lui la morte alla prigionia. Ed ora erano molte le persone che, probabilmente mosse da sentimenti simili, stavano seguendo il suo esempio, opponendo, ai confini del regno, una resistenza che rendeva ancora più penosa la situazione per le popolazioni locali, già prostrate dai mesi di guerra… i malumori erano mal celati fra più di uno dei lord sottoposti a Philionel, e alcuni, fra quelli più periferici, non si erano nemmeno presentati all’incoronazione. Avevo incrociato Leonard fra la folla, e il comandante mi aveva rivolto uno stanco sorriso, dicendosi felice di vedermi sana e salva. Tuttavia, avevo l’impressione che dietro quei modi pacati l’anima del conte gridasse, come quella di molti dei presenti, come quella di chiunque avesse perso qualcosa di importante, nel corso di quel combattimento. Io stessa, pur uscendo come una delle più fortunate da quella vicenda, a tratti ancora non credevo che tutto stesse lentamente giungendo ad una conclusione… certe notti mi svegliavo in preda all’ansia, convinta di essere in una delle calde celle di Ulan Bator, o persa nella desolazione del deserto… Philionel avrebbe dovuto ricucire quelle ferite, placare gli animi, cementare le sue alleanze, con pazienza. Ed ero convinta che quel compito avrebbe impegnato le sue giornate nel corso di molti degli anni a venire…

 

“Philionel El Di Sailune.”

La voce profonda del gran sacerdote, quasi troppo imperiosa per la sua figura esile, mi risvegliò dalle mie riflessioni. Levai lo sguardo su Phil. Il lungo corteo aveva terminato di sfilare. Il sovrano ora volgeva le spalle al gruppo dei nobili, e guardava verso il palazzo, in direzione del suo esatto centro, dove, invisibile ai nostri occhi, la statua di Cheiphied dominava il giardino sacro…

“Inginocchiati di fronte alle responsabilità che ti attendono.”

Philionel obbedì. Quasi crollò al suolo, nel suo piegarsi pesantemente sotto vesti ed armatura, per dimostrare la sua devozione al regno. Non lo invidiavo. I miei piedi erano informicoliti per il freddo, e quasi non sentivo più i miei arti, dopo la lunga immobilità. In quelle condizioni, anche inginocchiarsi era un’ardua impresa…

“Giuri di servire il regno? Giuri di esercitare il tuo ruolo di garante della stabilità e dell’armonia di queste terre, annullando te stesso nel sacro compito che ti viene assegnato?” La voce del sacerdote risuonò, grave.

“Lo giuro.” Confermò Philionel, non permettendo alla fatica di trapelare dalle sue parole…

“Giuri di rispettare le leggi tramandate dai nostri avi, e di impegnarti perché la legittimità della tua autorità non possa mai essere messa in discussione?”

“Lo giuro.”

“Giuri di rispettare il Concilio e la Gilda dei Sacerdoti, di appellarti al parere del dio, di riconoscere l’autorità dei tuoi vassalli e consiglieri, di non essere mosso dalla vana brama di concentrare il potere nelle tue mani?”

“Lo giuro.”

“China il capo, Philionel El Di Sailune.”

Philionel, che fino a quel momento aveva mantenuto lo sguardo fisso di fronte a sé, obbedì con reverenza. Il gran sacerdote fece un passo verso di lui, e sollevò la corona.

“Con questo, ti incorono, Philionel El Di Sailune. Sovrano di Sailune, sedicesimo della tua stirpe, illuminato dalla gloria degli avi e di Cheiphied.” Sentii la folla fremere, mentre il religioso poneva la corona sul capo del nuovo re. “Puoi alzarti, mio re.” Concluse il sacerdote, con un breve inchino.

Philionel si levò in piedi, e finalmente, liberatorio, un boato attraversò gli astanti. Grida e applausi si levarono ovunque, oscurando il silenzio dei pochi che scelsero di non acclamare.

Philionel si volse, il volto commosso, e salutò i suoi nuovi sudditi. Le urla si alzarono, si fecero più festose, stordendoci in un fiume di euforia. Avvertii un tocco sulla mano e mi volsi, incontrando il sorriso di Gourry, mentre le sue dita si intrecciavano alle mie. Ricambiai sorriso e stretta, senza dire una parola. Era il modo migliore che conoscessi per condividere quel momento. Il nostro silenzio sovrastava quelle grida assordanti, il calore delle nostre mani era sufficiente a trasmetterci il reciproco senso di sollievo portato da quel nuovo inizio…

La folla, grata che l’attesa fosse finita, prese lentamente a sciamare verso l’ingresso del palazzo, dove i servitori erano pronti ad accoglierla. Un ricco banchetto era stato allestito per l’occasione, non opulento come in altre circostanze sarebbe stato, ma degno del significato che tutti, a corte, volevano che quella giornata rivestisse. Il nostro piccolo gruppo si accodò direttamente a quello del sovrano, e un po’ a fatica riuscimmo a raggiungere Amelia, che ci attendeva sul fondo della gradinata. La principessa era radiosa, le gote rosse per il freddo che ridavano vita e colore al suo viso, irriconoscibile rispetto a quello del fantasma pallido che ci si era presentato nella roccaforte di Oberon, solo un mese prima. Mi si rivolse, eccitata, travolgendomi con foga tale che rischiai di perdere la presa sulla mano di Gourry. “Mio padre è stato fiero e bellissimo, non trovate anche voi???” Chiese, l’espressione sognante. “Il nonno sarebbe stato assolutamente fiero di lui!”

Noi tre ci scambiammo un’occhiata divertita, avvezzi a quei modi, e al tempo stesso sollevati di vederli tornare alla luce. Anche Amelia era stata tesa, nel corso di quel mese, ed era apparsa stanca… ma la prospettiva prima, e ora la realizzazione dell’incoronazione di suo padre parevano averle regalato nuovamente il suo entusiasmo…

“Spero solo che il banchetto sia degno di tutta la pompa a cui siamo stati costretti…” Mi lagnai. “Non mi sento più le gambe, e credo che se non addenterò qualcosa entro mezz’ora finirò per prendere Gourry a morsi…”

“Non è detto che me ne lamenterei.” Commentò Gourry, con un filo di voce. Si guadagnò una gomitata nel costato.

Ci avviammo nel sala grande all’ingresso del palazzo, che per l’occasione era stata adibita a sala da pranzo… solo la stanza riservata ai pasti della famiglia reale era stata restaurata, e quella in cui normalmente si tenevano banchetti e balli era ancora invasa dalle macerie e dalla polvere, e non in grado di ospitare il nutrito gruppo di nobili che era stato invitato a prendere parte ai combattimenti… L’ambiente era comunque accogliente, per quanto il solitario focolare che campeggiava lungo le sue ampie pareti non fosse sufficiente a scaldarlo… e non dubitavo che la massa di persone che lo stava velocemente riempiendo, unita agli effetti benefici del vino, avrebbe presto sopperito a quel problema…

I nobili si accomodarono lentamente ai lati del lungo tavolo, mentre a capotavola, sullo scranno del re, Philionel si abbandonò con fare stanco, rilasciando la tensione di quella lunga mattinata. Amelia si sedette al suo fianco, insieme a Cristopher e Laudreck, e non ci sistemammo vicino a lei, accerchiati dalle figure austere della guardia reale, che avrebbero vegliato sul nuovo sovrano lungo tutta la durata del banchetto… feci scorrere lo sguardo sulle loro espressioni severe, e improvvisamente sentii di avere ben poco di che lamentarmi… io avrei avuto presto modo di ristorarmi, mentre per loro, così come per i servitori adibiti al banchetto, la mattinata sarebbe stata ancora lunga…

Presto, le portate e le bevande cominciarono a fluire verso il tavolo, con munifica abbondanza … antipasti di carne cotta e pestata nel mortaio e spesse tartine imburrate furono seguiti da zuppe multicolore, realizzate con sedici diversi tipi di verdure, in onore del nuovo sovrano… seguirono le portate di carne e di pesce, che rendevano omaggio alle tradizioni culinarie delle più disparate regioni, all’interno dei confini del regno e oltre… riconobbi il pesce salato delle coste settentrionali, e la carne con la marmellata di mirtilli che associavo alla mia infanzia… il suo sapore mi riportò per un momento agli inverni di Zephilia, ai rilievi coperti di neve attorno alla città, al calore e agli odori della cucina della mia casa natale, e la nostalgia mi catturò… casa… sentivo che la mia sete per i viaggi, nonostante tutto, non si era ancora estinta… ma dopo tutto quello che era successo, quella parola assumeva un suono particolarmente dolce…

Quando giunsero i formaggi e i dolci, persino il mio stomaco normalmente pronto a tutto cominciava a sentirsi provato… e l’abbondanza del cibo era stata tale che per una volta io e Gourry non avevamo nemmeno avvertito la tentazione di litigarci le portate…

Mi poggiai allo schienale della sedia, sazia, e vagamente ubriaca. Gourry mi imitò, chiudendo gli occhi e poggiandosi le mani sullo stomaco. “Credo che non potrò muovermi di qui per ore.” Mormorò.

Amelia ridacchiò, distogliendo per un momento l’attenzione dal padre. “Non dire così, Gourry- san… fra poco ci sarà il ballo, è tradizione che tutti gli invitati alla cena partecipino.”

Zel, al nostro fianco, levò un sopracciglio, con fare esasperato. “Non potremmo, in quanto scorta personale di Phil, scampare a questo strazio?” In effetti, dubitavo che per qualsiasi dama sarebbe stato semplice trattare con un ballerino che avrebbe potuto spezzarle un piede calpestandolo…

Amelia si limitò a ridere, a quel commento. “Per dirla tutta, credo che mio padre sia troppo frastornato per accorgersi realmente di chi gli renderà onore attraverso la danza.” Ci lanciò un’occhiata. “Avete tutti l’aria stanca… Lina –san, ieri non avrai passato ancora tutto il giorno sui libri?”

Incrociai le braccia al petto. “Mi sembra ovvio. Ti ricordo che non c’è ancora nulla di chiaro in questa faccenda.”

Avevamo ritrovato la spada di Gourry, ai piedi del mastio, là dove la aveva abbandonata. Nessuno aveva voluto o era riuscito a portarla via prima di noi… ora, era conservata in una teca all’interno del tempio, in attesa che il mio compagno decidesse cosa farne… io sarei stata propensa a distruggerla, ma l’atteggiamento dello spadaccino pareva ancora stranamente ambivalente, e avevo l’impressione che si sarebbe limitato a lasciarla in mano ai sacerdoti di Sailune, rimettendola ai loro studi di magia bianca… di sicuro, Gourry si era rifiutato di toccarla di nuovo… mi aveva confessato che l’idea lo intimoriva, come se temesse, dopo averlo fatto, di non potersene nuovamente separare…

Non gli avevo posto troppe domande su come fosse giunto a padroneggiare l’arma, perché lo spadaccino sembrava poco incline a discuterne… Gourry, però, mi aveva spontaneamente raccontato la storia che ad essa era legata, così come Ainos gliela aveva rivelata… era proprio incentrando le mie ricerche sulle vicende legate al re Rama, che erano già state oggetto dei miei studi quando ancora ero apprendista, che ero giunta a recuperare qualche informazione in più sul funzionamento di quell’arma. E grazie a quelle informazioni, ero giunta alla conclusione che Sleen non mi avesse mentito. Era plausibile che le creature servitrici di Cheiphied la avessero creata perché un umano di grandi capacità potesse maneggiarla contro i loro avversari demoniaci, ed era plausibile che la avessero consegnata a Rama, grande spadaccino, e mosso dall’interesse di difendere le sue terre all’estremo nord, minacciate direttamente, prima del sorgere della barriera, dalla presenza incombente della penisola dei demoni… gli esseri sovrannaturali avevano più di una volta dimostrato di essere disposti, in situazioni di incertezza, a coinvolgere gli umani nelle loro personali vicende, io stessa ne ero la dimostrazione… Ero incerta, però, su quanto di magico ci fosse negli effetti della spada… evidentemente, impugnarla fortificava allo stesso tempo corpo e mente… una capacità di guarigione fuori dal normale si accompagnava in chi la imbracciava ad un assoluto sprezzo del dolore, e della morte, così come di qualsiasi remora nel corso del combattimento… Ma avevo letto quale addestramento comportasse l’utilizzo dell’arma, e avevo testato con mano cosa significasse impugnarla… ed ero convinta che almeno in parte questi fattori comportassero quello strano stato di coscienza alterata che l’uso dell’arma sembrava generare… Abituarsi al dolore era pericoloso… il dolore era un segnale, era uno strumento per comprendere i limiti del proprio corpo… e mi chiedevo quanto Ainos avesse giocato a spingere Gourry fino a superare quei limiti, perché lo spadaccino sembrava dimenticarsi di se stesso, mentre combatteva con quell’arma… ero sempre stata consapevole delle sue capacità, ma vedere come era in grado di muoversi quando era privo del controllo della sua coscienza mi aveva fatto realmente comprendere ciò che sarebbe stato in grado di fare, se non fosse stato la persona dolce e buona che da sempre conoscevo…

“Bé, anche scoprire informazioni ora non cambierebbe molto, no?” Gourry mi prese nuovamente la mano, al di sotto del tavolo, e mi apostrofò in tono allegro.

Gli rivolsi un’occhiata scettica. “Suppongo che sarebbe inutile parlarti del piacere di soddisfare la propria curiosità, vero?”

“Talvolta i dubbi sono meglio delle risposte.” Commentò acidamente Zelgadiss. “Ad ogni modo sì, sarebbe interessante capire perché un’arma da cui fino ad un momento prima eri ossessionato improvvisamente è diventata talmente irrilevante da mollarmela in mano a quel modo…”

Avevo l’impressione che Zel non avesse ancora del tutto superato lo smacco per essere stato imbrogliato da Gourry e avere subito suo malgrado gli effetti della spada…

“Ma è ovvio, no?” Intervenne Amelia, l’aria sognante. “Il suo attaccamento a Lina ha superato ogni altra cosa e lo ha portato ad abbandonare la spada!”

Feci un mezzo sospiro. “Sinceramente…” Borbottai. “… ho idea che la soluzione sia molto meno ‘romantica’…” Levai lo sguardo su Gourry, pensierosa. “Credo che sia piuttosto una questione di motivazione…”

Lo spadaccino batté le palpebre. “Motivazione…?”

Annuii. “Il motivo per cui Rama aveva accettato di impugnare la spada era combattere i demoni… sin da principio. Quindi è ovvio che questa sia rimasta la sua priorità, sempre e comunque.” Mi accigliai, fissando le posate abbandonate sul piatto. “Tu, invece, hai voluto impugnarla per salvare me da Elmerish… tutto ciò che hai fatto da quando ci siamo separati è stato finalizzato a questo, ma dopo avere raggiunto il tuo scopo la spada ha cominciato a guidarti verso il movente originario per cui essa è stata creata… ovvero ostacolare i piani dei demoni, in qualunque modo essi si fossero realizzati… anche portando a termine una guerra che alimentava la loro forza.” Levai nuovamente lo sguardo su di lui… “Il problema dev’essere sorto nel momento in questo secondo movente ed il tuo scopo originario sono entrati in conflitto… quando Elmerish mi ha portato via una seconda volta, combattere con Oberon ha perso di importanza, per te. E hai semplicemente abbandonato la spada che ti spingeva a farlo. Quindi, in un certo senso, è il generale che dobbiamo ringraziare, se quell’arma ha perso la sua presa su di te…”

E non volevo chiedermi cosa sarebbe accaduto se così non fosse stato. Le parole di Sleen sulle possibili conseguenze del possesso della spada da parte di Gourry, le sue insinuazioni sulla mia stessa natura, continuavano a ronzarmi nella mente… non mi sentivo tranquilla. Ma mi fidavo di Gourry. Per quanto avesse abbandonato la spada probabilmente per un semplice calcolo errato, da parte di Ainos, circa il funzionamento dell’arma stessa, la sua scelta, irrazionalmente, mi rincuorava…

Ainos… lui era l’altra grande incognita che mi tormentava, anche se diverse ipotesi solleticavano la mia mente… quella che trovavo sempre più convincente era che Ainos lo sciamano in realtà non fosse stato che un tramite… a mettermi in allarme erano stati alcuni dei testi che avevo trovato su Rama e sui suoi successori… avevo già sentito parlare della follia che, sottile, aveva serpeggiato fra i membri della stirpe, ma nei testi che avevo consultato in quell’ultimo mese la parola ricorrente che più di tutte mi era rimasta impressa nella mente era ‘possessione’… si diceva che un fuoco animasse chi impugnava la spada, uno spirito che li guidava nelle azioni più audaci e al contempo più efficaci per conseguire gli obiettivi che si preponevano nella loro lotta… mi chiedevo se quello stesso spirito, lo spirito della spada, non avesse approfittato di un innocuo giovane sciamano in cerca di ingaggio per giungere alla persona a cui aspirava realmente… Il gatto di Ainos era misteriosamente ricomparso, in quei giorni. Era sbucato da qualche anfratto della biblioteca semi bruciata di Sailune, e usava sonnecchiare pigramente su una sedia esposta ai raggi del sole di una delle grandi finestre, mentre noi procedevamo con il nostro lavoro… e ogni tanto, mentre mi fissava con i suoi occhi penetranti, mi chiedevo se dopotutto non mi avesse davvero salvata deliberatamente, quel giorno di diversi mesi prima, sulle mura… si diceva che i famigli avessero un legame viscerale con i propri padroni, che animale e uomo condividessero i propri pensieri… mi chiedevo se parte di Ainos, del vero Ainos, non fosse sopravvissuta in lui e non avesse cercato di ostacolare i piani dello spirito che aveva preso il suo possesso…

‘Suppongo che non avrò mai una risposta certa…’

Fissai lo sguardo sugli occhi azzurri di Gourry, cercandovi quello spirito che credevo avesse catturato anche Ainos, gli invisibili fantasmi che la mia mente temeva di vedervi. Non li trovai. Strinsi solo più forte la sua mano, sotto al tavolo, lottando per combattere l’inquietudine…

“Ehi!” Strillò Amelia. “Si aprono le danze!” La principessa si levò in piedi, e raggiunse suo padre, accompagnandolo al centro della sala. In un vortice di gonne, lo trascinò al suono della musica.

Colsi il lampo di un sorriso sulle labbra di Zel, e gli rivolsi un ghigno sfacciato. “Allora…” Ridacchiai. “… Amelia ieri mi ha fatto un rivelazione interessante…”

Zel mi squadrò per un momento, fingendo indifferenza, ma sapevo perfettamente che aveva capito ciò a cui mi riferivo… “Lascia perdere il sarcasmo, Lina.” Sbottò. “Ho accettato di fermarmi per un po’ a Sailune perché avevo bisogno di… di schiarirmi la mente.” Tacque, per qualche secondo, fissando il vuoto di fronte a sé… “Di capire… che cosa voglio dal mio futuro…” La sua voce si fece sottile. “… perché in questi mesi mi sono reso conto che non lo so. Non sono certo di voler continuare ad inseguire qualcosa che forse non otterrò mai. Forse ho solo bisogno di riposo per riflettere.”

“E’ comprensibile… cercare riposo.” Commentai semplicemente, fissando pensosa le danze. E noi… noi cosa avremmo fatto, ora? Non ci avevo ancora riflettuto…

“Ho voglia di prendere un po’ d’aria.” Dichiarai, levandomi in piedi. “E magari di fare un altro salto in biblioteca, ora che sarà vuota. Fai le mie scuse ad Amelia, Zel…”

La chimera mi sorrise. “Dubito che suo padre la lascerà andare presto. Questo mese non si sarebbe separato un attimo da lei, se avesse potuto…”

Gli sorrisi di rimando. Anche Gourry si alzò, al mio fianco. “Ti accompagno.” Dichiarò, semplicemente. “Il vino mi ha fatto venire un gran caldo.”

Gli rivolsi un breve ghigno, mentre si avviava insieme a me. “Mi stai dicendo che sei completamente ubriaco, e che hai già spento il cervello come tuo solito, Gourry?”

Lo spadaccino mi rispose con fare stoico. “Deciderò solo sulla base del tuo umore di domani se vorrò che tu mi ritenga o no responsabile delle mie azioni.”

Ridacchiai, e lo squadrai con fare minaccioso. “Attento. La cosa potrebbe non avere rilevanza.”

Il mio compagno mi rivolse uno sguardo sinceramente preoccupato. “Lo terrò presente…”

Lo condussi attraverso la malmessa scalinata interna, fino ai portali della biblioteca. Li spalancai, venendo inondata dal sole del primo pomeriggio. Era freddo, all’interno. Il fuoco era spento, e una delle grandi finestre, spalancata, si apriva sul cortile, lasciando penetrare all’interno i raggi di luce, nei quali danzavano le minuscole particelle di polvere che inesorabili si posavano sugli spessi volumi che custodivano la sapienza della capitale… i libri che stavamo catalogando erano aperti sui grandi tavoli, ed un odore piacevole di carta, di legna bruciata e di inverno si diffondeva nel grande ambiente. Avanzai sul balcone e chiusi gli occhi per un attimo, lasciandomi investire dalla possente aria fredda, lasciando che mi ricordasse che ero viva. Qualche mese prima non avrei dato scontato di avvertire ancora sensazioni di quel genere sulla mia pelle riarsa dal sole…

Gourry si avvicinò, e fece scorrere le braccia attorno alle mie spalle, attirandomi a sé. “E’ bella… Sailune d’inverno…” Mormorò, osservando il vasto panorama, da sopra la mia testa.

“Mmm…” Approvai, brevemente.

Sailune… c’era un’altra questione che mi tormentava in quei giorni… una questione che riguardava direttamente il regno, e di cui non avevo parlato a nessuno, nemmeno ad Amelia…

“Che c’è…?” Domandò lo spadaccino, quasi leggendomi nel pensiero…

Io tacqui per qualche istante, quindi mi decisi a volgermi verso di lui, per guardarlo in volto. “C’è una cosa che non mi è ancora chiara…” Mormorai. “Ainos… che la mia ipotesi fosse vera o meno, che davvero lo spirito della spada avesse preso il possesso della sua mente o invece fosse una sua mossa deliberata, quella di farsi assumere a corte… non appariva sospetto, agli occhi di un servitore di Cheiphied? I sacerdoti di Sailune… davvero non si sono resi conto di nulla…?”

Gourry batté le palpebre, in apparenza senza capire. “Di che cosa stai parlando, Lina…?”

Scossi la testa. “Forse è solo un mio stupido sospetto. Ma i testi su Rama si sprecano, qui a Sailune… e i sacerdoti tengono ovviamente in grande rispetto e considerazione la magia di Cheiphied, pur avendo perso le conoscenze per padroneggiarla… E il concilio dei sacerdoti non avrebbe accettato come mago di corte, una delle cariche più importanti sotto la sua competenza, il primo giovane sciamano che passava, per quanto abile egli fosse, e per quanto avesse l’approvazione del sovrano… quale modo migliore, per Ainos, di farsi accogliere a Sailune, che rivelare semplicemente a qualcuno influente nel Concilio, in segreto, chi fosse e quale fosse la sua reale missione…?”

Gourry inclinò la testa, perplesso. “E se anche fosse, che ci sarebbe di male…?”

Mi morsi il labbro. “Niente… tutto.” Abbassai gli occhi. “Se ciò che sospetto è vero… perché la cosa non è ancora venuta alla luce…? Se anche Ainos aveva chiesto ai sacerdoti il silenzio, perché mantenere il segreto anche orache manifestamente stiamo facendo ricerche sulla spada…?”

Gourry aggrottò la fronte, mentre la comprensione, apparentemente, lo investiva. “Intendi dire… che sospetti che qualcuno avesse capito… ciò che Ainos intendeva farti…? Ma Lina, sono…”

“… sono accuse gravi.” Mi incupii, terminando per lui. “E senza prove, non sono che vuoti sospetti. Credi che non lo sappia? Per questo non posso assolutamente dire nulla ad Amelia… solleverebbe un polverone…”

L’espressione di Gourry si fece grave. “Ma… perché… perché avrebbero dovuto lasciare agire Ainos…? Non dico sapendo che avrebbe coinvolto me, ma sapendo che mirava ad ucciderti…? Tu hai… tu hai aiutato Sailune un’infinità di volte, e…”

“Perché sapevano di agire in nome di un bene superiore, Gourry.” Replicai, fredda. “Ho aiutato Sailune, hai ragione, ma ho anche accettato di mettere a rischio il mondo per i miei desideri quando ho combattuto con Phibrizo. Le mie conoscenze sulla magia di Lord of Nightmares mi rendono una mina vagante e loro lo sanno, Gourry, e anche i demoni … dopo che abbiamo abbattuto il Signore degli Inferi tutto il dannato mondo ne è al corrente…” La mia voce era un sibilo irato, ora. “E sai qual è il punto?” Aggiunsi, in tono flebile e al contempo pungente. “… Che non mi pento, e lo rifarei. Posta in quella situazione lo rifarei altre dieci, cento, mille volte!” I miei denti si strinsero. “Quel demone aveva ragione, io non sono una creatura della luce, io sono solo una dannata egoista. Agisco per il mio interesse, e in questo non sono diversa da lui.”

Gourry mi afferrò per un braccio, e mi costrinse a guardarlo. “Ma anch’io lo farei, per te.” Affermò, e non c’era traccia di dubbio, nel suo sguardo. “Questo mi rende simile ad un demone?”

Restammo ad osservarci per qualche istante, i suoi occhi azzurro cielo fissi sui miei. Quindi le sue dita mi lasciarono andare. “Non sei schierata dalla parte del male, Lina. Sei solo umana.” Il suo tono si fece gentile. “E per quel che mi riguarda, sei uno splendido, indipendente, essere umano. Io ho fiducia in te. So che non ti lascerai circuire facilmente, né da demoni né da esseri umani. E anche tu dovresti pensarla allo stesso modo.”

Le sue parole, per qualche motivo, mi tranquillizzavano. Già. Era incrollabile, la fiducia di Gourry. Non aveva fatto che dimostrarmelo, da quattro anni a quella parte…

Emisi un sospiro. “So come la pensi.” ‘E te ne sono grata.’ “Ma non tutti sono del tuo parere… Mi chiedo se Sailune non finirà per diventare un terreno pericoloso, per me, un giorno…” Commentai, asciutta.  

La sua mano raggiunse la mia spalla, e strinse, gentilmente. “Non posso pensarlo. Se anche l’intera gilda dei sacerdoti dovesse rivoltarsi contro di te, ci saranno sempre Amelia, e Philionel.” ‘E ci sarò anch’io.’ Non lo disse, ma il suo sorriso me lo comunicò. Portai la mano sulla sua, per trattenere le sue dita calde contro la mia carne.

“Lo so.” Replicai, semplicemente. Assentendo al contempo alla sua affermazione, e alla sua promessa silenziosa.

Ci fissammo ancora per un istante, quindi il mio sguardo si volse all’orizzonte.. “Ad ogni modo…” Commentai, mentre lasciavo affiorare un lieve sorriso anche alle mie labbra. “Dobbiamo ancora decidere dove andare ora…”

“Hai qualche idea…?” Chiese lo spadaccino, seguendo i miei occhi, e attirandomi lievemente a sé.

“Assolutamente no.” Risi. “So solo che non vorrò vedere i deserti e le terre a sud della barriera per diverso tempo.”

Lo spadaccino ridacchiò. “Chissà perché ci avrei scommesso…” Si volse nuovamente verso di me, con un mezzo sorriso. “E se andassimo a Zephilia? Dalla tua famiglia?”

Inarcai un sopracciglio, ricambiando il suo sguardo. “Ok… qual è il tuo doppio fine…?”

Gourry scoppiò a ridere. “Non entrare subito in allarme, per favore. Sto solo pensando che dopo mesi così intensi potrebbe farti piacere rivedere i tuoi, e rassicurarli che stai bene…” Ora che ci pensavo, Gourry aveva ragione… sicuramente anche nel nord era giunta notizia della guerra, e, se la mia famiglia aveva sentito parlare della mia amicizia con la dinastia regnante di Sailune, era ragionevole che sospettassero un mio coinvolgimento…

Inclinai la testa, e studiai il mio compagno per qualche istante. Mi ricordavo ciò che mi aveva detto della SUA famiglia, prima che tutta quella vicenda avesse inizio, e sapevo che aveva poca fiducia sulla possibilità di riallacciare con essa buoni rapporti… mi chiedevo se la proposta che aveva rivolto a me non fosse il riflesso, in fondo, di un suo sotterraneo desiderio…

“E tu…?” Mi trovai a domandare, quasi indipendentemente dalla mia volontà… “Tu non hai mai voglia di rivedere la tua famiglia, Gourry…?”

Gourry mi sorrise. “Oh, ma io sono con la mia famiglia.”

Rimasi per un istante interdetta da quella risposta. Solo un istante. Quindi gli rivolsi un breve, silenzioso sorriso. Rimasi immobile, godendo del suo calore, mentre un vento gelido si levava, spazzando via la polvere dalle rovine e dai cantieri che sparsi qua e là fra gli edifici bianchi della capitale stavano lentamente dando nuova vita alla città.

Trovavo ancora allettante la sua idea di tornare a Zephilia, ma Gourry in fondo aveva ragione. Erano trascorsi mesi lunghi e duri, e anche il futuro, a tratti, pareva foriero di inquietanti promesse… ma ero già a casa. Finalmente ero a casa.

  
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