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Autore: MariD96    04/09/2012    3 recensioni
"Così tutti sapevano come mi comportavo ma nessuno sapeva il motivo per cui lo facevo, perché ero sempre triste e perché preferivo stare da sola.
Nessuno conosceva la mia vera storia, cosa era successo 8 anni fa."
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo quasi avevo dimenticato l’avvertimento di mia cugina del giorno prima, anche perché i miei incubi mi facevano dimenticare la vita reale e mi portavano in un mondo lontano, diverso e soprattutto inquietante.
 
Ogni mattina mi ci voleva del tempo per capire che ciò che avevo sognato non era accaduto o perlomeno non recentemente, erano solo dei lontani terribili ricordi.
 
Mi preparai e andai a scuola, questa volta ci misi di meno a trovare la strada.
Entrata mi accorsi che c'era qualcosa di diverso rispetto al giorno precedente infatti sembrava che molti mi fissassero e parlassero di me ma non capivo come era possibile visto che neanche mi conoscevano, e anche quando raggiunsi il mio armadietto una ragazza che era lì vicino sbarrò gli occhi e corse via come se avesse visto un mostro, pensai che fosse solo una mia impressione e persa nei miei pensieri entrai nell'aula di chimica, mi sedetti sempre vicino al solito ragazzo che questa volta invece mi guardava con un'area diversa, sembrava che mi volesse semplicemente conoscere. 
 
A fine lezione mi rivolse la parola per la prima volta- Piacere io sono Paul. - fece un sorriso a trentadue denti, i suoi occhi però mi misero subito agitazione, era lo sguardo di un imbroglione, un bugirado, qualcuno che non aveva buone intenzioni. Cercai di ricambiare con il miglior "sorriso" che riuscii a trovare e mi allontanai.
 
Perché mi aveva rivolto la parola? Perché proprio uno che sembrava così poco affidabile? Nella mia vecchia scuola a causa della mia fama da cattiva ragazza parlavano con me solo le persone con il suo stesso sguardo, che avevano un secondo fine, gli approfittatori, ma non capivo perché sarebbe dovuto succedere anche qui visto che nessuno conosceva il mio passato.
 
Partecipai alle altre lezioni e la prima parte della giornata passò abbastanza bene, a parte per delle occhiatacce da parte delle cheerleader, da parte di Ronnie e per il fatto che molti quando passavo si fermavano a guardarmi come se mi stessero giudicando. A mensa mi sedetti da sola come sempre cercando di non attirare l'attenzione ma non funzionò dopo poco arrivò il ragazzo biondo del corso di chimica, Tyler, l’amore di Ronnie.
Si sedette vicino a me e disse:
-ciao 
Non risposi, era lui che aveva fatto il commento su di me.
 
- io sono Tyler, tu sei Linz quella nuova giusto? 
- giusto –dissi senza neanche alzare lo sguardo dal mio vassoio.
- ti va di sederti lì con i miei amici?
- sto bene qui, grazie. 
- va bene ti faccio compagnia.
 
Continuai a ignorarlo così lui aggiunse per fare conversazione:
 
- Allora.. Che attività pensi di scegliere per i punti extra? 
- nessuna 
- perché non fai la cheerleader? Hai il fisico giusto per farla e poi ci vedremmo sempre, io sono il capitano della squadra di basket. 
 
Io che incitavo una folla di spettatori? Ahahahahahahah era il colmo, risposi semplicemente - ora devo andare. 
- ma se non hai neanche finito il frappé! – sembrava deluso.
 
Mi alzai lo stesso e mi allontanai, mentre camminavo sentii una mano di qualcuno che mi toccò il sedere, la mia prima reazione fu quella di girarmi e mollargli un pugno invece mi venne un'idea migliore mi girai lentamente posai sul suo tavolo il mio vassoio presi il frappé e lo versai in testa al ragazzo che mi aveva toccato e che io non avevo mai visto prima di allora e me ne andai, intanto sentivo tutti che ridevano per la figura che gli avevo fatto fare e mi sentii soddisfatta. 
 
perché improvvisamente sembravano tutti interessati a me?
 
Quando finirono le lezioni ripresi il mio skateboard e camminai per i corridoi a testa alta ma non guardando nessuno negli occhi, non volevo sembrare debole ma neanche una persona che voleva conoscere nuova gente. Anche se quel giorno mi aveva scosso.

**

All'uscita vidi Ronnie che aspettava qualcuno  a braccia conserte con altre 3 cheerleader, mi chiesi chi potesse essere. Magari Tyler o forse un insegnante?
Stavo spostando lo sguardo quando mi notò e mi fece cenno di avvicinarmi.
 
-Seguimi-Sussurrò.
 
Io e Ronnie avevamo la stessa età ma lei sembrava molto più grande di me, io ero troppo magra e un po’ bassa per la mia età e lei era troppo alta e aveva un po’ più di muscoli ma comunque un fisico da invidiare. Aveva i capelli neri lunghi e lisci e gli occhi scurissimi era una bella ragazza ma in giro gli altri preferivano me perché credevano facessi la misteriosa io invece volevo semplicemente stare sola.
 
Camminammo fino a un vecchio vicolo dietro la scuola. 
-allora? Hai notato qualcosa di strano oggi? 
Ovviamente si, ma non potevo darle questa soddisfazione. 
Scossi la testa.
 
- davvero? Sai ho pensato e ripensato a come fare ad allontanarti da Tyler e..
- Non ti devi sentire minacciata se ogni volta che ti piace un ragazzo a lui piaccio io. –
 
la interruppi. Veramente lei non sapeva che ero io ad avvicinarmi ai  ragazzi che le piacevano solo per farle un dispetto ma alla fine loro mi accettavano quindi non si notava. 
 
- Piaci ai ragazzi solo perché conoscono la tua cattiva reputazione
 
Non mi piaceva che la mia vita si sapesse in giro. Dopo una cosa del genere non avrei mai ribattuto ma visto che c'erano anche le sue amiche sarei sembrata una debole così aggiunsi
 
- non è vero, credo di piacere a Tyler e lui non lo sa, nessuno lo sa in questa scuola. 
 
Ronnie rimase in silenzio per un po' poi alzò un sopracciglio per darsi un'aria superiore e in quel momento capii cosa aveva fatto, come aveva potuto oltrepassare quel limite?
 
Mi avvicinai a lei e dissi a denti stretti- ecco cosa facevi al computer ieri! Stavi raccontando agli alunni della scuola la mia vita. 
 
La scena sembrava assurda perché io la guardavo dal basso e non sembravo credibile.
Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.
Feci l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento le tirai un pugno sul naso, lei indietreggiò e mi accorsi che sanguinava. Le amiche indietreggiarono sorprese, poi aggiunsi – Veronica, io posso continuare a vivere la mia solita vita come facevo prima ma renderò la tua un inferno.
Me ne andai infuriata.
 
Ciò che aveva fatto non era un grande problema voglio dire potevo vivere come avevo sempre fatto, cercando di scappare da chi mi offriva aiuti per guarire dalle mie “stranezze" e dai ragazzi che mi credevano facile da conquistare, in questo nuovo posto ricominciando tutto da capo avrei avuto la possibilità di stare sola senza nessuno che mi rivolgesse la parola. Non credevo che Ronnie potesse farmi una cosa del genere.
 
Perché lei non poteva capire cosa significava essere me.
 
In questi ultimi anni oltre alla galera avevo provato delle droghe, anche se leggere, mi ero tagliata sui polsi più volte e avevo delle cicatrici che tenevo nascoste come meglio potevo, avevo fumato ma da poco avevo smesso perché sentivo i polmoni pesanti e  diciamo solo che negli ultimi 2 anni ero stata con circa 9 ragazzi diversi. Questo lo facevano anche altri miei compagni di scuola ma la cosa per la quale mi vergognavo di più e che conoscevano in pochi era che non ero più vergine a causa di un ragazzo che mi aveva fatto ubriacare ad una festa quasi del tutto e mi aveva portata a letto, sfortunatamente il fratello di questo ragazzo stava con Ronnie e le aveva raccontato tutto quindi da quel giorno lei mi minacciava dicendo di volerlo dire a tutti e oggi l'aveva fatto. 
 
Così tutti sapevano come mi comportavo  ma nessuno sapeva il motivo per cui lo facevo, perché ero sempre triste e perché preferivo stare da sola.
 
Nessuno conosceva la mia vera storia, cosa era successo 8 anni prima.
 
Ronnie su questo aveva sempre tenuto la bocca chiusa, perché se lo avesse raccontato in giro probabilmente tutti avrebbero provato compassione per me e avrebbero preferito "aiutarmi", ma la verità era che anche se lei, Lea, la polizia e i medici credevano di sapere cosa era successo quel giorno io non avevo mai raccontato la storia intera a nessuno.

** 


Quel giorno a casa io e Ronnie ci ignorammo completamente, per me non era strano, lo facevo ogni giorno ma in genere lei aveva sempre qualcosa da dirmi contro. Però prima di allora non l’avevo mai picchiata. Stette tutto il pomeriggio sul divano con una borsa di ghiaccio sul naso guardando la televisione e la cosa assurda era che non mi aveva chiesto neanche una volta di cambiarle il ghiaccio; si alzava lei e provvedeva a sé stessa era come una vacanza per me.
Credevo di non averle fatto tanto male invece alcune volte vedevo che le scendevano le lacrime per il dolore, le avevo rotto il naso, aveva un occhi nero e credo che si fosse slogata una caviglia indietreggiando dopo il pugno.
Forse avevo esagerato ma ero stata accecata dalla rabbia e non avevo calcolato quanto male potessi farle, avevo semplicemente colpito con tutta la mia forza e sperato di darle una bella lezione.
Dopo aver apparecchiato e preparato la cena arrivò Lea dal lavoro, quando sentii il rumore delle chiavi girare nella serratura mi si gelò il sangue nelle vene e per la prima volta dopo tanti anni ebbi davvero paura di mia zia.
Non avevo mai picchiato Ronnie e Ronnie e Lea non avevano mai picchiato me, erano solo antipatiche.
Ogni volta che litigavamo però la madre dava sempre ragione alla figlia e non so come avrebbe reagito sapendo cosa era successo. Solo quando la porta si spalancò mi ricordai che Ronnie era andata in bagno e volendo avrei avuto qualche minuto di vantaggio per scappare da Lea ma le gambe erano bloccate dalla paura e rimasi lì ferma vicino al tavolo con dei piatti in mano aspettando che succedesse qualcosa e sperando che la mia fosse solo un’ esagerazione e che Lea capisse.

- Ciao Ronnie, che si mangia stasera?- disse chiudendo la porta alle sue spalle.

Non riuscii né a muovermi né a dire qualcosa, non le sembrò strano all’inizio perché non le rispondevo mai ma quando si girò e vide la mia faccia terrorizzata con gli occhi sgranati,  disse con tono preoccupato:

- Che succede? Non sembri così spaventata da anni! Da quando…

Le mancò il respiro.

“Da quando ho trovato suo marito, zio Lucas,  morto” pensai.

Veramente aveva ragione in quegli anni con lei avevo avuto sempre la stessa espressione, non avevo paura, non piangevo, non ero felice. Sembravo una statua di cera o un robot, sembrava che non provassi più niente.

- Aspetta che hai fatto? Cosa è successo. Parla! 

Adesso sembrava spaventata e urlava ancora di più del solito, aveva le lacrime agli occhi. Forse credeva che sua figlia fosse anche morta, sembrava tanto la scena di quando qualche anno prima aveva scoperto che zio era morto. Mi corse incontrò, mi prese per una spalla e mi scosse.

- Parla Linz parla! – sembrava disperata e io lo ero ancora di più:  sconvolta e senza parole, non riuscivo ad emettere un suono benché volessi tranquillizzarla.

- Dov’è Ronnie? –Urlò -Linz, dove è Veronica?-Urlò ancora più forte guardandosi in giro.
In quel momento entrò zoppicando mia cugina tenendosi con le mani il ghiaccio sul viso.

- Mamma, sono qui. – disse. Lea tirò un sospiro di sollievo e si allontanò da me, dopo pochi istanti assunse di nuovo un’aria preoccupata.

- Tesoro cosa è successo?

“ecco la mia fine” Pensai.

Ronnie mi guardò.

- Chi ti ha picchiata?

Trovai nelle gambe la forza di indietreggiare, sperando che nessuno se ne accorgesse.

- Allora? Chi è stato? Non possono ridurre così la mia bambina!

Ronnie sussurrò– è stata lei

- lei? Lei chi?- disse Lea, poi si girò e confusa e mi prese per una spalla. - tu?

Non avevo il coraggio di rispondere, anche se non sembrava arrabbiata come immaginavo, poi aggiunse.

- Ti abbiamo fatta crescere in questa casa per non lasciarti sola, sei così sfortunata che sei stata la causa della morte di mio marito Lucas, ho sperato che ti riprendessi e invece sei finita alla droga, al fumo, in carcere , sei piena di tatuaggi e ti comporti come una prostituta. E ora che fai? Ci vuoi fare del male addirittura picchiandoci?
Sai che ti dico? Inizierai ad avere delle sedute con lo psicologo della scuola, il tuo insegnante di chimica , spero che funzionino altrimenti non so più che fare. Altrimenti puoi andare dove ti piace, puoi vivere sulla strada con i tuoi amici drogati e alcolizzati, puoi guadagnarti i soldi come sai fare meglio tu comportandoti da sgualdrina e rubando.

Aumentò la stretta sulla spalla e dopo qualche secondo di esitazione mi tirò un pugno dritto in faccia, decisamente più forte di quello che io avevo tirato a sua figlia per il semplice motivo che lei pesava due volte me, persi l’equilibrio e caddi con i piatti per terra.

- scusami tanto, ma devi capire in che situazione terribile viviamo! –iniziò a piangere, prese per la mano Ronnie e si avviarono alla porta d’ingresso poi disse per consolare sua figlia – tesoro non ti preoccupare non è niente, ora andiamo al pronto soccorso e tutto passa.

Mi alzai, presi un fazzoletto per pulirmi il sangue che mi usciva dal naso e un po’ di ghiaccio per l’occhi nero, alzai da terra i piatti ormai in frantumi e andai in camera mia a piangere di nuovo dopo tanto tempo.

**

Man mano che il tempo passava l’effetto dello shock diminuiva e io smettevo di piangere sempre di più.

Non avrei mai pensato che potesse dirmi quelle cose in faccia.

Il pungo non mi aveva fatto male quanto ciò che aveva detto, continuavo a pensare a quelle frasi una ad una, parola per parola.

“sei stata la causa della morte di mio marito Lucas” aveva detto.

Forse aveva ragione, ogni persona che mi stava vicino alla quale volevo bene finiva con il morire. Ecco anche perché preferivo stare sola, avevo già causato la morte a 6 persone e non volevo spezzare altre vite innocenti.

“sei finita alla droga, al fumo, in carcere , sei piena di tatuaggi e ti comporti come una prostituta.”  Aveva continuato.

Beh, qui aveva un po’ esagerato ma era il solito ritratto grossolano che facevano tutti vedendomi.
La droga l’ avevo provata poche volte e in carcere c’ero finita solo tre volte.
Piena di tatuaggi? Non è vero ne avevo giusto tre e nessuno conosceva l’esistenza del terzo. “ Stay Strong” in basso a destra sulla pancia, “love” sul piede sinistro e dietro il collo avevo scritto “Ellie”, questo era nascosto agli occhi di tutti perché nessuno doveva immischiarsi nei miei fatti, l’avevo fatto scrivere solo perché significasse qualcosa per me.
“Ti comporti come una prosituta”
Questa frase mi aveva ferito, dopo quella festa tutti lo pensavano. Mi avevano fatto ubriacare, non era stata colpa mia, avevo i sensi confusi e non ricordo molto. Il giorno dopo, mi ero svegliata senza vestiti tra le braccia di quel ragazzo che conoscevo solo di vista  lui mi raccontò come erano andati i fatti e io cominciai a ricordare qualcosa ma a tratti, dei ricordi confusi.Comunque poi scappai da quella casa sperando che nessuno lo sapesse, invece gli altri compagni del liceo sospettavano qualcosa ma non avevano nessuna certezza, tranne Ronnie.

puoi andare dove ti piace, puoi vivere sulla strada con i tuoi amici drogati e alcolizzati, puoi guadagnarti i soldi come sai fare meglio tu comportandoti da sgualdrina e rubando.” Aveva anche aggiunto.

Vivere sulla strada non mi allettava molto e i miei “amici” non erano senzatetto ma ragazzi con problemi in famiglia come me. Non volevo guadagnare in quel modo, da quando ero bambina il mio piano era quello di arrivare ai 18 anni, abbandonare Lea e Ronnie, con i soldi che finalmente avrei potuto ereditare e partire per un altro paese dove trovare lavoro. Non avrei mai finito gli studi ma sarei stata finalmente libera. 
Fino ai 18 anni però sarei dovuta restare ancora sotto quel tetto , mancava un anno e mezzo, quindi mi conveniva fare come diceva lei e andare dallo “psicologo”.
Persa nei miei pensieri si fecero circa le 3.00 di notte e io ancora non avevo chiuso occhi invece Ronnie e Lea erano già tornate da un pezzo e stavano dormendo.
Non avevo assolutamente nulla da fare e non avevo sonno così aprii il cofanetto sul mio comodino, sapevo cosa conteneva ma l’ultima volta  l’avevo aperto circa 8 anni prima.

All’interno c’erano un ferretto rosa con dei cuori, una catenina spezzata e una pallottola già usata.

Quegli oggetti mi fecero venire una forte nostalgia e mi pentii subito di averlo aperto. Mi avvicinai al davanzale della finestra e vidi una delle lamette che avevo usato qualche mese prima per tagliarmi.
Sapevo che era una cattiva idea e mi ero ripromessa di cercare di stare meglio ma ne presi una lo stesso e mi sedetti sul letto.
La guardai per molto tempo tra le mie mani, cercando il coraggio di usarla. Può sembrare assurdo ma quando stai così male un dolore fisico sembra che ti aiuti a stare meglio, in realtà non è vero. L’ho capito solo più tardi a mie spese.
Verso le 4.00 di notte impugnai la lametta per il manico e lasciai scorrere la lama sui miei polsi, era doloroso ma mi faceva dimenticare i miei ricordi. Dopo due tagli però la posai al suo posto, sul davanzale della finestra e corsi in bagno per bloccare il sangue e pensai sorridendo “però Linz non hai più la resistenza di una volta, forse stai davvero guarendo”
  
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