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Autore: margherIce46    05/09/2012    1 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ora che siamo arrivate alla fine, non possiamo che ringraziare tutti coloro che ci hanno accompagnato in questa avventura: chi ha letto, chi ha commentato, chi ha inserito questa storia tra le seguite o le ricordate.
Coloro ai quali è piaciuta e anche quelli ai quali, al contrario, non è piaciuta.
Ci siamo divertite molto a scriverla e -  anche se era la prima volta e il risultato magari non è stato perfetto (ma, del resto, cosa lo è?) - lavorare insieme è stata un’esperienza bella, direi quasi esaltante in alcuni momenti.
Ma ho già occupato troppo spazio: adesso è giunta l’ora di lasciare la parola al nostro eroe.
Alla prossima. Nostra o vostra.   
 
EPILOGO
 
Potete anche solo immaginare cosa significhi essere svegliato dal dolore lancinante di due proiettili nella schiena? La vostra fantasia può figurarsi cosa si prova passando in un solo istante da un sonno profondo e senza sogni allo strazio delle carni lacerate, al fiato che si spezza, al cieco terrore senza nome, al sangue che ti riempie la gola impedendoti di respirare?
Io sì.
Nello spasimo ho cercato di voltarmi per capire cosa fosse accaduto, ma sono riuscito a distinguere nell’oscurità solo una figura vestita di nero in piedi accanto al letto.
Peter, Elizabeth, dove siete?
La mia mente è confusa, la vista già annebbiata dalla sofferenza, eppure la sorte non mi risparmia il dolore più acuto: assistere alla fine di Peter senza poter fare nulla per aiutarlo, per impedire che cada ucciso a sangue freddo come una bestia al macello.
Lo vedo, sì lo vedo: sento il suo urlo strozzato di rabbioso spavento, lo vedo scattare in piedi e aprire il cassetto del comodino dove so che custodisce la sua pistola… per una frazione di secondo la speranza che almeno lui riesca a salvarsi - so che per me è finita - spalanca il mio cuore martoriato. Ma è solo un istante, perché l’arma si inceppa; com’è potuto accadere? Sei sempre stato così scrupoloso…
Peter, sono sicuro che quel “clic” ti ha fatto capire di non avere più nessuna possibilità di salvezza e il terrore che ti ho letto sul viso è stato per me l’ultimo, supremo, dolore.  Un colpo al petto e sei crollato, abbattuto come un tronco dal fulmine; forse era già finita prima ancora che il tuo corpo toccasse il materasso, eppure la figura sconosciuta - non vedrò il volto di chi mi ha ucciso, di chi ti ha ucciso - non ha avuto pietà e ti ha sparato ancora una volta, alla nuca. Il colpo di grazia.
Per me invece nessuna grazia, tranne quella di non vedere la tua espressione in questo momento, Peter, di non portare con me nella morte la memoria del tuo sguardo vuoto, delle tue labbra abbandonate dal calore della vita.
È finita, è quasi finita: il dolore inaspettatamente anziché aumentare si spegne piano piano,alzo gli occhi al cielo in una muta preghiera.
Sento il gelo. Sento il fuoco. Sento la fine. No, tutto sembra svanire: il freddo, il caldo, il rumore, il sentire. Non sento più nulla.
Solo buio.
Piano piano sento ogni sentire spegnersi: non sento più le dita, i piedi, le braccia, il busto, smetto di vedere, di sentire, le mie labbra si serrano... e così è questa la fine, sì. 
Ho sempre saputo che ti passa tutta la vita davanti agli occhi nell’istante prima di morire; ebbene, per prima cosa quell’istante non è affatto un istante, si allunga all’infinito come un oceano di tempo.
Per me fu il volto della mamma in controluce, chino sul mio letto con un’ espressione mista di preoccupazione e sollievo, quando riaprii gli occhi dopo essere caduto giù dall’albero in giardino un’estate di quasi trenta anni fa.
Fu Kate vestita di blu, i capelli raccolti, che mi sorrideva di fronte al San Giorgio quella sera a casa di Vincent. 
Kate, oh Kate…
Fosti tu, Peter, le tue mani forti e i tuoi occhi, la tua passione e il tuo tormento.
Una nebbia innaturale mi avvolge, è quasi già buio.
I rumori si attenuano e si disperdono nel vuoto.
Il mio tempo è scaduto.
Cos’è stata la mia vita? Cosa ha significato? Cosa lascerò dietro di me?
Ecco, io ho inseguito e sono stato catturato.
Ho inflitto dolore e quel dolore mi è stato restituito con gli interessi; il mio strazio non può bastare a compensare coloro che ho derubato o ingannato, le mie scuse non possono restituire ciò che ho furtivamente sottratto giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Sono stato amato e ho sofferto l’amore più infelice.
Ho mentito e sono stato ingannato.
Ho rubato e sono stato tradito.
Ho vinto e ho perso, fatto e ricevuto del male.
Questa è stata la mia vita e ora che è finita mi chiedo se avrebbe potuto essere diversa, più onesta, più serena.
Sì, avrei potuto essere una persona differente, forse migliore, ma se lo fossi stata non avrei conosciuto te, Peter.
Dio, quanti comandamenti ho violato? Difficile tenerne il conto.
Ora sono qui, forse davanti a Te, forse no.
Ti ho invocato adesso, per la prima volta da quando sono nato, e non per me.
E davvero ti ho nominato invano…
Ho ignorato la tua legge, disprezzato quella degli uomini e troppo tardi ho imparato quella dell’amore.
Non ho onorato mio padre e quando è morto non ho provato alcun dolore.
Ho confuso spesso il piacere con i sentimenti e il desiderio con l’amore.
Qualcuno piangerà la mia bellezza, il mio coraggio, le mie gesta, ma nessuno mi piangerà come il suo rifugio, la sua sicurezza, la sua gioia.
Sono un ladro, un truffatore e sto morendo.
Anzi, sono già morto.
 
FINE

 
N.d.A.: I titoli dei capitoli terzo, quarto, quinto e sesto sono tratti dal libro “Troppo amore” di Almudena Grandes, mentre il titolo del capitolo decimo è la parafrasi di una citazione di Garcia Lorca (“Il due non è mai stato un numero, perché è l’angoscia e la sua ombra”); il titolo della fic è preso dalla canzone omonima dei Temple of the Dog.
L’espressione Misses e Mister Suit è quella usata nella versione originale della serie e che nel doppiaggio italiano è tradotta come Mister e Miss F.B.I. Le parole di Neal nell’epilogo sono ispirate all’incipit del monologo finale del film  “American Beauty” e riecheggiano vagamente la canzone “Il testamento di Tito” di De Andrè.

 

 
  
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