Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Beta: Vale
Capitolo Otto
La quiete dopo la
tempesta
Sommario: Con la partecipazione di un mondo
lacerato dalla guerra, ragazzini psicologicamente danneggiati, atroci portenti,
oscuri sospetti e i jeans di Harry e Draco.
If you want my sympathy
Just open your heart to me
And I'll be whatever you ever
need
[Se vuoi la mia comprensione / Aprimi le
porte del tuo cuore / E sarò tutto ciò di cui hai bisogno]
Harry
se ne stava mezzo addormentato sotto un albero, al riparo dal sole rovente.
L’intera
settimana era stata il preannuncio dell’estate imminente, un’ondata di calore
che aveva spinto tutti a togliersi quanti più vestiti
possibile e a nascondersi all’ombra. Una o due lezioni erano state
tenute all’aperto, e Hermione aveva convinto Ron a portarle bevande ghiacciate
dalla cucina ogni giorno.
Era
cominciato tutto quella sera della partita a carte
nella stanza di Draco, ed era proseguito per tutta la settimana. Il caldo aveva
rilassato tutti, e Harry si sentiva semplicemente più a suo agio, di recente.
Non
ci pensò. Si limitò a chiudere gli occhi e a crogiolarsi al caldo, e pensò a
quanto fosse divertente vedere Draco squadrare la
prima tintarella degli altri come se la cosa lo offendesse a morte.
Proprio
in quel momento, Draco si buttò per terra accanto a lui.
“Potter,” disse. “Stupido pigrone, sei stato
steso qui tutta la mattinata?”
“Mm.
Più o meno,” rispose Harry. “Ron e Hermione erano qui
fino a poco fa, ma sono andati via”
“Stanno
limonando dietro il magazzino delle scope,” disse
Draco immediatamente. “Fidati, sono appena tornato dagli allenamenti di
Quidditch. Oh, i miei occhi. Ero già stanco, non sentivo proprio il bisogno di
vederli.”
Harry
lo guardò, steso sulla schiena con un braccio calato sugli occhi. Pensò che era tipico di Draco buttarsi a terra con tanta grazia.
“Devi
essere esausto,” osservò secco. “I tuoi capelli sono un casino.”
“Ti
odio Potter,” lo informò Draco. “L’ho messo in chiaro
ultimamente? E’ che proprio non mi piaci. Senti chi parla! Un giorno o
l’altro perderò il controllo, prenderò una spazzola e
ti pettinerò come si deve.”
“Mm.
Non vedo l’ora.”
Lo
guardò meglio e notò che era davvero stanco. Il suo respiro era leggermente
accelerato e il colletto degli abiti da Quidditch era aperto. Aveva addirittura
il collo arrossato.
“Pesanti,
gli allenamenti?”
“Non
so di cosa parli,” rispose Draco, innocente. “Sono
stati fantastici. Ti distruggeremo in finale.”
Tutta
la scuola dava per scontato che la finale di Quidditch se la sarebbero
giocata i Serpeverde e i Grifondoro. Di solito finiva così, e i Grifondoro
avevano vinto gli ultimi due anni. Draco non si lasciava minimamente turbare da
quel dettaglio importuno.
Era
proprio da lui rifiutarsi di ammettere le sconfitte. La squadra era composta dai
suoi cortigiani, per cui era piuttosto un one-man
show. Draco, rifletté Harry, non aveva mai nemmeno pensato all’eventualità di
non farcela, o di non farcela alla grande. Il suo
problema era che non riusciva neanche ad immaginare di poter essere altro che
completamente autosufficiente.
“Ti
piacerebbe,” replicò Harry. Draco gli fece una
linguaccia.
Le
foglie sopra di loro proiettavano un disegno cangiante di luci e ombre
sull’erba. Harry strizzò gli occhi a quel verde e dorato sfocati. Era una
giornata così tranquilla, non c’era nemmeno un alito di vento, e gli venne in
mente che sarebbe stato piuttosto felice, rilassandosi lì con Draco per qualche
ora.
Non
l’aveva visto la sera prima, perché Draco aveva dovuto fare il servizio di
guardia. Il che era probabilmente un’altra delle ragioni per
cui era così stanco, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Draco
si mosse. “Mi piacerebbe bere una bibita gelata,”
borbottò. “Mi piacerebbe essere a casa. Abbiamo dei veri elfi domestici
lì.” Si tirò su appoggiandosi ad un gomito. “Non è che
ti andrebbe di…”
A
Harry venne un’idea.
“Alzati,” disse.
“Potter!”
si lamentò Draco. “Il punto di mandarti a prendermi un drink è proprio che non
dovrò muovermi. E’ quello il bello.”
Harry
incrociò le braccia con aria irremovibile.
“Oh,
avanti, Potter! Sono steso sulla schiena. Sono tutto sudato. Non farti
pregare.”
“Non
farti trascinare.”
Draco
gli rivolse uno sguardo malvagio a palpebre basse. Rimase steso per un attimo,
quindi saltò su di malavoglia.
“Ci
saranno delle bibite?”
“Promesso.”
“Oh,
va bene.”
*
Le
cucine divertivano Draco.
“Sono
sotto le scale,” disse, gongolando. “Guarda, un
forno. Più bibite, schiavi.”
Hermione
sarebbe svenuta a sentirgli dare ordini agli elfi.
Harry si limitò a sussultare. Ma notò che gli elfi domestici gli mandavano
occhiate soddisfatte mentre correvano ad esaudire le
sue richieste, come se fosse finalmente arrivato qualcuno che li trattava come
si deve. Harry nascose un sorriso.
Draco
era seduto a gambe incrociate su un tavolo, con molti bicchieri vuoti e un
assortimento di cibi strani intorno.
Harry
si appoggiò al tavolo.
“Non
avevo idea che i lecca-lecca al sangue fossero solo la
punta dell’iceberg.”
”Non
asseconderò le tue aspettative plebee,” disse Draco
altezzosamente. “Prima si mangiavano anche ghiri ripieni. Penso di poter
mangiare zucchero a velo senza provocare commenti maleducati.”
Ne
inghiottì un’altra cucchiaiata e bevve un altro sorso
di succo di zucca, giusto per rafforzare il concetto. Ad un certo punto Harry
stava per fargli notare che lo zucchero a velo gli aveva lasciato una lieve
scia sulla bocca appiccicosa.
“Allora,
Potter, sei stressato?”
“Ehm,
no,” disse Harry, distratto. “Perché?”
Draco
agitò il cucchiaio. “Perché la terza prova è stata
anticipata a maggio, ovviamente. Siamo ad aprile. Ti senti già sotto pressione?
Crollerai, Potter? Perderai il controllo?”
“Già,
sono ad un passo dall’esaurimento. Passami il succo di zucca.”
Draco
se lo strinse al petto con fare protettivo. “Non c’è bisogno di annegare i tuoi
dispiaceri, Potter. Bere non è mai la soluzione.”
E meno male che era stanco. Harry si sporse e cercò di
togliergli di mano il succo, ignorando i piccoli versi di protesta di Draco e
spingendolo all’indietro. Dopo qualche secondo di lotta, Draco si ritrovò steso
sul tavolo e Harry aveva il succo di zucca. Draco lo guardò indignato.
“Grosso
bullo Grifondoro.” Non si sforzò neanche di rimettersi a sedere, bensì guardò i
lampadari sul soffitto, da cui gli pioveva una luce fioca sugli occhi e sui
capelli. “Spero che un mostro ti divori, nel labirinto.”
Harry
si chiese se non fosse effettivamente preoccupato per lui. Era difficile da
capire.
Però
gli piaceva pensarlo, e cercò di essere rassicurante.
“Non
sono molto preoccupato.”
“No?
Hai già messo gli occhi sulla gloria?” Draco finalmente si tirò
su a sedere e spinse indietro Harry, con gli occhi brillanti. “So quanto ami
leggere il tuo nome sui giornali, Potter. Immagina il nastro al traguardo…”
“Non
c’è nessun nastro al traguardo…”
“Non
seccarmi con questi dettagli insignificanti. Il nastro al traguardo, la folla
urlante, le ragazze che svengono.” Draco imitò una
voce paurosamente simile a quella di Ginny. “Harry Potter, ti amiaaaamo!”
“Taci,
Malfoy.” Harry non stava affatto ridendo.
Draco
si mise le mani sul cuore. “Ma voglio solo un autografo,
una ciocca di capelli, avere un figlio da te…”
“Ma ti rendi conto di quanto sei irritante?” Ancora nessuna
risata.
Draco
lasciò perdere e si appoggiò sui gomiti, scoccandogli
un sorriso compiaciuto. “Non pensi che io sia irritante. Pensi che sia fantastico.”
Harry
alzò un sopracciglio. “Cosa te lo fa credere?”
“La
seconda prova, idiota. Sono io quello che si è svegliato con l’acqua putrida in
bocca e una simpatica garanzia di quello che pensi di me.”
Draco pescò nel barattolo di marmellata, che Harry sperava non intendesse mangiare insieme allo zucchero a velo. In quel caso
gliene sarebbe rimasto ancora di più sulla sua bocca. “E
così non è la gloria che cerchi, a quanto dici. Cosa ti
piacerebbe avere?”
Harry
lo studiò.
“Una
garanzia piacerebbe anche a me, in effetti,” disse.
Draco
lo guardò interdetto, e Harry approfittò della pausa per guardare l’orologio.
“Faremo
tardi,” aggiunse, improvvisamente allarmato.
“Per
cosa?” chiese Draco, distratto-
“Per
quella cosa che volevo facessimo a Hogsmeade. Te ne ho
parlato ieri.”
“Ti
sei dimenticato di dirmi di che si tratta esattamente.”
“Non
importa. Sarà divertente, te lo prometto. Andiamo.”
“A
Hogsmeade? Con la tuta da Quidditch? Conciato così?” Draco sembrava
scandalizzato. “Di sicuro stai scherzando.”
“Avanti,
Malfoy.”
Draco
alzò gli occhi al cielo. “Oh, dammi venti minuti.” Scivolò agilmente giù dal
tavolo e raggiunse la porta. “Un’ultima cosa, Potter. Se l’idea di divertimento
dei Grifondoro è lavare i vasi da notte al San Mungo,
ti chiudo in una cella e me ne torno a casa.”
E va bene, Harry rise. Ma solo quando Draco ebbe varcato la soglia, quindi non contava.
Guardò
sconsolato il casino che aveva lasciato sul tavolo.
“Sentite, posso dare una mano…”
“Harry
Potter non deve pensare di lavorare per un elfo domestico,”
disse Winky inorridita, alzando il passo. Lei e una
squadra di elfi cominciarono a ripulire il tavolo alla
velocità della luce. Harry si guardò intorno, e gli venne in mente che poteva
usare quel tempo per salutare Dobby.
Con
sua grande sorpresa Dobby se
ne stava in un angolo, e il suo viso restò turbato quando Harry lo salutò.
“Dobby pensa che quello era Padron
Draco,” dichiarò in tono vago.
Harry
aveva dimenticato che Dobby lo conosceva.
“Esatto,” disse con prudenza. “Perché non
sei venuto a salutare?”
Dobby non gli rispose. Disse solo,
“Somiglia proprio a suo padre.”
E all’improvviso non gli andava più di parlargli.
“Ti
sbagli,” lo informò freddamente. “Non c’entra niente
con suo padre.”
Dobby non disse niente.
*
Harry
finì ad aspettare Draco sulla scalinata di Hogwarts. Draco arrivò a passo lento
dopo mezzora, con addosso un maglioncino bianco e un
sorriso disarmante rivolto a Harry.
Vedi, pensò Harry,
rivolgendosi ad un Dobby assente. Non somiglia a
suo padre. Non gli somiglierà mai.
“Andiamo,” disse Harry.
Si
accorse che Draco non era l’unico ad essersi ricordato che la terza prova era
stata anticipata quando qualche giornalista corse verso
di loro mentre entravano a Hogsmeade.
“Harry,
ti andrebbe di condividere…”
“Harry,
vorresti dirci…”
“No,
grazie,” disse Harry, stanco. “Sono qui solo per
un’uscita con un amico. Con permesso.”
I
loro sguardi si concentrarono su Draco e, dopo una conversazione sussurrata in
cui Harry udì distintamente le parole ‘Amico?’ e ‘Il figlio di Lucius Malfoy?’,
cominciarono ad assalire lui.
“Signor
Malfoy! Ci può parlare della seconda prova…”
“Potremmo
offrirle dell’oro…”
Draco
inclinò la testa verso Harry, sorridendo malizioso.
“Quanto,
per l’esattezza?” indagò.
“Malfoy!”
disse Harry scioccato, e lo trascinò via.
Draco
mise il broncio mentre veniva strattonato via. “Avevo
intenzione di inventare una storia molto divertente,”
si lamentò. “Avrebbe dato una scossa al mondo magico. Che te
ne sarebbe parso di una relazione illecita con un membro del corpo docenti?”
“Malfoy,
sei una persona veramente cattiva,” gli disse Harry
severamente.
Draco
rise. “C’è una possibilità che io possa avere un
lecca-lecca al sangue prima di qualsiasi cosa sia in programma?”
“No,” disse Harry duramente. “Il battello starà per partire.”
Draco
smise di ridere.
Nonostante il fatto che stesse strizzando gli occhi per il
sole, nonostante la sua pelle candida, Harry notò chiaramente che era
sbiancato.
“Il
battello?” ripeté.
*
Il
grande lago che si estendeva fino alla foresta, a
Hogwarts e a Hogsmeade veniva usato solo per i trasporti necessari (e
ovviamente all’arrivo degli studenti del primo anno) da secoli. Fino a quando
qualcuno non aveva realizzato che i turisti maghi che
arrivavano in gregge nell’ultimo insediamento non babbano della Gran Bretagna
sarebbero impazziti per una cosa del genere.
Il
battello, come tutte le imbarcazioni magiche, era azionato
da un semplice incantesimo. C’erano incantesimi extra che rendevano superfluo
il timone, perciò, con qualsiasi condizione atmosferica, il viaggio era sempre
tranquillo. Fare un giro sul battello era un’attività molto popolare tra i
turisti, e quasi tutti gli studenti di Hogwarts l’avevano provato almeno una
volta.
L’ultima
volta per Harry era stata durante il quinto anno, con
Ron e Hermione. Aveva pensato che sarebbe stato carino andarci con Draco.
Ma, in quel momento, l’espressione di Draco lo
convinse in fretta del contrario.
“Non
dobbiamo andarci per forza, sai,” disse, muovendosi a
raggiungerlo.
Draco
camminava velocemente verso il molo, la bocca tirata in una linea sottile.
“Voglio
andarci,” rispose, con voce forzata. “Perché non dovrei? Non mi fa paura un dannato battello. Le
paure irrazionali sono le peggiori, diceva sempre mio
padre. Era un modo per dire ‘sei uno stupido codardo’.”
“Va…
bene, Malfoy, ma…”
“Potter.
Volevi andarci e ci andremo, fine della storia.
Adesso, per favore, potresti cambiare argomento?”
Harry
fu certo di aver colto una scintilla di disperazione degli occhi di Draco. Si sentì a terra.
“Pensavo
che sarebbe stato divertente andarci insieme,”
mormorò, scusandosi.
Draco
stava chiaramente tentando di calmarsi, anche se il sorriso restava forzato.
“Una volta ci siamo andati,” commentò.
Se scoprire con orrore che Draco era a bordo dopo che
il battello aveva preso il largo contava come andarci insieme… Harry ricordava
la sensazione di stare sul ponte cercando educatamente di ignorare gli abbracci
appassionati da quindicenni di Ron e Hermione, che si erano messi insieme
proprio quella settimana. Si era girato, cercando di guardare qualsiasi cosa
non fosse quei due, e si era trovato davanti un’altra
coppietta.
Draco
Malfoy si era leggermente scostato da Pansy, che quindi aveva cominciato a
lavorargli il collo, e Harry l’aveva riconosciuto proprio nel momento in cui
gli occhi di Draco si erano posati di lui e la sua bocca si era curvata per il
disgusto. Un paio di minuti dopo, Draco gli era passato accanto con Pansy
attaccata al fianco, e aveva fatto un commento a voce alta su come fosse possibile che Ron avesse trovato i soldi per il biglietto.
Ron non l’aveva sentito. Harry, solo, infelice e tremendamente furioso, gli si
era buttato addosso.
La
seguente feroce rissa sulle assi del ponte era stata interrotta solo dal
capitano, che aveva minacciato di darli in pasto alla piovra gigante.
Harry
sorrise. “Me n’ero dimenticato.”
Era
divertente il modo in cui erano cambiate le cose.
Allora
Draco non aveva paura delle barche. Anzi, era stato rilassato
e felice, nel breve istante in cui aveva stuzzicato Harry. Harry suppose
che fosse stato felice per via di Pansy. Erano stati insieme per sei mesi il
quinto anno, e poi erano rimasti amici. Draco non era mai stato con nessun
altro per così tanto tempo.
Soppresse
l’improvviso impulso di chiedergli di Pansy. Draco non sembrava in vena di
discutere storie d’amore passate. Si stava chiaramente snervando per mettere in
scena una specie di trauma, mentre Harry faceva i biglietti. Desiderò di non
aver mai proposto quello stupido giro in barca.
Le
labbra di Draco erano prive di colore.
“Sei
sicuro di volerlo fare?”
“Certo
che sono sicuro,” disse rigido Draco. “Sto bene.”
Salì
inquieto sulla rampa. Harry notò che non guardò l’acqua finché non fu al sicuro
sul ponte.
Una
volta lì, si aggrappò alla ringhiera così forte che le nocche gli divennero
bianche.
“Malfoy,
va tutto bene?”
“Sì!”
Fu quasi un urlo.
Harry
posò le mani sulla ringhiera, mettendosi vicino a
Draco per farlo sentire più tranquillo. Sulla sua fronte c’erano alcune
goccioline di sudore.
Il
battello si mise in moto. Draco strinse il polso di Harry in una morsa letale.
Appena
il battello si mosse, il polso fu sul punto di essere spezzato. Il viso di
Draco era pallido come un osso, e lui non sembrò essersi accorto di averlo
stretto così forte. Tremò tutto, quando il battello cominciò a distanziarsi dalla
riva.
Quindi la barca oscillò, solo di poco, e Draco non ce la
fece più.
Il
suo corpo si contorse sulla ringhiera, e il suo viso era cinereo
quando alzò lo sguardo.
“Credo
di essere sul punto di vomitare,” disse tra i denti.
Harry
lo sostenne mentre cercarono di raggiungere il bagno,
sobbalzando ogni volta che il battello oscillava. E ripensò con dolorosa
chiarezza a quando aveva stretto Draco durante la
seconda prova, perché non riusciva a reggersi sui suoi piedi.
Avrebbe
dovuto pensarci. Ma le cose erano state… diverse,
allora. Aiutare Draco Malfoy, in quel momento, era stata
solo una spiacevole necessità.
Non
si era preoccupato.
A
metà del percorso Draco si fermò e agguantò di nuovo la ringhiera. Deglutì più
volte e infine parlò, con la voce tesa per lo sforzo di mantenerla normale.
“Non…
Non vomiterò. Fammi solo… fammi solo scendere dal battello, Potter.”
“Ma siamo già…”
“Ti
prego!”
Harry
lo guardò in volto.
“Ok,” disse, cercando di essere gentile. “Va bene. Solo…
aspettami un attimo qui. Me ne occupo io, promesso.”
Draco
riuscì ad annuire. Harry corse verso il capitano.
“Ci
riporti indietro,” disse in un tono che non lasciava
spazio a repliche.
“Guardi,
non posso…” L’uomo si fermò. “Ehi! Ma lei è Harry
Potter.”
Harry
cercò di chiudere un occhio su quella familiare esasperazione. Doveva
assolutamente far scendere Draco dall’imbarcazione, qualsiasi fosse il suo
maledetto nome, e di certo non sarebbe servito…
Si
bloccò, fulminato da un’idea. Evidentemente aveva passato troppo tempo con
Draco.
“Sì,
esatto,” disse lentamente. “Sono Harry Potter, ed è molto
urgente che il mio amico ed io scendiamo da questo
battello.”
*
“Ti
è venuto proprio bene,” disse Draco con voce stanca.
“Forse, dopotutto, saresti stato un buon Serpeverde.”
“Sai
che brivido.”
Draco
accennò a stento un sorriso. Erano seduti sotto il portico di un negozietto vicino a Hogsmeade, che fortunatamente era chiuso per
pranzo. Draco teneva le ginocchia contro il petto, apparentemente troppo scosso
e triste per pensare alle apparenze.
Doveva
sentirsi veramente male.
“Odio
quegli aggeggi,” disse con veemenza alla fine. “Odio
quei maledetti incantesimi. Fanno muovere la barca sopra la superficie
dell’acqua, ed è orrendo lo stesso, perché chiunque potrebbe neutralizzare
l’incantesimo, e saresti fregato.”
Ci
fu una pausa. Harry guardò Draco e cercò di farsi venire in mente qualcosa da
dire.
Draco
aggiunse, cupo, “Detesto sentirmi inerme.”
Harry
provò l’impulso di… mah, tendersi verso di lui, stringergli una mano, qualsiasi
cosa. Ma non era bravo con quel genere di cose, e in
ogni caso Draco non sembrava gradirle.
“Andrà
tutto bene,” disse. Una cosa piuttosto stupida.
Draco
lo guardò per un momento, con un lampo di consapevolezza
sotto le ciglia, quindi si concentrò su altro. All’improvviso sembrava
totalmente indifferente alla presenza di Harry.
Stranamente,
il fatto che gli parlò rinforzò quell’impressione.
“A
mio padre piaceva fare giri in yacht sul lago.”
“Avete
uno yacht?”
Persino
in quelle condizioni, Draco sapeva atteggiarsi.
“Siamo
Malfoy. Possedevamo anche il lago.” Continuava a fissare un punto distante.
“Portava me e mia madre sul lago, durante le vacanze. Ripassava le strategie di
Quidditch e i compiti con me. Era… divertente.”
A
Harry non sembrava divertente. Tuttavia, Draco non era stato cresciuto con
molto amore. Forse l’interesse di Lucius era stata la
cosa più vicina all’affetto che avesse mai provato.
“Era
il quinto anno… le vacanze di Natale.” Disse Draco con
difficoltà. “Mia madre era malata e non poté venire, così restammo solo io e
mio padre. E la… la barca si fermò.”
Draco
sembrava stranamente piccolo sotto il portico. Senza quell’aria invincibile e
sicura, sembrava molto più giovane.
“E ci fu una tempesta. Il cielo si fece nero e l’acqua
intorno a noi impazzì, ma la barca non si muoveva e… Mio padre mi disse di non
farmi prendere dal panico.”
Harry
aveva conosciuto Lucius Malfoy quanto bastava per esser certo che era stato un
ordine, e non la rassicurazione di un padre al figlio. Riusciva ad immaginare
la tempesta magica che infuriava attorno alla barca, il cielo livido su di
loro, un Draco più piccolo che correva su e giù sul ponte, e quel freddo richiamo che risuonava.
La
sfumatura tesa nella voce di Draco dava l’impressione che, se fosse stato un
altro, e se si fosse trovato in un altro mondo, si sarebbe
messo a piangere.
“Si
udirono delle voci, arrivò qualcuno, e… la barca era distrutta. Io mi aggrappai
ad un’asse e gridai, ma sentii lo stesso… la sentii lo stesso.” Deglutì dolorosamente. “
Ovviamente
non riuscì a continuare. Non fece che continuare a fissare quel punto lontano,
e restò immobile mentre lottava per mantenere il contegno
Malfoy.
E a me non dispiacque nemmeno per lui, pensò
Harry. Non gli chiesi
come fosse successo. Non m’importava. Ha visto tutto, ha visto il padre che amava essere ucciso e…
Avrebbe
dato qualsiasi cosa, in quel momento, per rimediare. Ebbe l’impulso improvviso
e fiero di… oh, afferrare Draco e stringerlo, come se fosse possibile mettere a
posto le cose stringendolo abbastanza forte, premendo la testa sulle sue spalle
e sussurrandogli delle scuse sul collo. Ma non aveva
idea di come fare una cosa simile, e in ogni caso Draco sarebbe rimasto
allibito.
Si
limitò ad accarezzargli piano i capelli.
Draco
non si scostò immediatamente come Harry aveva
anticipato. Se ne stette seduto, immune al mondo esterno, e continuò a parlare
in un flusso implacabile, come se avesse pensato a quelle cose per due anni e
dovesse assolutamente tirarle fuori.
“Mio
padre è stato ucciso da Tu-Sai-Chi.
La gente dice che lavorava per lui, e anch’io penso
fosse così all’inizio, perché non gli piacevano i figli di Babbani, ma deve
essersi accorto che Tu-Sai-Chi si era spinto troppo
oltre. Mio padre voleva sempre che i maghi fossero rispettati, ma io lo
conoscevo. Non si sarebbe ridotto a partecipare ai massacri, a strappare bimbi
innocenti dalle loro famiglie dopo averle distrutte. Dev’essersi
ribellato a Tu-Sai-Chi.
Insomma, uno non uccide i propri seguaci. Ha senso.”
Uno normale e sano di
mente non uccide i propri seguaci, no, pensò Harry. Ma prendere di mira i bambini, uccidere i figli di
Babbani e pianificare il dominio del mondo… perché dovremmo aspettarci che le
azioni di Voldemort abbiano senso?
Non
lo disse ad alta voce. Continuò ad accarezzare gentilmente i capelli di Draco,
cercando di decidere cosa dire.
Conoscevi tuo padre,
Draco?
Harry
aveva conosciuto Lucius Malfoy. L’uomo che ‘non si sarebbe ridotto a
partecipare ai massacri’
aveva dato ad una ragazzina un libro destinato ad uccidere decine di studenti
innocenti, ed era stato presente fra i Mangiamorte intorno a Harry e aveva riso
di lui mentre affrontava Voldemort.
La
prima volta che Harry aveva udito pronunciare
Ma Draco, che di solito comprendeva ogni cosa,
ovviamente non riusciva a sopportare la verità su suo padre. Non poteva sapere
niente di tutto ciò.
E Harry non ce la faceva a dirglielo. E se fosse stato il padre di Harry a morire, se fosse
vissuto abbastanza a lungo da farsi amare da lui? Anche
lui avrebbe voluto credere le cose migliori su suo padre.
Inoltre…
Draco gli aveva raccontato tutto fidandosi di lui.
Cosa poteva mai dire?
“Oh,
Draco…” Fu un debole lamento addolorato.
Draco sorrise lievemente, e Harry si accorse
che era la prima volta che lo chiamava Draco.
Non
c’era dispiacere in quel sorriso, così Harry pensò di
poter proseguire.
“Mi
dispiace tanto,” disse, e gli sembrò una cosa
tremendamente patetica.
Draco
aveva smesso di tremare come una bestia ferita, però: Harry capì che non se la
stava cavando tanto male.
Non
gli sarebbe dispiaciuto restare lì con Draco ancora un po’, ma vide il titolare del negozio arrivare per aprire e rivolgere
ai due fannulloni un’occhiata severa.
“Torniamo?”
chiese Draco debolmente.
“In
effetti,” disse Harry, “Ho un po’ fame.”
Gli
angoli della bocca di Draco si sollevarono. “Portami vicino a del cibo e ti ammazzo.”
Harry
rise. “Beh, magari potrei prendere un panino e poi potremmo
andarcene un po’ sul lago…”
“Sei
completamente matto, Potter?”
“Potresti
lanciare pietre sul lago e sfotterlo perché adesso non può più farti niente?”
Draco
lo guardò storto, ma ci pensò un attimo.
“Sì,” decise alla fine. “Penso che mi piacerebbe.”
Si
appoggiò alle ginocchia per un altro momento, come per prepararsi ad sostenere un peso.
Harry
sapeva solo che avrebbe voluto portarlo al posto suo, e sentì una fitta dentro,
perché raccontargli quelle cose era il massimo che Draco potesse fare per
appoggiarsi a lui.
Zabini
e Pansy Parkinson gli passarono davanti, e guardarono stupiti Harry e Draco.
Harry si rese conto che stava ancora accarezzando i capelli di Draco.
Draco
fece finta di non vederli. Harry non era così abituato a fingere.
“Loro
lo… lo sanno?”
Draco
incrociò le braccia sul petto come per difendersi. “Sanno che mio padre è
morto. Io… no, non gli ho detto nient’altro.”
No,
davvero, era sbagliato essere contenti mentre Draco
era ancora così triste.
“Io
e lui litigavamo sempre,” disse piano Draco. “Voleva
solo aiutarmi ad essere il meglio che potessi essere,
ed ero fiero di lui, ma mi offendevo e non… non mi sono mai piaciute le
critiche.”
Harry
ricordò ancora una volta com’era davvero Lucius Malfoy.
Draco
voleva ricordarlo così. L’amore distorce sempre la memoria dei defunti, pensò
Harry, impedisce ogni giudizio obiettivo e ti lascia a rimpiangere una
fantasia. E le persone che ti amano non possono
portarti via quel sogno, perché un giudizio obiettivo sarebbe solo crudeltà
gratuita.
Draco
aveva un’aria così afflitta e stanca in quel momento che Harry disse,
sopprimendo un’ignobile sensazione di delusione,
“Stasera
non fare niente. Hai bisogno di dormire. Appena
torniamo vai dritto a letto.”
Draco
sogghignò, quel sorrisino beffardo che Harry scambiava spesso per un sorriso,
negli ultimi tempi. “Ooh, sì, Madre.”
“Taci
e vieni a comprare un panino con me, Draco.”
Lo
guardò per controllare che gli andasse bene essere chiamato così. Non sembrò
essersene accorto.
“Mi
rimboccherai le coperte e mi leggerai una storia?” domandò Draco.
Stava
ridendo di lui, e Harry si sentì rassicurato e un po’ triste per il ritorno di
quell’espressione sicura e maliziosa.
Sospirò
e gli tese una mano per alzarsi.
*
“E’
possibile che I magnifici sette sia ancora così affascinante alla
trentaduesima lettura, Harry?” lo stuzzicò Hermione.
“Mm?”
Harry alzò gli occhi. “Beh, è un libro molto bello.”
Veramente
lo aveva prestato a Draco la settimana prima, e quel cretino gliel’aveva
restituito pieno di scarabocchi ai margini. Harry lo stava sfogliando
sorridendo della sua sfacciataggine assoluta.
Non che avesse mentito. Era davvero un libro
molto bello.
Hermione
gli sorrise affettuosamente e i suoi occhi scuri brillarono
della luce del camino. Aveva un libro aperto in grembo, e Harry dedusse che si
stava rilassando, perché non era un libro di scuola.
Si
guardò intorno nella sala comune, sentendosi invaso dall’affetto che provava
per tutti loro. Ultimamente le cose andavano un po’ meglio. Malgrado
la situazione terrificante tutti si stavano facendo forza, e in quel momento
sembravano felici.
Dean
rideva sommessamente con Ginny mentre la divertiva con
l’imitazione della grafia del professor Snape in una
lettera d’amore indirizzata a Sirius. Ron disegnava una mappa di Divinazione da
consegnare entro la settimana. Lavanda e Calì
facevano turbanti nel vano tentativo di assomigliare di più alla professoressa Cooman, e Neville sembrava impegnato a far familiarizzare Trevor con una signora rospa poco
interessata.
D’un
tratto Ron disse, con una voce che tentò, senza riuscirci, di essere del tutto scherzosa, “E’ bello riaverti qui. Te ne stai sempre con quel maledetto Malfoy, stavo iniziando a
dimenticarmi la tua faccia!”
Niente
di terribile, certo. Harry sapeva che Ron disprezzava Draco, e di certo Draco
disprezzava Ron, e non era una cosa in cui avesse
voglia di intromettersi… Ma gli tornò in mente, improvviso e vivido, il volto
turbato di Draco poco prima, e sentì di nuovo quell’intenso desiderio di
proteggerlo.
“Mi
farebbe piacere se non parlassi in quel modo di Draco,”
disse.
Dall’altra
parte della stanza Ginny smise di ridere. Hermione alzò gli occhi dal libro,
scossa.
Ron
alzò entrambe le sopracciglia.
“Chi?”
disse.
“Sai
come si chiama,” disse Harry, in un tentativo di
ammorbidire la voce che si rivelò infruttuoso.
“Oh,
mi spiace tanto di aver detto qualcosa che potrebbe offendere il tuo nuovo
amico del cuore,” disse Ron, adirato.
“Lo
so che a volte si comporta da idiota,” rispose Harry,
con voce calma, “ma non voglio sentirti insultarlo.”
Il Ron di qualche anno prima avrebbe potuto lanciargli
qualcosa in testa. Quel Ron fece qualche lungo respiro e disse una cosa che a
Harry sembrò ancora peggiore.
“Senti, siamo tutti preoccupati, ok? A noi importa di
te, stupido. E non voglio vederti diventare tanto amico di qualcuno di cui non
possiamo fidarci.”
Ovviamente
anche a Harry importava di Ron, e si addolcì al punto che avrebbe quasi
risposto con gentilezza, ma c’era sempre… quell’istinto di far da scudo a
Draco, e il quasi non bastò a fermarlo.
“In
che senso, non possiamo fidarci?”
“Tu
che dici?” sputò Ron. “Se c’è una spia a Hogwarts che consegna ragazzini al Signore Oscuro, chi potrebbe essere se non Draco Malfoy?”
All’improvviso
ci fu fermento tutt’intorno.
I
Grifondoro più piccoli cominciarono a bisbigliare eccitati. Ginny fece un suono
di disagio, fissando Harry. Dean e Hermione dissero entrambi cose gentili,
sensibili e che furono del tutto ignorate. Calì si
alzò in piedi e annunciò ad alta voce che nessuno avrebbe dovuto fare simili
accuse. Neville fece uno sforzo impacciato di sdrammatizzare la situazione
lamentandosi perché l’umore dei rospi era stato rovinato.
Harry
sentì stranamente bene Lavanda chinarsi e dire sottovoce a Neville, “Penso siano entrambi maschi. Non funzionerà.”
Sentì
anche, con ira gelida, il sangue che se ne andava dal
suo viso.
La
voce gli uscì bassa, ma estremamente fredda.
“Come
ti permetti?”
Ron
era rosso in viso, ma deciso. “E’ solo buonsenso,
Harry,” disse con rabbia. “Pensaci…”
“Non
voglio sentirlo!” gridò Harry. Calò il silenzio nella sala comune, così inspirò
e si sforzò di abbassare la voce. “Faresti meglio a rimangiarti ciò che hai
detto.”
Ron
non sembrava aver alcuna intenzione di farlo.
“Deve
essere un membro del Consiglio,” osservò. “Di certo
persino tu avrai sospettato…”
Harry
lo guardò male.
“Tranne
Hermione, prima di Draco sospetterei qualsiasi membro del Consiglio.”
Fece
un passo indietro, cercando la porta con l’istinto.
“Non
mi va più di stare con te, stasera,” disse, invece di
colpirlo.
“Dove vai?” chiese Ron infuriato.
“Cazzo, Ron,” disse, voltandosi.
“Dove credi che stia andando?”
*
Harry
corse via dalle stanze dei Grifondoro senza dire
altro. La voce di Ron continuò a risuonargli nelle orecchie, l’istinto di
protezione urlava dentro di lui e Draco era a letto e avrebbe dovuto affrontare
i Serpeverde ma doveva, doveva assolutamente vederlo,
subito…
Camminò,
camminò, e ad un certo punto… incontrò Draco, che
veniva dai sotterranei.
Si
bloccò, sentì un’ondata di inatteso sollievo, e gli
occhi di Draco si spalancarono quando lo vide. Esterrefatti e argentati, lo
fecero sorridere.
“Ehilà!”
Draco
sembrava impegnato a cercare qualcosa di arguto da
dire, ma ovviamente era stato colto alla sprovvista. Alla fine roteò gli occhi
e si infilò le mani in tasca.
“Ehi.”
“Allora,
niente serata con i Serpeverde, oggi?” indagò Harry.
“Ma certo. Entra pure, fuggi e seduci Pansy. Temo di non
poter venire con te, al momento sono persona non grata laggiù.”
Harry
optò per restare dov’era.
“Ho…
uhm… litigato un po’ con Ron,” disse. “Non credo che i
Grifondoro mi rivogliano lì.”
“In
questo caso, vai a morire in qualche angolo. Io ho in programma una serata coi cari vecchi Weasley e Granger, dato che presumo di avere
ancora lo status di principe tra loro.”
“Principe
delle Tenebre, forse.”
Draco
sogghignò. “Personaggio reale dell’anno, a mio modesto parere.”
Harry
cominciò a scendere le scale, e Draco lo raggiunse.
“E così adesso ti odiano tutti? Ti daranno
fuoco? Ti costringeranno ad unirti ai Tassorosso perché le fiamme sarebbero troppo poco, dopotutto?”
“Sì,
Draco, esattamente,” disse Harry. “E
poi tutto tornerà a posto, domattina.”
Non
aveva intenzione di ripetere quelle follie a Draco. Inoltre… in quel momento, di
nuovo con lui, sentiva che tutto sarebbe tornato a posto la mattina dopo.
Poteva perdonare Ron, perché non lo conosceva, non poteva conoscerlo,
altrimenti non avrebbe mai detto una cosa tanto stupida.
“Domattina?
Nel caso in cui avessi la bizzarra illusione, Potter, che percorrerò
corridoi pieni di correnti d’aria con te fino al mattino, ti annuncio che
resterai amaramente deluso.”
“Ok
allora. Che ne dici dell’aula di Pozioni?”
Draco
sorrise.
“Le
voci sono tutte false,” disse.
Harry
lo fissò. “Come?”
“Tutte
le storie su di te, Potter. Il povero piccolo orfanello
fragile e umile, che si lamenta perché nessuno lo ama. Ti aspetti che me
ne vada in giro per ostili aule nei sotterranei, solo per tenerti compagnia. Ti
rendi conto che sono stato allevato nel lusso più sfrenato? Che
egoista.”
“Draco.
Tu vivi nei sotterranei, non hai alcun diritto di parlare dell’egoismo
altrui, e sono certo che non ti farebbe male passare un po’ di tempo nel… oh,
insomma, in qualcosa che non sia il lusso.”
Il
nome di Draco gli suonava ancora strano in bocca.
“Io
amo il lusso,” protestò Draco. “Io e il lusso siamo in ottimi rapporti.”
Seguì
Harry lo stesso, e quando la porta dell’aula si rifiutò di aprirsi per Harry,
Draco si abbassò e sussurrò qualcosa alla serratura.
“La
parola d’ordine,” spiegò appena la porta si spalancò.
“Il professor Snape me l’ha data
quando stavo dando ripetizioni di Pozioni a Goyle.”
“Allora
è così che è stato promosso,” rimuginò Harry,
entrando. La stanza era molto meno sinistra quando non
c’era alcuna lezione in programma. “Devi essere un insegnante fantastico.”
Draco
entrò e scivolò agilmente sulla cattedra di Snape,
tirando su le gambe e posando il mento sulle ginocchia. Harry non sarebbe mai
più riuscito a guardare Snape preparare una pozione
su quella cattedra, senza immaginare al suo posto un ragazzo biondo
sghignazzante.
“Ho
molte doti.”
“Se lo dici tu.” Harry si appoggiò al muro accanto alla
cattedra, guardando Draco mentre alzava un
sopracciglio con finta indignazione.
“Saresti
allibito da tutte le cose che so fare.” Si fermò. “Il
litigio con Weasley era su di me?”
Fu
il turno di Harry di bloccarsi.
“Forse,” rispose alla fine. “Perché eri
in giro, quando ti avevo detto di andare a letto?”
Draco
sorrise raggiante. “Cercavo qualcuno con cui andare a letto.”
Dato che Harry continuò a fissarlo, sospirò e si rassegnò. “Ho litigato con
Blaise.”
Harry
gli rivolse un sorrisino storto, e si lasciò scivolare fino a sedersi sul
pavimento.
“Il
litigio con Zabini era su di me?”
Draco
sospirò di nuovo, ma più drammaticamente, e scese dalla cattedra di Snape per sedersi accanto a lui, le mani sulle ginocchia.
“Forse.”
Harry
guardò le ginocchia di Draco e la sua mano pallida, di un pallore disarmante
contro il tessuto nero dei jeans.
“Draco…”
Anche se era arrabbiato e distratto, c’era un certo fascino nell’avere il
permesso di dirlo. Si tese e tirò a sé la mano di Draco dal polso.
Draco
lo guardò, privo di espressione, e lo lasciò fare.
Harry
si rigirò la mano di Draco tra le sue, esaminandone le nocche.
“Draco.
L’hai colpito?”
Ci
fu una lieve piega sulla bocca di Draco, né un sorriso né un ghigno. “Sì.”
Harry
era esterrefatto.
“Che aveva detto?”
“Niente
che tu debba sentire,” rispose Draco, con voce
finalmente seria. “Niente di vero.”
Harry
guardò pensieroso la sua mano.
“Lui
ti ha colpito?”
Uno
sbuffo leggero. “Non credo proprio.”
“Beh…
bene.” La mano di Draco non sembrava poi così danneggiata. “Non devi dirmelo,
se non vuoi.”
Non
gliene poteva fregare di meno degli stupidi insulti di
Blaise Zabini. Ciò che importava, l’unica cosa che gli importava di quel
tipo di insulti, era la reazione di Draco.
“Potter.”
La voce di Draco era divertita. “Ho speranze di riavere indietro la mano?”
Le
dita di Harry erano scure sulla pelle di Draco. “Non lo so.” Meditò. “Mi piace
abbastanza.”
Draco
rise. “Può darsi, ma mi serve per ogni genere di cose. Credo che dovrò
insistere affinché me la restituisca, anche se un uncino farebbe la sua figura.”
Harry
aprì le dita, e Draco rimosse la mano.
“Credo
che i nostri amici abbiano detto le stesse cose su noi due,”
disse Harry.
Draco
alzò un sopracciglio. “Se è così, il giovane Weasley mi ha sconvolto.”
Harry
rise. “Sei proprio un incubo.”
“Sono
un Serpeverde,” rispose Draco disinvolto. “Noi siamo
incubi. E usiamo anche un linguaggio che davvero non mi aspetterei
da Weasley.”
“Non
gli piaci,” gli disse Harry.
Draco
parve lievemente preoccupato.
“Ti
sto… proprio incasinando le cose, eh, Potter?”
“Cosa vuoi di…”
“Sarebbe meglio rinunciare a tutto, sai. A volte le cose
diventano troppo problematiche,” proseguì con calma.
“No!
Cioè… siamo amici. Non m’importa nient’altro. Secondo
me ne vale la pena… e poi anch’io sto dando problemi a te.”
Harry quasi si disprezzò per aver tradito il proprio terrore
in modo così lampante. “E’… è così? Vuoi
rinunciare a tutto?”
Draco
lo guardò riflettendo, e Harry pensò che volesse farlo davvero. Cercò di non
sembrare nervoso.
“Nah,” disse infine Draco. “Penso
che ti terrò intorno.”
Harry
non riuscì a trattenere un sorriso. Draco lo ricambiò, solo un po’, con un
sorriso debole e dispettoso.
“Io
non rinuncerei per nessun motivo,” gli disse Harry.
“Non voglio. C… cioè… oh, lo sai, Draco.”
Draco
alzò un sopracciglio.
“Oh,
so tutto. Non certo grazie a te, dato che sei la
persona più disarticolata che abbia mai avuto il piacere di conoscere.” Sollevò
un angolo della bocca. “Bene. E’ tutto a posto.”
La
scomparsa della tensione dal corpo di Draco fece capire a Harry che c’era
stata. Piegò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, e Harry si chiese per un
momento a chi altri fosse concesso di guardare Draco
Malfoy privo di difese, che fosse distratto, sollevato o anche semplicemente
stanco. Sperava che la risposta fosse a nessuno.
“Ehi,
Potter.” Draco lo spinse piano. “A cosa pensi?”
La
spalla di Draco era calda e solida contro la sua. Era un tocco confortante,
rassicurante, perché era diverso dalla certezza assoluta che Ron sarebbe sempre
stato lì per lui. Quasi tutto, con Draco, era incerto
e diverso… Ma lui era lì, c’era, e quello
doveva voler dire qualcosa.
Si
girò verso Draco, la cui espressione non lasciava trasparire nulla, e gli
rivolse un sorrisino dispettoso.
“Perché non mi dici a cosa pensi tu?”
Draco
lo guardò, il suo viso così vicino che Harry riuscì a vedere la scintilla di
calore nei suoi occhi prima che diventasse un sorriso.
“Stavo
pensando alla tua vita sentimentale.”
Harry
lo fissò e Draco rise della sua faccia.
“Ehm,
cosa?”
“Beh.
Ginny Weasley non è del tutto appropriata. Io dico che puoi avere qualcosa di meglio di una Grifondoro.
Dovremmo trovarti una bella ragazza Serpeverde,”
suggerì allegramente.
Harry
roteò gli occhi verso Draco, che finse di non vederlo.
“Pansy
andrebbe bene, ma non sono sicuro che ti piaccia, e poi… ti odia fino al
midollo.” Si fermò a pensare. “Che
ne pensi di Morag?”
“Non
la conosco,” rispose Harry, e Non ho intenzione di
farlo mai rimase alquanto implicito.
“Potresti
conoscerla. Avanti, Potter, cosa farai ogni venerdì sera?”
“Potrei
stare con te.”
“Ti
converrà essere molto gentile con me, se hai intenzione di uccidere la mia vita
sociale.”
Il
che, notò Harry, non equivaleva ad un no.
“Penso
che rinuncerò comunque a Morag.”
Draco
sbadigliò, cercando vagamente di nascondersi dietro una mano.
“Bene.
Ma non sai cosa ti perdi.” Spostò lo sguardo da Harry
e sbadigliò di nuovo.
“Sei
esausto.”
C’erano
delle ombre sotto gli occhi di Draco, e una piccola smorfia di stanchezza sulla
bocca. Era ridicolo. Avrebbe dovuto essere a letto.
“Ancora
un po’.” Draco sbadigliò per la terza volta e si sdraiò sul pavimento di pietra
con movimenti languidi, usando i gomiti per stendersi per bene. “Non mi
lasciare a dormire qui,” ordinò. “Mai più dormite in
posti senza un vero cuscino. E’ scomodo, e non penso che riuscirei a sopportare
la vergogna.”
Harry
si stese sulla pietra accanto a lui. “Smettila di fare lo scemo,” disse. “Non c’è niente di cui vergognarsi nell’essere
stanco come tutti gli altri. E hai bisogno di
riposare.”
Draco
aggrottò un po’ la fronte. “Non rompere, Harry,”
mormorò mezzo addormentato.
Il
suo respiro si fece più profondo e rallentò.
Harry
lo guardò. Mi ha chiamato Harry, pensò, un po’ sorpreso.
E poi sorrise.