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Autore: NoceAlVento    03/09/2012    2 recensioni
Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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II 'Pokemelle anche oggi'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Agatha: Agatha.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


II: “Pokémelle anche oggi?


Quando il sole sorse il giorno seguente, Blue aveva già recuperato il sonno che aveva perduto per colpa di quell'assurdo incubo. Non se ne era scordato, questo non era da lui; tuttavia esso ricopriva un ruolo oramai marginale nella sua vita, tanto più che niente avrebbe dovuto rovinare l'evento che in data odierna si sarebbe svolto. Sua sorella Daisy si recò nella sua camera per svegliarlo verso le nove di mattina, ma il ragazzo era già desto da diverse ore per via dell'eccitazione.

Quello era infatti il nono compleanno per lui, ovvero mancava un anno esatto a quando avrebbe lasciato Pallet Town per intraprendere il suo viaggio come allenatore. La tradizione voleva di conseguenza che da quel momento Blue iniziasse a seguire un corso di addestramento per imparare l'arte dei pokémon e arrivare dunque pronti all'appuntamento con il futuro. A onor del vero sta al professore locale decidere quando per i giovani di un certo anno inizieranno le lezioni, dovrebbe quindi lui informarsi sulle date di nascita di tutti gli eventuali partecipanti e decidere di conseguenza il momento migliore per garantire a tutti un'adeguata preparazione teorico-pratica. Samuel Oak aveva fatto un'eccezione alla regola per due fondamentali ragioni: la prima era che Pallet Town era un villaggio di dimensioni relativamente ridotte, e solo due bambini erano nati nove anni prima, per giunta nello stesso giorno; la seconda era che uno di questi due era suo nipote, e cominciare il noviziato il giorno del suo compleanno sarebbe stato un perfetto regalo da parte sua.

Blue, dunque, divorò la propria colazione con inconsueta seppur prevedibile fretta per poi uscire rapidamente di casa e andare a trovare il suo più grande amico, l'altro nato in quel fatidico dì poco meno di un decennio prima: Red.


Pallet Town è un centro abitato ben noto ai viandanti di Kanto non tanto per la sua spettacolarità quanto, all'opposto in maniera quasi simmetrica, per la sua quiete innaturale. Locata in un anfratto quasi isolato della regione, a delimitare terra e mare, si tratta di un'isola di pace in un oceano di frenesia. Nonostante possa apparire quasi labirintica a un estraneo, a causa della particolarità delle sue vie di intrecciarsi l'una con l'altra in modo alquanto confusionario, è sufficiente viverci per qualche settimana per memorizzarne ogni segmento alla perfezione. Ciò è imputabile alla sua geometria intuitiva: Pallet presenta luoghi d'interesse ben definiti – il boschetto, l'imbocco del Route 1, il laboratorio del professor Oak, il negozio di articoli pokémon – e attorno a essi è imperniata la città nella sua totalità; una volta imparate le strade che collegano questi quattro punti cardinali, il resto viene di conseguenza e qualsiasi quartiere, costruzione o parco viene indicato in funzione di essi. Chiaramente a un viaggiatore può apparire strano quest'uso, ma appare perfettamente normale una volta presa confidenza con esso.

Pallet Town, dicevo, non era mai salita alla ribalta per vicenda alcuna: nessun famoso allenatore proveniva da lì, nessun evento di notorietà regionale vi si era mai tenuto, nessuna fiera la caratterizzava, nessuna filiale rilevante aveva un punto vendita lì. Possiamo definirla, se vogliamo, la cenerentola di Kanto. Presto, a ogni modo, la cittadina si sarebbe presa la sua rivincita con il mondo.

Come ogni mattino alle nove in punto le campane del luogo risuonavano nell'atmosfera appropriandosi del silenzio che in altre ore della giornata tendeva ad aleggiare su Pallet. Blue stava percorrendo uno dei numerosi viottoli minori del suo villaggio natale, serpeggiando tra pini sempreverdi nell'aria tersa di quel giorno tanto speciale. Il suo passo lento non trasudava alcuna emozione e il giovane non avrebbe dato l'impressione di essere trepidante neppure a chi lo conoscesse alla perfezione. Nondimeno all'interno vibrava di allegria ed era trattenuto solamente da un senso di imbarazzo che provava ogni qualvolta si trovava in preda a sentimenti estremi quali la gioia o la tristezza. In ogni caso, quando la casa di Red apparve oltre l'ultima svolta nel viale alberato, il naturale pudore fece spazio all'ansia da eccitazione e Blue iniziò a correre a tutta velocità in mezzo a Growlithe che al suo passaggio avevano iniziato ad abbaiare nella sua direzione fino a raggiungere quell'edificio tanto semplice eppure carico di significato, teatro dei momenti più gradevoli che potesse ricordare. Quando si accostò all'uscio per suonare il campanello non stava più nella pelle. Come avvicinò la mano, tuttavia, la porta si spalancò di colpo centrandolo in pieno volto.

« SORPRESA! ».

Blue, tramortito dall'impatto, si era rovesciato sulla schiena finendo sdraiato sulla veranda « Tu sei pazzo ».

« Guarda che se vuoi diventare allenatore questo non è il modo migliore! » disse con fare scherzoso un ragazzino vestito di rosso fermo sulla soglia.

« Grazie per l'interessamento » l'altro si drizzò « Avrei fatto a meno ».

« Dai, che volevo farti una sorpresa per il tuo compleanno! ».

« Bel regalo, mi serviva proprio un naso rotto ».

« Questo è lo spirito! » Red uscì da casa e dopo aver avvertito la madre chiuse la porta « Allora, al laboratorio? ».

« Al laboratorio ». I due iniziarono a incamminarsi verso sud, direzione verso la quale Samuel Oak aveva locato il suo istituto di ricerca.

« Tu hai ricevuto qualcosa per il compleanno? » domandò Blue sulla via.

« Un videogioco per il NES, ma ancora non l'ho usato ».

« Uh, che gioco? ».

« Super Mario Bros. mi pare si chiami, è nuovo. C'è il multiplayer, quindi possiamo giocarci insieme. Tu, invece? ».

« Mia sorella ha detto che me lo darà stasera, vuole che ci sia anche mio nonno perché l'idea è sua ».

« Un regalo di Oak? Me lo farai vedere, vero? ».

« Ma certo » rispose Blue con una punta di orgoglio « Oh, il laboratorio è là ».

Da una linea d'alberi che copriva la visuale era infatti apparsa all'occhio la singolare turbina eolica che sovrastava l'edificio, un massiccio blocco di mattoni con quattro finestre sul lato frontale e un'entrata che conferiva allo stabile un'aria affabile e ospitale. Blue si sarebbe aspettato di trovare suo nonno davanti ad aspettare i due ragazzi, come tante volte gli aveva visto fare, eppure non c'era.

« E ora? » si domandò perplesso.

« Non dovrebbe essere già qui? ».

« Sì, solo che non c'è ».

« Forse la prima lezione è questa » osservò Red, notoriamente ragazzo di larghe vedute « Essere pronti all'imprevisto ».

Blue tenne seriamente in considerazione la proposta dell'amico, che tanto improbabile non era, ma non tornavano i conti « Sono stato con lui due anni fa il giorno della prima lezione, e li stava aspettando proprio qua ».

« Magari aveva da fare ed è in ritardo ».

« Non è da lui, quando sono venuto con lui mi ha fatto alzare all'alba. Voleva che fosse tutto pronto ».

« Allora c'è solo una cosa rimasta » Red si appropinquò alla porta « È già dentro ».

« Non scherzare, non è–– » il giovane si interruppe quando vide che il suo compagno, messa la mano sulla maniglia, era stato in grado di abbassarla senza alcun problema e stava ora spingendo per entrare « Beh, questo è strano ».

« Tuo nonno lavora sempre al buio? Perché non c'è niente di acceso qui ».

Blue a quel punto iniziava a mostrare visibili segni di agitazione « Avrà lasciato aperto ieri sera. Andiamo a dirlo a Daisy, ci pensa lei poi a chiamarlo e a capire dove sia ».

« Ormai siamo qui, tanto vale aspettarlo dentro » Red allungò il braccio a tastare l'interruttore della luce, ma nessuna lampada rispose alla chiamata « Dev'essere saltato tutto. Certo che è furbo, quelle finestre non illuminano quasi niente, poteva almeno lasciare entrare luce dall'ingresso ».

« Qualcosa non va. Decisamente » commentò il suo amico, rigidamente fermo all'esterno dell'edificio « Andiamo via ».

« Su, non fare il pauroso » gli disse l'altro tirandolo di forza verso l'interno « Chiamalo tu, se è qui risponde ».

« Perché non lo fai tu? ».

« Perché non è mio nonno, su, meno storie e più lavoro! ».

Rassegnato, Blue sospirò e obbedì « Nonno? Sei qui? ». Il silenzio, terminata la breve interruzione, ritornò prepotentemente nella stanza « Beh, direi che non c'è ».

« Ma come vuoi che ti senta, hai appena sussurrato! » Red lo sospinse ulteriormente per poi avanzare a sua volta « Dai, con convinzione! ».

« Uff, e sia. NONNO, SEI QUI DENTR–– ». In risposta il portone si chiuse di colpo, come in preda a un poderoso vento che avesse provocato corrente. La luce inaspettatamente si accese come controllata da un comando a distanza, rivelando quello che sembrava il corpo esanime di Oak steso sul pavimento del laboratorio.


Il commissario di polizia di Pallet inspirò profondamente e salì le scale. Nella camera superiore i due ragazzini attendevano seduti compostamente sul letto, accanto a una finestra spalancata che aggettava su un vialetto erboso antistante la struttura. La sala era arredata in modo molto sobrio – o rustico, a seconda di come si volesse vedere la cosa –, con unicamente una piccola televisione a fungere da soprammobile di natura tecnologica, e nessuno dei testimoni pareva minimamente nervoso; piuttosto, i due apparivano non rendersi neanche conto di quanto stesse accadendo. L'uomo cercava un approccio che suonasse al contempo coscienzioso e amichevole, e finì per ricadere in una delle più incolori domande che si potessero porre in quell'istante.

« Tutto bene? ».

« Certo » rispose quello seduto più a sinistra, vestito di un rosso sgargiante e con un cappellino con visiera appoggiato sulle gambe.

« Non… avete niente da chiedermi? ».

La coppia si guardò come pensierosa in un lampo, poi fu il medesimo a replicare « No ».

L'ufficiale si sorprese di tanta naturalezza in persone che fino a poco prima avrebbe immaginato terrorizzate « Non vi interessa sapere della salute del professore? ».

« Ma sta bene, no? Sta dormendo ».

« Come lo sai? » il discorso ormai era un dialogo tra lui e il giovane abbigliato in rosso.

« Ho visto nei film cosa fanno a chi muore. Voi l'avete solo portato via. E poi respirava, l'ho sentito appena sono entrato nel laboratorio ».

« Quindi l'hai sentito? » intervenne il suo amico che fino ad allora era rimasto in silenzio « Per quello mi hai chiesto di chiamarlo? ».

« Certo. Ho da sempre un udito perfetto, sento di tutto ».

« Capisco » riprese il commissario « Quindi per caso hai sentito anche quando parlavo con tua sorella di sotto? ».

« Sì. Comunque è sua sorella » indicò il suo compagno.

« Oh, chiedo scusa. Sentite, come vi chiamate? ».

« Io Red, lui invece Blue ».

« Molto bene, Red, ti spiacerebbe dire a me e al tuo amico cosa hai capito? ».

« Sì, anche se a lui l'ho già detto » Red si sedette con ulteriore compostezza, non volendo rovinare le lenzuola su cui poggiava poiché non sue « Il professor Oak non si sveglia dal sonno, ma non sarebbe in pericolo di vita, e lei vuole interrogarci per capire cosa gli è successo ».

L'uomo in divisa sorrise con compiacenza « Bravissimo. Quindi non vi spiace se vi pongo qualche domanda? ».

« Faccia pure ».

« Molto bene » disse l'adulto di rimando estraendo un taccuino e una penna « Perché eravate in quel laboratorio? ».

« Vede, oggi è il nono compleanno per entrambi… ».

« Auguri ».

« … – grazie –, e noi dovevamo iniziare il corso per diventare allenatori ».

« Mi sembra ragionevole ».

« Quindi Blue è venuto a trovarmi, e insieme siamo andati a trovare suo nonno per cominciare. Solo che quando siamo arrivati lui non c'era ».

« E quindi siete entrati senza permesso? Come avete fatto? ».

« Beh, non è stato difficile » Red parlava con la più assoluta disinvoltura, quasi stesse raccontando di cosa avesse mangiato la sera precedente « Era aperto ».

« Quindi per voi è motivato ritenere che Oak sia caduto in quello stato ieri sera? ».

« Beh, io–– ».

« Secondo me sì » questa volta era stato Blue a parlare.

« Come mai ne sei convinto? ».

« Mi pare che mio nonno dovesse lavorare fino a tarda notte. Sa, per prepararsi per la giornata di oggi. Daisy–– cioè, mia sorella dovrebbe saperne di più ».

« E hai idea su come si sia ridotto così? ».

« Mi spiace, no ».

« Red, stavi dicendo… era aperto, e dentro com'era? ».

« Buio » il ragazzo riprese a discorrere con la sua consueta spigliatezza « La luce non funzionava. Pensavo fosse saltato qualche circuito ».

« E invece? ».

« Beh, mentre eravamo entrambi dentro… la porta è sbattuta, come quando c'è corrente in casa, e si è acceso tutto ».

« E avete ritrovato Oak ».

« Esatto. Era steso per terra, in una posa poco naturale ora che ci penso ».

« Molto bene, ragazzi » il commissario si alzò in piedi per andare a stringere la mano ai suoi due interlocutori, levatisi frattanto in risposta « È stato un piacere. Vi farò sapere appena scopriremo qualcosa. Di nuovo auguri e buona fortuna ».

« Grazie mille, anche per noi è stato un piacere » Red sorrise « Oh, a proposito, sa che ore sono? ».

« Vediamo… quattro e mezzo circa ».

Il ragazzo e il suo amico si scambiarono un'occhiata d'intesa « È un po' tardi, meglio che andiamo ». Dopodiché la coppia si diresse a passo rapido verso le scale, salutò sveltamente Daisy e uscì all'aperto.


Nel pomeriggio Pallet Town era stata coperta da un grigio stratus nebulosus minaccioso di scaricare un rovescio sull'inerme cittadina; ciò non aveva tuttavia significato un ostacolo per Red e Blue, che avevano le loro commissioni da compiere. Come già detto, Pallet presenta una struttura di facile comprensione: avendo il proprio fulcro in quattro punti d'interesse non vi è la complessità di descrivere un dato luogo secondo un sistema di riferimento universale. È sufficiente basarsi sui sopraccitati quattro e il resto viene da sé. I due giovani si stavano dirigendo – e non è un caso – proprio in uno di questi, terzo in ordine d'importanza appena prima del bosco. Questa ridotta popolarità non è da imputarsi a una effettiva importanza secondaria dell'edificio, bensì a una sua eccessiva specializzazione: parlo infatti del Berries For Two's.

Come l'eccentrico nome può suggerire, si tratta della sede unica di un rinomato negozio di articoli pokémon, spaziando dal materiale prettamente ideato per allenatori – Poké Balls, Pozioni e via discorrendo – a quello invece più indirizzato agli allevatori – cibi quali Dolcemiele, Poffin e le stesse Bacche da cui si origina il caratteristico appellativo dell'attività.

L'esercizio si era da qualche mese trasferito, il che aveva determinato non pochi problemi per l'orientamento geografico degli abitanti più conservatori, tanto che anche il precedente domicilio era al momento noto a quella categoria di persone ancora come Berries For Two's. La clientela non era per questo diminuita: i principali frequentatori erano giovani locali e, come si sa, i giovani non tendono ad avere alcun problema a convivere con il cambiamento. Forse proprio per questo spesso si auspica che loro detengano i poteri decisionali.

Red e Blue, dal canto loro, erano acquirenti abituali della bottega per ragioni che non è il caso di spiegare ora: sia sufficiente sapere al lettore che quotidianamente il gestore attendeva la loro visita durante il pomeriggio, visita che puntualmente si verificava con scarso margine di errore e, nonostante le nuvole che sovrastavano Pallet minacciassero tempesta, i due ragazzini avevano deciso di mantenere fede alla loro usanza sprezzanti delle condizioni meteorologiche.

La porta lignea si aprì con un leggero cigolio e il campanello risuonò nella sala del negozio, in cui peraltro certo non aleggiava il silenzio: nella seconda sala, situata oltre un poco spesso muro cui erano agganciate delle teche pensili, stavano discutendo diversi allenatori, impossibilitati a esercitarsi nella loro arte a causa del tempo avverso. Red e Blue non erano in grado di vedere con i loro occhi le persone che si celavano dietro alla parete, ma la combinazione di udito e abitudine lasciava intendere che vi fosse anche un gruppo di allevatori in dibattito tra loro.

« Ciao ragazzi » salutò amichevolmente un uomo che sedeva dietro al bancone situato all'immediata destra rispetto all'entrata.

« Ciao Andy » replicò Red.

« Anche oggi qui? ».

« Come sempre ».

« Pensavo che la pioggia vi avrebbe fermati ».

« Non piove ancora, per fortuna ».

« Meglio così » il gestore si appoggiò al banco con un fianco « Pokémelle anche oggi? ».

« Già ».

« Di che tipo questa volta? ».

« Io andrei come ieri su due bianche. Tu, Blue? ».

Il suo amico parve pensieroso « Mah, magari due indaco oggi, non ricordo l'ultima volta che le ho prese ».

« Molto bene. Paghi sempre tu, Red? ».

« Ormai dovresti saperlo ».

« Allora è il solito, non sto neanche a dirlo » Andy attese che il suo compratore protendesse la mano con i soldi; in seguito, dopo averli riposti nel registratore di cassa, domandò « Posso chiedervi una cosa? ».

« Se è ancora sul perché siamo qua sai già la risposta ».

« No, è una cosa pratica ».

« Allora dicci pure ».

« Perché venite qui ogni giorno? ».

Red sembrò divertito « Perché abbiamo bisogno di Pokémelle ogni giorno. Cos'è, un modo per chiedere comunque la ragione delle nostre visite? ».

« No, intendo… potreste venire qui all'inizio della settimana e avere lo stesso risultato. Perché ogni giorno? È più faticoso ».

« Beh » il giovane in rosso si voltò di tre quarti in direzione della seconda stanza del negozio « Per legare. Venendo ogni giorno ci si conosce meglio ».

Andy fu sorpreso dalla risposta « Non so cosa dire… è per gente come voi che mi piace gestire questo posto ».

« Sono tutti “compra e fuggi”? » chiese Blue in una delle sue rare intromissioni.

« Già. Fortuna che c'è chi riempie la sala di là. Mi fa pensare che esiste ancora chi ha passione per il mestiere. Non reggo quelli che trattano questo posto come una vendita all'ingrosso, chi viene qui solo per comprare » Andy di rado si confidava, ma quando ciò accadeva sia Red che Blue sapevano che era davvero sincero « Io non voglio fare soldi, io voglio aiutare allenatori e allevatori. Cosa c'è di meglio che avere amici con cui condividere la propria passione? Oggi troppi pensano di poter fare tutto da soli ».

Un rimbombante tuono interruppe la commovente arringa dell'uomo facendo tremare i vetri delle finestre. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata che aveva della complicità, poi fu come usualmente Red a parlare « Scusa, ma noi dobbiamo sbrigarci ad andare ».

« Non vi fermate? ».

« Scusa, ma tra poco viene a diluviare e noi abbiamo una cosa da fare. Comunque ci vediamo domani! ».


Come anticipato, non passò molto tempo prima che quella massiccia energia di cui Pallet Town si era caricata esplodesse con vigore. Non fu un acquazzone di memorabile violenza, anzi, per molti versi rassomigliava a quelle lievi pioggerelline estive che talora scendono sui piccoli villaggi periferici, eccettuato forse per i saltuari lampi che rilucevano; eppure ogni abitante visse l'innocua acquerugiola come un momento d'inusuale malinconia nella spensieratezza di quel giugno tanto afoso.

Succede ogni tanto di ricercare significati mistici in qualcosa che non possiamo comprendere, per la nostra incapacità di cogliere il senso di ogni avvenimento: così alla fine della storia al lettore questo temporale potrà mostrarsi come un segno premonitore di quanto più avanti sarebbe capitato. Tuttavia non dobbiamo sempre tentare di vedere ogni cosa come fattore contribuente al contesto generico, poiché è solo una pratica controproducente. In quel pomeriggio la pioggia bagnò una piccola cittadina nella sezione occidentale di Kanto, e questo è tutto quanto sappiamo: il resto è pura congettura.

Red e Blue, sbrigate le loro commissioni che come detto non saranno accennate ora, erano rientrati ciascuno a casa propria per cenare. Nonostante fosse il nono compleanno per entrambi, nessuno dei due si era trattenuto a lungo nella propria abitazione, ansioso di mantenere la propria promessa. La coppia aveva infatti fissato un rendez-vous in un luogo molto particolare. Pallet Town non si esaurisce inevitabilmente in quei quattro punti cardini che ho elencato prima: appare oltremodo ovvio che vi sia dell'altro nella struttura geografica della città, e l'unica ragione per la quale non vi ho accennato in precedenza è perché non ve n'era necessità.

Osservando la cittadina da un punto di vista autenticamente territoriale, come ammirandola dall'alto di una pianta dettagliata, si può prima di tutto notare che a ognuno degli edifici principali già noti corrisponde a conti fatti un punto cardinale: l'ingresso del Route 1 è naturalmente situato a nord, il bosco a ovest, il laboratorio del professor Oak a sud e il Berries For Two's a est. Si può inoltre notare che a ognuna delle direzioni corrisponde un diverso limite per Pallet: a settentrione troviamo la strada maggiore, quella intrapresa dai novelli allenatori intenzionati ad abbandonare il proprio luogo natale; a occidente sta una proibitiva selva densa di alberi più della Viridian Forest che raramente è varcata in ragione della sua osticità; nella zona meridionale vi è invece il principio di una grandiosa distesa oceanica che conduce a universi inesplorati. Resta dunque la fascia orientale da analizzare. Si tratta in verità, quantomeno dal punto di vista dell'estensione, di una copia carbone della controparte opposta, ovvero il bosco di Pallet; dal lato naturalistico, ne è l'esatto contrario.

Il terreno a est della città è difatti ricoperto da spessi fili d'erba di altezza variabile ma mediamente piuttosto elevati. L'ampia landa termina poi con una bassa collinetta che preclude a chi si trovi nella parte piana la vista di quanto si trova dopo – ovvero, come da ogni lato dei confini del borgo a eccezione di quello che esce sul Route 1, il mare. Proprio in questo prato spianato Red e Blue si erano recati quella notte, a seguito della conclusione del piovasco, per discorrere insieme di quanto era accaduto in quel giorno tanto speciale; e lì ancora erano, sdraiati sulla distesa erbosa, con lo sguardo rivolto verso il lungo colle che delimitava la pianura in cui si trovavano. La luna si stagliava brillante come poche volte sopra la zona: si trattava della prima notte di plenilunio di giugno e, poiché l'ora iniziava ad appropinquarsi alla mezzanotte, si avvicinava anche il punto di culminare del satellite, dopo il quale esso si sarebbe ineluttabilmente avviato verso il proprio tramonto, destinato a terminare solo alle cinque e mezzo di mattina.

« È più grande stasera o sono io? » domandò Blue indicandola con un dito.

« Lo stavo pensando anche io, sembra più grande » Red si drizzò a sedere non senza fatica, ricordandosi improvvisamente di una cosa « Ehi, com'è finita poi con il regalo del professore? Tua sorella te l'ha dato comunque? ».

Il suo amico si portò nella sua stessa posizione « Sì, ha detto che il nonno avrebbe voluto così ».

« E non me lo dici neanche? Scommetto che nemmeno l'hai portato ».

« Certo che l'ho portato, volevo vedere se te ne ricordavi » Blue rise beffardamente.

« Dai, tira fuori che sono curioso ».

Il giovane mise la propria mano nella tasca della felpa – Daisy aveva insistito perché se la portasse dietro in caso di inatteso ritorno dell'acquazzone –, per poi estrarne una sfera metallica monocromatica che brillava riflettendo la luce lunare.

« NON CI CREDO! » gridò Red per la sorpresa, subendo poi un cenno di silenzio da parte del suo compagno « Sì, sì, okay, faccio piano. Ma è vera? ».

« Certo che è vera ».

« Che strano bianco che ha sopra… non è una Poké Ball, vero? ».

« No, Daisy ha detto che si chiama Premier Ball. È speciale, si usa solo per occasioni importanti ».

Red sorrise. Non un sorriso artificiale, astioso, di quelli che gli adulti esprimono nei confronti di qualcosa di cui se non fossero trattenuti dalle leggi sociali si impossesserebbero di buon grado; era invece una letizia sincera e spontanea, originata dal profondo legame maturato con il tempo tra i due ragazzi, un legame indissolubile e destinato a perdurare « Buon per te. Penso di sapere con chi la userai, eh? ».

« Già » Blue tornò a sdraiarsi sul campo « Senti, Red… ».

« Dimmi ».

« Secondo te cosa c'è oltre il mare? ».

Il ragazzo si fermò a riflettere « Non lo so… altro mare, penso ».

« Ma non può esserci mare per sempre. Secondo me c'è un'altra regione ».

Red si voltò e guardò negli occhi il proprio amico « Un'altra? Come Kanto e Johto? ».

« Sì… qualcosa di enorme e di diverso da quello che c'è qui ».

« Che vuol dire diverso? Cosa può esserci di diverso? ».

« Red, pensaci. Pensa a Kanto e a Johto. È davvero tutto qui? Dove sono i deserti, dove sono i vulcani? ».

« Ora che mi ci fai pensare… ».

« Che cosa? ».

« Beh, mio padre ora non è a Kanto. E penso non sia neanche a Johto. Forse è dove dici tu, al di là dell'oceano ».

« E non ti ha detto niente su dove andava? ».

« Ha detto che deve fare una ricerca su un pokémon speciale, uno che non si può trovare qui. Ma non sapeva neanche lui dove si trovasse ».

« Dev'essere bello da pensare ».

« Cosa? ».

Blue si drizzò di nuovo a sedere « Sai, che tuo padre stia scoprendo cose nuove. Anche io voglio scoprirne quando diventerò un allenatore. Voglio viaggiare oltre il mare ».

« Oltre il mare? Ma saranno… mille miglia, o di più! ».

« Non mi importa. Non può essere infinito, e quindi io lo attraverserò ».

« Ma perché? Non ti piace Kanto? » Red faticava ad afferrare « C'è sempre Johto qui vicino. Perché fare un giro così lungo? ».

« Mi interessa poco di cosa davvero ci sia alla fine del mondo. È il viaggio che mi interessa. Scoprire nuovi posti, nuove persone. Pallet è troppo piccola per me. Ogni anno sono qui a morire chiedendomi cosa ci sia altrove, aspettando il mio decimo anno in cui potrò finalmente esplorare… Ah, ma ti sto annoiando, se vuoi possiamo andare ».

« Non mi stai annoiando. Anche a me piacerebbe molto viaggiare… ma sento che il mio posto è Kanto. In qualche altro posto mi sentirei… sbagliato. Mi piace troppo questa regione per pensare di andarmene. Mia madre una volta mi ha detto una cosa, non la ricordo… “sai quello che lasci ma non sai quello che trovi”, forse » il ragazzo abbassò lo sguardo sull'erba, ascoltando le nenia intonata dai grilli e dalle cicale che lo attorniavano « Ma ti capisco, sai. Se ho capito bene è proprio questo che ti piace, il non sapere quello che troverai. Viaggiare sarebbe molto noioso se lo sapessimo… senti, che ore sono? ».

« Più o meno mezzanotte, a giudicare dalla luna. Meglio tornare a casa ».

« Hai ragione andiamo » Red si voltò, salvo poi fermarsi nuovamente « Blue, guarda ».

Il suo compagno si voltò, e rimase attonito. Poco oltre la città si ergeva quello che pareva un mastodontico quanto pallido arco di luce monocolore che spiccava troneggiante su Pallet Town, quasi a difenderla.

« Cos'è? » domandò come vide quella strana struttura luminosa « Sembra un arcobaleno, però di notte… ».

« Sì… mio padre me ne aveva parlato, una volta. È un arcobaleno formato dal chiarore della luna. Mi pare che ci sia solo quando ha piovuto da poco e ci sono gocce nell'aria ».

« E perché è bianco e non di tutti i colori? ».

« Me l'aveva detto, ma non me lo ricordo. Quando torna dal suo viaggio glielo chiedo, va bene? » dopo aver così parlato, Red si avviò in direzione della città per rientrare a casa « Dai, vieni che se no si preoccupano ». Blue indugiò ancora qualche istante esterrefatto dal panorama, poi seguì il suo amico mentre il chiarore della curva lucente svaniva progressivamente dai suoi occhi.


Benché le notti siano vissute diversamente a seconda del luogo scelto per assaporarle, vi sono ore nelle quali esse si uniformano per dare una parvenza complessiva di ordine sovrano. Tra le mezzanotte e l'una in quel fatidico giorno appena iniziato l'afa si impadronì così di tutta Kanto, soffocandola di umidità e avvolgendo la regione in una morsa di apatia generale. A Saffron City non vi era più allegrezza nemmeno nel centro della città, e l'unica occasione di osservare persone che ancora rifuggivano l'abbraccio di Morfeo era paradossalmente in qualche locale di periferia, in cui si tentava ancora un'evasione disperata dalla solitudine nell'inebriamento causato dall'alcool. Chi veglia a quell'ora abitualmente non può assopirsi, molto più raramente non vuole: restare desti in isolamento di fronte a un mondo che o riposa o festeggia risulta un'esperienza immalinconente, per questo si cerca di evitarlo. Il lettore è libero di contraddirmi, di affermare che anzi egli convive felicemente con le tenebre serali; tuttavia mai potrà confutare quale sia l'atteggiarsi collettivo nei confronti dell'oscurità.

Come scoccò l'una, tuttavia, qualcosa cambiò. Quei pochi che si trovavano all'aperto ad ammirare il buio, magari a Vermilion sulla nota altura che sovrasta la strada maestra, percepirono distintamente una staffilata di aria gelida, come un singolo soffio rigettato dalle nuvole beffarde, quasi una cella frigorifera fosse stata aperta per un istante di fronte a loro e poi richiusa con violenza per timore di dissiparne la temperatura. Non fu più che una volata, un sussulto nell'afa complessiva: eppure tutti vi fecero caso, non vi fu uomo o donna in tutta Kanto che, avvertito lo sbuffo, non si interrogò sulla sua provenienza. Blue, dal canto suo, non poté sentirlo: era fermo sul suo letto, con gli occhi aperti, nell'assenza di luce della sua stanza a Pallet Town, e nonostante la finestra fosse aperta non una folata penetrò tra le mura domestiche; ma ciò non vuol dire che non ne distinse l'aura di singolarità che il vento trasportava.

Senza alcun preavviso il ragazzo provò un affaticamento nel ritmo respiratorio, un appesantimento sulla gabbia toracica, come se un peso vi fosse stato poggiato sopra. Tentò istintivamente di muoversi, ma scoprì ben presto di non esserne in grado: si trovava in uno stato di paralisi totale, incapace persino di urlare. Il panico lo prese d'assalto, e Blue si ritrovò incapace di ragionare, in balia del terrore. Solo i suoi occhi rispondevano ancora al suo arbitrio, e con essi il giovane scrutò la parte di stanza che poteva controllare da sdraiato, per poi accorgersi con progressivo timore che una luce si era accesa al piano di sotto. Spontaneamente pensò che si trattasse di Daisy, e ne fu sollevato; ma il conforto durò un periodo esiguo, il tempo di rendersi conto che una figura nera, poco più di un'ombra solida, aveva appena salito le scale che conducevano a casa sua. Non aveva connotati se non quel paio di pupille celesti, e Blue si rammentò del sogno della sera prima. Provò a urlare, ma di nuovo intervenne la paresi corporea che lo affliggeva, e non fu in grado di muovere un muscolo. L'entità continuò ad avvicinarsi lentamente al suo letto, eppure il ragazzo non notava alcun perfezionamento delle fattezze, nemmeno facciali: se prima l'illuminazione del livello inferiore aveva messo in risalto qualsiasi cosa si stesse aggirando per la stanza, ora ciò che le impediva di confondersi con l'oscurità era di nuovo solo la coppia di sfere azzurre che brillava. Il volto della figura si avvicinò al giovane, che sentì una ventata d'aria agghiacciargli la faccia.

« TRITAIOS! ».


Blue si ritrovò per terra, caduto per la seconda notte di fila dal letto. Si sentì imbarazzato – la cosa non succedeva dall'età di tre anni –, tuttavia fu ben rapidamente costretto a focalizzarsi su altro. Non appena si era svegliato aveva infatti iniziato a percepire tremolii del pavimento, come se qualcosa di pesante avesse urtato la casa. Si sporse d'istinto dalla finestra per verificare, eppure non solo niente di tutto ciò era successo, ma nessuno sembrava neppure essersi accorto di nulla. Decise di coricarsi nuovamente.

Sul punto di farlo, però, di nuovo si presentò l'oscillazione, divenuta ormai una scossa di terremoto in piena regola. Blue, ignorando ogni misura di sicurezza che si dovesse prendere in tale caso poiché Pallet Town non aveva mai registrato nella sua storia vibrazioni di tal genere, corse proprio attraverso il centro della stanza per raggiungere le scale e scendere, e per sua fortuna il soffitto resse il sisma. Proprio scendendo si scontrò con sua sorella, che senza porre domande gli afferrò un braccio e lo trascinò percorrendo il perimetro delle mura famigliari fino a uscire per poi collocarsi in mezzo alla via su cui aggettava l'edificio, dove già altri si erano radunati per sfuggire ai crolli. La città era ovunque in subbuglio: tutti stavano fuggendo da ogni parte in cerca di un rifugio. Blue cercò con lo sguardo Red, eppure non riuscì a vederlo da nessuna parte, certo non facilitato dalla fioca luce dei lampioni.

Poi, di colpo, le scosse terminarono. Non fu qualcosa di graduale: l'ultima era stata forse la più possente tra le tante, ma dopo vi fu silenzio; come si può intuire, tuttavia, non fu una calma durevole. Senza preavviso i lumi del borgo si spensero in un sol colpo per una decina di secondi. Mentre ancora Pallet era in preda alle tenebre vi fu un rumore assordante, come un tuono provocato da un temporale che fosse scoppiato proprio sul villaggio. Due bagliori si accesero nel buio, e Blue si vide il fiato mozzato: non erano due fonti d'illuminazione qualunque, bensì due dense sfere cilestrine che brillavano nell'oscurità; rammentò l'incubo, e per poco non perse i sensi.

Quando le lampade urbane ripresero a sfolgorare, la frotta di persone riunite lanciò un sussulto comune: di fronte a loro era emersa una mastodontica figura quasi spettrale che li osservava con impietoso distacco. Si trattava in sostanza di un'ombra, e nient'altro si può dire su di essa che non riguardi il volto: oltre alle pupille azzurre, l'unico altro tratto caratteristico individuabile era una materia frammista di fuoco e nebbia che si dipartiva dalla sommità del capo e si dissolveva nell'aria.

Il silenzio illusorio che affagottava Pallet fu effimero: da un lato la folla iniziò a disperdersi nel panico, separando tra le altre cose Daisy da suo fratello che rimase dunque da solo a scappare per la città; dall'altro l'entità iniziò a vagare a sua volta, emettendo sporadicamente versi indistinguibili seguiti da globi cremisi di energia indirizzati poi a svariati bersagli, in prevalenza edifici casualmente selezionati – Blue non riuscì a notarne gli effetti, ma ovunque venissero scagliati non udiva crolli di alcun genere, a indicare che forse non danneggiavano le strutture. Il giovane, a ogni buon conto si nascose sfruttando una rientranza tra due complessi affiancati, mentre dalla fessura poté vedere un gruppo di allenatori che stavano accorrendo in direzione dell'offensore: li conosceva, poiché erano assidui frequentatori del Berries For Two's, quindi decise di sporgersi dal nascondiglio e osservarne le azioni. Il raggruppamento si pose a debita distanza dalla figura, poi ciascuno estrasse una Poké Ball e lanciò il proprio pokémon per tentare un disperato combattimento. Lo spettro mostrò comunque una reattività invidiabile, interrompendo la sua missione di apparente distruzione per dedicarsi ai suoi avversari. Il primo colpo a centrarlo fu lo Psicotaglio di un Kadabra, che comunque non produsse alcun danno sul presunto corpo dell'essere. Il primo colpo, ho detto, e anche l'ultimo: da un punto imprecisato del volto fu emesso un raggio eburneo che si scagliò sul gruppo sbaragliandolo.

Dopodiché, gli occhi del mostro incontrarono lo sguardo di Blue, che trasalì e tentò di nascondersi. Con rapidità inumana, malgrado ciò, questi fu sul ragazzo in un tempo ridicolo, fino al punto di trovarsi fluttuante sopra la fessura che fungeva da riparo per il giovane. La figura produsse due delle sopraccitate sfere purpuree, direzionandole poi verso i due edifici che coprivano il ragazzo, e stavolta fu udibile un netto « KYANEOS! »; gli stabili, a contatto con quel micidiale colpo, scomparvero come inghiottite dal buio. Una terza sfera si formò di fronte alla creatura, pronta a colpire proprio il diretto interessato, incapace di darsi una motivazione sul perché fosse stato scelto proprio lui per morire in quel modo; poi, proprio sul punto di lanciarla, l'ombra si paralizzò. Blue continuava a non respirare e a non muoversi: per quanto gli sarebbe stato possibile fuggire in quella situazione, era immobilizzato dal terrore. Una nuova ventata gelida, come quella che vi era stata poco più di venti minuti prima, investì Pallet Town e Kanto nell'interezza. I lampioni si spensero una volta di più e, una volta riaccesi, del fantasma non c'era più traccia.

   
 
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