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Autore: Dira_    11/09/2012    4 recensioni
L'ultimo anno della tua vita scolastica è campale, e Violet Parkinson-Goyle lo sa bene. Fuori dalle mura protettive di Beaux-Batons la attendono le aspettative di sua madre e desideri contro cui non sa e soprattutto, non vuole combattere. Lo sa bene Dominique Weasley che ha deciso di candidarsi per il Torneo Tremaghi ma non sa che dovrà combattere anche fuori da un'arena.
Il Settimo anno di Violet e Dominique. Perchè se calchi il suolo di Hogwarts è ovvio e comprovato, pioveranno casini da tutte le parti.
[Spin-off che segue la linea temporale di Ab Umbra Lumen]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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I can't ask for things to be still again / I can't ask if I could walk through the world in your eyes

Longing for home again, but home is a feeling I buried in you
(Breathe, Melissa Etheridge)
 
 
20 Dicembre 2023
Francia, Parigi.
 
Violet non aveva la minima voglia di trovarsi dove si trovava al momento.
Tuttavia comportarsi come una bambina capricciosa non avrebbe migliorato la situazione, considerando che si trovava di fronte alla raffigurazione vivente del capriccio, ovvero sua madre.
La ormai prossima ex-vedova Goyle nonché sua genitrice si stava provando qualcosa come il ventisettesimo abito matrimoniale e Violet, per quanto adorasse lo shopping come la maggioranza delle donne sul pianeta, stava per avere un crollo di nervi.
La boutique, che si trovava nella via della moda magica di Parigi, a sua volta nascosta nel Marais¹, era rigurgitante vestiti vaporosi, tuniche cerimoniali e più moderni vestiti dal taglio babbano.
Sua madre, per quanto si professasse Purosangue fino allo stremo, stava pescando solo dal mucchio Babbano.
Ironia…
Si fissò le mani, facendo una smorfia assertiva al ciarlare della compagna di occasione, ovvero Sophie. Doveva ammettere che non le era mancata affatto. Jenny forse un po’ di più, ma comunque in quei mesi scozzesi non aveva rimpianto la presenza delle due amiche del cuore.
Questo la dice lunga…
“Oh, questo vestito le sta benissimo, Madame Parkinson!” Cinguettò Sophie, dandole di gomito. “Non è vero Violèt?”
Si stampò il suo miglior sorriso sulle labbra. “Davvero.” Conosceva Sophie da quando aveva undici anni e sapeva interpretare quell’ansioso sorriso che le lasciava in mostra le gengive.

Pensa che le stia da schifo.
… da schifo. Ditemi che non ho appena pensato con il lessico di Nicky. Ditemelo.   
“Solo, mi sembra…” Tentò perché in fondo Sophie aveva ragione.
“Oh sì, hai ragione tesoro, è troppo pretenzioso!” La interruppe. “Mi porti quello blu.” Intimò alla servizievole commessa che, con gran soddisfazione di sua madre, si era messa a loro completa disposizione.
Così avrà qualcosa da raccontare stasera ‘Sapete la Vedova Goyle? Beh, è vero, sta per risposarsi! Con quella pancia poi!’
Violet si fissò le scarpe lucide, studiando il volto distorto che vi si rifletteva. Era tornata a casa da soli tre giorni e già rimpiangeva Hogwarts. Le mancava persino il clima orrendo e il cibo pesante.
Beh, non proprio … i ricordi che mi suscitano piuttosto.
La pioggia, ad esempio: quando diluviava persino Nicky desisteva dagli allenamenti. La sciroccata tornava così in camera zuppa come un pulcino, ma per l’ora del the. Asciugata e rimbrottata a dovere, finivano sempre per baciarsi e fare l’amore sotto le coperte, approfittando dell’assenza della Gerard. O Lombard.
Qualunque sia il suo nome. O cognome.
Il cibo, anche: continuava ad essere insopportabile, ma proprio per questo ad ora di pranzo Scorpius la raggiungeva nelle serre, con sandwich e bottiglie di Burrobirra sottratti nelle cucine. A volte si univano a loro anche Michel e Loki, con una varietà di scuse e diversioni da far concorrenza al mago che aveva dato il nome alla loro Casa. Ma comunque, c’erano. Era divertente mangiare in quel modo improvvisato, e Violet aveva scoperto che la compagnia maschile, se giusta, poteva anche essere piacevole.
Alla fine si era confessata all’altro. Non aveva potuto farne a meno.
 
“Scorpius?”
Il ragazzo, con la bocca piena di sandwich al prosciutto aveva fatto cenno di parlare. Era tornato in Scozia da pochi giorni. Violet era venuta a sapere da Zabini quanto la faccenda dei Dissennatori l’avesse messo in crisi. Non gli aveva chiesto spiegazioni e si era limitata ad offrirgli la sua compagnia. Era bastata.

“Devo dirti una cosa.”
“Uh-uh?” Fece un altro cenno convulso. “’mi!” Bofonchiò deglutendo. “Dimmi, dimmi! Ti ascolto!”

“Mi piacciono le donne.” Era sbottata fissando una serie di sgargianti azalee. Per tutta risposta aveva sentito un gran ruminare dalle parti del ragazzo. E basta.
“Scorpius…?”
Questo aveva deglutito l’ennesimo boccone. “Oh, dovevo rispondere qualcosa?” Dovette accorgersi della sua aria sbalordita, perché sorrise con aria di scuse. “Allora … fantastico! Un’altra cosa che abbiamo in comune!”
“Non so se hai capito…”
“Sì che ho capito, sei lesbica.” Si era stretto nelle spalle. “Le ragazze Babbane si definiscono così.”

“Lo so, ma tu … A te non dà fastidio?”
Il biondo aveva bevuto un sorso di Burrobirra. La beveva con la cannuccia, un particolare, questo, che gli era valso prese in giro feroci da parte di Zabini e Nott. E da lei. “Il mio migliore amico James è bisessuale, gli piacciono entrambi. Parecchio, a giudicare come scannerizza qualsiasi sedere gli passi davanti.” Replicò schioccando la lingua. “Se non mi sento a disagio con lui, come posso esserlo con te?”  
Non faceva una piega e Violet aveva provato il subitaneo impulso di piangere dal sollievo. Non che si sarebbe aspettata giudizi o disgusto da uno come Scorpius…
Ma comunque … Non sai mai cosa aspettarti in questi frangenti.
“Quindi stai con la Weasley francese?” Se ne era uscito dal nulla. Violet l’aveva fissato con un’aria assolutamente idiota, ne era certa dato che l’altro si era messo a ridere. “Buffo, no? Un’altra cosa che abbiamo in comune!” Aveva smesso di sorridere per un attimo. “Avevamo…”
“Scusa?”
“La ragazza dei miei sogni, quella di cui eri tanto curiosa. È una Weasley, ma britannica. Rose.”

Violet si era trattenuta da chiedergli cosa ci trovasse in quella scialba ragazzetta castana sempre seguita da una pila di libri come una fila di cuccioli festanti avrebbe seguito un osso, bel seno a parte. L’improvvisa serietà dell’altro non glielo aveva permesso. “Perché ne parli al passato?” Aveva chiesto invece. “Vi siete lasciati?”
Il grifondoro aveva fatto un sorriso mesto che rispondeva egregiamente alla domanda. Si era però riscosso subito. “A proposito, tu di ragazze ne capisci, no?”
“… immagino di poter rispondere di sì.”
“Ottimo! Allora mi devi aiutare!”
“A riconquistarla?”
“Oh, no! A farmi riconquistare!”

 
Hogwarts era fredda, inospitale e per certi versi folle. Ma lì vi aveva trovato tesori più preziosi di quanti ne avesse mai collezionati in Francia.
“A che pensi?” La riscosse Sophie con un luccichio vorace negli occhi. Violet tremò al pensiero di cosa quella testolina frivola e piena di ricci stesse fraintendendo.
Penso alla mia ragazza e ad un insospettabile, nuovo amico. Non quel che ti aspetti.
“Hai incontrato qualche fascinoso scozzese in quel posto?” Fece una smorfietta affettata, di puro disprezzo. “Dicono si vestano di una strana stoffa fatta d’animali e mangino carne cruda.”
“Hanno le uniformi come noi, veramente. E il cibo è fin troppo cucinato.” La corresse con un sospiro. Ma non poteva biasimarla: lei stessa prima della partenza aveva pensato di andare trai selvaggi.

E invece… Temo che la selvaggia adesso sia io.
Separarsi da Dominique non era stato facile. L’altra avrebbe trascorso le vacanze nel Devonshire e non sarebbe tornata in Francia. Avrebbe quindi finito per vederla al Ballo del Ceppo, non prima. E finito quello, si sarebbero riviste solo a Gennaio.
Troppo, troppo tempo.
Certo, era riuscita a strapparle la promessa di scriverle almeno per scambiarsi i regali alla Vigilia, ma conoscendola, non ci sperava granché. Quella testa matta avrebbe finito per dimenticarselo.

Non era stato facile lasciarla perché ormai, poco da fare, ne era dipendente. Nicky era come una boccata di aria fresca e in quel momento si sentiva soffocare nel suo costosissimo vestito di mussola scura, intrappolata tra la mole giunonica di Madame Romilly, madre di Sophie anch’essa presente e quella sovra-eccitata dell’amica.
“Sta pensando a quel bel giovanotto che ci hai mostrato in foto, forse?” Chiocciò Madame Romilly. Sua madre aveva già sponsorizzato Scorpius in lungo e in largo? Violet sentì la nausea serrarle la bocca dello stomaco.
“Se così fosse potrei anche perdonarla di non dare la giusta attenzione a sua madre.” Ironizzò guardandola dritta negli occhi.
Sua madre sospettava qualcosa. Quando si erano salutate al suo arrivo, l’aveva guardata a figura intera per poi decretare che la trovava ingrassata. Poi, prima che potesse riaversi dalla deliziosa accoglienza, aveva aggiunto qualcosa che le aveva fatto gelare il sangue.
 
“Ti trovo cambiata, tesoro. Ma non credo sia il giovane Malfoy. Hai forse trovato qualcuno che ti suscita maggiore interesse? Se è così devi dirmelo … Credo sia opportuno che lo conosca, non credi?”
 
Naturalmente aveva negato, limitandosi a dire che i rapporti tra Scorpius e lei non si erano affatto raffreddati – che era poi la verità.
Il problema è che sua madre, senza saperlo, era andata molto vicina alla verità. C’era qualcuno che le interessava molto di più di Scorpius e dell’universo tutto in generale.
Il problema, mamma, è che la conosci già.
“Stavo solo pensando che il blu è il tuo colore, mamma. Oltremare, come hai detto tu.” Replicò con uno dei suoi migliori sorrisi artefatti. L’altra parve accettare la sua diversione e seguita dalla solerte commessa sparì a provare il vestito appena portatole.
La nausea non accennava a passare. L’idea che sarebbero dovute trascorrere altre due settimane, inframmezzate solo dal Ballo del Ceppo, prima di tornare a scuola la faceva impazzire. L’idea che avrebbe dovuto attendere ad un matrimonio dove tutti avrebbero lanciato frecciatine circa il suo, ormai prossimo, la faceva impazzire. Tutto la faceva impazzire.
Come resisto due settimane? Come faccio a fingere che sia tutto come prima?
Quando non lo era. Amava Dominique e voleva stare con lei alla luce del sole. Voleva poter esser libera di tenerla per mano e baciarla esattamente come facevano tutti gli innamorati. Voleva poter andare di fronte alla Corvonero e dirle in faccia ‘Questa è la mia ragazza, la mia meravigliosa, folle Campionessa, non la tua e non lo sarà mai’. Voleva poter dire a Scorpius quanto la facesse sentir bene la  loro neonata amicizia senza che sua madre, nella sua testa, si congratulasse per quel nuovo escamotage.
E infine, voleva essere felice.
Già, peccato tu debba prima passare per il Veritaserum dei Veritaserum.
Sua madre, che al momento la stava chiamando a gran voce, nel tono stizzito dei grandi nervosismi. Fece un sorriso di scuse alle due streghe e si diresse nei camerini di prova.
“Violet, vieni qui!” Quella stupida ragazzina deve aver rotto la cerniera del vestito! Controlla, se è rotto non lo pagheremo di certo!”
“Sì, mamma.” Sospirò in automatico, entrando nel camerino. “Forse si è solo impigliata nella stoffa…”

“Controlla!” Le intimò dandole le spalle. Sua madre stava passando un periodo di forte tensione, se ne rendeva conto. Doveva organizzare il matrimonio insieme alla suocera – una tipa che a detta sua rappresentava il prodromo della pezzente salita alla ribalta grazie al suo bel visino  - oliare il perfetto quanto fragile meccanismo delle amicizie perché non sparlassero troppo alle sue spalle e al tempo stesso badare ai malesseri della gravidanza.
Sì, ma io?
Violet liberò la cerniera con un sapiente colpetto dell’unghia. Aveva avuto una buona scuola con gli impossibili jeans che la Weasley indossava come una seconda pelle.
“Quella vacca di Marie…” Si riferiva a Madame Romilly ovviamente. “… hai visto come mi ha guardata? All’ottavo mese sembro più sottile di lei, il che è tutto dire.”
“Sì, mamma.” Le sorrise quando l’altra si voltò nella sua direzione. “È a posto, ora puoi toglierlo.”
Sua madre le fece una carezza. “Come farei senza di te, tesoro? Sei il mio gioiello più prezioso e quello di cui sono più fiera.”  Soggiunse affettuosa, un tono che era parca a dispensare. La faceva sempre sentire in colpa, ben prima che realizzasse perché.
“Mamma…” Sentiva un groppo serrarle la gola e aveva sia voglia di piangere che pregare. “… c’è una cosa che devo dirti.”
Doveva. Aveva fatto una promessa alla Weasley e, oltre a quello, era stufa di dover mantenere quella triste baracca degli inganni. Non solo, rimanendo il silenzio rischiava di trascinare anche Scorpius in quella situazione.

Non voglio che mia madre cominci a parlar male di lui, o della sua famiglia, perché è delusa dal fatto che non andrà mai in porto tra di noi.
Né lui né Lady Astoria se lo meritano.
“Non può aspettare?” La donna stava già armeggiando con il vestito, togliendoselo a fatica. “Ho ancora un’infinità di vestiti da provare e poi sai che stasera c’è la cena a casa di Julius.” Ovvero il fidanzato. “Ti sei ricordata di dire a Sylvie di prepararti l’abito color crema?”
“Sì, mi sono ricordata, ma…” Era il momento perfetto, realizzò. Sua madre non la guardava ed erano sole, strette in una situazione dove l’altra non poteva fingere di aver qualcosa da fare per poi sfuggirle.
Che è quello che ha fatto per questi tre giorni…
Sua madre sospettava qualcosa. Non poteva non sospettare, non era stupida. Il suo temporeggiare sulla questione matrimonio era stato goffo, maldestro e  fin troppo palese.
“Allora ne parleremo nei prossimi giorni.” La fermò di nuovo. “A proposito, stasera ricordati di spedire un Promemoria Gufico ai Malfoy. Ho mandato l’invito, ma devo avere ancora la conferma.” Fece uno sbuffo, liberandosi infine del povero vestito. Allargato con la magia, Violet dubitava che sarebbe mai tornato nella forma originale. “Draco è sempre stato maledettamente pigro in queste cose e il matrimonio con quella sciacquetta della Greengrass non deve averlo migliorato.”
“Per cosa?” Le uscì poco intelligentemente.

“L’invito al matrimonio, Violet. È l’occasione perfetta per averli tutti riuniti, e sarebbe un faux-pas non invitarli, dato che presto saremo tutti una grande…”
No!

Quel grido le scoppiò nello stomaco e le risalì fino alle labbra, anche se attutito. Ma lo disse, perché sua madre si voltò sorpresa.
“Come, cara?” Le stava dando la possibilità di rimangiarselo, di tornare sui suoi passi e fare la brava bambina.
Ho affrontato un Dissennatore e ne sono uscita viva. Ho detto alla ragazza che amo che la amo.
Sono tutto fuorché una bambina.
“Ho detto no.” Si stupì dal tono calmo che le uscì. “Non inviteremo i Malfoy.”
“Violet…” La sorpresa di sua madre era talmente evidente da averla lasciata senza parole. “Cosa…”
“Non li inviteremo perché non diventeremo una grande famiglia.” L’espressione della donna era di pietra. Presto si sarebbe scongelata dalla sorpresa e avrebbe attaccato. Doveva sbrigarsi dunque. “Non voglio sposare Scorpius.”

Sua madre fece un sorriso meccanico, secco e inespressivo come il deserto. Era una smorfia. Era stata Nicky a dirle che solo gli esseri umani, in natura, scoprivano i denti non con l’intento di attaccare?
Dovrebbe conoscere meglio mia madre. Quando sorride, lei attacca.
“Mi hai mentito.” Proclamò con la stesso tono con cui avrebbe ordinato un the alla loro Elfa. “Non c’è nessun rapporto tra te e Scorpius?”
“Siamo amici.” Ribatté. “Siamo buoni amici, credo, ma è tutto.” Avrebbe voluto mordersi le labbra, torcersi le mani ma quelli erano segni di debolezza e lei non era debole. Non poteva esserlo, non in quel momento. 

Sua madre fece un lungo sospiro, poi di nuovo un piccolo sorriso. La bocca dipinta di un rosso violento le si contrasse come un pugno. “Pensavo che ti piacesse da come me ne parlavi. Non fa nulla, troveremo qualcuno che sia più adatto. Anche se certo, dopo gli Allard e i Malfoy dovremo un po’ ridimensionare i nostri…”
“Ho detto che non voglio!” Sbottò. Non doveva alzare la voce, lo sapeva, le ragazze a modo non lo facevano, era quasi un tabù.

Dovresti vedermi quando strillo addosso a Nicky, mamma… Mi manda ai pazzi sai, ma alla fine mi sento scarica e … Morgana, che voglia ho di baciarla. 
“Non fare scenate, hai idea di dove siamo?” Le sibilò afferrandola per un braccio e scrollandola. Non abbastanza da farle male, ma da piccola era capace di congelarla sul posto.
Il problema, supponeva, è che non era più quella bambina. “Non faccio scenate, ma tu devi ascoltarmi.” Replicò. Non aveva idea da dove le venisse quel coraggio. O follia. Forse era la vicinanza con la Weasley. Alla fine c’era riuscita, l’aveva contagiata.
Un lampo irato trafisse le iridi di sua madre, gli stessi occhi che tutti dicevano avesse ereditato. “Ti sto ascoltando.” Sillabò lanciando uno sguardo alle sue spalle.
Mamma … come fai a vivere sempre con la guardia alzata? È orribile per me, e non credo sia tanto diverso per te.
“Non voglio sposarmi…” Inspirò. “… non voglio sposarmi con Malfoy o qualsiasi altro ragazzo al mondo perché mi sono innamorata. Di Dominique.”
Fu ricompensata da una smorfia esasperata. “Merlino, non dirmi che è un Nato Babbano … So che tra voi ragazze c’è questa deplorevole moda di incapricciarvi dei Sangue Sporco, ma davvero …”
“Mamma, Dominique non è un nome da ragazzo.”
“Prego?”

“Sto parlando di Dominique Weasley.”
Il silenzio di sua madre era più assordante che se le avesse urlato contro come faceva a volte con i loro elfi quando era di umore particolarmente nero.

“È una specie di scherzo, Violet?”
Le venne quasi da ridere, il che era assurdo o forse semplicemente isterico. “No, mamma, non lo è. Io e lei stiamo assieme.”
L’espressione di sua madre era vuota, anodina. Stava riflettendo velocemente, tentando di deformare la realtà per adattarla alla sua, di modo ché fosse comprensibile e scusabile.
L’ha sempre fatto. Sempre.
“Da quanto questa sciocchezza va avanti?”
Appunto. Violet si impose di rimanere ferma. Non era Dominique che doveva difendere in quel momento, ma sé stessa. “Quello che sto cercando di dirti è che non voglio trascorrere la mia vita accanto ad un uomo.” Ribatté rifiutandosi di farle condurre quella conversazione. “Sono attratta dalle donne e non voglio nasconderlo, né avere un marito di copertura per poi cercarmi un amante.”
Le labbra di sua madre tremavano di furia. “Questo tuo ragionamento … Non c’è fondamento in qualche fantasia da romanzo. Ho sempre saputo che un collegio a maggioranza femminile ti avrebbe fatto sviluppare qualche pensiero del genere. Ma sono solo pensieri, Violet, nulla di più.”
Come poteva negare l’evidenza di ciò che le diceva? Forse con la stessa facilità in cui si era scordata il nome di suo padre e il fatto che l’avessero concepita assieme?
Era arrabbiata, e stufa. L’aveva già detto? Forse non l’aveva ancora dimostrato.
“Mamma, ho superato la fase dei pensieri saffici. Io li pratico. Vado a letto con le donne.”
Lo schiaffo arrivò secco e puntuale come si era aspettata. Lo incassò senza un lamento, senza una parola anche se le lacrime le bruciarono le palpebre come acido.
“Sei impazzita?!” Le urlò in faccia, il volto deformato dall’ira. “Fa’ silenzio! Silenzio, prima che…”
“Che cosa?” Se urlava, poteva ben gridare anche lei. “Prima che qualcuno ci senta? Che qualcuno sappia che mi piace andare a letto con le donne!?” Sua madre era impallidita di colpo e davvero, voleva abbassare il tono, ma non ci riusciva. “Io amo una ragazza, mamma! Non voglio diventare una bella statuina per qualche idiota con più galeoni che intelligenza, non voglio essere la moglie terrorizzata di un uomo che mi usa solo per sfogare i suoi istinti come Mathieu … Non voglio essere infelice! Non voglio essere te!
In un solo colpo, aveva distrutto tutto il teatrino. In una sola mossa aveva tranciato di netto qualsiasi labile traccia di condivisione che c’era tra lei e la donna che le stava di fronte.  

Sentì sua madre che la afferrava per le spalle, e si aspettò che la scuotesse, che le urlasse contro. Invece le crollò addosso come se qualcuno si fosse divertito a toglierle la terra sotto i piedi.
Era svenuta.
Mamma!
Chi le aveva tolto la terra sotto i piedi era lei.

 
****
 
L’Hopital Pour Le Maladies Magiques era il fiore all’occhiello della sanità magica francese. Situato in quartiere decentrato di Parigi era la meta eletta per chi, nel Mondo Magico, doveva affrontare qualsivoglia tipo di cura o inconveniente.
Violet stava fissando il poster ammiccante di una Guaritrice che pubblicizzava una nuova gamma di pappe per neonati, ma non lo vedeva veramente. Non percepiva neppure la presenza nervosa di Sophie a lato e le chiacchiere incessanti di Madame Romilly che, a quanto aveva più o meno intuito, stava tentando di rassicurarla.
“Sono molto comuni i malori ad un certo stato della gravidanza, Violèt … Non devi assolutamente preoccuparti! Sono certa che i Guaritori si staranno prendendo cura di tua madre.”
Era colpa sua. Era tutta colpa sua e della sua stupida boccaccia. Quante volte le era stato detto che non si doveva mai lasciar andare le parole, non prima di aver controllato che la situazione fosse opportuna e l’interlocutore adatto?
Sua madre era incinta di otto mesi e lei le aveva scaricato addosso l’equivalente di uno Stupeficium emotivo. 
“Violèt…” Tentò Sophie toccandole un braccio. Si ritrasse bruscamente dal tocco ed ignorò lo sguardo impietosito che si lanciarono madre e figlia.
Perché non sei rimasta zitta? Perché non hai aspettato?
Se le succedesse qualcosa? Se succedesse qualcosa al bambino?
Non poteva neanche pensare a quell’eventualità. Sarebbe stato figlio di un altro padre, ma pur sempre parte del suo sangue. Aveva avuto modo di ammirare il rapporto che intercorreva tra Nicky e i suoi fratelli. Se ne vergognava, ma aveva spesso fantasticato di poterne avere uno simile con quella piccola vita in arrivo. Se fosse stata una bambina le avrebbe comprato la bambola più bella di Parigi, se fosse stato un maschietto sarebbe persino stata disposta ad entrare in uno di quegli orribili negozi di articoli da Quidditch.  
Suo fratello o sua sorella l’avrebbero guardata mai con la stessa adorazione con cui Louis guardava le sorelle maggiori? L’avrebbero mai stuzzicata e cercata al tempo stesso come Nicky faceva con Victoire?
Serrò le labbra per non farsi sfuggire nulla, neppure un sospiro. Le Romilly la fissavano aspettandosi una sua mossa, un suo singulto per piombarle addosso con discorsi, rassicurazione e soddisfazione morbosa.
Avrebbe voluto cacciarle ma la realtà era che non voleva rimanere sola. Sua madre aveva varcato il lucido portone di legno davanti a cui erano sedute quasi un’ora prima. Poi era arrivato il suo fidanzato, biondo e azzimato come sempre. Le aveva a malapena lanciato un’occhiata prima di sparire oltre quella maledetta porta. Violet sapeva che avrebbe dovuto seguirlo, ma non era riuscita ad alzarsi.
Cosa avrebbe fatto Nicky in quel caso? Non solo l’avrebbe seguito, ma avrebbe fatto di tutto per sapere le condizioni della madre. Probabilmente avrebbe tirato in testa qualcosa a qualcuno, in caso non le fosse stato risposto adeguatamente.
Ma lei non era la Weasley, e non lo sarebbe mai stata. Dunque, si sentiva perduta.
Sentì la porta a molla aprirsi con un cigolio e scattò in piedi. Il Fidanzato – non riusciva a chiamarlo per nome come sua madre avrebbe voluto – le raggiunse e Violet tentò di leggere la sua espressione, ma vide solo baffetti ben dritti e guance cascanti
“Come sta?” Chiese allora. “Mia madre sta bene? E il bambino?”
L’uomo fece un breve cenno con la testa. “Ha solo avuto un lieve mancamento … il bambino sta bene.” Esordì. La guardava in modo strano, come se fosse indeciso su che tono adottare in sua presenza. L’espressione che gli vibrava sulle labbra però poteva esser solo tradotta in un modo. Irritazione.
Non ha voglia di parlarmi … Non sembra averne mai avuta, ma adesso ancor meno.
Gliel’aveva detto, realizzò, sua madre aveva detto tutto a Baffi Impomatati. Il fremito del mento sfuggente era inequivocabile.
Disgusto. Ti disgusto?
“Possiamo vederla?” Si intromise Madame Romilly. “È cosciente?”
“Lo è, ma non vuole avere visitatori in questo momento, ha bisogno di riposo.” Era lei che guardava e Violet capì al volo. Lo stesso non valse per Sophie che non poteva sapere e che comunque non aveva mai brillato per perspicacia.
“Ma Violet certo potrà entrare!” Esclamò e le fu quasi grata per quell’impeto di fiducia.
Se non mettesse in luce l’esatto contrario di ciò che ha detto.
“Violet sa bene il motivo per cui non può entrare. Non è gradita.” E quel tono era maligno, grondava soddisfazione. Baffi Impomatati la detestava cordialmente, forse perché rappresentava l’ultimo filo che legava la sua promessa sposa ad un’altra casata, forse meno ricca, ma certo più antica e nobile della sua, fatta di commercianti di saggina per scope.
I Goyle saranno morti con mio padre, ma facevano parte dell’antica nobiltà magica del Galles.
Dubito che chi vende paglia per scope possa esservi anche solo paragonato…
“È mia madre. Voglio sapere come sta e se ha bisogno di qualcosa.” Sussurrò sentendo la voce diventare sottile come un alito di vento. Non aveva le forze per combattere anche contro quell’uomo.
E poi che senso ha combattere contro i mulini a vento?
“Non ha bisogno di una figlia che le causa dolore e vergogna.” Vide le Romilly assorbire quelle parole come un goloso avrebbe fatto incetta dal carrello dei dolci e le scottarono di umiliazione, e rabbia. “Mi ha detto di dirti che, a meno che tu non riconsideri le affermazioni che hai fatto in sua presenza, non ha intenzione di parlarti.”
Violet serrò i denti in una morsa dolorosa. “Non ho intenzione di farlo.” La voce le tremava ma non poteva tirarsi indietro, non a quel punto. Tirarsi indietro avrebbe significato guadagnarsi forse il perdono, ma anche perdere Dominique e tutto quello che aveva conquistato in quei mesi. “Le cose che ho detto le penso.”
“Allora non sarai persona gradita al matrimonio. O a casa nostra, per quel che mi riguarda … Pansy ha bisogno di riposo e tranquillità nelle sue condizioni. Non ti permetterò di turbarla ulteriormente.”
Violet non rispose a quella che le sembrava un’aperta provocazione. Doveva essere un trionfo inaspettato, per quel bastardo, liberarsi di lei senza troppi impicci. Forse amava sinceramente sua madre, ma non aveva poi molta importanza dato che era capace di disprezzare lei con la stessa intensità. La stava sfidando a gridare, protestare, magari piangere.
Non io. Sono Violet Parkinson-Goyle e non sono prona a scenate o crisi isteriche.
Prese la borsa e raddrizzò le spalle. Non avrebbe permesso a quel pallone gonfiato di cacciarla, se ne sarebbe andata lei e l’avrebbe fatto con tutta la dignità di cui era capace. Una come Nicky avrebbe preteso udienza e l’avrebbe ottenuta anche a costo di menar la bacchetta per i corridoi…
Ma, come ho già detto, io sono solo Violet.  
Voltò le spalle al terzetto silenzio e, un passo dopo l’altro si diresse fuori dall’ospedale.  
Appena sentì il marciapiede sotto i piedi e non il legno scuro di cui era rivestito il pavimento dell’ospedale le conseguenze di ciò che era accaduto le piombarono addosso come un macigno.
Sua madre non l’aveva ripudiata, ma era solo questione di tempo, a giudicare da ciò che le era stato comunicato. Non presenziare al matrimonio avrebbe significato scatenare le malelingue, e scatenarle significava, per Pansy ex Vedova Goyle, dover dar seguito ad una serie di inevitabili decisioni.
Se non sei parte della famiglia, ne sei fuori.
Avrebbe perso tutto. Le proprietà dei Parkinson-Goyle erano tutte intestate a sua madre, e la loro casa in Normandia era stata chiusa mesi prima ed era ora vuota, sia di mobili che di Elfi Domestici. Per finire, il suo baule e gli effetti personali che si era portata ad Hogwarts erano nella grande casa di Montparnasse che era stata comprata per la nuova famiglia.
Baffi Impomatati sarà felice di poter riarredare la mia stanza come meglio gli aggrada … Magari con il tavolo da biliardo che non entra nello studio.
Non aveva più un posto dove andare e possedeva solo ciò che indossava. Poteva forse includere nel conto pochi spiccioli nel portamonete e la sua bacchetta, ma era …
È tutto qui.
Il lato emotivo e pratico della faccenda erano spaventosi ed era certa di non averli ancora interiorizzati del tutto. Ne era certa perché non aveva ancora perso la testa.
Non azzardarti a farlo. Non farti prendere dal panico. Rifletti. Ti hanno cacciata di casa, ma non possono ritirarti da scuola. È obbligatoria. Devi resistere fino a quando non tornerai ad Hogwarts.
Lì ci sarà Nicky, Scorpius …
E come ci torni, in Scozia?
Non aveva i soldi per una Passaporta, né tantomeno per il treno. Non aveva neppure soldi per permettersi una stanza in un albergo in attesa di quel giorno.
Non rimanere ferma. Cammina, muoviti. Entra in un bar, siediti, rifletti. Pianifica. Trova una soluzione.
Obbedì a quella sorta di voce interiore come se ne andasse della sua vita, e forse, rifletté, era così. Entrò in un locale qualsiasi e ordinò un caffè.
Poteva chiedere ospitalità a Jenny o a Sophie: non gliel’avrebbero negata anche se avrebbero preteso, di rimando, spiegazioni.
… Certo, e quando gliene darai? Pensi che loro, o i loro genitori vorranno ancora aiutarti?
Non poteva chiedere alle sue amiche, c’era troppo margine di incertezza. Scorpius l’avrebbe accolta a braccia aperte invece, considerando che l’aveva invitata a passare le feste da lui.
Se solo avessi accettato … Ormai è troppo tardi. E poi, chissà cosa ne penserebbero i suoi. Sono amici di mia madre… 
C’era, ultima ma non tale, Dominique, ma con lei veniva anche quella clan multiculturale che si ritrovava per famiglia. L’istinto le urlava di cercare di contattarla immediatamente.
Però…
Voleva sul serio far sapere alla famiglia della sua ragazza che era in dirittura di esser ripudiata? Voleva davvero rischiare di trascinare persone sconosciute in una faida con sua madre? E soprattutto se la sentiva di dover affrontare i pregiudizi che avrebbero avuto nei suoi confronti? Sapeva che gli Weasley non avevano tanto in simpatia quelle come lei. Bastava vedere come consideravano Scorpius per via del suo cognome, ultima generazione a parte.
E comunque, come hai intenzione di contattarla? Il tuo Gufo è rimasto a Montparnasse. Non puoi permettertene uno dell’ufficio postale. Anche una chiamata via camino … Prima dovresti trovarne uno.
Il caffè arrivò e lei lasciò che si raffreddasse. Lanciò invece uno sguardo oltre la vetrata agghindata in toni natalizi. Fuori, una calca di maghi e streghe si affrettava per gli ultimi acquisti, donne cariche di pacchetti e bambini esagitati invadevano la via schiamazzando e facendo scoppiare botti magici.
Era Natale, anche se sua madre non voleva più avere niente a che fare con lei. Era Natale anche se era lontana chilometri dalle uniche persone che avrebbero potuta aiutarla e lo era persino se si sentiva la persona più sola al mondo.
Era orribile.
Era talmente orribile che stava avendo le allucinazioni. Le sembrava infatti di vedere Lady Malfoy guardare una vetrina dal lato opposto della strada. Poi realizzò che era davvero Lady Astoria. Gettò i pochi zellini che aveva sul tavolo ed si precipitò fuori.
La strega si voltò sorpresa quando la vide riflessa nella vetrina. Con lei c’era anche una donna anziana, vestita in tunica e mantello, moda di quasi trent’anni prima. Doveva essere Lady Narcissa.  “Violet, che sorpresa! Speravo di incrociarti per gli acquisti natalizi.” Le sorrise gentile. “Narcissa, ti ho parlato di…” Il sorriso sembrò congelarlesi sul volto, così come i convenevoli di rito sulle labbra. “Tesoro, cos’è successo?”
Capì che stava singhiozzando nel momento in cui le braccia della strega la tirarono con dolcezza verso di sé.  Non sapeva che il sollievo potesse essere tanto doloroso.
 
****
 
Violet non aveva idea di come fosse arrivata a sedersi in una piccola sala da the dall’arredamento inglese, ma era piuttosto certa di essere ancora a Parigi. Tuttavia non ricordava di averne varcato la soglia, forse più presa a riempire di lacrime il mantello di Lady Astoria.
Serrando le dita sulla fine porcellana Worcester della tazza lasciò che quest’ultima facesse levitare con un colpo di bacchetta la teiera, per poi versarle salvifico Prince of Wales² – banale, ma il suo preferito.
“Mi … mi dispiace…” Balbettò. Etichettare il suo comportamento come inappropriato era riduttivo. “Non era mia intenzione importunarvi…”
Sentì le dita sottili della donna premerle sul braccio in una stretta consolante. Differentemente da come aveva fatto con Sophie, non si scostò.

“Non sono così sciocca da pensare che una ragazza scoppi in lacrime di fronte ad estranei senza una buona ragione.” Replicò tranquilla come se non le avesse singhiozzato addosso per quelle che le sembravano ore.
Era stata quella gentilezza a darle il colpo di grazia, ma non lo disse per paura che l’altra la credesse un’ingrata. Per evitare una nuova crisi di pianto si voltò quindi verso Lady Narcissa e con sgomento – e imbarazzo – si accorse che c’era un’altra donna seduta al tavolo con loro. Doveva esser coetanea di Lady Narcissa e sebbene fosse ben più patrizia dell’esile anziana seduta accanto a lei, ne condivideva alcuni tratti somatici. Considerando l’età, dovevano esser cugine o sorelle.
L’anziana strega, forse intuendo la sua sorpresa, parlò. “Ti presento mia sorella Andromeda.” Questa si produsse in un sorriso contenuto ma Violet vide negli occhi scuri un guizzo di curiosità.
Certo, hai appena avuto una crisi isterica coi fiocchi… Comprensibile sia curiosa.  
“Io … salve.” Inspirò appena, suggendo the per darsi un contengo.
Riprenditi prima che ti scambino per un’ubriaca.
Lady Astoria le lanciò una lunga occhiata indagatrice, ma diversamente dalle Romilly, non sembrava aver fame di informazioni. La stava semplicemente studiando. “Ti senti meglio?” Le chiese, e Violet annuì.
Doveva dare delle spiegazioni, ma sapeva da dove iniziare.
“Io … devo chiedervi scusa per il mio increscioso comportamento. È stato…” Iniziò piena di buone intenzioni, ma fu fermata da uno sbuffo insoddisfatto da parte di Lady Andromeda.
“Oh, piantala con le scuse, ragazzina!” Con sgomento si accorse che quella signora agghindata parlava in dialetto. Quello londinese³ per giunta.“Sei una Purosangue, no? Quelle come te non scoppiano a piangere in pubblico se non succede qualcosa di completamente disastroso. Cos’è, ha chiuso il tuo sarto preferito?”
Violet boccheggiò senza sapere che Snaso pescare, mentre Lady Narcissa arrossiva – un lieve rosa sulle gote pallide, niente di più. “Dromeda!” Sibilò, mentre Lady Astoria tratteneva un evidente scoppio di risa. “Ti prego, cerca di controllarti e di ricordarti che sei una…”
Tonks.” Replicò quella con un sorrisetto che non sarebbe sfigurato su Dominique, o Scorpius o una genia particolare di ragazzi ribelli. “Andromeda Tonks, Cissy, e non ho intenzione di passare ore a girare attorno al problema … Non quando devo ancora trovare un regalo per il mio Ted. Che la ragazzina parli.” Decretò con il tono di un giudice del Wizengamot.

“Violet, vedo che sei provata…” Riprese le fila del discorso Lady Astoria, più conciliante. “Ma so per esperienza che tenersi dentro un problema raramente aiuta a risolverlo.”  
Violet sentiva la gola secca e trovò del tutto legittimo bere l’ennesimo sorso di the. Era sicura che non appena avrebbe esposto il suo problema – che no, non era la chiusura della sua sarta d’elezione – sarebbe stata disprezzata. Le labbra non le erano mai sembrate tanto sigillate.
Lady Andromeda schioccò la lingua – la lingua? – poi sospirò. “Non è una cosa da nulla, vero?” Indovinò. “Prima sei quasi svenuta addosso a Tori, e non mi sembri una ragazzetta fiacca, di quelle che andavano tanto di moda quando avevo la tua età…” E qui lanciò un’occhiata alla sorella che ricambiò con un’occhiataccia. Si rivolse di nuovo a lei. “Ragazza, Tori non si alzerà se non avrà la certezza che è tutto a posto. Queste Corvonero hanno il pallino di dover sapere tutto.”
La donna fece un mezzo sorriso distratto. “È vero, è proprio così … Oltre a questo, mio figlio non mi perdonerebbe mai se non mi prendessi cura della dama che porterà al Ballo del Ceppo.”

“Mia madre…” Le parole le scivolarono fuori dalle labbra prima che potesse fermarle. “Mia madre non mi vuole più.”  
Vide la consapevolezza illuminare le tre streghe di colpo. Ovvio, erano Purosangue. Fu Lady Andromeda a parlare per prima. “Ti ha ripudiata?”
“Lo farà. Lo farà appena si sarà sposata, immagino …” Serrò le dita sulla tazza. “Non vorrà dare scalpore prima del suo matrimonio.”
“Perché?” Fu Lady Narcissa a parlare, e il tono era così freddo che sentì le forze venir meno.

Ecco, è appena cominciata.
“Cissy, che importanza vuoi che abbia? Diamine, si parla di ripudiare!” Ribatté violentemente la sorella. Violet non svenne solo perché sentiva la presa gentile della madre di Scorpius ancora salda tra le sue dita. Lo sapeva che l’avrebbero disprezzata. Era così che funzionava. 
“Voglio solo sapere che persona abbiamo davanti, non mi sembra di chieder molto.” Replicò la donna con calma. “Violet, guardami.” Violet alzò lo sguardo per riflettersi nelle iridi di ghiaccio dell’anziana. Da giovane doveva essere stata un’autentica bellezza algida, di quelle capaci di inchiodare un mago alle sue promesse. “Cos’hai fatto per meritartelo?”
Niente. Niente, assolutamente niente … Perché non me lo merito!
Violet ispirò. Poteva essere spaventata, sola al mondo e improvvisamente nullatenente. Ma non avrebbe chiesto scusa per chi era. Non più. “Amo.” Disse e forse fu un po’ troppo teatrale, ma era pur sempre la verità. “Mi sono innamorata e mia madre non approva la mia scelta. Mi ha chiesto di rimangiarmi tutto, ed io ho detto che non potevo.”  
Vide passare un forte fremito nell’espressione beffarda di Lady Andromeda. “Chi è il ragazzo?” Il tono di voce si fece meno categorico, più gentile. Comprensivo?
Se doveva finir ripudiata dalla società in cui era cresciuta, tanto valeva portarsi avanti con il lavoro. “Io … non ho una particolare inclinazione verso i ragazzi.”
Vi fu un breve silenzio e Violet attese rassegnata che Lady Astoria la sciogliesse dalla stretta per guardarla con orrore. Non avvenne, anzi la rafforzò e la guardò con gli stessi occhi pronti e intelligenti del figlio. Scorpius poteva avere i colori dei Malfoy, ma la mimica era tutta Greengrass.
Lady Andromeda esplose di colpo in una risata. “Dev’essere una moda!” Esclamò divertita, ma non maligna. Anzi, aveva cominciato a guardarla con aperta simpatia.
Ma…
Violet rimase senza parole. “Per … per me non è una moda. Sono fatta così.” Si sentì in dovere di chiarire, casomai pensassero al capriccio da ragazzina ribelle.
Lady Narcissa assunse un’aria esasperata. “Mia sorella adora farsi fraintendere, non darle retta. Intendeva dire che ha un nipote, Ted Remus, che parimenti predilig…”
“È gay, Cissy.” Pareva che parlare addosso alla sorella fosse una vera gioia per la strega. “Teddy è gay. Se c’è una parola intera per qualificare un concetto perché non usarla?”

“È Babbana.”
“Merlino, chiamiamo l’ufficio per l’uso improprio della Parole Babbane allora!”

Violet osservò il terzetto di streghe. Non sembravano particolarmente turbate dalla sua rivelazione, il che aveva dell’assurdo perché ripudiare qualcuno era un anatema tremendo nel Mondo Magico. Un ripudiato era destinato ad essere ignorato e disprezzato da tutti i Purosangue con cui entrava in contatto.
Perché non sta succedendo?
“Perché … perché mi state ancora parlando?” Si sentì tre paia d’occhi puntati addosso e desiderò scomparire nel divanetto. Quel tratto patetico del suo carattere non sarebbe mai venuto meno.
Vide Lady Andromeda guardare verso la sorella, e viceversa. Poi le sorrise. “Perché, parlo a titolo personale, quando vivi come ho vissuto io ti passa la voglia di giudicare.”
“Il mondo cambia, è un assioma che qualunque persona intelligente deve comprendere e far suo.” Si sbilanciò meno Lady Narcissa. Ma non guardava verso di lei, quanto piuttosto verso la sorella. Curioso. “Siamo in una società dove attualmente le preferenze sessuali e le decisioni prese in merito sono personali. Ripudiare qualcuno per questo è …” Fissò lo sguardo sul servizio da the. “… sorpassato.”
“Oltre che idiota.” Concluse Lady Andromeda portandosi il the alle labbra.
Lady Astoria annuì alle due precedenti affermazioni. “Violet, qui sei tra amiche. Mio figlio tiene a te ed è sempre stato un ottimo giudice delle persone di cui si circonda. Esserti amica è un mio dovere di madre … e un mio piacere come persona. Sei stata molto coraggiosa, tesoro.”
Violet sapeva che stava per rischiare una seconda crisi di pianto. Si sforzò di non lasciare uscire più di qualche lacrima che si asciugò comunque in fretta. “Grazie…” Non trovava altro da dire per esprimere ciò che le scoppiava nel cuore. Poteva sperare comprensione dai suoi coetanei ma mai, mai avrebbe pensato di trovarne tra streghe di simile levatura e lignaggio.
Lady Astoria non la rassicurò circa il fatto, altamente improbabile, che sarebbe stata perdonata e ripresa nel nido familiare. Non le chiese neppure se voleva che le facesse da intermediaria e sciocchezze simili. Grazie a Merlino, c’era gente che capiva. “Manderemo qualcuno a prendere i tuoi bagagli.” Disse invece. “Immagino tu li abbia lasciati a casa del promesso sposo di tua madre.”
Violet batté le palpebre. “Come…?”
Lady Andromeda schioccò di nuovo la lingua, un gesto così poco Purosangue da farle sospettare che non fosse l’unica in quella stanza ad aver avuto problemi con il suo lignaggio. “Non fare la finta tonta. Pensi che dopo questo bel discorsetto ti lasciamo qui?” La scrutò da sotto in su quasi a volerla pesare. “No, non saresti neppure capace di cercarti una stanza in una locanda.” Decretò infine.
“Non siete tenute a…” Non c’era verso che le facessero finire una frase, perché Astoria scosse la testa.
“Credo di avere una lontana parentela con tua madre. Forse cugina di secondo grado?” Gli occhi ebbero un lampo divertito e, non si ingannò, ribelle. A ben vedere, Scorpius non poteva essere com’era senza qualche influenza in famiglia.
“Forse?” La assecondò.
“Dunque, non posso lasciare che una mia lontana cugina abbia da soffrire un Natale in solitudine.”
Che fosse vero o meno, Violet ebbe l’impulso di abbracciare la strega di fronte a lei. “Non so come potrò mai sdebitarmi…”
“Tieni Scorpius lontano dai regali fino alla Vigilia e credimi, a Tori basterà.” Ridacchiò Lady Andromeda.

 
 
****
 
24 Dicembre 2023
Inghilterra, Devonshire, la Tana.

 
Fissare il fuoco le aveva sempre calmato i nervi ma in quel caso la faccenda era seria e non c’era fiamma che tenesse. Era una sensazione nuova, segamentalizzare – che sì chiamava così, poche storie.
Ovviamente, il fulcro di tutte le sue convulsioni cerebrali era Piggie. Piggie che al momento era ospite dei Malfoy. Piggie che non era andata al matrimonio di sua madre, dato che il giorno dello stesso le aveva spedito una lettera dal Wiltshire.
Le aveva risposto pretendendo spiegazioni e la seconda lettera era stata solo una riga di inchiostro.
 ‘Ti spiegherò tutto quando ci vedremo. Ricordati di spedirmi il regalo, tonta’.
Sto cazzo.
Sapeva, a livello viscerale, che c’era qualcosa che non andava, che l’altra stava avendo dei problemi e sì okay, non voleva parlarne via Gufo – dannate Purosangue e le loro fisime da fine ottocento! – ma almeno accennarle qualcosa…
Stava diventando scema. 
Brontolò qualcosa trai denti, intellegibile persino a se stessa mentre sentiva il peso delle testoline di Lucy e Molly sulle ginocchia. L’unico motivo per cui non era già su una scopa e che nell’alzarsi avrebbe svegliato quei due piccoli tifoni – quanto erano diverse da quel noiosone del padre! – e al ritorno, per tale pensata, la sua testa sarebbe stata infilata su una picca da Nonna Molly in persona.
Sentì qualcuno sedersi accanto a lei ma lo ignorò. La serata era passata piuttosto velocemente in realtà, tra cibo, scherzi e una lotta a palle di neve all’ultimo sangue. Ma adesso che tutti erano andati a letto, o quasi, non c’era verso di non pensare.
“Vuoi che le porti a letto?” Era Lils, in tutta la sua aria da adorabile ragazzina innocente, falsa come uno Zellino falso. Beveva Eggnog bollente e sembrava persino più pensierosa di lei.
“Se riesci a non svegliarle. Se si riattivano, vanno avanti per tutta la notte.” Replicò facendola ridacchiare.
“Sei l’unica che riesce a domarle.” Le offrì la tazza e Dominique ne bevve un paio di sorsi rinfrancanti. La ricetta di Nonna Molly era segreta e, si diceva, protetta da incantesimi secolari. “Il che è comprensibile, visto che di solito hai a che fare con i draghi.”
“I draghi son più tranquilli di loro, garantito.” Ghignò di rimando. “Penso che zia Audrey mi pagherebbe fior di Galeoni, se vivessi qui.”
La conversazione si spense perché non era particolarmente interessante. “Stasera sei un po’ strana.” Disse Lily dopo un breve silenzio in cui entrambe fissavano le fiamme. “Cioè, più del solito.”

“Ah-ah?”
Ah-sì.” Le fece il verso. “Di solito a quest’ora sei crollata come loro e dobbiamo farti levitare fino in camera.” Le ricordò. “Invece sei sveglia. Pensieri?” Indovinò puntellandosi il mento con una mano e sporgendosi verso di lei. “Puoi parlarmene, sono un asso nel dare consigli.”
“Sei un’impicciona.”
“Anche, ma una cosa non esclude l’altra.” Le picchiettò un braccio con un’unghia. “Dai Domi, è cosa rarissima vederti struggere!”
“Non mi strutto!” Esclamò, prima di dare un’occhiata ai due mostriciattoli gemelli. Dormivano come se non vi fosse domani. Le invidiò. “Non so manco che vuol dire…” Soggiunse arruffandosi i capelli depressa.

“Struggo.” La corresse con aria divertita. L’avrebbe presa a schiaffi. “È che vederti di cattivo umore è raro come un’eclissi di sole.”
“Ecco, e ti sei chiesta perché nessuno mi ci vede mai? Forse perché mi stanno lontani.” La minacciò. Non c’era Mael e neppure Victoire, entrambi in Francia, il primo dalla madre e la seconda con la nuova fiamma. Non poteva sfogarsi ed era piuttosto irritante. Anche sua cugina lo era.

Devo solo capire quale delle due cose mi stia più sull’anima.
“Guarda che si vede che vorresti essere altrove … e dubito che sia per il Ballo di domani, anche se so che non ci vuoi andare.” Lily si raggomitolò sulla poltrona come avrebbe fatto un gatto sonnolento. “Anche quando giocavamo a palle di neve ti sei bloccata a guardare il nulla siderale. Però sempre nella stessa direzione. È vero, no, che hai un senso dell’orientamento pazzesco?”
“Adesso ti prendo a schiaffi.” Le comunicò perché era onesto notificare certi impulsi. L’altra non si scompose di una virgola e questo la rendeva sua cugina al cento per cento. Solo quel gruppo di ragazze con cui condivideva i geni sapeva che certe sue esternazioni raramente diventavano fisiche.
“Se vuoi ti aiuto…” Scandì inarcando le sopracciglia. “Metto a letto le gemelle e ti lascio andare dove devi andare. Ti copro anche con gli altri. Dico che stasera vieni a dormire da me al Mulino.”
“Lo scopriranno, genio.”
Lily scosse la testa ed esibì uno di quei sogghigni che potevano essere definiti tra l’insinuante e il platealmente inquietante. Inquietavano un po’ anche lei. “Mi sottovaluti, Dom. Molto. 

La proposta era troppo allettante perché potesse respingerla senza colpo ferire. “Cosa vuoi in cambio?” Che c’era evidentemente qualcosa in palio per la Rossa, o non si sarebbe prodigata tanto.
“Dirmi da chi vai mi sembra il minimo, no?”
Dominique ci pensò su. Lily avrebbe finito per saperlo prima o poi, dato che non pianificava di tenerlo nascosto. Avevano deciso, quando avevano ufficializzato, che chi avrebbe chiesto avrebbe avuto risposta onesta e sincera. Ed in effetti, era quello che l’altra stava facendo. Chiedere.

Oh, beh.
“Dalla mia ragazza.” Poi aggiunse. “Si chiama Violet, Violet Parkinson-Goyle. È quella che svolazza sempre attorno a Malfoy e che sembra voglia impalmarselo. Non vuole.”
Gli occhi di Lily si accesero di soddisfazione. “Lo sapevo!” Esclamò battendo le mani, ma abbassando subito il tono di voce. Le due progenie di Satana avevano notoriamente il sonno leggero. “Sapevo che doveva esserci qualcosa di passionale tra voi due… Tutta quella tensione quando ti rimproverava per aver minacciato Poliakoff!” La guardò brutalmente negli occhi. “Quindi ti piacciono le ragazze?”
“Così pare.”
“Fate sesso?”
Se lei era libera di essere rude con Lily, per tacito accordo l’altra era libera di essere la maniaca che di solito fingeva – male - di non essere. “No, a letto giochiamo a MazzoBum. Certo che lo facciamo.” Sbuffò. “Mi dai o no una mano con ‘ste due?” Le chiese riscuotendola dalla contemplazione del suo trionfo. “Vorrei arrivarci prima di domattina, nel Wiltshire.”

“Ah, allora è dai Malfoy!” Si alzò e si stiracchiò. Le scoccò una sinistra occhiata di sottecchi. “Quindi ti servirà sapere come trovare il loro Manor. È ultra protetto da incantesimi e barriere. Jamie mi ha spiegato come farlo Apparire, ma è davvero complicato.”
Dominique sospirò, mentre l’altra prendeva in braccio Lucy, canticchiando qualcosa a mezza bocca. Quella non emise un sospiro, continuando pacifica a dormire. La stava forse ipnotizzando?

Comunque…
“… Cos’altro vuoi in cambio?”
“Com’è far sesso con una ragazza?”
“Ma che problema hai?”
“Sei tu quella che non sa come andare dalla sua ragazza.” Cinguettò. “Quelle che ho io sono informazioni.”
Dominique roteò gli occhi al cielo.

 
****


Violet osservò Scorpius attizzare pigramente il fuoco con la bacchetta.
“Altro distillato?” Le chiese Loki, agitandole la bottiglia davanti al naso. Fece una smorfietta e l’allontanò con la punta delle dita.

“Ubriacone.”
“Bacchettona.” Fu la replica serena, prima di versarsene l’ennesimo bicchiere e trangugiarlo con uno schiocco soddisfatto delle labbra.

“Non osare finirlo… A me spetta l’ultima goccia, come da accordi.” Flautò Michel, togliendosi la sigaretta babbana dalle labbra e agitando il cristallo vuoto tra le dita. Erano seduti in circolo davanti al fuoco del salottino privato di Scorpius, sprofondati in comode poltrone di cuoio scuro. A dirla tutta, il padrone di casa  era al momento spalmato sul costoso tappeto arabo e canticchiava a mezza voce quella che aveva tutta l’aria di essere una canzonetta babbana. Violet aveva intuito dal comportamento degli altri che era cosa nota e normale il fatto che non reggesse qualcosa di più forte della Burrobirra.
“Malfoy?”
“Passo, ci voglio arrivare coi miei piedi in camera.” Sorrise distratto Scorpius. “Non che adesso ne sia in grado, beninteso. Il mondo fluttua.”
Violet aveva passato una Vigilia insolita. Insolita perché, anche se si era svolta nella classica declinazione Purosangue, cena inamidata e lo scartare dei regali allo scoccare della mezzanotte, l’aveva passata con estranei, con Scorpius, la sua famiglia e la singolare presenza di Nott e Zabini. Non aveva chiesto perché non festeggiassero a casa loro e di rimando i ragazzi non avevano fatto domande sulla sua presenza e la mancanza di regali da parte di sua madre.

Era un tacito accordo, per quelli come loro, parlare il meno possibile di cose serie e quanto più possibile di sciocchezze. Violet non l’aveva mai apprezzato tanto.
Forse perché per Sophie e Jenny la discrezione è cosa sconosciuta.
Scorpius stesso non aveva curiosato. Quando si era materializzata dentro i cancelli della proprietà, accompagnata dalle tre Lady di casa, il ragazzo, venuto ad accoglierle, le aveva sorriso smagliante e senza fare una sola domanda si era dichiarato entusiasta di averla come ospite. Non sapeva se Lady Astoria l’avesse avvertito, ma rimaneva il punto.  
Rose Weasley è una ragazza fortunata.
Sorrise a quest’ultimo, che ricambiò gattonando fino a lei. Le posò poi la testa in grembo con un sospiro. “Si sta comodi…”
Lo dice anche Dominique.

“Sì, ma non è posto che ti competa.” Sbuffò spingendolo via. “Cosa penserebbe la tua ragazza?”
“Nulla, sa che il mio cuore e altri organi sono votati interamente a lei.” Piagnucolò rotolando via. “E poi, non è la mia ragazza, al momento.
“Ancora con quella storiella della riconquista del Malfoy offeso?” Chiese Zabini che tutto sapeva di tutti. “Sul serio, portatela a letto e basta. A cos’altro ti può servire una creatura così irritante?”

Violet afferrò Scorpius per il bavero della giacca prima che si avventasse scoordinato verso Zabini. “È la stessa domanda che ci facciamo parlando con te, Michel.” Celiò e l’altro accettò la stoccata con un lieve cenno della mano. “Lascialo in pace.”
“Mammina Violet!” Ghignò Loki i cui occhi, alla luce del fuoco, apparivano ancor più diversi. “Ve lo ricordate quando prese a calci Mike perché aveva dato un pugno sul naso al suo prezioso biondino?”

Michel fece una smorfietta sofferente. “Merlino, fosti così rozza! E cosa ti uscì dalle labbra!”
Violet arrossì. “Sono certa che te le fossi meritate.”
“Parkinson-Goyle, madrina delle ingiustizie!” Tornò alla carica il moretto, più brillo di tutti loro messi assieme ma comunque assai più contegnoso del canticchiante Malfoy. “Mi ricordo la strigliata che ti fece tua madre per esserti comportata come un rude maschiaccio.”
Violet serrò le labbra, sentendo una fitta allo stomaco. Naturalmente Nott non poteva sapere, quindi prendersela non aveva senso. Sentì un colpetto sulla gamba ed incrociò lo sguardo di Scorpius. Anche da brillo doveva aver percepito il suo irrigidirsi. “Ho bisogno di prendere una boccata d’aria.” Esordì alzandosi in piedi. “Queste tue sigarette babbane sono nauseanti, Michel.”
“Fammi causa.” Replicò l’altro tirando una voluttuosa boccata.

Violet uscì dal salotto del piccolo complesso di camere che apparteneva a Scorpius e scese le scale. Il parco del Manor le piaceva moltissimo: aveva un giardino italiano di rara bellezza che lo esaltava in forme perfette, adesso imbiancate di neve. Fece qualche passo per il viale principale, stringendosi le braccia al petto. Era freddo, e sciocca com’era si era dimenticata di portarsi dietro il mantello.
Sua madre non si era fatta sentire e così le sue amiche. Non che si sarebbe aspettata lettere o offerte di sostegno da Sophie e Jenny, e già poteva immaginare di esser diventata l’argomento scottante del loro circolo di conoscenze.
Tuttavia…
Tuttavia aveva sperato che l’avrebbero almeno cercata, anche solo per chiedere spiegazioni.
Ci conosciamo da quando abbiamo undici anni… Le conosco da quando conosco Nicky.
Le mancava Dominique. Aveva voglia di averla lì, di abbracciarla e farsi consolare. Ma al tempo stesso sapeva che se si fosse appoggiata completamente all’altra le avrebbe fatto un torto.
È la mia ragazza. Non mia madre, non la mia ancora di salvezza…
Aveva bisogno di far chiarezza dentro di sé prima di poterle parlare dell’intera faccenda.
Lady Astoria le aveva assicurato che Lord Malfoy avrebbe cercato di mettersi in contatto con la Gringott per sapere se fosse rimasto qualcosa nella camera blindata dei Goyle. Violet non era particolarmente fiduciosa, tuttavia aveva acconsentito a quella ricerca.
Se la camera alla Gringott non è stata data a qualcun altro, forse non è completamente vuota… Forse.
Voleva essere in grado di reggersi con le sue gambe per quando avrebbe rivisto Dominique. Perché l’altra era libera, fiera e indipendente. Voleva vincere il Tremaghi per devolvere il premio alla riserva dei draghi dove sarebbe andata a lavorare finita la scuola e le aveva parlato di come volesse trasferirsi in Romania, di come avesse intenzione di vivere solo contando sulle sue forze e i suoi talenti.
Quant’è diverso da come sono stata cresciuta io … Il mio obbiettivo avrebbe dovuto esser prender marito e non lavorare un giorno solo della mia vita, come si addiceva al mio status sociale e al mio cognome.
Ora le cose sono diverse.
Lady Astoria l’aveva pregata di non preoccuparsi, che i Malfoy l’avrebbero aiutata in virtù dell’amicizia che nutrivano per lei. Lo stesso avevano fatto Lady Narcissa e Lady Andromeda. Persino Lord Malfoy non aveva mosso obiezioni – nel senso che durante la sua permanenza l’aveva più o meno ignorata.
Era loro grata, ma sapeva che non avrebbe potuto aggrapparsi alla loro benevolenza per sempre.
Vorrà dire che finita la scuola lavorerò. Anche se non idea dove, visto che non so far nulla.
Sospirò profondamente e sentì poi che qualcosa le veniva adagiato sulle spalle. Sobbalzò e si trovò di fronte Scorpius che le porgeva il suo mantello. “Guarda che se ti ammali sono nei guai. Con chi ballo domani?” 
“Ma non eri ubriaco?”
“Infatti son strisciato fin qui.”
Violet ricambiò il sorriso. “Sono più resistente di quanto sembri, Piccolo Principe.”
“Bene allora, ti lascio alle tue riflessioni.” Dalla tasca della mantello si tolse una lettera, porgendogliela. “Questa è arrivata adesso e c’è il tuo nome sopra.” Ghignò. “Piggie?
“Quell’idiota!” Esclamò di getto mentre il cuore le accelerava bruscamente. Di colpo, non sentiva più tanto freddo. Strappò la lettera, chiusa con semplice scotch magico: aveva un bel dire che voleva presentarsi a Nicky forte e sicura di sé. Il punto è che voleva vederla. Punto.
 
Piggie,
Davanti ai cancelli di questo posto gigantesco. Sto qua.
PS: Non ti arrabbiare, ho il regalo.

 
“Come si esce di qui senza essere fulminati da qualche incantesimo?” Il povero ragazzo barcollò vistosamente alla sua aggressione e fu costretta ad afferrarlo per le spalle prima che cadesse sedere a terra. Sì, era decisamente brillo. “Rispondimi!”
“Puoi uscire tranquillamente, il problema è entrare!” Esclamò battendo le palpebre perplesso. “Ma c’è Dom?” Ridacchiò intuendo da solo la risposta. “Tranquilla, basta che tu la prenda per mano e passerete dalle barriere senza problemi. Le abbiamo incantate per includere anche la tua presenza.”
Violet gli ficcò la lettera in mano e non lo salutò neppure. Semplicemente, corse via.
 
****
 
Dominique aveva acceso un fuoco con i pochi ramoscelli che era riuscita a racimolare in quella blanda distesa di neve e pietre che componeva i dintorni di Casa Malfoy – o il Manor, o comunque si chiamasse. Anche fornita di giubbotto, felpa e berretto si sentiva congelare svariate parti del corpo e aveva il terrore di perderne altre. Sperava solo che quella insopportabile snob di Piggie si sbrigasse.
Son dovuta venire a cercarla io, che diamine … Speriamo che abbia letto il Gufo altrimenti mi troveranno congelata e piangeranno la mia precoce dipartita. Dominique Weasley, morta così figa e così giovane…
Pensando non si accorse del cambiamento avvenuto alle sue spalle, ovvero della materializzazione di un cancello che sembrava fatto di nebbia, né tantomeno della persona che vi passò attraverso.
“Nicky…”
Le bastò quel nomignolo per alzarsi in piedi e voltarsi di scatto. Violet era lì, in uno di quei mantelli che coprivano fino ai piedi e foderati di morbida pelliccia di qualche povero, innocente animaletto. Pareva uscita da un party di gran lusso a giudicare dall’acconciatura e il leggero trucco, permesso a quelle come lei solo in rarissime occasioni di festa.

In aperto contrasto con la sua aria snob – l’aveva detto che gliel’avrebbe trovata spalmata addosso come burro su un toast – c’era invece l’espressione dei suoi occhi. Erano gli occhi di una bambina che si era persa, precisi sputati. Le ricordavano quelli di Louis quando a cinque anni aveva avuto la brillante idea di smarrirsi sotto la torre Eiffel durante una gita di famiglia nel mondo Babbano.
Dominique non era tipa che pretendeva spiegazioni. Si limitò ad allargare le braccia. “Qui.” Disse. “Vieni qui.” L’altra evidentemente non aspettava altro perché le corse incontro e le gettò le braccia al collo, stringendola come se una delle due dovesse partire per la guerra. “Che succede?” Chiese ispirando il leggero profumo di shampoo costoso. “Piggie, dimmi che succede, dov’è che ti fa male?”
La sentì ridacchiare contro la sua spalla per poi alzare il viso. Non si ingannava, aveva gli occhi lucidi e grandi come Boccini. Aveva pianto. “Da nessuna parte, stupida … Che razza di domanda è?”
“Una domanda.” Le passò le dita sulle guance, trovandole bollenti. Nessun dubbio, aveva pianto. In compenso l’altra vi si appoggiò grata, quasi vi trovasse sollievo. “Perché non sei in Francia?”
Violet si morse un labbro. “Forse è vero che qualcosa mi fa male…” Ammise piano. Non le diede il tempo di chieder delucidazioni che aggiunse. “Non saresti dovuta venire. Con questo tempo … e poi cos’hai detto alla tua famiglia?”
“Ho chi mi copre. Sai, paga avere due miliardi di cugine.” Si strinse nelle spalle. Poi fece una smorfia, che l’ultima frase proprio non le era piaciuta. “Che vuol dire che non dovevo venire? Mi mandi lettere che non spiegano un cazzo e t’aspetti anche che me ne stia buona ad aspettare?”
Violet esitò, poi scosse la testa. “No, non si può dire che la pazienza sia il tuo forte.”
“Specie se si tratta di te, Piggie.” Replicò beandosi della sua aria deliziosamente confusa. Le prese la mano e gliela strinse. “Ti conosco dal primo anno, so che ti faresti tagliare un braccio prima di mostrare che sei un essere umano fallibile come tutti noi, ma …”
“Ma sei la mia ragazza.” La anticipò stringendogliela di rimando. “Lo so, mi dispiace essere stata misteriosa, è solo che…”
“È una faccenda grossa? Spiegami!”
L’altra per tutta risposta si martoriò le labbra. Dominique trovò quindi del tutto legittimo chinarsi per baciargliele e mettere fine a quel supplizio. Violet rispose immediatamente, prendendole il viso tra le mani e ricambiando con un entusiasmo che fece quasi girare la testa ad entrambi.

La sua di sicuro.
“Morgana, quanto mi sei mancata…” Sussurrò leccandosele, ogni traccia della leggera tinta per labbra che usava sparita. Dominique ne sentiva il sapore.
“È un po’ il punto di tutta la faccenda.” Sospirò facendola ridacchiare. “Senti, se dobbiamo parlare facciamo al caldo. Sempre che non venga fritta da qualche protezione che i Malfoy hanno messo a casa loro … In tal caso preferisco congelarmi il culo.”
Violet ridacchiò di nuovo, prendendole la mano. “Sei con me Weasley, sono il tuo lasciapassare per il mondo Purosangue.”
Dominique ghignò. “Da sempre, pare.”
Violet sorrise. “Da sempre.”

 
****
 
 
Violet non aveva idea di come interpretare l’espressione di Dominique. Le aveva raccontato tutto, senza risparmiarsi nei dettagli.
Fa male, Nicky. Hai ragione tu, fa davvero male.
Al momento erano stese sul letto della sua stanza, una delle innumerevoli deputate agli ospiti del Manor. I suoi piedi nudi sfioravano i jeans ancora freddi dell’altra. Le diede un colpetto sul ginocchio. “Nicky?”
“Vorrei affatturare tua madre. Ma gravemente.” Borbottò prima di arruffarsi i capelli, gesto che equivaleva ad una serie di imprecazioni. “È una stronza. Per eufemizzare.”
“Non ha agito diversamente da qualsiasi madre Purosangue di mia conoscenza…”
Più o meno…

“Non importa! Non posso credere che ti abbia … Insomma!” Sbottò scattando a sedere. Le diede addirittura le spalle, quasi cercasse di distrarsi per non fare gesti inconsulti. 
“Per favore Nicky, non parliamone più.” La blandì carezzandole la schiena. “È una decisione che può prendere e l’ha presa. È tutto.”

“Non puoi ripudiarla tu?”
Violet scoppiò a ridere e, anche se non c’era nulla di divertente in quell’affermazione, le passò la voglia di piangere. Abbracciò la schiena dell’altra e posò il viso sulla ruvida stoffa di quella felpa raccapricciante – una taglia da uomo, addirittura. “Me la caverò.” Quelle roboanti affermazioni erano il modo dell’altra di mostrarle preoccupazione e doveva quindi rassicurarla. “Come vedi, non sono sola. I Malfoy mi hanno ospitato e si sono offerti di continuare a farlo finché non sarò in grado di provvedere a me stessa.” Sospirò. “Non che voglia vivere della loro carità vita natura durante … Penso che non appena mi sarò diplomata mi cercherò un lavoro.”
Dominique non disse niente e Violet si chiese, non senza apprensione, cosa frullasse in quella testa matta.  “È lei che ci ha perso, Piggie.” Disse infine guardandola da sopra la spalla, seria. “Se non riesce a vedere la persona che sei diventata ci ha perso enormemente e quando se ne accorgerà ballerò sulla sua tomba.”
“Come farà ad accorgersene se è morta?” Le chiese divertita, dandole un lieve bacio sulla nuca. “Ma grazie.” Magari era patetico, ma sapere che Dominique la riteneva degna di stima la faceva sentire meglio sul serio. Fece un sorrisetto. “E comunque, che persona sono diventata?”
“Una strafiga, si capisce.” Ghignò voltandosi verso di lei. “Sei sempre stata tosta, ma adesso sei figa.”
“È una cosa di cui essere fiere?”

“Totalmente, Piggie. Totalmente.” Confermò con un cenno solenne della testa. “Oh, a proposito. Regali? Mi sa che è passata la Mezzanotte!”
“Il tuo te l’ho spedito, quindi parliamo del mio, suppongo.” Inarcò le sopracciglia. “Giusto?”

“Giusto, giusto…” Ridacchiò l’altra alzandosi in piedi e andando a frugare nelle tasche del suo giubbotto di pelle – le aveva detto si chiamasse chiodo. Le lanciò un pacchettino che riuscì a prendere al volo solo perché se lo aspettava. “Auguri!”
“Essere un po’ più formale non ti ucciderebbe, sai.” Sbuffò scuotendo la testa e scartandolo ansiosamente. Era il primo regalo che si facevano e aveva il sapore di qualcosa di importante.
Speriamo non mi abbia regalato qualcosa di raccapricciante o animale…
Il pacchettino, incartato malamente con troppo scotch e poca carta, rivelò contenere un orecchino. Solitario. Era una pietra rossa con riflessi bruniti piuttosto particolari. Bello, ma senza il suo compagno.
“Nicky, dov’è l’altro?” Chiese perplessa.
L’altra si sedette di nuovo di fronte a lei, incrociando le gambe. “Non c’è visto che questa pietra non va mai a coppia e non può essere tagliata a meno che tu non abbia una lama forgiata dai Folletti. Non credo tu ne abbia una, anche se forse i Malfoy…” Stava blaterando e Violet aveva idea che lo stesse facendo per mascherare l’imbarazzo.
“Cos’era prima di diventare un orecchino?” La interruppe.
L’altra fece una smorfia. “È una pietra … cioè, era una Pietra di Drago. Allo stato inerte com’è adesso si chiama Pietra Focaia. Si trova dentro la trachea di un esemplare adulto ed è il catalizzatore che gli fa sputare fuoco.” Si grattò la fronte, arricciando il naso. “L’ho trovata quand’ero piccola durante un appostamento con mio zio Charlie. È raro trovarle perché di solito i draghi vanno a morire lontano da qualsiasi sentiero battuto e… se ne trovi una sei proprio un tipo fortunato. Così mi dissero.”
“È il tuo portafortuna?” Indovinò. Non era più grande di un’unghia, eppure era capace di far sputare fiamme ad un drago per decine di metri. Era impressionante, decisamente il talismano perfetto per una come la Weasley.
“È il tuo adesso.” Scrollò le spalle e fece un sorrisetto obliquo. “A me non serve più.” Prima che potesse obbiettare che era una Campionessa e che di fortuna ne aveva bisogno in continuazione, l’altra le chiuse la mano su cui aveva posato l’orecchino. Violet sentì pungere leggermente la chiusura contro la pelle, ma non si lamentò.
“Nicky, sei sicura? Dopotutto, è…”
“Ho te.” Fece spallucce. “Ho te e il tuo orecchino.” Che per inciso non le aveva ridato. Non che glielo avesse mai chiesto indietro. “Scambio equo.”
“Non so se definirti romantica o l’esatto contrario.” Ora sì che le veniva da piangere, ma glissò preferendo concentrarsi sull’indossare quello strambo pegno d’amore di quell’altrettanto stramba ragazza.
Non era il suo solito Natale. Non c’era sua madre, i regali sotto l’albero della sua infanzia, né le feste cerimoniose a cui era invitata fino a Capodanno. C’era invece un maniero un po’ scuro ma pieno di persone sorprendenti e gli occhi azzurri e sinceri della Weasley. Andava bene. Non era perfetto, forse, ma era proprio quello il punto.
Le baciò la punta del naso lentigginoso. “Buon Natale sciroccata.”
“Buon Natale anche a te, Piggie.”

 
****
 
 
Note:

E il Ballo del Ceppo?
Flashback! Giuro! Ad ogni buon conto, devo finire con il prossimo capitolo, e quindi perdonatemi la mancanza della scena, che recupererò comunque. In qualche modo. Credo.  

Qui la canzone del capitolo.
1. Marais: quartiere di Parigi, che mantiene l’architettura pre-rivoluzionaria. È uno dei quartieri più alla moda della città e ospita decine di boutique e atelier di giovani artisti emergenti. Quale quartiere migliore in cui inserire una via magica chic? Qui per maggiori info.
2. Prince of Wales: the nero proveniente dalla Cina, servito solitamente in tarda mattinata o primo pomeriggio accompagnato dai tipici scones britannici. Il principe Eduardo fu il primo a concedere alla Twinings il diritto di produrlo, dato che era ‘his own personal brand’.
3. Dialetto: Violet si riferisce al cockney, il dialetto parlato a Londra, nato e sviluppatosi nell’East End. Ovviamente Andromeda non è una east enders, ma agli orecchi di una ragazza che ha visto Londra solo un paio di volte, una donna che ha un forte accento londinese e un linguaggio colorito può sembrare tale. Questo un assaggio più o meno corretto di come suona.
  
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