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Autore: marguerite_murcielago    04/09/2012    1 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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I used to roll the dice
Feel the fear in my enemy's eyes
Listen as the crowd would sing:
Now the old king is dead! Long live the king!

(Viva la vida, Coldplay)

 

Con la Londra elisabettiana sullo sfondo, tratteggiata in colori pallidi e tristi, i ritratti più che veritieri di Wallace, il Marchese di Pembroke, Elizabeth e Mary assumevano un’importanza straordinaria: benché i colori non fossero chiassosi e malamente accostati, in quelle figure c’era perfino una parvenza di vita.
Erano stati utilizzate lamina d’oro e polvere di smeraldi, non curandosi, il richiedente, di quanto sarebbero costati.
Quel dipinto, giunto alla sua corte assieme ad un biglietto vergato dallo stesso Marchese di Pembroke, era il segno tangibile della prima sconfitta della sovrana scozzese da parte della Regina d’Inghilterra.
Nell’appenderlo nell’angolo più buio e impolverato della sua stanza da letto, nel castello di Stirling, Mary Stuart sentì la gola bruciare, come quando, da bambina, tratteneva le lacrime per una percossa.
- Potete sempre distruggerlo – le aveva biascicato Wallace quando gliel’aveva mostrato; la donna sapeva che, se non fosse stato costretto a letto dalle ferite non ancora rimarginate, l’avrebbe allontanata con un balzo e l’avrebbe squarciato, foss’anche a mani nude.
Lei riteneva, invece, che fosse una maniera apprezzabile per ricordarsi, in futuro, di come aveva rischiato di perdere la dignità, un fido consigliere e forse anche il suo regno, per una vanità giovanile.
- Perché mai? Non m’interessa dell’egocentrismo di Elizabeth, quando dovrei concentrarmi su come governare al meglio il mio regno – aveva risposto, mantenendo una facciata cortese e distaccata.
Tirò la tenda e celò così al mondo il profilo sprezzante di sua cugina.

 

                                                                             ***                                                   

 

- Posso farvi una domanda? – domandò Henry, fissando il vino chiaro nel calice.
Catherine sorrise, inarcando un sopracciglio. Lui la guardò con le palpebre socchiuse, come un gatto.
- Quando vi siete innamorata di me? La prima volta che ci incontrammo mi guardaste con aria gentile, ma assolutamente disinteressata: i vostri occhi sembravano ghiaccio.
Le guance pallide di Catherine colorirono.
- Quella volta in cui… abbiamo partecipato entrambi ad una festa e voi siete venuto da me, chiedendomi di ballare. Temo proprio che abbiate fatalmente conquistato il mio cuore – scherzò.
- Perché? – insisté Henry.
- L’avete detto anche voi: anche coloro che non sanno nulla del mio potere mi stanno alla larga, mi temono, farebbero di tutto per evitarmi. È fastidioso e, per quanto le persone che avevo conosciuto fino ad allora fossero più o meno meschine e squallide, mi sentivo triste. Ma voi…
- Io? – le soffiò sul viso, prendendole la testa tra le mani lisce.
- Voi… - abbassò le palpebre, nella speranza che lui annullasse la leggerissima distanza tra loro.
- Io credo che voi siate molto bella e che non esista qualcuno di altrettanto attraente in tutto il mondo.
- Lady Mildred tenterà di avvelenarmi, quando saprà cosa avete detto.
Henry ridacchiò. – Non mi è mai piaciuta, non può che dolersi per questo!

 

***

 

- Finalmente! – Arthur rideva, da tempo non si sentiva così bene. Quasi un anno, in effetti.
D’altronde, come poteva rimanere serio e accigliato, quando Elizabeth sorrideva, distesa sotto di lui, attorcigliandosi un ciuffo di capelli rossi attorno all’indice delicato? Quando abbandonava la sua maschera arrogante e ciononostante seducente, quando metteva da parte i suoi schemi e la trama intricata di sentimenti e reazioni che propinava a chiunque si rapportasse con lei, la sua bellezza e la sua innocenza diventavano quasi infantili.
- Finalmente?                             
- Non sopporto di starvi lontano tanto a lungo.
Elizabeth fece una smorfia di finta ira. – Siete identico a tutti gli altri uomini: non desiderate che una sola cosa da noi povere donne: vi lascio immaginare cosa…
- Siete perfida, lo sapete? Ve ne rendete conto? – sibilò e abbassò il viso su di lei.
- Certo che me ne rendo conto, Arthur. Voi mi amate, perciò mi sento libera di poter scherzare con voi.
Arthur si avvicinò ancora di più alla sua bocca rosea: - E voi mi amate quanto vi amo io?
Elizabeth rise sulle sue labbra. – Ditelo ancora, Arthur! Ditemi che mi amate!
- Prima voi, non mi piace sprecare il mio amore per chi non lo corrisponde – mentì. Avrebbe sprecato il suo ingegno, avrebbe consumato la sua anima e il suo corpo per poter essere ammesso alla presenza della sua Bess.
- Anche io vi amo e mi fa impazzire che abbiate amato altre prima di me… e amerete chi mi succederà.
- La mia natura mi impedisce di fare altrimenti, ma qui – si sfiorò una tempia, con un sorriso velato di tristezza – rimarrà il nome non di vostra madre, né di vostra sorella: solo il vostro, nessun’altro.
Avrebbe potuto, e voluto, dire qualcosa di ancora più altisonante, ma Elizabeth impegnò la sua bocca con qualcosa di molto più tiepido e urgente.

 

   
 
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