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Autore: lietome_    04/09/2012    6 recensioni
- Allyson vede Harry distante e lontano, diverso. Quella vetrata che li separa sempre, però, non li può dividere per sempre, per loro fortuna.
- Madison è lontana ed è così difficile starle lontano. E' così difficile rinnegare un sentimento nascente. E' così difficile mentire a se stessi, eh, Liam?
- Sarabeth è una fan, nulla di più. Ma ripone il suo cuore tra le mani di Niall, che per uno (s)fortunato caso del destino la nomina ambasciatrice degli abbracci mai dati.
- Chealsea sembra fatta apposta per farlo rialzare dopo la sua ultima caduta, eppure Louis ha paura di ricominciare a mettersi in gioco. Quegli occhi scuri, però, lo spronano silenziosamente, così tanto...
- Brenda è persa a Londra, lontana dai profumi e dai visi a lei famigliari, costretta a ricominciare da capo lontana dalla sua Argentina. Sembra tutto così impossibile, ma poi arriva Zayn, e le strade di Londra si aprono.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25.

Il cigolio della porta per poi ritrovarsela lì davanti, bella come al solito, struccata e dentro ad una tuta più grande di due taglie. La vede impallidire e il sorriso cordiale che aveva istintivamente sparisce dal suo viso.
Ed è inspiegabile come faccia ad essere sempre bella anche così.
“Ciao.” Le dice Louis accennando un sorriso e lei avvampa sentendosi una ragazzina. Si passa una mano tra i capelli cercando di sistemarli, fa un risvolto all’elastico dei pantaloni della tuta così che la fascino un po’ di più. Louis legge nei suoi occhi grandi una domanda e alza le spalle.
“Vieni, entra.” Gli dice lei cercando di modulare la propria voce e, Dio, quant’è difficile.
Ogni volta le sembra di dover ripartire da capo, ogni volta ritorna con la mente alla prima volta che l’ha visto, a quel bancone e a quel bar, alle luci che si riflettevano negli occhi chiari di lui arrossati da un dolore ormai sparito. E non si fidava così tanto di se stessa per prendersene il merito.
Louis oltrepassò la soglia e le immagini di loro due in quel loft lo fecero piegare leggermente sulle ginocchia. E come ogni volta che la guardava sorridere appena, mentre alzava gli occhi al soffitto e batteva quelle ciglia da pubblicità, Louis si chiede perché doveva essere sempre così difficile.
“So che te ne sei andata per quello che ti ha detto Harry.” Le disse guardandola sedersi e senza imitarla per paura di non voler rialzarsi più nel caso gli avesse chiesto di farlo. E già i suoi piedi sembravano piantati in quel parquet scuro. “E quindi ho pensato che non l’hai fatto per me, perché io non ti piaccio più, o non ti sono mai piaciuto.” E Chelsea si sentì morire al pensiero che lui l’avesse creduto, ma qualcosa di più forte di lei la fece restare senza parole da dargli, senza una consolazione. Si morse il labbro talmente forte da farlo sanguinare.
Louis distolse lo sguardo e incassò il silenzio senza dire una parola, come un colpo al torace e l’ossigeno che spariva a poco a poco. Chelsea si alzò e lui indietreggiò nuovamente fino alla porta mentre i polmoni gli bruciavano sempre di più. La ragazza si sporse verso di lui e lo baciò con una tenerezza devastante che fece crollare entrambi e che si contrastava a quel sapore di sangue che le sue labbra avevano.
Strana metafora per una fine ormai visibile.
Louis chiuse gli occhi mentre la porta di Chelsea si richiudeva con il suo solito cigolio e, quando li riaprì, li alzò al cielo. Non si sarebbe arreso, non questa volta.
“Chel, so che sei lì.” Urlò alla porta chiusa prima di appoggiarvicisi con la fronte e respirare lentamente.
“Non me ne andrò, non lascerò che le tue paure ci distruggano, non lascerò che nessuno ci distrugga.”
E se solo avesse potuto vedere attraverso il legno, avrebbe visto la figura della ragazza rannicchiata contro la porta dall’altro lato e cullata dalle parole che lui le diceva.
E la notte era scesa su di loro, ancora vicini  divisi da quella superficie laccata in verde. Chelsea aprì la porta facendo scivolare Louis che si svegliò dal sonno inquieto in cui era caduto. Gli si avvicinò lenta e gli sorrise.
L’alba sul suo viso. “Pensavo non saresti rimasto.” Gli sussurrò all’orecchio avvicinandosi maggiormente e lasciandosi abbracciare. Il ragazzo sentì il proprio petto tornare caldo e si fidava abbastanza di lei per non attribuire tutto il merito alla coperta che lei aveva stretta tra le braccia.
__
 
“Dov’è, Harry?” Gemma sistema le pieghe nella gonna bordeaux che porta e guarda il fratello.
“Non lo so, starà per arrivare, la strada è tanta.” Risponde il riccio e getta l’ennesima occhiata all’orologio bianco sulla parete davanti a loro.
“Hai provato a chiamarla?” continua la ragazza.
“Sì, certo. Provo ancora.” Le risponde nuovamente il ragazzo prima di estrarre il cellulare dalla tasca e comporre il numero della fidanzata.
“Hai intenzione di sposarla?” chiede Gemma guardandolo in attesa della risposta dall’altro capo e cogliendo nei suoi occhi un luccichio entusiasta.
“Non lo so,” mente ad entrambi, “perché? Non ora, in ogni caso. Ma più avanti, magari con il bambino, o la bambina, a farci da paggetto. Magari sì.”
“Quindi pensi di sposarla.” Ripete chiara la sorella sovrastando con la propria voce il ‘bip’ della segreteria telefonica di Allyson che scatta.
“Quindi penso di sposarla.” Ripete a sua volta Harry e la sua voce arriva limpida alla ragazza che, in auto, viaggia sopra al limite per raggiungerlo più in fretta.
Allyson così guarda il telefono come se potesse vedere le parole del ragazzo che, nel frattempo, a chiuso la chiamata. Ed è in quel momento, proprio in quel momento che Allyson passa attraverso quell’incrocio, ed è proprio in quel momento che la macchina blu cobalto alla sua destra non si ferma.
Allyson alza gli occhi troppo tardi, avvisata dal colore brillante dell’altra auto, e non ha tempo di fermarsi. Porta una mano al ventre quando sente la forza dell’urto spingerla lontano, e a destra, per poi tornare a sbattere contro il sedile. E c’è odore di fumo, nell’aria, e rumore di vetri che si rompono.
E il cielo grigio sporco attraverso il vetro è l’ultima cosa che ricorda, mentre il sangue le gocciola lungo il viso, quando si abbandona a quel sonno che la avvolge completamente.
 
Altro motore a rombare potente, questa volta via da Holmes Chapel e verso l’ospedale di Crewe e quei 20 minuti non erano mai sembrati così lunghi ad Harry che, le mani strette sul volante e le nocche bianche, cercava di non piangere.
“Cerco Allyson Coen, dev’essere stata ricoverata poco, fa.” Trema mentre parla all’infermiera che è troppo, davvero troppo calma.
“Non può ancora vederla.” Oh, davvero troppo. Ed Harry vorrebbe che anche lei si sentisse persa e distrutta come lui è in quel momento per decidersi a dire le cose più velocemente e meglio.
“Perché no?”
“È ancora in sala operatoria.” Harry ringhia piano un’imprecazione.
“Sala operatoria per cosa!?” sbotta poi stendendo la mano sul bancone verde chiaro.
“Non posso dirglielo, per la privacy. Chi è lei?”
“Lei deve dirmi cos’è successo! Deve dirmi come sta lei, come sta il bambino, lei deve, deve…”
“Qualche problema?” un uomo alto gli si avvicina e guarda la donna svogliata dietro al bancone.
“Vuole vedere la paziente della 283, ma è ancora in sala operatoria e non posso dirgli perché. Privacy.”
Il medico annuisce e poggia una mano sulla spalla del ragazzo che scatta di lato, nervoso.
“È appena uscita, ero dentro con lei.” Ed Harry si aggrappa a quegli occhi grigi e chiari. “Tu chi sei, ragazzo?”
“Sono, io sono, il fidanzato.” Dice confusionario troppo scosso per mettere in fila le parole. “Il fidanzato.” Ripete con più convinzione prima di tornare ad oscurarsi ancora una volta per poi alzare nuovamente gli occhi. “Il padre! Sono il padre del bambino.”
E lo sguardo che l’uomo allora gli rivolge va al di là di ogni dubbio, o parola e l’unica cosa che Harry riesce a fare è cadere in ginocchio e piangere tutte le lacrime che si era negato fino a quel momento, sentendo la gola bruciare e un senso di vuoto che lo divora dentro.
__
 
 Lettera dopo lettera il nome di Liam compare sullo schermo e la barra di Google si riempie dei completamenti automatici. ‘Liam Payne One Direction”;  “Liam Payne birthday”; “Liam Payne hot”; “Liam Payne and his girlfriend”
“Sei hot, ragazzo!” lo prende in giro Zayn, seduto lì accanto a lui senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Mmmh, guarda lì che pettorali!” continua aprendo una foto di Liam senza maglietta e il ragazzo sorride e spinge giocosamente l’amico. “Cretino.” Gli sussurra per poi continuare a scorrere le foto.
La mano di Zayn si ferma sul mouse mentre l’altra corre a cercare la spalla dell’amico, fermo.
Ed è Madison, quella nella foto, le sue spalle fragili. E ci sono mani, altre mani che la stringono. Ed è un bacio, quello, è proprio un bacio. La presa di Zayn sulla spalla dell’amico si fa più salda prima che Liam si alzi di scatto e si avvii verso la porta. Prende la giacca e cerca le chiavi della macchina in tasca.
“Vengo con te.” Gli dice Zayn raggiungendolo e chiudendo la porta della grande casa. “E guido io.” Aggiunge con un tono che non accetta storie.
 
“Vuoi scendere?” Liam gli rivolge la parola per la prima volta da quando sono partiti e Zayn si sente male per lui. “Non sarà una cosa lunga, in ogni caso.” Continua e nei suoi occhi si legge il dolore e la resa.
“Sto qui. Prendi il tempo che ti serve e fai quello che ti senti.” Risponde il ragazzo dagli occhi neri prima che la portiera della macchina sbatta dietro all’amico. “E sii forte.” Gli sussurra alle spalle.
Liam si avvicina alla porta della casa di Madison e dalla luce accesa nella sua camera capisce che è in casa.
Bussa ed è lei ad aprirgli dopo qualche istante. “Liam!” gli sorride prima di abbracciarlo e sentirlo rigido sotto di lei. “Cos’è successo?” chiede ed è spaventata.
Liam estrae il telefono dalla tasca e le mostra la foto; Madison sbianca e abbassa lo sguardo.
Ed il silenzio fa così male che Liam vorrebbe urlare per colmarlo e smettere di non sentire nulla.
“Te l’avrei detto.” Inizia Madison salvandolo da quella condanna per iniziare a scontare la propria, guardandolo negli occhi e vedendo che non c’è posto per lei lì dentro. Non più.
“Dimmelo ora, dimmi che è stato solo un bacio.” Liam la guarda mentre lei riporta i propri occhi al pavimento, la porta dietro di lei si chiude sbattendo ma nessuno dei due sussulta. Ancora quel silenzio che lo uccide e che conferma i suoi dubbi. “Mad, dimmi che è stato solo un bacio. Un maledettissimo bacio. Dimmi che eri ubriaca, o che non capivi, o qualsiasi cosa. Ma dimmi che vi siete fermati a questo bacio.”
Mad lo guarda e si morde il labbro, sgrana gli occhi lucidi e una lacrima le solca il viso.
“Dimmi qualcosa, cazzo!” urla Liam girandosi di lato e dando un pungo al grande albero lì accanto. “Qualsiasi cosa!” urla ancora mentre il secondo colpo fa volare pezzi di corteccia ovunque.
“Mi dispiace.” Sussurra tra i singhiozzi Madison mentre la prima goccia di sangue lascia la mano di Liam e precipita tra l’erba. “Mi dispiace così tanto!” continua Madison senza togliere lo sguardo dalla mano ferita di Liam. “Non sapevo come dirtelo, ma mi dispiace immensamente.”
Alza lo sguardo sul suo fidanzato e incontra nuovamente quello sguardo di pietra. “Non è abbastanza.” Le dice lui, lentamente e a bassa voce, prima di darle le spalle e lasciarla alle sue lacrime, cercando di combattere con le proprie.
“Woah, amico, cos’è successo!?” chiede Zayn guardandolo risalire con la mano gonfia e sanguinante.
“È andata.” Sussurra roco Liam. “E questo,” dice alzando la mano e facendo una smorfia per il dolore “è solo un albero poco fortunato.”
Abbozza un sorriso e Zayn lo stringe a sé sapendo che sta fingendo, che quella leggerezza non è che una maschera. “Andrà tutto bene.” Gli sussurra piano.  Lo stringe più forte quando sente le prime lacrime dell’amico bagnargli la spalla.

Ciaaaaaaaaaaaao bellezze, come state? Ecco qui il capitolo, siamo prossimi alla fine e le storie devono avviarsi alla conclusione. So che è un capitolo triste, ma non arrabbiatevi con me. (Si, El, sto parlando esplicitamente con te.) Spero vi sia piaciuto lo stesso.
A presto, e grazie a tutti.
xx

 

  
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