Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Mrs C    05/09/2012    6 recensioni
Lo sapevo John, dice Greg, lui non era... così. Aveva te. Io lo sapevo. Perdonami, perdonami, John.
John vorrebbe dirgli che non ha nulla di cui chiedere perdono ma non riesce a parlare, perché c'è qualcosa che gli fa male, cos'è?, non lo sa che cos'è, ma si stringe a Greg un po' più forte. Ma lui non c'è, Greg. Lo dice piano, John, affondando il viso fra il collo e la spalla dell'amico. Lui non c'è e io sono ancora qui. Greg lo stringe così tanto che John ha paura di soffocare. Solo che non puoi farlo, se hai smesso di respirare. E John non respira più da un po'. Lui non c'è.
[Pre-slash]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E poi mi ritrovai lì, perduto nell'oblio, silenzioso, oscuro, completo. Trovai la libertà. Perdere ogni speranza era la libertà.
Fight Club






Harry ha il passo pesante quando entra al Diogene's Club. Ha il viso segnato da profonde occhiaie, è pallida, e i suoi vestiti sono sgualciti come quelli di chi ha passato la notte in bianco e la mattina dopo non li ha cambiati. Qualcuno cerca di fermarla, mentre apre la porta della sala riservata in cui sta Mycroft Holmes, ma un cenno della mano di quest'ultimo li fa desistere. Tutti escono dalla stanza senza voltarsi indietro. Harry rimane in piedi e, nonostante la differenza d'altezza, gli occhi di Holmes sembrano guardarla dall'alto.
- Vuole qualcosa da bere, Mrs Watson?
Harry osserva il bicchiere di scotch nelle mani dell'altro. Piano, con sicurezza, scuote la testa.
- Se è d'accordo non perderei tempo in convenevoli. A cosa devo la sua visita?
Harry sospira piano. Non si siede, febbricitante e stanca com'è. Stringe i pugni e i suoi occhi si velano di un oscuro dolore che Mycroft intercetta e ingloba. Lo fa suo, in uno scambio di sguardi strano e triste, e poi lo restituisce. La consapevolezza del perché di quella visita pesa su entrambi come le fondamenta di un mondo che non appartiene a nessuno dei due, ma che devono tenere in piedi per evitare che qualcuno cada di nuovo. C'è già stato abbastanza sangue per i marciapiedi di Londra; Harry sente l'odore rancido della disperazione infiltrarsi nella sua pelle così in profondità da farle venire il vomito.
- Sa bene perché sono qui, Mr Holmes.
Mycroft sbatte le palpebre lentamente, come se quel gesto abbia davvero il potere di togliergli tutta l'energia che gli è rimasta.
- Ho già proposto a John il mio supporto più di una volta e lui l'ha sempre rifiutato. Lei lo sa, questo. Quindi che cosa vuole da me, di preciso?
Harry gli si siede di fronte. Ha le mani giunte sotto al mento, gli occhi lucidi e stanchi. Sta cadendo in pezzi, e per uno strano gioco di fili, non è neanche l'unica.
- Vorrei davvero aiutarla, Mrs Watson-
- E allora lo faccia, santo Dio! La smetta di cercare scuse!
Harry si copre la bocca con una mano, cacciando indietro un gemito di frustrazione. A questo punto non sa se andare avanti o tacere. Poi la voce di John le rimbomba prepotente nel cervello - uccidimi, puoi farlo? - e capisce che se sceglierà la seconda per suo fratello non ci sarà via d'uscita. E lei ha una promessa da mantenere.
- Sono passati tre anni, Mr Holmes e John... io non so quanto a lungo reggerà ancora.
Mycroft sta in silenzio per qualche secondo. Tortura il bicchiere passandolo fra una mano e l'altra, e una strana espressione nelle iridi chiare e la consapevolezza di non poter più tirarsi indietro.
- Che cosa mi sta chiedendo, Mrs Watson?
Harry ascolta la sua voce, per la prima volta tremula dacché il loro scambio di battute è cominciato. Mycroft la guarda e Harry legge dentro i suoi occhi così tanta lacerazione e senso di colpa da sentirsi spezzata in due. Che cosa gli sta chiedendo? Non lo sa neanche lei. O forse sì, e ha solo paura di aver ragione. Ma, per una volta nella vita, si augura davvero che sia così. Solo per una volta, solo per questa volta. 
- Di riferire un messaggio, - sussurra, appena - torna a casa.


***


John ha un certo timore ad aprire le finestre. Ha cambiato appartamento due volte in tre anni perché entrambi troppo in alto rispetto al piano terra, e non riesce ad avvicinarsi alle imposte senza tremare con violenza. Sa che è un fattore psicologico - lui se ne intende di stress post-traumatici - come sa anche che se apre le vetrate non ci sarà nessuno pronto a lanciarsi di sotto a volo d'angelo. Lo sa, razionale e pragmatico, John questo lo capisce. Per questo, oggi, ha deciso di ignorare il tremore e la paura, salendo all'ultimo piano del palazzo in cui abita adesso. Il padrone di casa è gentile, gli ha chiesto le chiavi della terrazza superiore e non ha fatto domande, come John non ha dato spiegazioni. Quando apre la porta in ferro, l'aria gelida di Londra gli colpisce la faccia come uno schiaffo. Socchiude gli occhi, e la gamba un po' gli fa male. Meno del resto, meno di tutto. Fa passi lenti e piccoli, riuscendo ad arrivare al centro dello spiazzo senza cadere in ginocchio con gli occhi inumiditi e le mani fra i capelli con la testa che è sul punto di scoppiare. John immagina che sia il tetto del Bart's, quello. Qui è dove Moriarty e Sherlock hanno discusso, sì, e lì invece è dove Jim si è sparato. John può quasi sentire il sangue sulle dita quando tocca il cemento. Lì invece... lì. Cosa c'è lì? E' solo un parapetto come gli altri. Cosa c'è lì, John? Un passo dopo l'altro, respiro dopo respiro, c'è qualcuno che lo aspetta. Addio, John. John non ha mai creduto negli addii. Per chi rimane ci sono i ricordi e a quelli non puoi dire addio. Per questo John ha rinunciato. Ha rinunciato a sperare di dimenticare, ha rinunciato ad andare avanti, ha rinunciato a un sacco di cose. Vorrebbe rinunciare anche alla sua vita. Uccidimi, aveva detto a Harry, perché io sto già morendo. E adesso, con gli occhi puntati oltre, John si sente vicino alla fine un poco di più. Il marciapiede sotto è pulito. Non c'è corpo, non c'è sangue, non c'è carne, non c'è vita. Tu me l'hai data e tu me l'hai tolta, si dice. Poggia la fronte al muretto - piccolo ostacolo fra lui e Sherlock che sarebbe così facile sorpassare - e ticchetta le dita a terra. Un ritmo lento, come i battiti del cuore e il respiro nei polmoni, tic tic sto perdendo la rotta tic tic crederò sempre in noi tic tic mi manchi tic tic vienimi a prendere tic tic addio, John, e sbatte il pugno per terra una volta, due, tre, quattro. Stringe i denti e li affonda nella carne. Il sangue gli cola sul labbro, e la mano fa male da impazzire. Quanto è stato egoista? Addio, aveva detto, sapendo di mentire. Per John non sarebbe mai stato un addio. Come poteva esserlo? 
- Voglio saperlo, Sherlock. Addio è definitivo, è una promessa. E tu non sei mai uscito dalla mia testa. Addio non è niente, non esiste. Perché non vuoi lasciarmi andare? Non è un addio. Sei un bugiardo, Sherlock.
John non ha la forza neanche di alzare la testa, adesso. Una gelida coperta di vento l'avvolge, piano, per non fargli male. Anche quel giorno soffiava brutale, e John si chiede se abbia stretto anche lui fra le sue spire mentre cadeva nella discesa verso l'abisso. E' stupido illudersi che in quell'abbraccio ci sia un po' anche di lui? John vuole sperarci davvero, un'altra volta. Solo un po', solo per un po', anche se fa male come una spina in gola. Lasciatelo crogiolare in questo calore sconosciuto, sotto la pioggia che ticchetta prepotente su Londra. Lasciatelo così, finché vorrà. Finché potrà. Finché qualcuno non lo riprenderà con sé.
-
Gli addii non contano, John. Conta solo quello c'è stato*.
Tic tic.







Ps. I'm a Serial Addicted


Okkkaayyyy. Se possibile, in quanto a scrittura strana questo capitolo è peggio dell'altro o_o non vi dico la fatica per manovrare Harry, mi ha dato più problemi lei di Sherlock e John messi assieme le prime volte che ci scrivevo sopra.
Una precisazione:

- * E' la citazione di un film del 1942, Perdutamente tua. Non l'ho visto, ma la citazione era stupenda, quindi me ne sono impossessata!

Che dire, siamo quasi giunti alla fine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo (che spero di scrivere in modo più normale di questi due '-') e spero che questo secondo non vi abbia fatto vomitare, dai. Dannata paccata di Angst, damn it. Vi mando infinito amore per le vostre recensioni e il supporto, sappiate che vi adoro <3 see you later!

ps. Questo capitolo è dedicato a Claudia perché è stata lei a darmi spunto per la scena del cornicione. Ti voglio bene, ciccia!


Jess
   
 
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