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Autore: Insecurity    04/09/2012    0 recensioni
questa storia è nata per puro caso, ma mi ci sto affezionando e spero di trarne qualcosa di buono.
Si tratta solo di una ragazza che ha bisogno di ricominciare e finalmente ha l'occasione per farlo.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
Aprì gli occhi molto lentamente Li strizzò forte, ma venne subito colpita dalla luce del primo mattino.
Alya rimase per un po’ a letto. Erano passati dalla sua morte, e in quel periodo non aveva fatto altro che girare per l’appartamento come un fantasma, cercando di sedersi davanti al pianoforte ma non riuscendo a risolvere nulla. Non aveva idea di quello che avrebbe fatto da quel momento in poi… di una cosa era certa: doveva andare avanti con la sua vita, anche se aveva ben poco significato senza Tyler e senza musica. A volte le sembrava di non riuscire nemmeno a respirare, era come se lui andandosene si fosse portato via la sua anima, e avesse dimenticato lì il corpo…
Scacciando quei pensieri malinconici, si alzò dal letto, aprì la finestra della stanza, chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Fece un piccolo sorriso, forse il primo da molto tempo. Adorava le mattine d’autunno: era sempre stata la sua stagione preferita, le foglie che cadono dagli alberi, il vento che scompiglia i capelli, il profumo delle caldarroste in ogni angolo della città.
Sarebbe uscita, si sarebbe gustata il sole del primo mattino, avrebbe fatto una passeggiata e non avrebbe pensato a nulla. Andò verso l’armadio, ma i pochi vestiti rimasti erano sporchi o stracciati, o le stavano decisamente larghi. Si guardò allo specchio, ma quello non poteva essere il suo riflesso. Un viso pallido e smunto la stava osservando, con quegli occhi verde intenso contornati da ciglia foltissime, forse un po’ troppo grandi per quel viso affilato; i lunghi capelli scuri erano tutti rovinati e un po’ le dispiacque, erano sempre stati la parte migliore di sé. Quella ragazza allo specchio era così magra che si potevano contare le costole.. Alya non si stupiva che i vestiti le andassero come dei tendoni. Distolse lo sguardo, imbarazzata e continuò con la ricerca di un vestito decente. Alla fine scelse un maglione grigio, che le arrivava a metà coscia e dei semplici pantaloni neri, raccolse i capelli un una coda di cavallo e si avvicinò la porta. Mise la mano sulla maniglia, ma quel senso di oppressione si fece avanti ancora una volta.
 - Respira, Alya. Cosa direbbe Sam se ti vedesse in questo stato? Disse a bassa voce.
Facendo un grande respiro, uscì all’aria aperta.
Era il momento di tornare a vivere, in un modo o nell’altro.
 
                                                                                 * * *
Alya volse il viso al sole; da quanto tempo non ne sentiva il calore sulla pelle, non respirava il profumo fresco dell’aria. Arrivò a Victoria Park e si sedette sulla prima panchina; si mise comoda, incrociò le gambe come faceva sempre e cominciò a osservare le persone che le passavano davanti. Sapeva che non avrebbe dovuto, ma lei lo trovava interessante: dai gesti e dalle espressioni, si poteva capire molto di una persona.
Un signore distinto, dall’aria cupa, le passò lentamente davanti, e mentre camminava non alzava mai lo sguardo. Teneva le spalle curve, come se dovessero sopportare un peso troppo grande per lui. Spesso Alya dimenticava che non era l’unica al mondo a soffrire…
Una donna alta e secca, con i capelli lisci e biondo platino, certamente non naturali, camminando col naso all’insù, portava a spasso un bassotto con il collare rosa shocking. La ragazza si stupì che quel povero cane non avesse una tutina addosso, magari abbinata ai vestiti della padrona.
Poi..poi un ragazzo attirò la sua attenzione. Stava facendo jogging e anche da un bel po’, pensò Alya osservando la sua felpa sudata. Stava facendo il giro del parco, così ogni cinque minuti se lo trovava davanti e, nonostante i suoi sforzi, lo seguiva con lo sguardo. Non riusciva a vederlo bene in volto, in parte coperto dai capelli color mogano scuro, ma c’era qualcosa che l’attirava verso quel ragazzo. Proprio mentre passava davanti alla panchina si girò verso la ragazza e.. non era possibile. Se non sapesse per certo che Tyler era morto, avrebbe detto che quel ragazzo era lui.  Si alzò lentamente, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati;  iniziò a camminare, prima lentamente poi sempre più velocemente. Il ragazzo se ne stava per andare così cominciò a correre fino a fermarsi davanti a lui. No, non era suo fratello, non gli assomigliava nemmeno un po’. Il ragazzo si fermò un attimo, Alya sentì distintamente la musica metal che stava ascoltando. la guardò irritato ricominciò a correre come se niente fosse, mentre lei si accasciò a terra. Nascose il viso tra le mani.
Che illusa. Sapeva, sapeva che l’avrebbe cercato, nei riflessi delle vetrine dei negozi, per strada, nei bar. Ma doveva rassegnarsi al fatto che lui non avrebbe mai più fatto parte della sua vita.
Ad un tratto si sentì toccare la spalla da un dito leggero. Si girò, con aria interrogativa e si trovò davanti un bimbetto paffuto dall’aria arrabbiata.
  
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