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Autore: Leenadarkprincess    06/09/2012    3 recensioni
Ormai ci abbiamo fatto il callo. Draco e Hermione si appartano nello stanzino delle scope senza un perché. O si trovano in bibioteca, ed è colpo di fulmine. O si sono sempre amati, e non sanno più resistere alla forza travolgente della loro passione troppo a lungo celata...
Si, certo.
La verità è che Draco e Hermione si odiano profondamente, e che solo un miracolo potrebbe cambiare le cose. E se il trio protagonista avesse deciso di rimanere a Hogwarts il settimo anno? E se Draco Malfoy fosse stato catturato mentre fuggiva dopo l'attentato a Silente, e grazie a Harry che testimonia in suo favore fosse stato rispedito a Hogwarts? E se Voldemort avesse fallito l'attentato al Ministero, ritirandosi a tramare di nuovo nell'ombra, e Kingsley fosse diventato Ministro?
A cominciare da una semplice quanto improbabile sbornia, comincia una serie infinita di sfortunati eventi tra partite di Quidditch e Horcrux, passando per incantesimi, Pasticche Vomitose e parecchio sarcasmo in autentico stile Draco Malfoy... riuscirà quest'ultimo a tirare fuori il suo "lato buono"?
Sempre che ne possegga uno, ovvio.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Ron mi fissava con un certo astio, cocciuto e assolutamente immotivato. «Non ha alcun senso» disse, mentre Harry, che aveva già notato l’atmosfera litigiosa che andava addensandosi, metteva in pratica la tecnica che aveva affinato nel corso degli ultimi sette anni: farsi piccolo piccolo per non essere notato.
Io, però, non avevo nessuna intenzione di litigare. Oh, e va bene, ce l’avevo eccome, ma non per questo. Il giorno prima, ai Tre Manici di Scopa, avevo assistito con disgusto alle patetiche avances di Ron nei confronti di Emily – la nipote di Rosmerta – e, cosa ancora più sbalorditiva, alla maniera compiacente con cui tali avances erano state accolte. Avevamo passato tutto il pomeriggio a bisticciare, ma ora che avevo saputo dell’Horcrux, ero piuttosto incline a fingere che non mi importasse. Almeno uno dei due doveva essere maturo.
«Ron, te l’ho già detto. Non sarebbe una buona idea» sospirai.
«Oh, perché invece far andare te lo sarebbe, vero?» chiese lui, ironicamente.
«So badare a me stessa» dissi, con sussiego.
«Anche io!» protestò lui, vivamente indignato, «e Malfoy è un essere bieco, Hermione, perciò, passare tutto quel tempo con lui...».
«E’ questo il tuo vero problema, giusto?» gli chiesi, provocatoria. «Il fatto che sia io sia Malfoy sembriamo preferire la compagnia di qualcun altro!».
Le orecchie di Ron fornivano già un indizio più che evidente della risposta. «Io... lui... questo non c’entra niente!».
«Eppure» dissi, con rabbia, pentendomi subito dopo di quello che mi uscì di bocca, «ieri non mi sembrava che ti importasse molto della mia presenza, o di quella di Harry!». La faccia di quest’ultimo lanciava chiaro il segnale non-mettermi-in-mezzo-perché-se-si-ricorda-della-mia-presenza-mi-chiamerà-in-causa-e-tu-sai-che-non-potrei-scegliere-da-che-parte-stare, ma io lo ignorai bellamente.
Ron era ormai scarlatto. «Non so di che parli» disse, la voce che gli tremolava appena.
«Ron Weasley che non sa qualcosa? Che strano» dissi, non senza cattiveria. Poi ammutolii. Non era da me essere così feroce. Guardai Ron, un po’ sbigottita. Lui ricambiò con sguardo vacuo. Che cosa mi stava succedendo? Perché me la stavo prendendo così a cuore... e perché ero così velenosa?
Ron fece per replicare, ma sembrava che gliene mancasse la forza. Fu allora che, provvidenzialmente, Harry decise finalmente di intervenire. «Lo faccio io» disse, non senza un certo sforzo. Mi parve che fosse un po’ irritato, e non ero sicura che non fosse colpa mia.
«Come?» chiese Ronald, con voce flebile.
«Andrò io con Malfoy. Alla Gringott, intendo» disse, mesto.
«Harry» dissi io incerta, recuperando la mia solita sensibilità, «non è necessario che tu lo  faccia. Tu e Malfoy...».
«Siamo alleati, no?» disse lui, stancamente. «Non è giusto che debba assumerti tu l’incarico di averci a che fare, Hermione. Nessuno di noi sta facendo nulla...».
«...appunto per questo avevo proposto...».
Harry alzò la voce per sovrastare quella di Ron. «...ma Malfoy è anche responsabilità nostra. Lascia che ci pensi io. Io... voglio essere presente». Non era solo per l’Horcrux, lo vedevo bene, anche se era naturale che volesse partecipare. Si sentiva davvero in colpa per avermi lasciata da sola a gestire il nostro amico squamoso.
«Ne sei sicuro..?» domandai.
«Non che l’idea mi faccia impazzire, logicamente» disse Harry, con una smorfia. «E’ probabile che non riusciremo ad arrivare alla Gringott senza affatturarci un paio di volte».
Sospirai di nuovo. Perché Malfoy riusciva sempre ad essere un problema..?
«Nessuno di voi ha davvero considerato l’ipotesi di mandare me, vero?» chiese Ron, acido.
Harry e io ci scambiammo un’occhiata. «Ron...» cominciò lui, esitante. «Penso... penso che sia vero. Penso che Hermione abbia ragione». Ron si adombrò. «Tu sei un traditore del tuo sangue, no?» si affrettò a dire Harry, anche se sapevo che non era quella la vera ragione. «Per lui tu sei quello della razza peggiore».
«Si, si, d’accordo» disse Ron, ancora con un’espressione fosca. «lasciamo perdere».
«Io... io devo andare» dissi allora, avvertendo l’atmosfera tesa. «Sono in ritardo...»
«Devi andare da Malfoy?» mi chiese Ron, maligno.
«No» dissi, semplicemente. «Devo fare rapporto alla McGranitt. E devo... fare una cosa... con Ginny» dissi, incerta su chi dei due dovessi guardare. Non volevo guardare Harry, a cui l’esplicito riferimento a Ginny era bastato per farlo arrossire, ma non volevo neppure dire a Ron che dovevamo andare da Lumacorno. Sospettavo infatti che la sua “convocazione” avesse qualcosa a che fare con il Lumaclub.
«Ah, Hermione. Un’altra cosa» disse Harry. Mi voltai a guardarlo.
«L’Horcrux. Dammelo» mi disse allora, tendendo la mano. Nell’istante in cui ricordai di averlo ancora appeso al collo, pensai di aver capito il motivo per cui ero stata tanto acida con Ron. Certo, chissà come, pensavo che ci fosse lo zampino di Draco Malfoy. Chi va con lo zoppo...
Glielo consegnai con un brivido di disgusto, alzandomi in piedi e spazzolandomi via l’erba dalla gonna. Eravamo nel parco, nel nostro solito angolino riservato, e nessuno badava a noi. Harry non sembrava felice di indossarlo, ma dentro di me lo ringraziai.
Mormorai un saluto e mi allontanai a grandi passi, rimuginando tra me. Ron era geloso di Draco Malfoy. Questo era evidente almeno quanto era assurdo. La cosa avrebbe dovuto farmi piacere – mi faceva piacere, purtroppo – ma allo stesso tempo mi innervosiva. Non volevo ammettere che Ron mi piaceva, ma cominciavo, seppur riluttante, a credere di non poterlo più negare.
Anche affrontare Voldemort non mi pareva poi così brutto in confronto, se ci pensavo. E se una ragazza sogna un incontro con il Signore Oscuro pur di non innamorarsi del suo migliore amico, tutto è possibile.
Santo cielo, tanto valeva essere innamorata di uno come Draco Malfoy.
 
«Che cos’hai oggi, Draco?» protestò debolmente Pansy, dopo che per tutto il giorno ero stato fin troppo giù di tono.
Sbadigliando, valutai diverse possibili risposte. Dopo un mese, l’incidente di Quidditch non sarebbe più stato plausibile come scusa, tanto più che gli allenamenti erano proseguiti con costante regolarità. Zabini sembrava un uomo nuovo; sempre concentrato, duro, risoluto, specie negli ultimi giorni. E dopo la sera prima, non mi sorprendeva granché. Certo, avrei tanto voluto sapere quale fosse il problema di Zabini, ma sembrava proprio che tutti avessero qualcosa da nascondere, ultimamente. Beh, a parte Pansy, certo, ma lei non contava.
Grazie a Dio, con Pansy esisteva una vasta gamma di possibilità. Avrebbe creduto a qualsiasi cosa le avessi detto, perciò non mi ci volle più di un istante per elaborare una scusa plausibile. «Sono gli studi... sono stanco morto» dissi. Beh, la Granger era stancante, no? quindi non era una vera bugia.
«Quella stupida Granger» sospirò Pansy, con un tono di vaga invidia più che di partecipazione. «Ti fa sudare, non è vero, Draco?».
«Mmh..? Si, quella stupida Nata Babbana» borbottai, senza dover troppo recitare.
«Non sarebbe meglio se lasciassi perdere?» suggerì lei, esitante. «In fondo non è mica detto che devi studiare con lei tutti i giorni, se ti costa tanto. Io con Paciock non ho mai niente a che fare». Evitai di farle notare che questo era principalmente perché Paciock era dato per disperso. Pansy avrebbe certamente tratto giovamento da un po’ di studio con Paciock (e questa la dice lunga sulle sue capacità, giusto?). Pansy Parkinson (o P.P., Persistente Purosangue, per le adorabili vittime del suo fanatismo) non era un genio, no.
«Sarei benissimo in grado di cavarmela da solo» acconsentii con un unico cenno del capo. «Ma devo tenermi buoni i professori come la McGranitt. Sai bene quanto me che mi tengono d’occhio». Un’altra mezza verità, anche se avrei voluto fosse tale. Almeno, credevo di volerlo. Non desideravo ammettere a me stesso che la compagnia di Hermione Granger fosse certamente migliore di quella di Pansy, anche se non era una concessione chissà quanto straordinaria. L’angosciante verità era che, questioni Lordvoldemortesche a parte, passare il tempo con il trio Potter non faceva abbastanza schifo per potermene lamentare – tranne quando vedevo la faccia di Weasley, naturalmente. Stavo sempre in silenzio, certo, quando non studiavo con la Babbana Zannuta o non prendevo in giro Weasley, ma talvolta il silenzio non mi faceva così schifo.  Grazie a Dio, comunque, queste verità erano sepolte al sicuro nel mio cassetto mentale non-vuoi-veramente-vedere-che-cosa-c’è-qui-dentro, e mi sentivo libero di ignorarle.
«Quella vecchia megera» disse Pansy, con un sospiro teatrale, posandomi una mano sulla gamba.
«Già» dissi, contento che si cambiasse d’argomento. Fui ancora più contento quando venni raggiunto da Nickleby, Todds e Carnarvon, tutti e tre del mio anno e tutti e tre perdutamente innamorati dello scintillante sottoscritto. Si piazzarono attorno a me e riprese la mia consueta routine di chiacchierii privi di senso dalla mia parte, e silenzio ammirato dalla loro.
Vi starete chiedendo quale fosse il reale motivo della mia insoddisfazione. Beh, se proprio volete saperlo, era un momento drammatico per me, e come spesso accadeva di recente, era tutta colpa di Hermione Granger. Immagino la dicesse lunga il fatto stesso che lei e i suoi patetici amichetti assorbissero una parte tanto consistente della mia giornata.
Dunque, le cose stavano in questo modo. Ricordate il dialogo che avevamo avuto la sera prima riguardo all’Horcrux? Beh, forse vi sarà sfuggito un piccolo dettaglio; non temete, era sfuggito anche a me in un primo momento. Lasciate che vi rinfreschi la memoria.
«Aspetterò le vacanze di Natale» disse lui, riflettendo velocemente. «Poi approfitterò di una qualche gita, e andrò a Diagon Alley...».
Beh, al momento non ci avevo davvero pensato – sapete, l’eventualità di fregare al Sibilante Signore un pezzo di anima mi aveva assorbito – ma quando, nel mio letto, avevo ripensato alla scena, mi ero reso conto di un piccolo particolare.
Non avevo nessuno con cui passare le vacanze di Natale.
Come il peggiore degli orfani sfigati – come Potter – non avevo qualcuno con cui festeggiare. Sarei dovuto rimanere a Hogwarts.
Lo so, lo so. Un sacco di gente rimaneva a scuola durante le vacanze. Anche cocco-di-mamma Weasley o nata-babbana Granger. E io stesso ero rimasto a scuola per le vacanze, un paio di volte. Beh, non era la stessa cosa, questa volta. Un conto era scegliere di non passare la vacanza con i propri genitori – e credetemi, sarebbe stata la mia prima opzione – e un conto era apparire agli occhi della gente come ragazzo-lasciato-a-se-stesso-che-bisogna-compatire. Nessuno, nessuno compatisce un Malfoy. Se non un altro Malfoy, naturalmente.
Avevo passato ore a rimuginarci sopra. Avrei anche potuto tornare a casa per le vacanze, ma a che pro? Non volevo davvero passare il tempo a raccattare pavoni morti dalla mia tenuta – ammesso che ci fossero, o che non fossero sepolti dalla neve. Inoltre avevo come l’impressione che in quel caso avrei rischiato grosso – che magari il Signore Oscuro ne avrebbe approfittato per farmi una visita. Ed ero certo che non avrebbe portato un cestino regalo con sé.
Alla fine mi ero addormentato, stizzito, cullato – per così dire – dal lieve russare di Zabini che, nonostante tutti i suoi turbamenti interiori, quando dormiva sembrava essere entrato in coma. E quando mi ero svegliato, la mattina dopo, qualcuno aveva provveduto a rigirare il coltello nella piaga.
«Non ne ho la più pallida idea, David» avevo sbadigliato in faccia a Mcnair, il quale, tutto eccitato, mi aveva chiesto a colazione se sapevo dove fosse un qualcosa chiamato Disneybored o qualcosa del genere. Era evidente che desiderava con tutto il cuore che gli chiedessi maggiori informazioni, e vista la mia carenza di sonno non avevo la forza dideluderlo. Così gli avevo chiesto, assennatamente, che cosa diavolo fosse un Disneybored.
«E’ una specie di... non saprei...» aveva detto lui, cercando di comunicare con lo sguardo quello che non riusciva a descrivere. «E’ negli Stati Uniti, dove andremo in vacanza. Il surf è ottimo da quelle parti, sai. Pare che i Babbani lo considerino un gran divertimento, comunque, e pensiamo di farci un salto». Il fratello  di McNair aveva litigato con la madre quando lei si era resa conto delle sue inclinazioni troppo filobabbane. Andava bene non voler Cruciare ogni Babbano (più o meno), ma imparare i loro sport (e quando McNair mi aveva spiegato in che cosa consisteva questo surf, avevo cominciato a credere che avesse ragione) era un po’ troppo. Così lui li aveva piantati per trasferirsi in California, e per riconciliarsi con loro li aveva invitati a raggiungerlo per le vacanze.
Quello che mi interessava, comunque, non era affatto Disney-coso o le vacanze di David. Quello che mi mise di cattivo umore fu la parola “vacanze”. Perfino McNair sarebbe andato in vacanza. In sostanza, non sapevo chi sarebbe rimasto, ma sapere di essere uno di questi aveva messo KO il mio buonumore.
A riscuotermi dalla mia rievocazione di quella spiacevole mattina fu qualcosa che disse uno dei miei compagni, Todds.
«...ha invitato me, e penso che ci andrò, se non altro per festeggiare decentemente. La cosa peggiore è stata Astoria Greengrass, però. Tutto mi aspettavo, tranne che scegliesse quell’idiota di Prewett. Un Corvonero!» e mostrò tutta la sua disapprovazione alzando gli occhi al Cielo. Senza accorgersi del mio cambio di espressione, proseguì, rivolgendosi a Pansy che ascoltava interessata – e invidiosa. «Ho sentito dire che doveva venire anche Gwenog Jones, pensate, ma all’ultimo ha dato buca. Diavolo, sapevo che Lumacorno la conosceva, ma invitarla addirittura alla festa! È un peccato che non sia potuta venire, avrei potuto...».
La stupida festa di Natale del Lumaclub. Certo. Come avevo fatto a dimenticarmene? Un’altra festa alla quale non sarei potuto andare in quanto escluso dal prestigioso Lumaclub. Non solo sarei rimasto a scuola per le vacanze, ma sarei stato escluso dai festeggiamenti, mentre Astoria...
Ehi, un istante.
«Perché Astoria?» chiesi, perplesso. «Non sapevo che Prewett facesse parte del Lumaclub».
«Lui no» disse Todds, con una smorfia. «E’ troppo umile per queste cose, naturalmente. È timido. Ma Astoria si».
Questo la diceva lunga su quanto prestassi attenzione ad Astoria, ultimamente. Tra lo studio, il mio fan club, gli allenamenti e le lezioni, non avevo molto tempo libero. Spesso sedevo accanto a lei nelle lezioni che  condividevamo – più per sfuggire ai miei ammiratori e farmi desiderare che per stare con lei, in realtà – ma in quei casi, Astoria stava sempre zitta e seguiva la lezione con impegno. Anche a pranzo e a cena scambiavamo quattro chiacchiere, ma non riuscivo mai a dedicare attenzione a qualcuno in particolare. Mi sentivo in colpa, ma in realtà, la mia vita semplicemente mi lasciava un passo indietro. Non riuscivo a stare dietro a tutto.
«E lei lo ha invitato a uscire?» chiesi.
«Non so chi lo abbia chiesto a chi» disse lui, scrollando le spalle. «Ma penso che si siano conosciuti in biblioteca». Sobbalzò quando sentì la porta della Sala Comune aprirsi, ma era solo Zabini di ritorno da Aritmanzia. Gli dedicai soltanto un’occhiata fugace. «Insomma» proseguì Todds, platealmente, «è un Corvonero! Sempre meglio della feccia Tassorosso, o Grifondoro, ma Cristo! Hanno un cugino Magonò!».
«Di che state parlando?». ci voltammo tutti. Zabini si era avvicinato con il suo passo da gatto, e ora posava una mano sulla spalla di Todds, che parve sbigottito. Zabini non lo aveva mai degnato di tanta attenzione.
«Astoria Greengrass e Matthew Prewett» cantilenò Pansy Parkinson, osservando Zabini con un sorrisetto.
«Stanno forse assieme?» chiese Zabini. Notai che mi aveva lanciato un’occhiata, mentre si sedeva sul divano di fronte a me. Perché veniva a intrufolarsi nelle nostre conversazioni?
“Qualcuno ti tiene d’occhio”, aveva detto. Magari era proprio a se stesso che si riferiva.
«Così pare» disse Nickleby. Io non dissi nulla. avevo scelto la strada del silenzio imbronciato.
«Astoria è sempre stata una ragazza dai gusti particolari» disse Carnarvon. «La conoscevo da prima di venire qui, e vi dico che anche suo padre è un uomo bizzarro».
«Lavora al Ministero, giusto?» chiese Zabini. Gli lanciai un’occhiata irritata. I Serpeverde sono persone territoriali. Astoria era nel mio territorio, e lui non avrebbe dovuto impicciarsi.
«Lavora per il Wizegamot, o qualcosa del genere» specificò Todds. «Ma circolano voci. Pare che sia tra i sostenitori di quella riforma di legge per pene più severe contro i detrattori dei Babbani». Il padre di Astoria era Babbanofilo? Questa mi era nuova.
«Non è poi così strano, allora, che la Greengrass scelga uno come Prewett» sghignazzò Pansy, alla quale Astoria non era mai piaciuta. Chissà perché.
Zabini aveva osservato tutto con un silenzio cupo. Chissà che cosa pensava dentro di sé. Mi guardò di nuovo, piuttosto attento, fino a che io non sollevai un sopracciglio, interrogativo. Allora si alzò, stiracchiandosi. «Meglio che vada a prendere la mia roba» mormorò, e si allontanò lentamente come era venuto.
Mi alzai a mia volta. Avevo appena realizzato di aver sprecato un’ora libera adatta allo studio in ciacchere che mi avevano ulteriormente depresso. «Credo tocchi anche a me fare lo stesso» proclamai, con aria indifferente, nella speranza di non farmi troppo notare. Attesi pazientemente che esaurissero i saluti enfatici (poco ci mancava che sventolassero un fazzoletto in segno di commiato) prima di imboccare le stesse scale che aveva fatto Zabini. Scesi fino a raggiungere il mio dormitorio, ma mi fermai di fronte alla porta. Sentivo delle voci familiari provenire da dentro.
«....assurdo!» diceva la voce di Zabini, a voce abbastanza alta da poter essere udita distintamente.
La voce di Nott disse qualcosa, un borbottio. Imprecai mentalmente e frugai nelle tasche, fino a tirare fuori un laccio color carne. Lo so, lo so; anche a me era dispiaciuto pensare di pagare i gemelli Weasley per una qualunque cosa. Ma ne era valsa la pena. Le portavo sempre con me, e sapevo che ben pochi tra i miei conoscenti non facevano lo stesso. Pansy ne aveva comprate tre scatole, lo sapevo per certo, e ne aveva sempre un paio di scorta.
Srotolai l’Orecchia Oblunga, mentre sentivo Zabini dire – o meglio gridare: «Perché mi stai seguendo, ecco perché!».
L’Orecchio calò fino a terra e fece per infilarsi sotto la porta... e si fermò a pochi centimetri da essa. Naturalmente l’avevano resa Imperturbabile. Stupidi Sepeverde previdenti.
Così premetti più a fondo l’orecchio – quello vero – contro la serratura, ma mi giunsero solo parole sconnesse.
«...benissimo... Paciock... evidente...» sussurrò Nott, cospiratore.
«Non so di cosa stai parlando» disse Zabini, «e ti consiglierei di essere più discreto, almeno fino a quando non ci stupirai con le tue doti da detective». Ora, non sapevo cosa fosse un detective, ma il significato era più che chiaro. Nott era stato beccato con le mani nel sacco mentre indagava.
Così come capitò a me, quando in quell’istante Zabini aprì la porta, e mi vide ancora fermo in ascolto. Mi ricomposi in fretta. Zabini mi lanciò un’occhiata, sorrise – un sorriso trionfante – e se ne andò, a grandi passi. Quando entrai, Nott era ancora irritato.
«Quel figlio di...» vi risparmio le sue imprecazioni. Sapete, nessuno può inventare insulti più coloriti di un Serpeverde. Lasciai che si sfogasse, fingendo di non sentirmi in colpa per avere messo in guardia Zabini. Anche se mi sentivo in colpa.
Nott calciò un baule. Quello di Zabini.
Beh, più o meno.
«Che cosa è successo?» chiesi poi, mentre frugavo nel mio baule alla ricerca dei miei libri.
«Mi ha minacciato!» esclamò, non sapendo che avevo ascoltato la conversazione, e che sapevo che non era andata proprio così. Ma comunque.
«Perché?».
Arrossì appena. «Lo sto sorvegliando» ammise alla fine. «E lui osa fingere che io sia un perfetto idiota, quando le prove...».
«Le prove di cosa?».
Lui si arrestò di colpo. «Non è ancora il momento» disse, lo sguardo di fuoco. «Non è ancora venuto il momento». E uscì di fretta, i libri sottobraccio, sibilando insulti sottovoce.
Povero Zabini. Non avrei voluto Nott come nemico. Certo, io avevo Lord Voldemort, ma quella era un’altra storia. Ero un gradino più in basso all’inferno, e non avevo neppure un programma per le vacanze.
Due ore più tardi, usciti da Difesa Contro le Arti Oscure, io e Astoria tornavamo verso la Sala Comune prima di andare a cena. Ne approfittai per spararle a tradimento una domanda.
«E così vai alla festa di Lumacorno con Powerell» dissi, in tono noncurante.
«Mmh?» chiese lei, distratta.
«Ho detto: e così vai alla festa di Lumacorno con Prewett» dissi, e nell’irritazione di dover ripetere la domanda, dimenticai di sbagliare volutamente il nome.
«Si» disse lei, mentre apriva la borsa per cercarvi qualcosa.
«Perché?» le domandai. Passato lo stupore iniziale, dovevo ammettere che mi ero aspettato che lo chiedesse a me. Eravamo amici, o no?
«Perché no?» chiese lei. «ma dov’è la mia piuma?» mormorò tra sé, concentrata, e si bloccò di colpo, costringendomi a barcollare per fare altrettanto, dopo qualche passo. Tornai indietro, e aspettai a braccia incrociate che terminasse la sua ricerca. La vidi scribacchiare sul braccio: “Michael, mercoledì”.
«E chi è Michael?» domandai.
«Come, non conosci Michael Corner?» domandò lei, stupita. «Pensavo fosse piuttosto conosciuto, ma forse era solamente un’impressione».
«E’ l’ex della ragazza Weasley!» esclamai, sconcertato.
«Già, me lo ha presentato lei» confermò la ragazza, chiudendo la borsa, e rimettendosi in marcia. La seguii, nonostante avesse il passo veloce.
«Tu esci con Michael Corner?» trasecolai.
«Certo che no. lo aiuto con i compiti» mi corresse senza scomporsi.
«Perché?». Ero ormai allibito.
«Perché me lo ha chiesto».
«E questo ti sembra un buon motivo?» chiesi, perplesso.
«Non mi sembra un pessimo motivo».
«Ma è uno spreco di tempo!».
Astoria si bloccò e mi guardò, imperscrutabile. «Perché, come dovrei impiegarlo altrimenti?».
Ci pensai su. «Beh... ecco...» ci pensai ancora su. «Non saprei».
«Io si» disse lei tranquilla. «Non ho molto da fare, se non studiare. Non ho molti amici, non sono socievole. E se qualcuno, fosse anche Michael Corner, ha voglia di passare del tempo in mia compagnia, non voglio di certo impedirglielo. Quantomeno non lo fanno per i motivi sbagliati». Se fosse stata una stoccata nei miei confronti, perché non passavo del tempo con lei, me ne sarei accorto. Probabilmente mi avrebbe anche centrato in pieno comunque. Ma Astoria non aveva parlato con rancore, mi aveva espresso candidamente una sua teoria. Il che era perfino peggio, specie in quegli ultimi giorni. Ero piuttosto ipersensibile.
«Non mi hai detto che saresti uscita con Prewett, comunque».
«Vedo bene che hai la testa altrove» disse lei, alzando le spalle. «Ho pensato che ti facesse piacere un po’ di silenzio». Altra stoccata, visto che io a lei non avevo pensato affatto. Arrossii, per più di un motivo. «Che cosa intendi dire?» feci, schivo.
«Esattamente quello che ho detto» fu la criptica risposta.
Sospirai. Astoria era penetrante come sempre, ma io avrei voluto essere impenetrabile. Alle preoccupazioni che avevo sempre, poi, si era aggiunta la delusione per le mie imminenti vacanze. Credere di riuscire a nascondere le mie debolezze sarebbe stata una bella consolazione.
«Sei giù di tono» osservò lei.
«Può darsi» risposi, vago.
«Perché sei giù di tono?».
Lasciai perdere il mio inutile dissimulare. «Niente di particolare. Ma da quando fai parte del Lumaclub?».
«Da quando quest’anno mi hanno ammessa ai corsi MAGO. Dovrei offendermi, visto il tono vagamente sorpreso e tradito».
«Non me lo avevi detto».
«Quando avrei dovuto introdurre l’argomento, esattamente?».
Un punto per lei.
«Ti da fastidio non esserci, non è vero?» chiese Astoria, con un sorriso da saputella.
«No, non direi. Quello stupido vecchio non mi sembra abbastanza sveglio da individuare veri talenti».
«Già. Immagino sia per quello che aveva messo gli occhi su Colui-che-non-deve-essere-nominato, a suo tempo» disse lei, ironica. Io la guardai, stupito, e non solo dalla sua ironia. «Come lo sai?». Naturalmente anche io lo sapevo, ma l’Enciclopedia Ambulante Granger (EAG per consultatori che fingevano di non essere tali) non poteva certo averne parlato con lei, no?
«Mio padre lavora al Wizegamot, no? Hanno interrogato Lumacorno diverse volte». I suoi occhi si affilarono. «E tu, come lo sai?».
«Non lo sapevo» dissi, evitando il suo sguardo, con una alzata di spalle.
«Mmh» disse lei, fingendo di credermi.
Rimanemmo in silenzio per qualche istante. «Tuo padre è un difensore dei Babbani?».
«Credo stia lavorando assieme al Comitato Scuse ai Babbani, o qualcosa del genere. Pare ci sia un disegno di legge nell’aria, ma non vuole che racconti in giro i dettagli» disse lei, con dignità, mentre varcavamo la porta dei sotterranei. Io rabbrividii. In Dicembre era sempre meglio avere mutande di lana, se eri un Serpeverde e dovevi attraversare i sotterranei.
«Quindi è vero? Siete Babbanofili?» chiesi, senza lasciarmi ingannare dalle sue parole. Lei si mise a ridere. «Perché ti interessa?».
«Mera curiosità».
«Beh, è semplice» disse lei, scuotendo la chioma nera con un unico cenno del capo. «Non c’è motivo per essere pro, o contro».
Non fui in grado di rispondere, perché in quel momento apparve l’ingresso della Sala Comune... e la Granger, che vi stava appostata di fronte, corrucciata. Mi bloccai, orripilato. Astoria si limitò a sorridere. «Vedo che sei impegnato. Ci vediamo più tardi, a cena». E se ne andò, dopo aver rivolto uno sbrigativo cenno di saluto alla mia Piaga Personale (P.P. per nemici perseguitati).
«Che diavolo ci fai tu qui, Granger?».
«Chi altri sarebbe dovuto venire a chiamarti? La McGranitt ci vuole nel suo ufficio, adesso» rispose lei, secca.
«Comincio ad odiare il suono di questa stupida frase» dissi, mentre mi incamminavo a grandi passi con lei che mi sfilava di fianco. «Lo sai, quasi quasi vorrei combinare qualcosa, almeno avrei una ragione per essere trattato come un criminale»..
«Ma quanto sei drammatico» commentò la stupida Granger, alzando gli occhi al Cielo. «Dovresti  esserle grata. Si preoccupa per te».
«Beh, non dovrebbe. Sono grande e vaccinato».
Superammo diversi gruppi di studenti, molti dei quali appartenevano alla mia stessa Casa. Naturalmente la Granger aveva scelto l’ora di punta della serata, quando tutti tornavano ai loro dormitori. Per fortuna, altrimenti qualcuno avrebbe potuto evitare di vedermi passeggiare con lei per i corridoi. Ero troppo stremato per ironizzare ad alta voce, e mi accontentai di pensare quelle poche, caustiche parole.
 
«Signor Malfoy, sono sicura che tu abbia capito perfettamente» disse la Preside in tono molto amabile. Ero abbastanza sicura che tra le pieghe del volto, seminascoste dietro alle rughe, ci fosse un sorriso vagamente perfido.
«Mi sta dicendo» disse Malfoy (P.P.P., Piaga Pitonata Permamente, per ragazze perseguitate), «che io dovrei trascorrere con loro» e indicò me, immagino a indicare metaforicamente i miei amici e altra gente “di bassa lega”, «le mie vacanze estive? Perché?». E mi guardò come se fosse stata tutta colpa mia – o come se avessi potuto – o voluto – aiutarlo.
Una parte di me era incredibilmente divertita. Privare Malfoy delle sue vacanze mi sembrava un buon piano. Certo, privare noi delle nostre lo sembrava meno, ma credevo di intuire quale fosse il piano della McGranitt.
«Non mi sembra tanto difficile da capire, Malfoy» fecce la donna, paziente, incrociando le dita sulla scrivania. «Forse tu non te ne sei reso conto, ma tu sei una delle mie preoccupazioni minori. Ci sono cose più importanti alle quali badare e, francamente, sono preoccupata».
«Li sto aiutando!» gemette lui, debolmente, sempre indicandomi. «Glielo chieda, professoressa!».
«E’ vero» dissi, laconica, e Malfoy annuì trionfante.
«Non tutti nell’Ordine sono altrettanto tranquilli. Non passerò a scuola tutto il tempo delle vacanze, e preferirei che tu restassi sorvegliato». La vecchia strega fece una smorfia. «Vogliono accertarsi che tu sia davvero inoffensivo. Mi sembra un prezzo minimo da pagare per la tua sicurezza, Draco».
«L’unica cosa di cui sono sicuro» disse lui, assumendo un’espressione scocciata, «è che non solo sprecherò le mie vacanze, ma la cosa non passerà certo inosservata! Che cosa pensate che dirà...» fece una pausa, cercando di trovare un compromesso tra i diversi epiteti che gli venivano in mente, «...Voi-sapete-chi, quando scoprirà che mi diverto a sferruzzare a maglia assieme ai membri dell’Ordine?». Chissà come, non sembrava di umore davvero battagliero, comunque, e me ne accorsi subito.
«Oh, quanto a questo puoi stare sicuro» disse la preside, con un sorriso sardonico, «che non avrai problemi».
«Che cosa intende dire?» chiese lui, con sospetto.
«Passerai tutte le vacanze in Infermeria. Malato. Probabilmente a causa di un’indigestione di cacca di Doxi» lo informò lei, impassibile, e quasi mi scappò da ridere.
«Volete avvelenarmi!» strillò lui, sbigottito.
«Non essere sciocco, ragazzo. Questo è quello che faremo credere agli altri».
«Penso che se ne accorgerebbero se, con l’Infermeria vuota, fingeste di avere me come malato!».
«Draco Malfoy ci sarà» disse la professoressa, gli occhi che le scintillavano. Si stava divertendo davvero – probabilmente stava assaporando ogni istante. «Basterà che tu collabori».
«Che – che cosa intendete..?».
«Pozione Polisucco. Prenderemo in prestito alcuni tuoi capelli. Vari membri dell’Ordine di pattuglia faranno il resto, a turno. Sarà un ottimo modo per averli a disposizione, nel caso in cui ci sia bisogno di qualcuno di alleato nella scuola».
«Se ne accorgerebbero» disse Malfoy, poco convinto.
«Io non credo. Non se stai dormendo» intervenni, incapace di tacere. «Russi forse in maniera speciale?».
«Io non russo, stupida» sibilò lui verso di me.
«E allora, qual è il problema?» chiese la McGranitt. «Come pensavi di trascorrere le tue vacanze, Draco? Non avresti potuto uscire dal castello, lo sai bene».
A questo punto avvenne la cosa più straordinaria. vidi Malfoy arrossire, boccheggiare, e poi tacere, guardando per terra.
La voce della donna si addolcì. «Vedrai che passerai delle bellissime vacanze, Malfoy». Poi, rivolta a entrambi, aggiunse: «potete andare».
Malfoy non se lo fece ripetere due volte. Schizzò giù per le scale con l’agilità di un furetto, e dovetti correre per stargli dietro. Quando ci richiudemmo la porta alle spalle, riuscii ad agguantarlo per un lembo della divisa.
«Che vuoi?» chiese lui, troppo abbattuto per mantenere il suo solito tono scortese, e rimediando con un’occhiataccia.
«Volevo solo dirti che non immaginavo quali fossero i piani della McGranitt» gli dissi, convinta che consolarlo valesse come Atto Caritatevole del Mese (in alternativa a regalare una lozione per capelli a Voldemort). «Mi dispiace per le tue vacanze».
«Già, sono sicuro che tu sia vivamente commossa, Granger» disse Malfoy, storcendo il naso. «Ma sfortunatamente non c’è molto che puoi fare per migliorare la mia situazione, a meno che il Signore Oscuro non muoia strozzandosi con il suo pudding natalizio prima dell’inizio delle vacanze».
«Ah-ah» dissi, per nulla divertita. «E comunque non è detto che tu non ti diverta». Oh, e va bene, quell’ultimo commento lo dissi soffocando una risata. Ma certo che era detto! era Draco Malfoy nel covo dell’Ordine della Fenice, dopotutto. Privato della possibilità di Cruciare Babbo Natale, costringere Elfi domestici con la frusta a preparargli biscotti, e... beh, qualunque altra cosa la gente come lui facesse durante le vacanze natalizie. Ammesso che i Mangiamorte fossero provvisti di spirito natalizio. Dubitavo che Bellatrix Lestrange si aggirasse per il nascondiglio di Voldemort intonando “Tu scendi dalle stelle”, e fui quasi tentata dal chiederlo a Malfoy.
«Oh, sono sicuro che mi divertirò un mondo, Granger» ironizzò lui, con un ghigno beffardo. «In fondo, Potter e Weasley sono dei tali simpaticoni!».
«Perché, tu lo sei?» lo rimbeccai serenamente. «Di che cosa parli di solito con i tuoi amichetti, a parte delle ultime fatture alla moda?».
«E Weasley? Degli ultimi maglioni atroci confezionati dalla madre, immagino» commentò l’altro, perfidamente.
«Non tutti hanno una bella pelliccia da Furetto per tenersi al caldo, Malfoy» replicai, piccata, mentre raggiungevamo l’Atrio. «E tra parentesi, prima di andare a cena, volevo dirti una cosa».
«E che cosa, di grazia?» chiese Malfoy, ancora imbronciato per non essere riuscito a trovare qualcosa di spiritoso per ribattere alla mia ultima battuta.
«Dovremmo anticipare la missione» mormorai. «Quella alla Gringott, intendo».
«Come?».
«Beh, se andremo davvero a Londra per le vacanze... insomma, sarai ancora più sorvegliato, no? Difficile che ti lascino andare a Diagon Alley, per di più da solo».
«Quindi ci andrò da solo?».
«Harry si nasconderà sotto il Mantello dell’Invisibilità, naturalmente».
Draco Malfoy era inorridito. «Dovrei accedere alla mia camera di famiglia assieme a Potter?».
«Proprio così. Come dicevo...».
«Frena un secondo, idiota» sibilò il Serpeverde, irritato. «Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non intendo portare Potter a spasso con me, da nessuna parte, e specialmente non nella mia camera blindata. Per Salazar!» imprecò.
«È stato deciso così» dissi, perentoria. «Avresti preferito che venisse Ron assieme a te?».
«Nessuno dei due, per la miseria» ringhiò lui. «Non prenderla nel verso sbagliato, stupida Granger, ma tu non sei minimamente così repellente come i tuoi due amichetti! Un traditore  del proprio sangue o il mio nemico giurato, nella mia camera? Non se ne parla!».
«Harry ha insistito per venire. Si sente in colpa per aver lasciato a me l’onere di badare a te per tutto questo tempo. E inoltre tocca a lui trovare gli Horcrux, Malfoy. È lui che deve affrontare Voldemort».
«Per me possono anche ballare il tango, non mi importa. Ma non voglio Potter nella camera dei Black». Malfoy era risoluto.
«Nessuno di noi ti ha dato la possibilità di scegliere. Non puoi andare da solo, e né io né Ron possiamo – o vogliamo – accompagnarti. Fine della storia» dissi.
«Dunque è quello, il problema, giusto?» disse lui, sprezzante. «Cos’è, Lenticchia è geloso?».
«Non – non sono affari tuoi, Malfoy!» dissi, con voce stridula, arrossendo. «E se anche fosse...».
«Che ti prenda quando vuole, Granger, purché tu e Potter mi salviate la pelle» sogghignò Malfoy. «E purché mi sia dato di evitare di ricevere Potter nel mio territorio, naturalmente».
«Parlane con Harry» dissi io, esausta. «Sbrigatevela tra di voi».
«Meraviglioso».
«Niente ironia, Malfoy. E per quanto riguarda la missione...».
«Non possiamo farla prima» mi interruppe. «Perché no?» feci, sorpresa.
«Perché, stupida, curiosa nullità» rispose, «pare che qualcuno mi stia seguendo».
Alzai gli occhi al Cielo. «Lo sappiamo che qualcuno ti segue, Malfoy» sospirai. «L’Ordine ti protegge, lo hai scordato?».
«Non parlo dell’Ordine, sciocca» sbottò Malfoy.
«E allora che diavolo...».
«Ho incontrato Zabini nella sala comune, dopo che ti ho spiegato dell’Horcrux. Non so da dove venisse, ma è da un pezzo che si comporta in maniera strana. Io e lui... beh, tra noi non corre esattamente buon sangue. Gli ho chiesto che cosa stesse combinando...».
«Furetto curiosetto» non potei evitare di dire, e lui arrossì, ma fece finta di nulla.
«...e lui naturalmente si è rifiutato. Così, per farlo parlare» e disse quelle ultime parole con voce strana, che non riuscii a interpretare, «gli ho detto che Nott lo teneva d’occhio. E lui – lui ha risposto che non era l’unico ad essere sorvegliato. Qualcuno si è accorto che nascondo qualcosa, evidentemente».
«Non poteva essere solo un trucco di Zabini, come quello che hai usato tu?».
Lui scosse il capo. «Mi ha messo in guardia, ha detto di non fidarmi di nessuno. Sembrava quasi... preoccupato». Era turbato.
E così qualcuno teneva d’occhio Malfoy. Riflettei un paio di istanti, ma quelle parole, quel “non fidarsi di nessuno”, riportarono alla mente un ricordo apparentemente sconnesso, ma allo stesso tempo interessante. «Quando abbiamo incontrato tua zia, lei ci ha messi in guardia. Ha detto di dirti che – ecco – che non dovevi fidarti di Nott».
Malfoy era stupito. «Ti ha detto..?». ci fu una breve pausa, ma alla fine scrollò le spalle. «Nott e Zabini si odiano, e Nott è mio amico. Perché mai dovrebbe volermi male?».
«Beh, se devo proprio dire la verità, non mi pare che il concetto Serpeverde di “amicizia” sia poi così altro. A me pare piuttosto l’equivalente di “alleati con qualcuno e poi taglia la corda al momento giusto”» commentai.
«Se anche fosse?». Malfoy era sulla difensiva. «Perché mai dovrebbe osteggiarmi adesso?».
«Dovresti essere tu a dirmelo! Io non conosco i tramacci che accadono nel magnifico Club Cobra, e ne sono felice, grazie tante!». Scossi il capo, poi lo guardai. «Sa qualcosa che non dovrebbe sapere?».
«Del tipo?». Sembrava nervoso.
«Sputa il rospo, Malfoy!». Non volevo ammetterlo, ma ero nervosa.
Malfoy si schiarì la voce, a disagio. Pessimo segno, davvero. «Sapeva che stavo indagando su di voi, prima che scoprissi quello che so. Poi non gli ho più detto nulla».
«Qualcosa puzza di balla» dissi, sospettosa.
«Tutto qui» chiarì, e anche se non ne ero affatto convinta, lasciai perdere.
«Ciò nonostante, lo faremo prima delle vacanze. Prenderemo qualche precauzione, ma sono certa che tutto andrà bene» dissi, risoluta.
«Se lo dici tu». Malfoy era scettico, ma anche rassegnato. Chiaro indizio che qualcosa come dei sensi di colpa, o il sollievo per non essere stato beccato, si agitavano dentro di lui. Tacque un istante. «Mia zia vi ha parlato di Nott».
Annuii.
«Che altro vi ha detto?». Ricordai all’improvviso il suo discorso. «Mi ha chiesto chi altro stessi frequentando. Ho – ho nominato McNair, e la Greengrass. La signora El – tua zia sembrava soddisfatta. Ha detto che McNair e la sua famiglia sono diversi, che sono persone oneste. E su Astoria ha detto...» mi interruppi, cercando di ricordare le parole esatte.
«Ha detto?». Malfoy pendeva dalle mie labbra.
«Che conosce la sua famiglia. Ha detto qualcosa riguardo alla madre... ha detto che era una poco di buono, qualcosa del genere, ma che Astoria doveva essere una ragazza molto dotata» dissi, lentamente. Dalla faccia di Malfoy, era chiaro che non era affatto al corrente di quei particolari sulla sua amica.
«Capisco» disse lui alla fine, laconico, strascicando le parole come faceva quando voleva sembrare indifferente e superiore, anche se così sembrava solamente un bambino viziato.
«Allora è deciso» dissi, tanto per riscuoterlo dalle sue meditazioni. «Ora andiamo a cena».
«Non credo che verrò. Tutta questa storia mi ha fatto venire la nausea» si lagnò lui.
«Dì la verità, Malfoy. Vuoi solo evitare di fare il tuo ingresso in Sala assieme a me» sogghignai.
«Affari miei».
Sospirai. «Le cucine non sono lontane dal tuo dormitorio. Puoi sempre andare a chiedere qualcosa lì».
«Bada ai tuoi affari» disse lui.
«Come vuoi» dissi, alzando le spalle. «Ciao ciao, Furetto!».
Mi salutò con un gestaccio. Attesi che se ne fosse andato, poi aprii la porta e raggiunsi i miei amici al tavolo rosso e dorato.
 
«E così, qualcuno ti segue» disse Astoria, alla quale avevo appena rivelato, nonostante tutto, i miei timori.
Due giorni dopo la mia personale Stunde Null – il momento in cui avevo appreso che avrei passato le vacanze a bisticciare col Trio di Perdenti – stavamo attraversando i corridoi diretti verso i sotterranei. Era facile capire chi aveva lezione lì; poco più avanti di me vidi Zabini con guanti e mantello, e Parvati Patil, che lo superò velocemente in quel momento, indossava perfino la sciarpa. Io mi ero accontentato della veste di lana, e sotto avevo indossato dei pantaloni e un pullover.
«Già» risposi, malinconico.
«Ed è stato Blaise a dirtelo» disse Astoria, corrugando appena la fronte.
«Blaise» ripetei, stupito. «Da quando siete così in confidenza?».
«Talvolta io e lui ci parliamo. È un tipo strano, ma piuttosto simpatico, specie negli ultimi tempi. Abbiamo molto in comune».
«E questo non ti ha mai insospettita?».
«Blaise Zabini non è certo l’unico ad avere dei segreti» disse lei, guardandomi con un sorriso da vera sfinge. Touché. «E a proposito» disse, con finta ingenuità, «perché mai pensi che qualcuno dovrebbe seguirti?».
«Per ammirare la mia travolgente bellezza» scherzai, per sdrammatizzare, e sviare la domanda.
«In questo caso, perché la cosa ti darebbe tanto fastidio?».
Tacqui qualche istante, ma la verità era che avevo un piano. Venire a sapere che perfino la Granger conosceva Astoria meglio mi me era degradante, e per dirla tutta, il mio bisogno di confidarmi in qualcuno aveva un’unica origine: convincerla a fare altrettanto.
«Ho un segreto» mormorai, guardando per terra. Certo, piano a parte, era consolante parlarne con qualcuno. La Granger di certo non contava, né la McGranitt. Gap generazionale? Diciamo pure un baratro.
«Lo so».
«No, non lo sai». Mi ero già dimenticato del mio piano. La mia priorità assoluta era: sfogarsi. Mi fermai, dopo averla condotta vicino alla parete, dietro alla statua di Baggins il Bifolco che teneva uno dei suoi occhi strabici e sporgenti su di noi. inquietante. Dovevo consigliare al Signore Oscuro di metterne una nella sua Sala del Trono, quando avesse conquistato il mondo. Certo, era possibile che per allora io fossi già morto. Oh, beh, quantomeno avrebbe dovuto sorseggiare Burrobirra dalla bottiglia, perché stavo per fregargli la sua coppa preferita. Ha!
«E’ una cosa grossa».
«Si, lo so» disse ancora lei, calma. «Me ne sono accorta... e da quello che dici, non sono l’unica».
«Non posso dirti nulla. non mi è concesso» dissi, molto serio, cercando di comunicarle tutto con i miei occhi. «Però...».
«Però» mi interruppe lei, «per qualsiasi cosa, puoi contare su di me».
Io la guardai. «Non sono sicuro che tu abbia interpretato correttamente la mia occhiata di ammonimento...» tentai, ma lei mi fermò con una mano alzata. «Senti, Draco. Non è la prima volta che ti infili in situazioni pericolose, e se devo dire la verità, mi sono sempre chiesta come fosse possibile. Di qualunque cosa si tratti, però, percepisco qualcosa nel modo che hai di comportarti. L’anno scorso sembravi un cane disperato messo in un angolo. Questa volta, beh, sembra che tu non abbia poi così tanta paura». Mi sorrise. «Non deve essere qualcosa di molto comune, per gente come noi. ma di qualunque cosa si stia parlando, se hai bisogno di aiuto, puoi fidarti di me».
«Lo so» dissi, ed ero sincero. «Bizzarro. Non sono molte le persone di cui ci si può fidare». Gente come noi. noi Serpeverde non eravamo fatti per cose così. Io ero mosso dal desiderio di salvarmi, nulla di eroico, ma mi ero già convinto, chissà come, di essere diverso dagli altri. E Astoria, perché lo faceva?
«Forse è meglio così» disse lei.
«Astoria» dissi, deciso a sfruttare quel momento di gloriosa sintonia a mio vantaggio, «posso chiederti una cosa?». Sapevo che la combinazione della mia voce e di quel momento intenso mi avrebbe aiutato a oltrepassare qualsiasi muro.
«Che cosa vuoi sapere?» chiese lei, senza apparente allarme. Come da manuale.
«Che ne è di tua» esitazione teatrale perfettamente naturale, «tua madre?».
Astoria mi fissò, improvvisamente impenetrabile. «Prego?».
«Ecco, io... mi stavo chiedendo...» accidenti, che bravo attore ero! «perché ho sentito dire che tua madre era... ecco... una persona poco rispettabile?».
«Dove l’avresti sentito?». I suoi occhi scintillavano, pericolosamente.
«Una zia» dissi, in tono casuale.
Astoria tacque per un istante. «Ognuno ha i suoi segreti» mi disse poi, quieta. Non chiedeva il mio perdono, ma non voleva offendermi. «E in questi segreti, è meglio non indagare troppo».
Ecco, benvenuti nelle famiglie Serpeverde.
«Come non detto» dissi, sconfitto.
«Grazie» disse lei, tornando alla sua consueta flemma. «In ogni caso...».
«Astoria, ragazza mia!». La voce gioviale di Lumacorno ci raggiunse, e dopo qualche istante il suo proprietario fece lo stesso. Vedemmo comparire tra alcuni studenti prima il suo ingombrante giro-vita, e poi il resto del professore di Pozioni, che sorrideva benevolo alla mia amica.
«Buongiorno, signore» disse lei rispettosa.
«Professore» dissi freddamente. Lumacorno mi guardò, come sorpreso di trovarmi lì, poi il suo viso si illuminò. «Draco, mio caro ragazzo! È da un po’ che non ho occasione di fare una bella chiacchierata con te!».
Visto che dubitavo di aver mai sostenuto una bella chiacchierata con lui, non sapevo bene che cosa avrei dovuto rispondergli. In ogni caso non dovetti pensarci a lungo, perché fu lui a proseguire autonomamente. «In effetti, questo è davvero un caso fortunato» disse, giulivo, grattandosi la pappagorgia con soddisfazione palese. «Stavo appunto per chiedere alla signorina Greengrass se avrebbe partecipato ad una mia festicciola, la sera prima delle vacanze, e naturalmente mi farebbe piacere se tu venissi» e ammiccò nella mia direzione, con aria complice, «c’è sempre posto per qualche giovane di talento, naturalmente».
Non potei fare a meno di guardarlo intontito. Per quanto non fossi un cattivo studente, non ero mai stato un vero talento – anche se ultimamente bisognava dire i miei voti erano migliorati, grazie all’aiuto di Hermione Granger. Del resto, non ero mai stato metodico nello studio. C’era solo una spiegazione – che la mia prodezza nel Quidditch lo avesse convinto a riconsiderarmi.
«Grazie, signore» riuscii a dire, mentre Astoria mi guardava con un sorrisetto.
«Un vero peccato che alcuni dei miei ospiti non possano venire» disse Lumacorno, teatrale, «ma sapete, Barnaby Bale ha molto da fare assieme al Comitato di Cancellazione della Magia Accidentale, e Gwenog Jones è piuttosto occupata con gli allenamenti...».
«Un vero peccato, signore» disse Astoria, con voce atona.
«...e naturalmente c’è Hogg, ma tendo a non invitarlo a questi, ehm, piccoli eventi mondani... da quando ha cominciato i suoi studi di Antropologia assieme ai Sirenidi, tende a sapere uno sgradevole odore di pesce...».
Lasciammo che elencasse infaticabile tutti gli altri invitati e che ci venisse più volte assicurato che sarebbe stato un evento indimenticabile. Alla fine proclamammo – con immenso rammarico – che avremmo fatto tardi a lezione, ma Lumacorno commentò ridendo che non era un problema, considerato che il professore era proprio lui. «E del resto penso che ogni tanto meritiate una piccola pausa, sapete» disse, strizzandoci l’occhio. «Ora, se volete scusarmi, devo recuperare alcuni  strumenti...» e si allontanò ballonzolando verso il suo ufficio.
«Sbrighiamoci» dissi allora ad Astoria, e corremmo verso i sotterranei, decisi a evitare di incrociare di nuovo il professore prima di raggiungere la nostra classe.
«Magnifico. Siamo in orario» commentai allora, e sbirciando nella classe notai la Granger già seduta sulla sedia accanto alla  mia.
«Buona fortuna» commentò Astoria con un altro sorrisetto, prima di precedermi nell’aula.
 
NOTA DELL’AUTRICE
Sono certa che tutti coloro che mi leggono mi stessero maledicendo con tutta l’anima XD mi scuso per il ritardo ma come avrete notato questo capitolo è lungo quasi il doppio di uno normale, perciò vale per due ;) avrei potuto postare la prima metà e poi continuare a scrivere la seconda, ma non volevo altri capitoli a frapporsi tra questo e il prossimo – che sarà ricco di avvenimenti e probabilmente altrettanto lungo :P spero che mi perdonerete!
Prima di cominciare, una piccola puntualizzazione. Penso di non averlo detto in precedenza, perciò ringrazio per la segnalazione. In inglese, le sorelle Patil si chiamano Parvati e Padma, e non Calì e Padma. In effetti, non ho mai capito perché lo avessero cambiato. Comunque, visto che i traduttori si prendono le loro libertà, me ne sono presa una anche io: ho lasciato Calì e ho sostituito Padma con Parvati, un nome che mi piace molto di più. Perdonatemi per questa mia libertà XD
Dunque, Draco ha scoperto come gli toccherà passare le vacanze e non è molto contento... ma la verità è che si è troppo rassegnato per protestare con sufficiente convinzione. Hermione si è ormai abituata a lui e sa perfettamente come gestirlo, perciò l’eventualità di averlo tra i piedi per due settimane non la turba poi così tanto. In questo capitolo ci sono, ben nascosti, parecchi indizi sia su uno dei segreti di Zabini – ebbene si, questo ve lo dico, tanto più che la storia prosegue bene: ne ha due! ;P – e su quello di Astoria, che sa eludere con grazia tutte le domande e che mi era un po’ mancata.
Nel prossimo capitolo: la missione di Draco e Harry alla Gringott, la festa di Lumacorno, e infine il fattaccio: l’arrivo a Grimmauld Place! Vi ho incuriosito?? Ebbene, lo spero! Ahahahahhhhhh (attacco di asma soddisfatta)
 
Nota sui titoli dei capitoli!
BACK TO BLACK – Ritorno al nero, letteralmente, gioca sull’assonanza tra le parole “indietro” e “nero” che in inglese, ve ne sarete accorti, sono molto simili. E’ un gioco di parole che non è certo nuovo... penso esista anche una canzone di Amy Winehouse con questo titolo? Bah... in ogni caso esprime bene come Draco abbia  in parte, anche se diversamente, subito un ritorno alla sue malvagie origini.
THE SNAKE STOLE THE SECRET (S.S.S.) – Naturalmente il titolo è un’altra delle bislacche sigle in stile Draco. Letteralmente significa “il Serpente rubò il segreto” il che mi sembra sia piuttosto azzeccato, no?
COBRAS CRAVE CHRISTMAS (C.C.C.) – Ebbene si, un altro titolo in stile sigla XD questa volta il significato letterale è “i Cobra smaniano per il Natale”, il tutto con relativa assonanza delle C iniziali.
 
  
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