Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Dira_    03/09/2012    8 recensioni
L'ultimo anno della tua vita scolastica è campale, e Violet Parkinson-Goyle lo sa bene. Fuori dalle mura protettive di Beaux-Batons la attendono le aspettative di sua madre e desideri contro cui non sa e soprattutto, non vuole combattere. Lo sa bene Dominique Weasley che ha deciso di candidarsi per il Torneo Tremaghi ma non sa che dovrà combattere anche fuori da un'arena.
Il Settimo anno di Violet e Dominique. Perchè se calchi il suolo di Hogwarts è ovvio e comprovato, pioveranno casini da tutte le parti.
[Spin-off che segue la linea temporale di Ab Umbra Lumen]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
Take me now baby here as I am, pull me close, try and understand
Desire is hunger, is the fire I breathe and love is a banquet on which we feed
(Because the night, Patti Smith)
 
 

24 Novembre 2023

Scozia, Hogwarts, Carrozza di Beaux Batons.
Sette di mattina.
 
A Violet piaceva avere una serie di abitudini ben radicate: le davano più sicurezza di qualsiasi altra cosa.
Così, quando lei e Dominique avevano finalmente raggiunto un punto di incontro – che si era manifestato nel rotolarsi in una corte di pietra e beccarsi un’infreddatura durata due giorni per parte sua – era nata una nuova routine.
Ogni mattina la Weasley si alzava all’alba per i suoi allenamenti e lei, non appena la sentiva muoversi con la solita grazia da Erumpent, faceva lo stesso in segreto. Quando sentiva la porta della stanza chiudersi andava in bagno, si faceva una doccia e si rinfrescava come ogni ragazza avrebbe dovuto fare appena aperti gli occhi. Poi si infilava di nuovo a letto ed attendeva.
Quella mattina, la mattina della Prima Prova, non fu diversa. La prova si sarebbe tenuta verso le undici e Dominique si era svegliata ancora prima, quando ancora non era sorto il sole. Violet, assonnatissima, aveva espletato il suo rituale prima di infilarsi tra le coperte ancora calde di sonno e svenire, letteralmente.
Qualche ora dopo la risvegliò ciò che la risvegliava ogni glorioso giorno, ovvero l’insinuarsi della sciroccata nel suo letto, ancora fresca di doccia e con pochi e relativi vestiti addosso.
“Almeno asciugati i capelli, cretina…” Borbottò, stavolta insonnolita sul serio. Le passò le dita tra le ciocche irregolari e ancora umide. “La magia ti ha concesso una bacchetta, usala.”
La risposta fu un premere dei denti, non forte, poco sotto l’orecchio. Violet trasformò il gemito in dirittura di arrivo in un ben più dignitoso sospiro. “Nicky, dico sul serio, mi stai infradiciando il letto.”
Sentì un basso brontolio, poi uno smuoversi scomposto e una brezza calda in direzione del comodino. “Mai contenta, eh Piggie?” Le sussurrò. Era una fortuna che la loro compagna di stanza avesse il sonno pesante, perché Violet dovette ingoiarsi un suono a metà tra una risata e un urletto quando l’altra le sfiorò il fianco con le dita per sollevare la stoffa della camicia da notte e toccare la pelle nuda.
Dominique non aveva problemi con la fisicità. Sin da quando la conosceva non aveva mai avuto remore ad entrare come una furia nel suo spazio vitale e stravolgerlo. Anche durante l’intimità la solfa non cambiava, ma Violet aveva notato come l’aspetto irruento della faccenda si smorzasse notevolmente.  
Chi l’avrebbe mai detto che la Weasley non nascesse con le istruzioni per tutto?
A quanto pare sarò la sua prima volta.
Non era male reggere lo scettro dell’esperienza, almeno in quell’aspetto. Le passò le dita sul collo e poi sul viso, facendole alzare lo sguardo per incontrare il suo. “Mi è stato detto che prima di una performance sportiva è meglio evitare qualsiasi tipo di contatto intimo con i propri partner.”
“Cioè?”
“Esci dal mio letto.”

“Non mi pare un gran furbo chi l’ha detto.” Fu la replica svelta, senza che si muovesse di un millimetro. “Un gran frustrato piuttosto.”
Violet ridacchiò, riconoscendole una parte di ragione. “Tra mezz’ora devi incontrarti con Mael in fondo alle scale.” Le ricordò paziente. “Senza contare che i tuoi genitori ti aspettano per colazione. Me l’hai detto tu ieri sera, ricordi?”

“Oh beh, aspetteranno!” Fu la risposta prima di schiacciarla trai cuscini e baciarla allegramente.  
Fu con le labbra che le formicolavano e il respiro piuttosto corto che riuscì a indossare la vestaglia ed eludere la presa dell’altra. “Stasera. L’adrenalina sfogala sul campo.” Le ordinò facendo un passo indietro perché l’altra era già pronta a spingerla contro il muro, a giudicare dallo sguardo.
Selvaggia. 
Dominique fece una smorfia scontenta, poi si sedette a gambe incrociate sul letto, perfettamente a suo agio nella sua castissima mise di solo intimo.
… Ti diverti a provocarmi?
Era del tutto possibile. Infatti subito dopo le fece il suo famigerato sorrisetto.
Beh?
Violet si morse un labbro, perché sarebbero passati mille anni, ma quella dannata faccia da schiaffi l’avrebbe messa sempre a disagio. “Cosa?” Borbottò.
“La mia ovvia vittoria la dedicherò a te.”
Si sentì avvampare come se qualcuno le avesse gettato carboni ardenti sulle guance.
L’altra, per tutta risposta, si mise a ridere. “Morgana, se certe frasi ti fanno questo effetto dovrei dirtele più spesso … Sei così buffa!”
“Razza di idio-…” Non fece in tempo ad urlare -  per fortuna, dato che avrebbe svegliato la loro inopportuna compagna di stanza – che Dominique si sporse con un movimento fluido e le afferrò i polsi, tirandosela addosso. Le crollò tra le braccia come un sacco di patate, non essendo lei la dannata Campionessa dell’Accademia. Sul bacio che ne conseguì poté però farsi valere.

“… idiota.” Concluse sulle sue labbra, beandosi dell’espressione vagamente persa dell’altra.
Si riprese subito però, e il sorrisetto da schiaffi tornò in tutto il suo bianco splendore. “Ehi, guarda che dico sul serio.” Inarcò le sopracciglia. “Sei la mia ragazza, no?”
Quella denominazione aveva un suono così dolce e perfetto che Violet non se la prese per esser caduta nella trappola di quel koala platinato. “Certo che sono la tua ragazza.” Non era un’allucinazione, alla sua risposta Dominique si era illuminata. Trai suoi molti pregi c’era mostrare senza pudore quando era contenta. Le stampò un bacetto sulle labbra. “E a proposito di questo, devo darti una cosa.”
“Cosa? Darmi?” La squadrò perplessa. “Beh, qualcosa ci sare…” Si fermò alla sua occhiata assassina. “… non intendevo quella cosa.” Ghignò. “Sei una pervertita, Piggie.”

Io?
Sì, magari appena appena…

Le diede un colpetto sulla fronte. “Da quando sei diventata così sfacciata, tonta?”
“Sfacciata da sempre, e lo sai benissimo Piggie.” Fece rotolare il nomignolo sulla lingua con evidente soddisfazione. “Solo che non avevo la persona giusta a cui indirizzare certe sfacciataggini.”
Le uscivano frasi talmente adorabili e insieme irritanti che … “Aspetta un secondo.” Si risolse a dire, sciogliendosi dal suo abbraccio e dirigendosi verso la toeletta. Frugò nel suo portagioie dopo avergli tolto gli Incantesimi di Protezione e trovò quel che cercava.
Magari era sciocco, magari era una cosa che solo una Purosangue come lei, con la testa imbevuta di racconti e riti che avevano secoli poteva pensare, ma la sera prima le era sembrata un’idea … carina.
Le porse uno dei suoi orecchini di ametista, un piccolo acquisto che aveva fatto senza la supervisione di sua madre in una delle tante vacanze in Costa azzurra. Erano i suoi preferiti.
Dominique scrutò il palmo della propria mano. “È un orecchino.” Constatò.
“Molto acuta, Weasley.” Sbuffò. “E sì, ha un gemello ma tanto su quelle povere orecchie non hai qualcosa che possa essere coordinato con qualcos’altro, quindi non si noterà.” Cercò di controllare il rossore diffuso che le stava salendo al viso. “Secoli fa, quando i maghi si sfidavano a duello, ed erano duelli all’ultimo sangue, le proprie spose o…” Niente da fare sapeva di essere dello stesso colore dello stendardo dei Grifondoro, almeno a giudicare dall’aria esilarata dell’altra. “… o fidanzate davano loro qualcosa che gli apparteneva. Un orecchino, un fazzoletto. Cose simili. Per proteggerli. È … un portafortuna.”

… e un pegno d’amore. Ma non è necessario che tu conosca questa parte della tradizione.
Se ne stava quasi pentendo, quando Dominique si tolse uno dei suoi Babbanissimi piercing e lo sostituì col suo. “Forte!” Le sorrise. “Come mi sta?” 
“Male, visto che gli altri sono terribili.” Deglutì il groppo di emozioni che sentiva in gola. “Se me lo perdi ti ammazzo.”
“Starà benissimo.” Le assicurò, afferrandole improvvisamente la mano. Violet ricambiò la stretta con forza. “Anch’io starò benissimo.”

Fu una diretta conseguenza di quelle parole gettarsi sul letto e stringerla in un abbraccio. L’altra ricambiò accarezzandole i capelli come ad una bambina che stava per piangere. E non era quello il caso, assolutamente no. “Ehi, ehi. Mica vado in guerra!”
“No?”
“Okay, magari solo un po’.” Convenne. “Ma me la caverò alla grande. Come sempre!”

“Promettimelo.”
Non che avesse molto senso, chiederle una cosa del genere quando stava per disputare un Torneo che era stato abolito proprio per l’alto tasso di incidenti e pericoli occorsi ai suoi concorrenti. Ma comunque…

Dominique, matta com’era, annuì come se stesse semplicemente andando a disputare una partita di Quidditch. “Nessun problema. Promesso.”
Violet, nonostante tutto, le credette.
 
****
 
Violet non credeva nel karma. Era un concetto troppo Babbano per sfiorare i suoi pensieri.
Tuttavia, ne aveva sentito parlare dalle chiacchiere delle amiche e si era fatta l’idea che fosse una bella spina nel fianco e che fosse programmato per stravolgerti la vita.
Per l’appunto, solo il maledetto avrebbe potuto farle sedere accanto la Maledetta Corvonero durante la Prova.
Violet si strinse nella leggero mantello foderato di pelliccia bianca in dotazione con l’uniforme e scoccò un’occhiata irritata al mezzo chilometro di stola di tartan che minacciava di affogarla.
“Scusa!” Esclamò quella con un sorriso affatto dispiaciuto. Poi inarcò le sopracciglia. “Ma tu…”
“Sì?” Articolò con freddezza, tanto che due compagne accanto a lei subito drizzarono le orecchie.

Imparate ad esser più discrete, almeno! È la base di una buona pettegola!
Morgana, se odio le principianti.
“… Non ci siamo già viste da qualche parte?”
“Tipo in questa scuola?” Le suggerì come se fosse tarda. Purtroppo, a giudicare dai colori che indossava, non avrebbe dovuto esserlo. E non lo era.  
“A parte a scuola …” Schioccò le dita. “Ah, ma certo! Sei la compagna di stanza di Dom.”
“Già.” Sillabò. “E tu sei la scozzese.”
La ragazza fece un sorrisetto. “Allora ti ricordi…”
Dannazione!
Essere presa in contropiede in quel modo era imbarazzante. “Certo.” Si riprese subito. “Hai bisogno di qualcosa?”

La Corvonero fece una smorfia, ma sembrava più divertita che irritata dalle sue risposte poco amichevoli. “Volevo solo fare due chiacchiere. In fondo, a quanto pare, mi capisci quando parlo.”
… e due. Stai perdendo questa battaglia, mia cara. Meglio virare su un dignitoso silenzio.

Violet puntò quindi lo sguardo verso l’arena su cui i Campioni avrebbero disputato la gara.  
Sperava che Dominique stesse bene.
Ma certo, come dovrebbe stare? È nel suo elemento adesso. Ovvero ad un passo dalla morte.
In quelle tre settimane lei e l’altra avevano vissuto in un meraviglioso limbo protetto. Dominique aveva i suoi allenamenti a cui nessuno poteva partecipare tranne l’Assistente. Era stato così facilissimo passare del tempo assieme con la compiacenza inaspettata di Mael.
Un meraviglioso limbo che aveva però i giorni contati. A Natale, e dunque al suo ritorno in terra natia, mancava solo un mese. Un mese preciso e avrebbe rivisto sua madre.
Aveva infine risposto alle tre lettere. L’aveva blandita, rassicurata circa i suoi progressi nell’amicizia con Malfoy – che non erano poi bugie. Quando si era sfogata con Scorpius, il ragazzo le aveva consigliato di parlarle faccia a faccia una volta tornata.
Certo, parlarle a tu per tu. Ma se non riesci neppure ad accennarglielo per lettera…
Aveva promesso a Dominique che avrebbero vissuto la loro storia alla luce del sole, ma non aveva idea di come fare, non senza infliggere un terribile colpo al rapporto con sua madre. La amava nonostante tutto.
Per non parlare di Jenny e delle altre …
Un groppo alla gola la costrinse a schiarirsi la voce e concentrarsi sulla folla vociante, sugli striscioni e la musica suonata da una scoordinata banda condotta da un tipo senza maglietta e con il torace dipinto nei colori di Hogwarts – non era il moretto amico di Malfoy?
Questo posto è folle.
Raddrizzò le spalle e si tamponò il naso con il fazzoletto – colpa di quell’orrendo clima scozzese.
Violet!” Una voce infantile la fece sobbalzare sulla panca. Vide spuntare dalla fila delle sue compagne una testa rossa contornata da un’esplosione di lentiggini.
“Louis…?” Esclamò, ricambiando sorpresa l’abbraccio del ragazzino.
“Ciao bellezza!” La salutò spigliato. Aveva i capelli più lunghi, e piuttosto ricci. Chissà se li aveva così anche Dominique, se si fosse mai degnata di tenerli più lunghi di qualche ciocca impazzita.
“Ciao… Sei qui per tua sorella?” Realizzò. Il bambino annuì allegro, sedendosi tra e lei e la scozzese. Non l’aveva mai trovato così simpatico.
“Domi les va vaincre, quei due moche!” Le assicurò in un buffo pastone di francese e inglese. “Anche maman e papà ne sono sicuri, Vic aussi! Vic però n’a pas pu venir, perché adesso insegna nella nostra scuola, sai? È molto brava, Madame le ha dato un sacco di responsabilità!”
“Louis, scegli una lingua, o farai una gran confusione.” Gli consigliò divertita.
Désolé!” Sbuffò. “Non è facile, sai… Mi sembra di avere la testa divisa in due!” Continuò, chissà perché, in inglese. Ma doveva essere l’atmosfera, lei stessa si era trovata a parlarlo con più facilità. “Sai che ho detto a maman che voglio trasferirmi qui, quando Domi si sarà  diplomata? Qui è forte. La gente grida, urla e fa cose assurde … Mi piace!” Chiocciò querulo, con i vispi occhi azzurri.
Violet fece un lieve sorriso, accarezzandogli l’indomita testa ricciuta. Si chiese cosa i loro azzimati professori pensassero di quel nido di fiamme. La Fleurent, quella di Storia della Magia, non si era mai davvero ripresa dalla cresta di svariati centimetri che Dominique aveva sfoggiato al Quinto anno.
“Sì, capisco quello che intendi.” Gli disse. “Qui è molto diverso dalla Francia, almeno, a certi livelli…”
Per Mezzo Sangue e Nati Babbani. Per noi Purosangue, a sentir Zabini e Nott, non cambia molto.

A meno di non chiamarsi Scorpius Malfoy.
“Quali livelli?” Vedendo che tentennava nella risposta, passò subito ad un altro argomento con l’incostanza tipica dell’età. “Sai che da grande voglio fare la rockstar? Sto imparando a suonare la chitarra e tutti mi adoreranno!”
“Ma come, già non lo fanno?” Lo prese in giro, facendolo ridere.

“Tu cosa vuoi fare da grande?” La domanda la spiazzò. Ci pensò un attimo, ma data la sua situazione attuale, una sola risposta le venne in mente e non trovò poi così disdicevole dirla.
“Essere felice.”
Louis aggrottò le sopracciglia confuso, poi la sua attenzione – la discontinuità doveva essere un altro tratto genetico Weasley-Delacour – fu calamitata da qualcosa in mezzo al campo.
“Violet, regardez-la, stanno per iniziare!”
Violet inspirò bruscamente. Era il durmstranghiano ad essere entrato per primo nell’arena. Dopo forse sarebbe stato il turno di Dominique.

Si sentì prendere la mano dal ragazzino. “Sta’ tranquilla, mia dama.” Le comunicò con una comica aria seria. “Ci penso io a tenerti la mano al posto di mia sorella.”
“… Come scusa?” Quella matta aveva parlato di loro al fratellino dodicenne?
E perché non avrebbe dovuto?
La sua coscienza stava cominciando a diventare fastidiosa.   
“Me l’ha chiesto lei di tenerti la mano e di dirti che non ti deve preoccupare perché ha il tuo pegno.” Louis fece spallucce. “Non ci ho capito niente, ma lei ha detto che tu l’avresti fatto!”  
Allora lo sa che cosa rappresenta quell’orecchino…
Strinse la mano a Louis, con un dannato groppo alla gola, ormai suo fedele amico.
 
****
 
E poi fu il turno di Dominique.
Il durmstranghiano aveva sostenuto una prova spaventosa, talmente violenta che Violet aveva chiuso gli occhi più volte mentre il suo piccolo amico esprimeva a gran voce sgomento ed esaltazione assieme.
E poi, fu il turno di Dominique.
Entrò nell’arena a passo sostenuto, con la fluidità rapida e misurata di chi aveva un solo pensiero in mente e su quello era focalizzato. Il suo maggior pregio era la capacità di concentrazione durante situazioni simili. Violet l’aveva vista volare durante le partite: era come se escludesse il mondo intero.  
Si fermò all’esatto centro dell’arena e si scrocchiò il collo, un movimento tutto suo che annunciava preparazione sia mentale che fisica.
Vai Domi!” Strillò Louis applaudendo. Non fu l’unico: assieme ai ragazzi della delegazione c’erano molti hogwartsiani. Era riuscita a farsi amare anche dai rivali, a giudicare dal tifo corposo che la investì.
Pur vero che metà della sua famiglia appartiene a quest’isola…
Violet sentì la vibrazione del legno sotto di sé: stavano dunque aprendo una delle gabbie.
Che animale sarà? Cosa dovrà affrontare?
Ti prego Morgana, veglia su di lei. Ti prego, proteggila e dalle un po’ di buonsenso.
Non mi importa che vinca. Solo, proteggila.
Serrò gli occhi e poi li riaprì sull’arena. Si sentì scivolare il fiato dalle labbra quando identificò la creatura che, guardinga, faceva i primi passi fuori dall’ambiente che fino a quel momento l’aveva contenuta. Era piccola, non più grande di un animale di taglia media, ma non era la dimensione il problema. Il problema era che aveva una dannata testa di leone e una coda che schioccava sibilante.
“Una Manticora!” Esclamò Louis. “Sono molto pericolose!”
Non era spaventosa come l’Acromantula che aveva affrontato il precedente Campione, ma chiunque si fosse preso la briga di ascoltare una lezione di Cura delle Creature Magiche sapeva di cos’era capace.
La testa di leone sputa fuoco mentre il veleno del serpente è capace di uccidere all’istante.
Le veniva da vomitare. Sapeva che Dominique avrebbe rischiato molto, ma realizzarlo era terrificante.
“Sta’ tranquilla.” Louis le prese una mano tra le sue, sedendosi composto, quasi avesse intuito la sua poca voglia di partecipare al tifo. “Domi è abituata ai draghi! Sono molto più grossi e cattivi, sai!”
Louis aveva ragione, ma non voleva sentire discorsi razionali in quel momento.
Voglio solo che finisca. Ora. Subito.
Sentì un boato dalla folla e calamitò lo sguardo sotto di lei. Dominique aveva tentato il primo approccio e la Chimera non aveva tardato ad attaccarla sputandole addosso una vampata di fuoco. Si rialzò da terra, fuori dall’aria di tiro dall’animale, illesa.
Per adesso.
“Le Chimere sono veloci nell’attacco, rispetto ad un drago…” Disse la scozzese di fianco a loro. Avrebbe potuto continuare a restarsene zitta, per quanto la riguardava. “Sono piccole, si spostano meglio.”
“Grazie per l’informazione.” Soffiò trai denti, sentendo l’impulso di tirarle un ceffone.  
“Non voglio farvi preoccupare.” Sorrise appena, quasi avesse letto le sue intenzioni. “L’ho detto solo perché Dominique sa benissimo come cavarsela. Ha fatto una serie di allenamenti specifici.”
“Tu sei Mòr!” Indovinò Louis. “Sei quella scozzese? Ci ha scritto di te!”
Ah, sì?

Violet soffocò l’impulso di tirare a sé il ragazzino e intimare all’altra di sparire. Dominique le aveva parlato di quello che era successo e non successo tra di loro.   
Ti dovrei insegnare a non provarci con le ragazze altrui …
La Corvonero sorrise a Louis. “Anche lei mi ha parlato di voi e di te, Louis.” Se l’avesse affatturata, con tutto quel caos, nessuno l’avrebbe notato. Prima che potesse seriamente pensarci però, la loro attenzione venne nuovamente calamitata verso l’arena. Stavolta Dominique aveva tentato una nuova manovra di avvicinamento, prendendo dal fianco la Chimera. La creatura però, molto più sveglia di quanto non sembrasse, aveva finto di non capire  finché non se l’era trovata a distanza di tiro. Poi aveva tirato.
Violet nascose il viso tra le mani quando vide la vampata deflagrare in direzione della sua ragazza. Non l’aveva schivato, era stato troppo repentino, non poteva averlo schivato.
“Violet, guarda! Sta bene!” La scrollò Louis. Era vero. Dominique doveva esser riuscita a lanciare una barriera e l’unica cosa che aveva preso fuoco era stata la casacca che indossava. La vide gettarla a lato e rimanere solo con la canottiera.
“Quella casacca è ignifuga?” Chiese a nessuno in particolare, temendo la risposta.
“Avrebbe dovuto. Le fiamme della Manticora però sono magiche … funzionano in modo diverso. Credo anche che sia stata colpita.” Fu l’Odiosa Corvonero a darle la risposta che non voleva. Mentre Louis era distratto dalla sorella che si era intanto portata fuori tiro, si voltò fissandola apertamente.
“A che gioco stai giocando?”
“Scusa?”
“Sai benissimo di che parlo.” Replicò irritata. “Sei sua amica, dovresti tifare per lei!”  
La scozzese fece un mezzo sorriso. “Lo sto facendo.” Fece una pausa. “Sei la ex di Dom?”  
Forse si aspetta che neghi per proteggere la mia reputazione? Così può andare a dirlo a Nicky?
Violet compose il viso in una delle sue famigerate smorfie altezzose. “Non ex, mia cara. Attuale.” Flautò fregandosene delle conseguenze. Nicky stava rischiando la pelle pochi metri sotto. Gliela doveva, quella piccola presa di posizione. Oltre a – Morgana, sua madre l’avrebbe uccisa – segnare il territorio.
L’altra ci mise poco a riprendersi dal disappunto, dovette dargliene atto. “Perlomeno adesso so perché mi ha rifiutata.”
“Se stai cercando…”
“Non sto cercando di mettermi tra voi due. So abbandonare una partita, quando è persa.” La sorprese. Era irritante constatarlo, ma l’altra stava reagendo con una dignità che le rendeva difficile le cose. “E comunque…” Soggiunse. “C’è qualcosa di più importante a cui dovremo dedicarci.” E indicò l’arena. Subito dopo esplose un secondo boato: Dominique aveva tentato di mettersi in sella alla bestiaccia.
“Quell’idiota!” Esplose, saltando in piedi. “Che diavolo sta facendo?!”

“Spettacolo!” Ghignò Louis. “La mia sorellona è un asso in questo!”
“No, è pazza!”
“Una cosa non esclude l’altra.” Ridacchiò Louis. “Vai Domi!” Urlò poi con quanto fiato aveva in gola.

Dominique non poteva sentirli, ma Violet sperò che percepisse comunque le loro, le sue preghiere.
Ti prego, ti prego, non fare la pazza … Vinci, se vuoi vincere, ma fallo tutta intera, ti prego.
L’orecchino che le aveva dato non valeva niente, ma sperava fosse vera quella diceria secondo cui la volontà di un mago poteva creare una magia molto più potente che quella lanciata da una bacchetta. Sperava che la sua, di volontà, fosse tutta in quell’orecchino.
Vinci Nicky. Vinci.
Non si accorse di urlarlo finché non realizzò che Dominique doveva avercela fatta, con l’ultima mossa fulminea verso la creatura, immobilizzandola con un incantesimo brillante.
Louis le abbracciò la vita. “Ce l’ha fatta! La mia sorellona ce l’ha fatta, Violet!”
Dominique, di fronte al clamore del pubblico, non alzò le braccia al cielo come codice non scritto prevedeva. Fece un gesto che non aveva alcun senso per la moltitudine: si portò il dito all’orecchio destro, quello dell’orecchino, e poi indicò la folla, la sua delegazione, lei.
La mia ovvia vittoria la dedicherò a te.
La Corvonero fece uno sbuffo a metà tra la rassegnazione e il divertimento. “Su una cosa hai ragione, francese.” Commentò. “È pazza. Ma di te.”
Per la prima volta in vita sua, Violet rise senza preoccuparsi che le si vedessero i denti, il naso o che potesse essere inappropriato. Rise e basta.
 
****
 
C’era qualcosa che non andava.
Violet si strinse nel mantello mentre la nebbia saliva fitta attorno allo stadio: sapeva che il tempo inglese era brusco e repentino nel cambiare, ma lì si stava esagerando.
Fino a pochi attimi fa c’era il sole!

“Che freddo!” Esclamò Louis, stringendosi nel suo piccolo e perfetto cardigan verde bottiglia. Non aveva l’aria di tenere particolarmente caldo. Ma neppure il suo mantello sembrava assolvere alla funzione.
“Dannato clima scozzese…”
“Non è il tempo.” Intervenne l’Indigena – era un soprannome azzeccato per una che faceva di cognome MacFusty – drappeggiandosi addosso la stola di tartan. “Non cambia così in fretta neppure nelle isole.”

Violet non seppe cosa ribattere. La realtà era che, sebbene si fosse sentita allegra fino a poco prima, in quel momento le erano tornate in mente tutte i problemi che avrebbe dovuto affrontare con sua madre. Un pensiero talmente repentino da essere innaturale.
“Voglio andare dai miei genitori.” Borbottò il ragazzino con le braccia strette al corpo. “… Vado da loro!” Esclamò, saltando in piedi e dirigendosi verso le scalette che dividevano un settore dall’altro.
“Louis, aspetta!” Non seppe neppure perché glielo gridò, ma a posteriori fu un guizzo d’istinto incredibilmente lungimirante.  Perché accadde.
Ci fu una serie di grida, dapprima isolate, ma che poi si propagarono ovunque. E la gente cominciò a muoversi, alzarsi, tirar fuori bacchette e la voce.
Che sta succedendo?!
“Dissennatori!” Sentì urlare da qualcuno o dalla folla intera.
“Cosa?” Sentì esclamare la scozzese di fianco a lei. Ma la sua presenza era ininfluente, con Louis che stava venendo sballottato via da un gruppo di esagitati maghi dalle tuniche colorate. Stavano cercando di uscire come pesci presi nella rete, e il dodicenne, magro e piccolo com’era, non era in grado di sottrarsi alla presa. Si dibatteva e la chiamava, sconvolto da quell’improvvisa piega degli eventi.
Louis!” Scavalcò un paio di sue instupidite compagne che si guardavano attorno come a cercare ordini – dov’era la Madame? Ancora nella tenda dei Campioni? – e raggiunse il ragazzino, afferrandolo da sotto le braccia e tirandolo via dalla presa ferra di due enormi maghi che tentavano di scavalcarsi a vicenda.
Dannati imbecilli! C’era un bambino e lo stavate schiacciando!
“Perché scappano?” Aveva l’aria scossa e le lacrime agli occhi, ma sembrava star bene. “Che succede?”
“Non lo so.” Lo strinse al suo fianco, trovando del tutto ragionevole tirar fuori la bacchetta, ma non tenerla di fronte a sé. Quella calca gliel’avrebbe spezzata. “Andiamo a cercare i tuoi genitori, assieme.” Decise. Non era così stupida da tentare di uscire di lì con le sue sole forze. Gli Weasley avevano la reputazione di gente pratica e dall’incantesimo facile. Sarebbe stata più al sicuro in loro compagnia che in quella dei suoi inesperti compagni.
Inesperti come me.
Furono così inevitabilmente inglobati dal magma di persone che si muoveva verso le uscite. Qualcuno, professori e altri adulti, tentava di coordinare senza troppo successo.
Violet si strinse il colletto di pelliccia tra le dita. C’era troppo freddo. L’ambiente avrebbe dovuto esser rovente, a causa dei corpi accalcati, invece sentiva freddo. Ed era lo stesso per il suo piccolo amico, che si stringeva a lei come a trarne conforto. Vi era ironia in quella situazione: mai, nella sua vita, avrebbe pensato che si sarebbe trovata a prendersi cura di un’altra persona.
Uno Weasley, poi.
“Cerca di vedere dove i metti piedi.” Gli consigliò per non ordinarglielo. “Non cadere.”
Louis annuì e serrò la presa sulla sua vita con il rischio di sbilanciarla. Violet inspirò: se fossero caduti sarebbe stato impossibile rialzarsi, dato che quella mandria di imbecilli li avrebbe calpestati senza troppe remore. Sentiva spinte e pressioni da ogni lato ed era maledettamente difficile mantenere l’equilibrio.

Se fossi da sola ti sarebbe più facile uscire …  
Quel pensiero era terribile. Eppure l’aveva pensato, perché aveva una sua dose di ragionevolezza.
Violet serrò le labbra, e lo scacciò spaventata. Poteva essere molte cose, ma non un mostro.
“Va tutto bene.” Tentò un sorriso, vedendo come le allegre lentiggini del bambino fossero quasi sbiadite nel pallore del volto. “Continua a camminare, siamo quasi fuori.”
“Sì.” Annuì deglutendo. “Ho … ho paura.” Le confessò, ma senza smettere di mettere un passo dietro l’altro, ubbidiente.
“Ma come, un Weasley che ha paura?” Lo prese in giro. Quando sarebbero usciti? Quei maledetti spalti sembravano non finire mai. Si erano infilati nel corridoio di uscita, ne era sicura perché erano scesi, ed ora sopra la sua testa vedeva l’architettura interna degli spalti, ma non voleva dire molto. La gente attorno a lei urlava, chiamava altra gente, e c’era freddo, freddo ovunque.
Dissennatori … non dovevano esser stati messi in sicurezza anni fa?
“Non siete tutti coraggiosi?” Continuò, vedendo che il ragazzino sembrava trovare interessantissime le sue parole. O forse, lo distraevano. “E poi hai fatto una promessa a tua sorella…”
“È … è vero!” Esclamò ritrovando un po’ di colore alla menzione di Dominique. “Va bene, io … io sono coraggioso!”
“Vorrei ben vedere, una dama non può esser lasciata sola ad affrontare certe situazioni. Non è appropriato.” Non sapeva neppure da dove le uscissero certe parole, o la voglia di parlare. Louis in compenso sembrò aver ritrovato un po’ di sicurezza, perché smise di aggrapparlesi alla vita.

Riuscirono ad uscire. Ma il sollievo di riuscire finalmente a muoversi senza rischiare di esser calpestati da qualcuno fu breve. Fuori dallo stadio la nebbia era talmente spessa e scura che non si vedeva più in là di qualche centimetro.
La nebbia scozzese è nera?
Lumos.” Nulla. Violet controllò la propria bacchetta ma era perfettamente a posto, integra e lucida come sempre. Solo, non funzionava. Sentì il panico serrarle la gola, ma l’espressione sconvolta del piccolo Weasley la fece immediatamente rientrare nei ranghi.
Sono io la persona adulta qui. Non posso esser io a perdere la testa.
“Violet, che succede? Perché la bacchetta non funziona?” Guardò la sua, altrettanto silente e priva di magia. “Perché la magia non funziona?”
“Non preoccuparti… andrà tutto bene.” C’erano parole per arginare il terrore di sentirsi privi di una parte di sé stessi? Probabilmente no.
Sentiva dei suoni, voci e sussurri tutto attorno. C’erano delle persone, ma non riusciva a vederle.
Cosa sta succedendo? Che ci sta succedendo?
Se solo ci fosse stato qualcuno a cui chiedere, appoggiarsi, affidarsi. Mai, in vita sua, si era trovata a prendere decisioni da sola, senza qualcuno che gliele consigliasse o gliele imponesse come le uniche da prendere. Le mancava il fiato, ma al tempo stesso sentiva la mente lucida come mai prima di allora.
Dev’esser questo che si prova ad esser padroni di se stessi.
“Andiamo verso il castello.” Era la cosa più sensata da fare. “I tuoi genitori staranno andando là.”
Louis annuì, stringendole la mano. Aveva il palmo caldo, a sua differenza, che si sentiva congelare.  “Copriti bene. Se ti prendi un raffreddore poi come festeggerai a dovere con tua sorella?” Tentò di sorridere, stavolta fallendo miseramente. “Forza, andiamo.”

Fu un attimo e un vento gelido le entrò dentro come avrebbe fatto una lama di coltello. Violet si sentì girare la testa e incespicò nei suoi stessi passi, come sua madre l’aveva sempre accusata di fare.
Goffa, sciocca e inadatta Violet. Per essere una dama, non vali neppure un centesimo.
Era come se ci fosse una voce nella sua testa. Sussurrava, sogghignava, rideva. Di lei.
Anonima Violet. Dovresti obbedire a tua madre. È certo meglio di pensare con la tua testa.
Una delusione, un abominio che preferisce la compagnia delle ragazze al tocco di un uomo.
Sentiva la testa piena di quelle frasi, si accavallavano l’una sull’altra e avevano la voce della Vedova, composta nel tono sprezzante che usava solo per gli esseri che riteneva inferiori.
Ti ho dato tutto, un’educazione, una dote e le carte giuste per rispettare il tuo cognome e il tuo lignaggio e tu preferisci seguire i tuoi patetici desideri? Quali desideri?
Stupida e poco interessante come sei chi credi ti possa amare, o desiderare?
Sciocca, goffa e anonima Violet…
“Violet! Violet, cos’hai? Alzati! C’è qualcosa! Qualcosa di brutto! Dobbiamo scappare!” Louis la stava strattonando, ma non riusciva a muovere un muscolo: era come se il suo corpo fosse fatto di piombo.
“Alzati, dai, alzati!” Perché Louis non la lasciava in pace? Avrebbe dovuto abbandonarla, lei al posto suo l’avrebbe fatto, di certo. Ma era il fratello di Dominique, ovvio che fosse cocciuto come un Folletto.
Nicky…
Le aveva dedicato la sua vittoria. Aveva fatto quella posa buffa, incomprensibile per chiunque tranne che per lei – e quell’insopportabile e intuitiva scozzese.
Nicky le voleva bene, o non si sarebbe comportata in modo assurdo per quasi un mese, per poi esplodere e trascinarla in un cortile e baciarla in mezzo alla pioggia come se il mondo stesse per finire. Non si sarebbe illuminata ogni volta che le confermava che stavano assieme, né le avrebbe dedicato il suo risultato del Tremaghi.
E come fai a saperlo, te l’ha mai detto? Forse vuole giocare con te come ha fatto Louise…
Non era possibile. Dominique era un sacco di cose, molte delle quali estenuanti e insopportabili, ma non era una stronza. Era Nicky. C’era anche Scorpius, a pensarci bene. Quello stravagante ragazzone che le aveva offerto amicizia senza nessun tornaconto personale. Era stata così sollevata quando l’aveva visto superare le prova… e felice per lui, anche. Senza nessun tornaconto. C’era qualcuno che teneva a lei anche se era una scialba, insopportabile Purosangue piena di sé.
Visto mamma?
Strizzò gli occhi e li riaprì. Il mondo era tornato a fuoco. “Ehi!” Esclamò Louis, inginocchiato davanti a lei, con tono sollevato. “Mi senti? Ci sei?”
“Sì, ci sono…” Inspirò bruscamente quando vide cosa c’era alle spalle del ragazzino sorridente.
Un Dissennatore!
Li aveva visti solo in figura, ma  non c’erano dubbi. Il mantello pieno di buchi e lercio, le mani scheletriche che spuntavano dalle maniche come rami secchi e  il cappuccio calato sul nulla.
Si alzò in piedi, ignorando il capogiro e spinse dietro a sé l’altro. Con orrore si accorse di non sapere come mandar via quella cosa orrenda, né si sentiva sufficientemente in forze da scappare. Si era ripresa, ma non era in grado di affrontare alcunché.
Di colpo Louis si divincolò dalla sua presa e corse via. Era scappato, e non poteva che comprenderlo.
Il Dissennatore parve captare la sua debolezza perché avanzò verso di lei. Le sembrava di ricordare che quei mostri si nutrivano della tristezza umana, scatenandola.  
Non ho paura. Non puoi farmi male, perché non ho paura. Non più.
Afferrò la bacchetta. Se non poteva correre via, poteva almeno cercare di lanciare un segnale di aiuto. Fortunatamente, non ce ne fu bisogno perché un improvviso lampo di luce squarciò il nero profondo in cui era immersa: era argenteo e aveva una forma che non tardò ad identificare con un cigno.
Cosa…
Il Dissennatore gettò una sorta di sibilo stridulo, prima di scomparire nel nulla mentre dalla nebbia apparve una figura di donna.
Violet!” Era la voce di Louis, che spuntò dall’ampio e ricco mantello della strega; non era scappato quindi, era andato a cercare aiuto!
Facendo qualche passo esitante nella loro direzione, riuscì ad identificare i suoi salvatori. Erano in due adesso e con sgomento si rese conto che li conosceva.
“Violet, quanto tempo…” Le sorrise Lady Astoria Malfoy. Sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione allucinante, mentre il marito aveva la bocca tesa in una linea irritata.
Probabilmente non era stato lui a lanciare l’incantesimo.
“Lady Astoria, Lord Malfoy.” Li salutò, chiedendosi che genere di formalità fosse appropriata in quei casi.
“Il tuo giovane amico ci ha segnalato la tua presenza.” Spiegò la strega, quasi fossero nel bel mezzo del the delle cinque. Ricordava fosse suo tratto tipico non sembrare mai fuoriposto. “Come ti senti, cara?”
Violet, come suo solito, si trovò a corto di parole. “Meglio…?” Tentò sentendosi un’autentica stupida. Ma era salva, realizzò, era viva. “Grazie… grazie Lady Astoria!” Esclamò, e non le importò di incespicare con le parole. Era viva.
La donna sorrise. “Sei cresciuta.” Le fece una carezza che la riempì di uno strano calore consolante. “Ti trovo bene.”

E fu altrettanto strano, ma realizzò di colpo che si sentiva bene davvero.
 
****
 
“Noi andiamo a cercare Scorpius, cara.”
Violet quasi sobbalzò quando Lady Astoria le rivolse la parola. Fino a quel momento era stata completamente concentrata a cercare nella folla di sfollati il volto di Dominique.

Entrati ad Hogwarts erano stati accolti da una moltitudine di persone che, infreddolite e vocianti in più gradi, si aggiravano per i corridoi del piano terra. Violet, reinserita forzatamente in un clima vivace ne era rimasta stordita. Lo era tutt’ora.
“Sì, va … va bene. Io accompagno Louis a cercare i suoi genitori.” Replicò ricordando il suo compito primigenio. Il dodicenne in compenso si era inerpicato sulla balaustra che portava al primo piano per avere una visuale migliore e Lord Malfoy lo guardava come se ritenesse quel gesto un affronto personale.
Mi pare di ricordare che ce l’avesse con gli Weasley, come mamma …  
Lady Astoria invece sorrise al piccolo, accarezzandogli i capelli. “Ti prenderai cura della tua amica, Louis?”
“Ci puoi giurare Astoria! Non abbandono una dama al suo destino, che diamine!” Replicò quello, di nuovo sfacciato, allegro e pieno di lentiggini. Violet vide con la coda dell’occhio Lord Malfoy incupirsi come se stesse covando un temporale.

Era ora di accomiatarsi.
“Vieni.” Il ragazzino fece un balzo e le fu subito accanto. Diversamente dalla sorella era molto ubbidiente. “Per Scorpius … Verrò a cercarvi appena avrò portato Louis dai suoi genitori.” Vedendo l’aria sorpresa della strega, arrossì. Doveva aver pensato che si fingesse preoccupata per via delle aspettative di sua madre circa il loro fidanzamento. “Siamo … Non è per… È mio amico, e…” Balbettò incoerente tanto che si beccò pure le sopracciglia inarcate dell’uomo. Avrebbe voluto scomparire.
La strega in compenso le sorrise con aria divertita. “So che siete amici, mio figlio me l’ha scritto.” Le mise una mano sulla spalla. “Pensiamo di portarlo via subito però … Non credo ci incroceremo di nuovo. Ti farò scrivere nei prossimi giorni, anche se sono certa che Scorpius vi penserà da solo. Abbi cura di te, cara. A presto.” Le baciò la guancia prima di toccare il braccio del marito e farsi portare via.
“Che donna!” Esclamò Louis  quando furono fuori tiro. “Dev’essere figo averla come moglie, eh?”
Anche come madre, se è per questo…

“Andiamo a cercare Ni… I tuoi genitori.” Si distrasse.
“E anche Domi!” Assecondò il suo lapsus con tranquillità. “Sei preoccupata per lei, lo capisco!”

Eccome. Chissà in che guai è riuscita a cacciarsi, data la situazione…
“Proviamo in infermeria?” Suggerì il ragazzino zigzagando tra la confusione di persone come se fosse nato per quello. “Mia sorella di sicuro l’han portata là … Non era conciata benissimo finita la prova!” Aggiunse sereno, quasi fosse abituato a sapere sua sorella nelle braccia della Medimagia.
… Non che abbia tutti i torti. Da che la conosco è finita in un lettino più volte di quel che se ne possono contare.   
Violet seguì così Louis. Sbagliarono ad imboccare un corridoio solo una volta, poi arrivarono a destinazione. L’infermeria era molto più grande della loro, e ricolma di Medimaghi, gli stessi che avevano presenziato alla prova. Violet inspirò.
E ora come la troviamo?
 
“Lasciatemi uscire di qui rompicoglioni!”
 
Violet si guardò con Louis, e vide negli occhi dell’altro la stessa sorpresa. Solo una persona poteva urlare e farsi sentire per un’intera infermeria.
“Da quella parte!” Esclamò l’altro. “È lei! Mia sorella ha dei gran polmoni!”
Ed è lei la rompicoglioni.

Ma evitò di formulare quel pensiero ad alta voce, non era appropriato. Anche se diamine, cosa aveva da urlare quella matta? Doveva esser circondata da personale medico e servita come una regina, visto il suo ruolo di Campionessa.
Come se fosse quello il punto … Sai benissimo quanto detesti esser obbligata a rimaner ferma in un posto quando il resto del mondo si muove. Va in risonanza, l’idiota.
Aggirarono una serie infinita di facce, persone e lettini. Violet vide con la coda dell’occhio la scialba Weasley, probabilmente la fidanzatina di Scorpius e Zabini, in compagnia del ragazzino dai grandi occhi verdi, più una serie di persone di cui non le importava nulla.
Louis scostò una tendina e si trovarono finalmente di fronte all’incarnazione di tutti i suoi guai. Dominique era seduta sul lettino o meglio, costretta in quella posizione dalle braccia di Mael e del padre.
Nonostante fossero in due facevano fatica a tenerla ferma; il padre addirittura tentava di tenerle lontano la bacchetta.
“Louis!” Esclamò Madame Weasley, rompendo la stasi comica della scenetta, alzandosi dalla sedia su cui doveva essersi lasciata scivolare senza forze, a giudicare da come fino ad un secondo prima avesse fissato Dominique in pieno sconforto.
Maman!” Violet concesse un breve sorriso al loro abbraccio prima di concentrarsi sull’altra.
Dominique la fissava come se avesse appena visto Morgana in persona ascendere dall’Aldilà. Violet ci mise più di qualche attimo a realizzare che era il suo modo di mostrare sollievo.

“Per tutte le palle di drago … la folla non t’ha schiacciato!” Esclamò.
“Perché avrebbe dovuto farlo?” Replicò, indecisa se ordinarle di piantarla con quella scenata o stritolarla in un abbraccio persino più stretto di quello tra Louis e sua madre.
“Beh, sei un po’ nana…” Fu la replica. Poi si voltò verso padre e cugino. “Va bene, va bene … Adesso che è qui e so che sta bene, potete mollarmi, faccio la brava.”
Strepitava tanto perché voleva andare a cercare me?
Il viso le prese completamente fuoco. “Non sono nana, idiota, sei tu che sei una gigantessa!” Borbottò tanto per dire qualcosa, dato che tutti la stavano squadrando come se fosse una creatura magica sotto spirito. Tranne Mael che invece sogghignava con l’aria di trovare quella situazione deliziosa.

Va’ all’inferno.
“Meno male che stai bene…” Mormorò Dominique strappandola alle sue riflessioni. Poi di colpo gli occhi le si rovesciarono e crollò sul lettino con un tonfo sordo.
“Nicky!”
“È solo svenuta.” Sospirò Madame Weasley, mentre coccolava il figlio sulle ginocchia. Non sembrava granché turbata da quel repentino crollo fisico. “Eravamo nel ben mezzo di una rivolta dei Goblin finché non sei arrivata tu, ma era pur sempre allo stremo delle forze. Per fortuna.” Soggiunse con un sospiro.
“Non è la prima volta che le succede, sta’ tranquilla. Ha solo bisogno di dormir sodo.” Si inserì Weasley Senior con aria rassicurante. Poi si rivolse alla moglie. “Merlino Fleur, mi ha quasi slogato un polso…”
“È naturale mon chere.” Rispose questa con un sorriso ultraterreno. “È il suo ottavo Veela.”  

“Un ottavo di pura brutalità.” Considerò Mael massaggiandosi le spalle. “Voleva strapparmi le braccia!” Aggiunse tornando al solito tono lagnoso.
“Su, su …”
Violet ascoltò quella serie di dialoghi allucinati – che in bocca ai Weasley Delacour sembravano però perfettamente sensati - senza saper bene cosa fare. La sua presenza lì non era esattamente convenzionale. Dominique doveva aver parlato alla sorella maggiore e detto qualcosa al fratellino, ma per quanto riguardava i genitori? Sapevano? E se sì, quanto? 
Fu Madame Weasley a rivolgerlesi per prima. “Ti ringrazio per aver protetto Lu …” Le sorrise con calore, sembrando una di quelle Madonne Babbane. Il suo stomaco fece un’immediata capriola e sperò, davvero sperò di non essere diventata più paonazza di quanto già non era. “Te ne sono immensamente grata.”
“Non … non è stato nulla.” Non sapeva come reagire alla riconoscenza, realizzò con orrore. Nessuno le era mai stato grato per qualcosa di più che prestito di una Piuma. E quei casi comunque riguardavano le sue amiche, non certo persone che sua madre le aveva insegnato a disprezzare.
Peccato che tu sia innamorata persa della loro figlia di mezzo.

“Io … devo andare.” Si risolse a dire. “Chiedo scusa, ma ho … delle cose da fare. Buona giornata.” E se la diede letteralmente a gambe. Aveva ripiegato in modo ridicolo, se ne rendeva conto, ma non aveva idea di come interfacciarsi con la famiglia della sua ragazza quando la suddetta era collassata su un lettino.
Weasley, sarai la mia rovina!
Rallentò il passo quando le persone cominciarono a diradarsi. Appoggiò la schiena al muro meravigliosamente freddo di fronte al portone principale e chiuse gli occhi: non aveva avuto neppure un minuto per sé in quelle ore concitate. Se ne prese dunque un paio.
E capì. Capì che oltre l’imbarazzo, il disagio, la stanchezza, non si era mai sentita così forte.
Sorrise, solo per se stessa: anche per lei, quel giorno, si era tenuta una prova. E sembrava avesse vinto.
 
 
****
 
Violet non era nervosa. Non esattamente. A dirla tutta, il nervosismo non c’entrava granché.
… Forse solo un poco.
Seduta sul letto stava finendo di spazzolarsi i capelli per circa la sesta volta. Ormai erano talmente lisci che uno Zellino avrebbe potuto scivolare in linea retta fino alle punte.

E non era questo il punto.
Il punto era che si trovava da sola nella stanza, dopo aver saputo che la CompagnaSenzaNome - no, non l’aveva ancora imparato, doveva essere qualcosa come Tombard o Gerard o … -  era stata portata a casa dai genitori presenti alla Prova. Era sola e Dominique, come al solito, latitava.
Beh, stavolta non è colpa sua … L’ultima volta che l’hai vista era esanime su un lettino dell’infermeria.
Se si fosse sbrigata a tornare, per la prima volta da mesi avrebbero trascorso una notte da sole, assieme. A dirla tutta, da che la conosceva dato che appartenevano a dormitori diversi.
Si sentiva elettrica, e non riusciva a star ferma. Quello che era successo durante quella giornata apocalittica invece che metterle stanchezza addosso aveva stimolato la sua adrenalina.
Non era una sensazione brutta, ma neppure piacevole. Più che altro frustrante.  
Dove diavolo è?
Fuori, calmate le acque e riportato i Dissennatori al loro posto – all’inferno supponeva – doveva star succedendo il finimondo, diplomatico e non. Alei non interessava. Tutto ciò che voleva era vedere la sua ragazza.
Non chiedo molto, mi sembra…
Quasi il Cielo avesse risposto alle sue preghiere sentì bussare alla porta. Poi ricordò che l’altra non si era mai comportata in modo così civile.
“Avanti.” Si sentì quasi ringhiare. Possibile?
A quanto pare quest’adrenalina ha effetti singolari…
Spuntò la testa biondissima di Mael. “Oh, Parkinson … stiamo cercando di farci portare qualcosa per cena da Hogsmeade. Hai preferenze?”
“Sarebbe perfetto se ti levassi dai piedi.” Fu lesta a rispondere.
Il ragazzo la guardò indispettito, prima di notare il letto privo degli effetti personali della terza compagna. “Oh.” Emise con un rimarchevole guizzo intuitivo. “Capisco.”
Vedendo i suoi desideri smascherati, avvampò. “Delacour, fatti gli affari tuoi!”

L’altro rise e per una volta non vi percepì reale malevolenza. “Suvvia, Parkison, un po’ di controllo.”
Sembrava star cambiando idea su di lei, e non aveva idea del perché. Scoprì che le piaceva la sensazione di non essere guardata con astio.
“Da che scranno del Wizengamot! Ne sai più tu di materassi e lenzuola  che l’Accademia intera!” Esclamò di rimando, che certi schemi non potevano cambiare tanto facilmente. Potevano smorzarsi, però.   
Mael fece un sorrisetto malizioso. “A quanto si dice in giro, neppure tu potrai vantare un vestito bianco al tuo matrimonio. Sempre se ce ne sarà uno.” Si appoggiò allo stipite della porta. “Comunque Dom sta salutando i suoi adesso, poi arriva. Stanotte dormono ai Tre Manici di Scopa.”
“Anche lei?” Il suo disappunto fu così palese che l’altro scoppiò di nuovo in una risata.

“Ehi, ascoltami quando parlo … Se li saluta significa che non starà con loro stanotte, ma qui.”
Meditò di tirargli il libro che stava leggendo in quel periodo ma poi si frenò. Non era ciò che il galateo le aveva insegnato. Poi registrò quanto detto e si frenò impietosamente dal sorridere.
Doveva esser vera la voce secondo cui l’amore ti riduceva in una pozza di idiozia.
“Immagino che cenare sia l’ultimo dei tuoi pensieri … Prenderò qualcosa per voi e lo farò lasciare in caldo. Mandami Dom a bussare quando avrete fame … di cibo.” Soggiunse prima di schizzare via. Violet si rese conto dopo qualche attimo di avere il sopracitato libro in mano. Sospirò, sedendosi di nuovo sul letto.
Era ufficiale, l’attesa la stava logorando. Sentì poi dei passi e fece appena in tempo a dare un’ultima occhiata allo specchio e lisciarsi la camicia da notte che Dominique entrò spalancando la porta.
“Ohi, ho visto Mael che scappava in corridoio, mica avrete di nuovo liti…” Si fermò, squadrandola attentamente. Morgana, si era guardata allo specchio, le sembrava fosse tutto a posto, aveva forse qualcosa incastrato trai denti?
Cosa?” Sbottò aggressiva, sentendo la familiare ondata di inadeguatezza investirla.
Dominique sorrise di colpo. “No, nulla … solo, chissà perché, mi sei sembrata un po’ diversa quando sono entrata.” Ghignò. “Poi hai ricominciato a comportarti come la solita, vecchia Piggie. Tutto regolare.”
“Stupida!” L’accusò, ma senza troppa rabbia. Dominique era istintiva come un animaletto. Chissà se aveva percepito il rimuginare incessante dei suoi pensieri e il formarsi di certe decisioni nella sua testa.
“La mia Piggie!” Esclamò divertita. Sembrava stare meglio; aveva una garza che le girava attorno al collo, fasciandoglielo e un paio di dita avevano fatto la stessa fine, ma la postura e l’atteggiamento erano strafottenti come al solito. Per usare l’espressione dell’altra, tutto regolare.
Morgana, grazie … grazie per avermela protetta.
“Mi sono classificata prima, sai?” Allargò le braccia in maniera del tutto teatrale. “Te l’avevo detto che sarei stata la migliore!”
“Mai dubitarne…” Sospirò. Poi si rese conto che l’altra era rimasta nella stessa posizione. “Cosa?”

Campionessa!” Scandì allegramente, come se non fosse stata materiale da Medimago fino a poche ore prima. Violet comunque non si sottrasse al suo dovere e le afferrò i lacci di una delle sue sgraziate felpe babbane per tirarla giù e baciarla. Dominique rispose in maniera entusiasta e attenta come sempre, ed era sorprendente, sul serio, che riuscisse ad utilizzare due modalità in apparenza inconciliabili.
Ma ehi, è la Weasley.
Poi la strinse e Violet si trovò ad aspirare l’odore di foglie, bosco e sapone neutro della sua felpa. “Nicky, mi schiacci…” Si lamentò senza averne davvero l’intenzione. “… abbracciare non è sinonimo di stritolare.”
L’altra parve non ascoltarla, e fece invece un profondo respiro e sospiro. “Meno male stai bene…” Mormorò, e non c’era proprio niente di ironico in quel tono.
Violet strinse la presa di rimando. “Ma ti sei preoccupata per me?” Le uscì piuttosto intelligentemente.
“No, Piggie … ero certa che, con l’aiuto esperto di un dodicenne, avresti affrontato efficacemente una serie di creature che non avevi mai visto in vita tua e di cui non sapevi niente.” Fece una pausa. “Senza contare che quei cadaveri ambulanti hanno una predilezione per chi ha problemi in famiglia o giù di lì, a sentir mio zio Harry.”
Chiunque avesse detto che aveva l’empatia di un fondo di calderone, non capiva assolutamente nulla. Dominique capiva ciò che le accadeva intorno, sia che le fosse spiegato, sia che fosse lasciato tra le righe.
O forse, fa’ questo sforzo per te
Violet si liberò dall’abbraccio solo per passarle le dita sul collo fasciato e poi sulle guance bruciate dalle efelidi. “In effetti ne ho quasi affrontato uno…” Ammise mentre un lampo di allarme le passava nelle iridi chiare dell’altra. “… ma per fortuna non ero sola. Cosa pensavi di fare, venendomi a cercare ferita com’eri?”

“L’eroina?” Tentò con un ghignetto un po’ stiracchiato ficcandosi le mani in tasca. “Non era un’idea grandiosa, lo so. Me ne sono venute di migliori.”
“Era un’idea assolutamente idiota, e tipica tua.” La rimbeccò facendola sbuffare. “Ma se ho avuto una minima possibilità con quel Dissennatore, e non è vero che non ne so nulla, è stato grazie a te.” Si godette l’espressione sorpresa e il vago rossore – arrossiva! Era capace di arrossire oltre le lentiggini! – dell’altra. “Non farò dei gran pensieri felici ultimamente, ma oggi ne ho fatti. Grazie anche a te.”
Dominique batté le palpebre. “È perché sono la tua ragazza?”
“Sì, e perché ti amo.” I libri parlavano di batticuore, esitazioni, tentennamenti e preludi epici a quelle tre parole, ma Violet si trovò piuttosto tranquilla a dirle, anche se era la prima volta che lo faceva – con Louise, nonostante tutto, non le erano neanche venute in mente. Le uscirono dalle labbra con la stessa semplicità con cui l’anno prima aveva ammesso che voleva stare con lei.
Come diavolo fai a rendere tutto così semplice, tu, razza di folle e straordinaria strega?
L’altra batté le palpebre talmente tante volte che sembrava le si fosse conficcato qualcosa nell’occhio, ma Violet non pregò perché le rispondesse con una frase simile o addirittura migliore. Nicky era svelta come un lampo in certe cose e drammaticamente lenta in altre. I sentimenti appartenevano alla seconda categoria.
Non significa che non ne provi …
Perché il sorriso che le fece certo non era di rifiuto o imbarazzo, tutt’altro. “Forte…” Le uscì e Violet non poté fare a meno di tirarle un colpo al braccio, esasperata.
Forte? La migliore risposta ad un ‘ti amo’ nella storia delle relazioni, davvero Weasley, sono sopraffatta.”
Non le rispose: invece tese la mano verso di lei. Poi, inaspettatamente, si bloccò. “Posso toccarti?”
Non le aveva mai chiesto il permesso e proprio per questo c’era un intero mondo di non detto dietro il tono timido – quanto avrebbe voluto registrarlo per riascoltarselo per il resto della sua vita – che le uscì.

Posso entrarti nel sangue e rimanere lì e per il resto della tua vita?
Lo fa e poi, chiede il permesso. Creatura irritante.
Violet le prese la mano stringendosela al petto. “È se non lo fai che abbiamo un problema, Weasley…” Lasciò una mano a premere sulla sua e l’altra afferrò la zip della felpa e lì rimase. Per il momento. “Quella tizia stanotte non c’è…”
“Si chiama Mathilde Lombard, come fai a non ricordarti almeno il suo cognome?” Ridacchiò, fissando però la zip ancora chiusa. Aggrottò di colpo le sopracciglia. “Vuol dire che siamo sole?”
Come aveva detto, lenta in certe cose, estremamente veloce in altre.
 
 
La Prima Volta – le pareva ci volessero delle maiuscole da qualche parte – secondo molti era un avvenimento campale, roba da scuotere mari e monti, la Magia con la maiuscola e così via.
Dominique aveva sempre pensato che, quando sarebbe successa a lei, l’avrebbe affrontata come affrontava qualsiasi novità: come qualcosa di curioso e che presto sarebbe finito nel dimenticatoio.
E invece no, decretò passando le dita sulla pelle liscia e morbida – sembrava una pesca! – di Violet. L’altra era scivolata nel dormiveglia poco dopo, esaurite tutte in una volta le energie di una giornata intera di avvenimenti. Non dormiva sul serio però, lo capiva dal ritmo del respiro e dal pulsare del cuore attraverso le vene. Le cercò con i polpastrelli e le percorse dal polso fino all’incavo del gomito, con estrema precisione. Le sembrava fosse importante.
“Mi fai il solletico…” Mormorò l’altra arricciando il naso come faceva quando doveva segnalare al mondo intero il suo fastidio. Trovava che fosse una smorfia adorabile, anche se Mael l’aveva classificata come snob. “Non riesci a dormire?” Le chiese spalancando quegli enormi occhi scuri. Erano quasi tondi. Dominique si chiese se avrebbe potuto tracciarne il contorno senza che l’altra le intimasse di non ficcarle un dito nell’occhio.
“No.” Scosse la testa. Ti guardo, avrebbe voluto aggiungere, ma la cosa le sembrava piuttosto palese.
“Come fai ad avere tutte queste energie?” Sospirò l’altra muovendosi per puntellarsi con il braccio al cuscino. Venne poi presa da un pensiero. “Hai fame per caso? Perché Mael ha lasciato qualcosa in caldo anche per noi, credo. Se se n’è ricordato, quella testa vuota.”
“No, non ho fame. Sto bene.” Stava alla grande ed era una sensazione tutta diversa dal concetto ‘di star bene’ a lei familiare. Non stava in quel modo quando era in sella ad Arod, né quando segnava una rete per i Bluets. Era una sensazione di ‘bene’ diversa persino da quella che aveva sentito quando, a quattordici anni, suo zio Charlie l’aveva lodata per esser riuscita ad avvicinare un Lungocorno Rumeno per curargli una zampa ferita. Non era migliore, né inferiore. Solo, la faceva sentire diversa in modo buono.

Violet, ignara dei suoi ragionamenti, le passò le dita trai capelli e Dominique si sentì un po’ meno sveglia e un po’ più insonnolita. “Quello che amo di te sono le tue eccellenti doti comunicative.” Le disse. Sentì una lieve esitazione nella pressione dei polpastrelli, vicino all’orecchio. Esitava, per cosa? “Sei sicura che … voglio dire…” Ecco i famosi giri di parole alla Piggie. Poteva girare in tondo per ore. “Vorrei sapere se per te va sul serio tutto bene.”
“Perché non dovrebbe?” Stava scivolando nell’incoscienza e quelle domande non avevano senso. Ma sapeva che per l’altra non era così quindi si sforzò di non crollare. “Guarda che mi è piaciuto fare l’amore con te.”

Seguì un lungo silenzio, tanto che Dominique fu costretta ad aprire di nuovo gli occhi per controllare di non aver detto qualche cavolata. Violet la guardava con una di quelle sue facce buffe e incomprensibili. Non era arrabbiata però. “Ho detto qualcosa di sbagliato?” Si informò. Aveva imparato fosse una buona giocata mettere le mani avanti con chi rimuginava troppo.
Violet inaspettatamente le sorrise. Era un sorriso segreto, che non faceva vedere a molti. Le esplodeva negli occhi più che nella bocca e li riempiva tutti. Era favoloso.
Specie perché poi era seguito da un bacio coi fiocchi. Le sue aspettative non vennero disattese, e fu onorata anche di un extra sul naso. Sospettava le baciasse le lentiggini come faceva sua madre con suo padre. “Perché hai le sopracciglia scure e i capelli chiari?”
E poi sono io che faccio domande balorde…
Forse era una domanda che ne nascondeva un’altra. Lei avrebbe risposto solo a quella esplicita però.
Eccheccavolo, non so leggere nei fondi di the.
“Perché quando avevo dodici anni ho preso in braccio un cucciolo di Dorsorugoso che ha ben pensato di digerire il suo pasto in faccia a me. Sputando fuoco.”
Violet ridacchiò. “Ti sono bruciate le sopracciglia?”

“E mi sono ricresciute così … Non te n’eri mai accorta? È successo nell’estate del Secondo.”
“Non ti sono mai stata così vicina quando eravamo piccole.” Ci passò un dito, disegnandole. “Ti fanno sembrare ancora più squinternata.”
Dominique sbadigliò, facendo spallucce dato che suonava come un complimento. “A te piaccio, quindi non dev’esser tanto male.” C’era da rifletterci, sul fatto che Piggie fosse la prima ragazza che conosceva – ben prima di Mòr – che non l’avesse guardata come una sorta di puzzle incomprensibile e lì si fosse fermata. Certo, si arrabbiava e fraintendeva puntualmente le sue intenzioni, ma si era sempre sforzata, il triplo rispetto ad una persona normale, visto tutte le cazzate Purosangue di cui l’avevano imbottita fin dalla nascita.
Era complicato, ma era un complicato che tutto sommato filava liscio.
“Grazie.” Trovò giusto dirle alla fine del suo breve ragionamento, prima di seppellirle il viso contro la curva morbida del collo. Si sentì abbracciare e baciare poco prima di addormentarsi.
Sì, quel grazie tutto sommato ci stava alla grande.
 
 
Come on now try and understand the way I feel when I'm in your hands
Take my hand and come undercover
 
****
 
 
Note:


Avevo promesso un mucchio di roba in questo capitolo ma poi, al solito, la mia grafomania è esplosa e son riuscita solo a scrivere della Prima Prova. Vabbeh.
Prossimo capitolo! :D
Ad ogni buon conto, credo che con due capitoli dovrei riuscire a chiudere e poi, la terza parte.
(Suona minaccioso, lo so) Per chi vuole vedere il piccolo eroe di pelo rosso, che diciamocelo, ha salvato la baracca in questo capitolo, ecco un Louis Weasley coi capelli ricci.
Il banner a questo giro è stato fatto dalla bravissima ClaireAnn_M che diciamocelo, ha doti grafiche di gran lunga superiori alla sottoscritta. ;)
Una parola poi sul titolo, che mi son resa conto di non aver spiegato: come le francofone sapranno, significa ‘ragazze d’acciaio’, ma Prèvert (alla cui poesia, al singolare, rimando) lo intende con il doppio significato di ‘filo d’acciaio’, dovuto all’assonanza della parola fille con fil. I fili d’acciaio reggono anche pesi e carichi sostenuti. Da qui, il titolo. ;)
Questa invece la canzone del capitolo. Dubito esista qualcuno che non la conosca, comunque. xD
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Dira_