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Autore: Kiyomi    04/09/2012    2 recensioni
[...]No, per Hayato la luna è lontana, forse anche più distante di quel cielo di cui, in fin dei conti, ha sempre avuto un po’ di paura. Ogni volta che prova anche solo a pensarci gli sfugge dalla mente, e da quelle dita che in realtà non l’hanno mai neanche toccato. È troppo immenso – infinito – per essere contenuto in una mano, e questo non gli piace. Tutto deve avere un inizio e una fine, essere misurabile e non eccedere mai. Come le occasioni.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due

Wile Coyote è testardo

 

Glielo ha detto sempre il vecchio, non impicciarti che vivi meglio. Glielo ha detto sempre, da quando era bambino, con una certa intonazione, come fosse una filastrocca. E ora lui, ogni volta che ripensa alle sue parole, ha in testa quello strano tono che somiglia alla melodia di una canzone senza testo, o con un testo che nessuno ricorda più. Il vecchio gliel’ha ripetuta tante volte, che ormai quella melodia ha perso il suo significato, è una convenzione, ora, qualcosa da dire quando si esauriscono le parole. Chissà che fine ha fatto la signora Nakayama, è un po’ che non si vede. Non impicciarti che vivi meglio. La cosa più buffa è che lui, poi, quel consiglio non l’ha mai ascoltato. Sarà che  è uno che fa di testa sua, sarà negazione adolescenziale, sarà il suo rifiuto innato all’indifferenza, ma lui, gli affari suoi, non se li riesce proprio a fare. Se sia un bene o un male, non se lo è mai chiesto, ma ora sa che la signora Nakayama rimane a casa per accudire il marito con la polmonite, così il sushi glielo porta a casa. È una vita che si impiccia, e non smetterà di certo ora. Se lo è ripetuto da tutta la mattina, da quando ha trovato sul pavimento della sua stanza quel biglietto un po’ stropicciato, che ha rimesso in tutta fretta nella tracolla dell’amico. Se lo è ripetuto perché appena Gokudera saprà che ha trovato quel biglietto come minimo lo farà saltare in aria. Perché lui è uno che se li fa gli affari propri, e soprattutto non vuole che gli altri si facciano i suoi. Che poi magari saltare in aria è divertente, o se non proprio divertente almeno è una nuova esperienza. In ogni caso, se è per il suo bene, può saltare in aria anche cento volte. Deve solo aspettare che restino soli, poi chiederà a Gokudera perché se ne sta andando.

 

Sarà che è un tipo fortunato, sarà Giove in congiunzione con Saturno, sarà che in fondo le coincidenze avvengono di continuo, e noi ce ne accorgiamo solo quando abbiamo voglia, in ogni caso, qualunque sia la ragione, ci è rimasto solo con Gokudera, solo, sul tetto, e senza Tsuna. Dovrà ringraziare Sasagawa il prima possibile, e magari offrirle del sushi, dopotutto gli ha regalato un’occasione d’oro, e un po’ di sushi non si nega a nessuno. Ma se la invita al ristorante deve chiamare anche Tsuna, che magari ci scappa fuori un appuntamento. D’altronde è a questo che servono gli amici, a combinare appuntamenti e a risolvere problemi, anche si trattasse di trasferimenti.

 

«Promettimi che non ti arrabbi»

Gokudera sputa fuori il fumo, poi si gira stranito. Non si era accorto che fossero così vicini.

«Cosa intenti?»

«Qualunque cosa dica, tu promettimi che non ti arrabbi»

«No. Se non so di che si tratta non posso promettere nulla. Poi mi fai incazzare sempre.»

«Hai ragione, ti incazzi sempre.»

Yamamoto lo guarda sconsolato e per qualche attimo si fissa su di lui. Sul suo corpo incurvato sulla ringhiera, sulla sigaretta stretta tra le dita, sulla bocca che butta ancora fuori fumo, sui i suoi occhi assenti, che guardano lontano, qualcosa che lui probabilmente non vedrà mai. E poi un’illuminazione, un pensiero, di quelli che arrivano e se ne vanno come se non fossero mai passati, senza lasciare tracce, solo la vaga consapevolezza che qualcosa c’è stato, anche se talmente evanescente da non avere forma. Semplicemente si accorge che Gokudera è bello, e si innamora. Si innamora di Gokudera, di quella sua espressione imbronciata e della puzza di fumo, si innamora come fa un temporale estivo, improvviso e veloce. Poi come un temporale estivo se ne va, con la rapidità con cui è arrivato, rimanendo solamente una minuscola parentesi. Come altre mille prima di quella. Sa che questi innamoramenti lampo non gli fanno bene, perché tante parentesi alla fine fanno un discorso, ma alla fine non fa mai niente. È un po’ come la tosse, che ce l’hai, ma non prendi mai sciroppi. E vai uno, e vai due, e vai tre giorni, alla fine ti ritrovi senza voce, e la tosse ce l’hai ancora. Ma lui ora starà attento, non si ammalerà di certo per un po’ di tosse. Quindi continuino anche questi innamoramenti, tanto sono solo pochi attimi, non può andare storto nulla.

«Perché torni in Italia?» gli dice veloce, come fosse un’ unica parola. E capisce subito di aver fatto un grosso errore. Lo capisce perché a Gokudera cade la sigaretta dalle mani, e va a finire nel cortile della scuola, sulla scarpa di una ragazzina con cui probabilmente non ha mai parlato, perché aspetta prima di reagire, perché quando si gira ha stampata in faccia l’espressione peggiore che gli abbia mai visto. Forse doveva evitare di essere così schietto.

«Tu che cazzo ne sai?»

«Ti caduto il biglietto sta mattina, quello per l’aereo. Però te l’ho rimesso a posto»

«Non... non lo dovevi leggere. Non ne avevi il diritto...»

«L’ho trovato per terra, non potevo fare altro»

«Non ne avevi il diritto!»

Nel frattempo la faccia gli è diventata più rossa, si è accesa di rabbia. Yamamoto vede l’amico stingere i pugni sulla ringhiera, ed è sicuro che si sta trattenendo. Lo capisce perché le mani gli tremano e se non fosse per quella ringhiera gli avrebbe già dato un pugno.

«Mi dispiace Gokudera, non volevo farmi gli affari tuoi, ma l’ho trovato sul pavimento».

Usa un tono tranquillo perché con lui non vale la pena arrabbiarsi, basta la sua di rabbia per entrambi. Quindi rimane tranquillo, che magari calma anche Gokudera.

«L’ho trovato sul pavimento e mi sono preoccupato.»

«Io faccio quello che mi pare, non devo certo spiegazioni a un idiota come te»

«Anche Tsuna si preoccuperebbe, soprattutto se partissi senza dire niente»

«Infatti non parto.»

Si è arreso. È stato più facile del previsto, si aspettava un’interminabile discussione, magari anche qualche pugno, credeva che dopo qualche esplosione, lo avrebbe mandato a quel paese lasciandolo solo, invece si è semplicemente seduto e si è arreso. Si siede anche lui, proprio accanto Gokudera, e lo sbircia con la coda dell’occhio. Sì, si è davvero arreso, ha il tipico sguardo basso di chi ha perso una guerra.

«E perché avevi il biglietto?»

«Me l’ha dato mia sorella, per tornare qualche settimana a casa, ma io non ci vado.»

Scatta qualcosa, la situazione si capovolge, Yamamoto cambia subito umore. Ha fatto un errore, nessun trasferimento, nessun grande viaggio, solo una piccola innocua vacanza. Si sbriga a scusarsi e a dire che aveva frainteso. Se devi tornare dai tuoi cambia tutto, i parenti son pur sempre parenti, poi tanto torni.

«Ti ho detto che non ci vado, ma sei stupido?»

«Come non vai? E la tua famiglia?»

«Chi se ne frega.»

Non poteva pretendere che fosse tutto rosa e fiori tra Gokudera e la sua famiglia, l’aveva sentita la storia da Bianchi, ma comportarsi così è esagerato. Va bene discutere, ma la parola non si nega a nessuno! Poi stiamo parlando della famiglia. Devi tornare!

«E tu devi farti i cazzi tuoi, stupido maniaco del baseball»

«Lo dico per te, è assurdo non voler ritornare a casa propria!»

«E’ assurdo che non ti abbia ancora fatto saltare in aria»

«Cavolo, Gokudera, ma è casa tua! Non puoi comportarti così con le persone che ti hanno cresciuto»

«Stai superando il limite»

«A volte non ti capisco proprio, hai dei comportamenti assurdi»

«Ti sto avvertendo»

Poi ha detto l’ultima frase, quella che non doveva dire, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Perché Yamamoto è uno che gli affari suoi non li sa fare, ma non ne aveva mai assaggiato il lato negativo. Alla Signora Nakayama farà pure piacere ricevere il sushi a casa, ma Gokudera... Gokudera è tutta un’altra storia. Gokudera non è una vecchietta che deve accudire il marito, Gokudera è un’esplosione, un uragano di umori diversi. E lo sa bene, lo sapeva da prima di quella discussione, come sapeva di dover rimanere tranquillo e di non dover alzare i toni, ma si è fatto prendere, non ci può far nulla, quando si tirano in ballo certi argomenti per lui è impossibile star zitto. Però, forse però questa volta ha esagerato, non ha saputo controllarsi. Gokudera è un’esplosione, e dirgli che deve finirla di scappare da tutto l’ha acceso. L’ha acceso come si accendono i fuochi a capodanno, avvicini un po’ la fiamma e vai che vola in cielo, vola in cielo e poi esplode, ha i suoi dieci secondi di gloria e si spegne soffocato dal buio, si spegne e chi se ne frega. Yamamoto sente il pugno arrivare, lo sente ancor prima che le nocche tocchino il suo zigomo, e ancor prima che il dolore gli arrivi al cervello è sicuro che gli farà male. Lo incassa, se lo è meritato, ma subito dopo gli prende le mani e lo blocca. Ha acceso la miccia e ora non vuole che il fuoco si spenga. Al diavolo i dieci secondi, al diavolo il buio. Non vuole che il fuoco si spenga, quindi lo bacia.

*

«Poi gli ho dato un altro pugno»

Shamal ha in mano una piccola scatola di medicinali. Non sa cosa ci sia dentro, e a dir la verità neanche gli interessa. L’ha presa da qualche scaffale senza un reale motivo, e ora se passa e se la ripassa tra le mani. Forse l’aveva da prima che entrasse Hayato, ma di questo non ne è certo.

«Cosa altro avrei dovuto fare?»

Posa la scatolina sulla scrivania e comincia a girarsi i pollici. Più che girarseli pare che ci giochi, li fa muovere con gesti irregolari, sconclusionati, come se ballassero.

«Diamine, di’ qualcosa!»

O forse stanno solamente facendo l’amore.

«Cosa dovrei dirti?»

«Non lo so, qualcosa, qualunque cosa! Vengo qui, ti racconto una cosa del genere e tu te ne stai zitto?»

«Non so cosa ti aspetti. Vuoi una paternale o qualche consiglio materno? Ti conosco da quando eri alto quanto una bottiglia di Whiskey, diciamo che qualche idea sulla tua identità sessuale me l’ero fatta»

«Sulla... mia identità sessuale?»

Ora le mani se le porta alle tempie e comincia a massaggiarle con piccoli movimenti circolari. Lenti, sempre più lenti. Poi le ritira giù e riabbassa la testa. Ha lo sguardo annoiato e gli occhi fissi su quelli di Hayato. L’espressione di quel ragazzino però è davvero spettacolare, con la bocca aperta, le sopracciglia incurvate, avrebbe fatto prima a scrivere su un cartello “Sorpreso!” e poi ad incollarselo in faccia. Che poi quale motivo abbia di essere sorpreso non l’ha ancora capito.

«Non prendiamoci in giro. Non hai cinque anni, con tutte le ragazze che ha questa scuola avresti dovuto fidanzarti da un pezzo.»

«Di cosa cazzo stai parlando?»

«Non devi scaldarti, ti sto facendo ragionare»

«Stai cercando di farmi incazzare, come sempre»

«Dici sempre che le donne ti fanno schifo...»

«Ma non intendo quello!»

«Cosa intendi allora?»

Hayato ha staccato dalla faccia il cartello, ne ha preso un altro e ci ha scritto “Incazzato”. Non arrabbiato, o furibondo, proprio incazzato, con tutta la volgarità che ne consegue. Per qualche strano motivo gli ricorda incredibilmente uno di quei cartoni animati con gli animali, quello col coyote e lo struzzo blu. Ma questo preferisce non dirglielo.

«Non intendo quello!»

Alla fine si è sempre ritrovato a prendere le parti del coyote, che per quanto sfigato non si è mai arreso, neanche con un masso in testa, neanche col mondo addosso.

«E il bacio, quello col tuo amico, come è stato? Non mi dirai mica che ti sei staccato subito, no?».

Non si è mai arreso, neanche di fronte all’evidenza.











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Note sul punto di crisi

Solo a me gli ultimi capitoli di Reborn sembrano molto più shonen-ai?

Caspita però, sono addirittura riuscita ad aggiornare, sarà la pioggia , o le giornate così ad avermi sempre ispirata.

  
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