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Autore: Charlotte Doyle    22/03/2007    1 recensioni
Hogwarts decide di dare un'altra possibilità a Draco. E a Narcissa. Fanfiction scritta per hp_ficexchange su LJ.
Genere: Drammatico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Guilty Ones
Una fanfiction (di)sgraziata di CharlotteDoyle

4a – Perché ci piace lo spelling

“Padrona Malfoy?”
Non seguirai gli ordini di Narcissa Malfoy. Non scambierai informazioni con lei. Non devi comunicare con lei, capito?
“Cosa mi hai hai portato, Kreacher?”
Neanche per le cose più futili.
“Ecco la Pozione Calmante, Padrona Malfoy.”
“Grazie, Kreacher.”
Poteva sempre servirla di sua volontà, no? Proprio come Dobby Lo Snaturato faceva con il suo padrone il signor Harry Potter.
E al diavolo le tre leggi dell’Elfodomestica.
(Dava la colpa a qualche circuito andato a fuoco. Ah, no, non siamo in Asimov?)

*

Premettiamo che anche a Serpeverde alcune cose vengono considerate davvero scorrette. Tradire la propria ragazza, purosangue di ottima famiglia, con una sua amica, che in tutto non arrivava alla seconda generazione di avi magici, era in effetti una di queste. Ma Draco non se ne curava, non ci pensava affatto; il senso di proibito che provava nel baciare una strega che aveva un genitore Babbano non aveva paragoni, lo caricava di eccitazione, lo faceva sentire un vero ribelle. (Con un Sanguesporco probabilmente sarebbe arrivato all’infarto, per l’emozione.)
Tracey, oltretutto, ci stava.
Be’, più o meno.

“Dove ti eri cacciata?”
“Accidenti, Malfoy, da quanto mi starai aspettando? Dieci minuti?” disse Tracey. “E se lo vuoi sapere, stavo cercando di liberarmi da Pan-“
Non ebbe il tempo per finire di dire il nome; lui si era già avventato su di lei. Tuttavia, Tracey non lo resse per molto questa volta: si staccò quasi immediatamente.
“Che foga,” disse. “Lasciami almeno respirare.”
“Perché devi sempre lamentarti?” disse Draco, massaggiandosi il gomito che aveva sbattuto contro il muro mentre la ragazza si liberava.
(Scegliere spazi angusti per gli incontri segreti era un’altra delle cose di quella relazione che lo avevano esaltato.)
“Guarda che me ne vado,” disse lei, inasprita. Fece per prendere la borsa che le era caduta a terra durante il primo attacco.
“Dài, Tressie…”
“Tracey.”
“Cosa?” disse Draco.
“Mi chiamo Tracey. Non Tressie,” disse lei.
“Lo so. T-R-A-C-E-Y.”
“Bravo, ora puoi entrare nello Spelling Bee,” disse la ragazza sarcastica.
Draco fece finta di non sentire – e probabilmente neanche capì cosa volesse dire Tracey, perché altrimenti, poco ma sicuro, se la sarebbe presa a morte – e si preoccupò solo di tornare a cingerle la vita.
“Ho sentito Bulstrode chiamarti così,” le disse all’orecchio.
Tracey non disse niente, e rimase immobile.
“Allora?” disse Draco, stringendola di più.
Tracey sospirò. “Senti,” disse. “Facciamo che per te sono solo Davis, d’accordo?”
Draco annuì sbrigativo.
Ripresero dal punto in cui avevano interrotto.

Un vero ribelle. E un vero latin lover!
“Devo andare,” disse Tracey ad un certo punto.
“Come?” chiese Draco, allarmato.
“Devo andare a scrivere a mia madre,” disse.
Fantastico, pensò Draco. Lei scrive alla madre.
“È da due giorni che rimando, e dopo ho Storia della Magia.”
Scrive alla madre Babbana!
Tracey fece per alzarsi; Draco la anticipò.
Disse: “Non puoi-?“
Tracey lo guardò come se fosse stato un bambino di sei anni.
“No, non posso,” disse, imitando i finti piagnucolii dell’altro. “Ci vediamo.”
Non riuscì a fare due passi.
“Dopo?”
Tracey si voltò seccata.
“Malfoy, non vivo in funzione di te, lo sai?”
Lui sgranò gli occhi. “Be’, che altro mai avrai da fare?”
“I compiti.”
E prese a camminare verso la Sala Grande.
“Possiamo farli insieme,” disse Draco seguendola.
“Tu li fai con Pansy,” gli ricordò lei.
“Be’…”
“Sospetterà qualcosa,” disse la ragazza. “Ci vediamo domani, d’accordo?”
Toh. Aveva abbozzato un sorriso. E chi se lo sarebbe aspettato?
“Ma Tressie…”
Non desisteva; lei si morse un labbro per non rispondergli.
Tracey-“ ricominciò.
Davis,” disse lei.
“Davis.”
Lei sospirò.
“Forse sarebbe stato meglio se fossi stato veramente gay,” disse.
Draco a quel punto si fermò. Per un momento non recepì; poi diventò pallido, lo sguardo perso nel nulla.
Rielaborò quello che Tracey aveva appena detto. Lui sarebbe stato… cosa?
La raggiunse in un momento e le si parò davanti, lo sguardo assassino.
“Chi è che mette in giro queste voci?” chiese, aggressivo. “Greengrass? Quella-“
Ma non lo disse.
Tracey scosse la testa.
“Pansy?”
Come poteva essere Pansy? Dopo tutto quello che-
La ragazza non accennò risposta, e scoppiò a ridere.
“Sei veramente divertente,” disse. E poi: “Siete tutti così bigotti, voi.”
“Noi chi?”
Noi Purosangue, naturalmente. È bello sentire che tutti sono un poco razzisti.
Tracey sorrise candidamente.
E lui la baciò di nuovo.

… in mezzo al corridoio che portava dalla Sala Grande al ritrovo di Serpeverde.
Si accorsero che stava giungendo qualcuno solo quando i passi si fecero più rumorosi d’improvviso, come se i tacchetti delle scarpe delle ragazze fossero battuti a terra con forza, inferociti.
Si staccarono, e videro Pansy pararsi davanti a loro.
La ragazza guardò solo Tracey, con odio.
Puttana,” disse, assecondando il migliore dei cliché.
Tracey non rispose che con un sorriso (non molto amichevole, per la verità). Poi si voltò verso Draco, sorrise anche a lui, girò i tacchi e se ne andò.
Pansy continuò a guardare nella direzione dell’altra, i pugni stretti.
Draco la fissava impietrito.
La ragazza se ne accorse, e rivoltasi verso di lui scosse la testa. “Non ti preoccupare, lo so che non è colpa tua,” disse.
Draco non ebbe modo di rispondere. (Neanche ci teneva, in realtà.)
“Tracey farebbe di tutto per irritarmi, è assurdo.”
“Pensavo che foste… amiche,” disse il ragazzo.
Pansy accennò ad una risata. “Puf!” disse. “Io non posso vedere lei e lei non può vedere me. Lo sanno tutti.”
Draco si fermò a pensare a tutte le volte che le aveva viste insieme.
“Naturalmente,” disse Pansy. “Ci parlo perché, poverella, altrimenti starebbe sempre sola, chi vorrebbe frequentare una mezzosangue come lei? Bisogna essere gentili con le persone meno fortunate di noi - be’, sempre che non ci facciano, come quella sgualdrina della Weasley. Ma a quanto pare la mia carità non è stata bene accolta, e allora ha cercato la tua… sei un ragazzo così buono, Draco!” e dicendo questo, si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo sulla bocca, ed era un bacio – pensò Draco – che sapeva molto di rivalsa. Pansy stava marcando di nuovo il suo territorio.
Nello stesso momento, gli vennero in mente anche altre due cose:
a) Ci rinunciava ufficialmente, a capire le ragazze;
b) Tracey baciava molto meglio.

*

Nei giorni successivi, Pansy fu carina come al solito. Faceva finta di niente, rivolgeva pure la parola a Tracey. (Lui invece non ci aveva più parlato.)
Solo, in alcuni momenti, mentre pensava che lui non la vedesse, si incupiva.
Draco avrebbe volentieri ignorato la situazione, ma ormai l’aveva vista; insomma, che cosa doveva fare? Evidentemente Pansy si aspettava che lui in qualche modo si fosse scusato, avesse chiesto perdono, e giurato amore eterno. Non ci sarebbe voluto niente: ‘Mi dispiace, Pansy’, e lei si sarebbe tutta ravvivata in volto, e si sarebbe data a lui completamente.
(Be’, no, non saltiamo subito alle conclusioni, adesso.)
Tuttavia, aveva un blocco alla gola, non riusciva a dire niente.
Ma non era un problema, bastava guardare guardare avanti piuttosto che nella sua direzione.
Andava tutto bene.

(E poi, perché si sarebbe dovuto scusare? Non era tutta colpa di Tracey?)

4b – Hare Kreacher

Andava tutto bene.
Splendidamente bene.
Tanto da riuscire ad inciampare in sua madre di prima mattina. Ma andava tutto bene, e questo neanche era un problema: ci riusciva Pansy, ci sarebbe riuscito anche lui, a far finta di niente; l’avrebbe salutata e sarebbe andato avanti.
“Buongiorno, Madre,” disse.
Narcissa sembrò interdetta. “Draco,” disse, ricambiando il saluto.
Lui riprese a camminare.
Poi, di nuovo la voce di sua madre.
“Draco, fermati, dobbiamo parlare.”
“Che cosa c’è?” disse seccato.
Narcissa sembrava non trovare le parole; un po’ si guardava le mani, un po’ guardava lui, non veniva a capo della sua indecisione. Sembrava mortalmente preoccupata.
Improvvisamente, un pensiero spaventoso.
“Si tratta di papà?” disse, cercando di non parlare con voce acuta.
Narcissa scosse la testa.
Draco respirò. Alzò gli occhi verso la madre, e sorrise con freddezza.
“Allora non mi interessa,” disse.
Sua madre non desistette.
“Draco,” disse.
“Senti, non ho voglia di starti a sentire, va bene?” disse lui, più nervoso. “Proprio non è il momento. Vai a parlare con… con quell’elfo orribile.”
“Draco.”
Lui rimase a guardarla a braccia conserte, con aria di sfida.
“Allora?” disse.
E allora Narcissa gli diede uno schiaffo.

Sciaff.
Per un momento perse la vista. Completamente. Vide tutto nero. Poi sentì un grande calore salirgli per le guance, anche quella che non era stata colpita. Bruciava forte. Lo schiaffo che aveva ricevuto da Granger anni prima non era niente, in confronto.
Si portò la mano sul viso, cominciò a massaggiarsi, a tastarsi dove faceva più male. Poi alzò gli occhi, e vide sua madre.
Sua madre, che non gli aveva mai messo le mani addosso, neanche una volta.
“E ne riceverai un altro, se mi parlerai nuovamente a quel modo!”
Sua madre che, nonostante i rimproveri, non gli aveva mai urlato contro.
Non poté far altro che rimanere in silenzio.
Lei lo prese per una mano e lo portò dentro una classe vuota. Era rossa in viso, e respirava a fatica; non aveva mai avuto un aspetto tanto scomposto davanti a lui.
Disse: “Adesso dimmi, Draco, ti ha fatto male di nuovo?”
“Che… che cosa?”
“Che cosa? Il Marchio Nero, che cosa altrimenti?!”
Il Marchio Nero.
No, non se n’era dimenticato. Ci ripensava ogni sera, osservando il letto di Nott dall’altra parte della stanza. Ma senza una grande passione, ecco. Come se fosse stato solo un sogno. Certo sospettava del suo compagno, ma non credeva più nel dolore che aveva provato quel giorno.
“No,” rispose. E poi: “Te… te ne eri accorta, allora.”
Narcissa non si addolcì a queste parole.
“Grazie per avermelo detto,” disse, con tono sarcastico.
Draco la guardò stralunato.
“Io ci ho provato,” disse. “Ma tu-“
Si bloccò. Narcissa si era coperta il viso con le mani, senza dire niente; piano, cominciò a scuotere la testa.
“Non so cosa ci sia di sbagliato in te, Draco,” disse lentamente. “Ma proprio non ti rendi conto… dell’importanza di certe cose.”
Questo era troppo.
“Perché, tu?!” disse il ragazzo.
Narcissa abbassò le mani. Tremava; non si sa se più di rabbia o più di pianto.
“Tu, tu non conosci le mie ragioni.”

*

No, adesso non riusciva più a dormire senza l’aiuto delle pozioni. Voldemort li stava cercando, era chiaro: Narcissa lo sapeva da sempre, lo sapeva da quando erano riusciti a fuggire. E poi, Draco si era presentato con il Marchio Nero che bruciava.
L’aveva capito solo quando se n’era andato via, ma non aveva avuto la forza di seguirlo. E non aveva avuto il coraggio di chiedere a Slughorn l’accesso ai dormitori di Serpeverde. (Non la trattava con la cordialità che aveva sempre dimostrato nei suoi confronti fino a tre anni prima, e lei non si sarebbe mai abbassata a chiedergli un favore.)
Avrebbe potuto comunque vedere suo figlio in molte altre occasioni, senza doverlo andare a cercare di forza (Draco lo odiava).
Potevano incrociarsi nei corridoi. (Evitavano accuratamente di fare gli stessi percorsi.)
Poteva vederlo ai pasti. (Nessuno si spostava dal suo posto a sedere.)
Poteva vederlo alle lezioni. (Una volta saltò lui, un’altra lei. Un’altra, ancora, si ignorarono.)
Non è che lei ci avesse rinunciato. Non ci aveva affatto rinunciato. Era urgente, doveva avvertire l’Ordine dei proseliti di Dumbledore, doveva… la loro vita era in pericolo, diamine, doveva farlo!

“Professoressa McGonagall,” disse, una volta entrata nel suo studio.
“Prego, Narcissa, siediti,” disse la nuova Preside. (Usava ancora il suo vecchio ufficio, ci era affezionata. Ah, no, non avrebbe mai avuto il coraggio di prendere quello di Dumbledore; no.)
Narcissa prese posto davanti a lei, e rimase in silenzio.
“Spero che tu stia meglio, adesso,” disse ancora la McGonagall.
Per saltare alcune lezioni aveva abilmente fatto la parte della malata. Ma stava male davvero, lei.
“Bene, grazie. Volevo parlare di Draco,” disse. “Mio figlio.”
“A che proposito?”
Si trattava di uno scambio di fredde parole, ma il tono della McGonagall si fece preoccupato qui. Anche lei si aspettava cattive notizie.
Narcissa desiderò tornare indietro sui suoi passi. Poi, uno svicolo utile.
“I suoi voti sono migliorati?”
L’avrebbe chiesto comunque, dopo.
La McGonagall tirò un sospirò di sollievo. “Sì, sono migliorati, Narcissa,” disse. “Ma perché non lo chiedi a lui?”
No, non di nuovo la vecchia solfa su le belle famiglie!
“Volevo sentirlo dire da un’insegnante,” disse la donna. Si alzò e porse la mano alla Preside, come per andarsene.
“Non mi devi dire nient’altro?” disse Minerva.
“Assolutamente.”

*

Tu non conosci le mie ragioni.
O le mie paure.
“Non sai assolutamente niente di me, Draco.”
Draco non rispose, così lei prese e lo lasciò solo.

Non riusciva ancora a tenere un passo regolare, e ancor di più, non un passo adatto alla sua persona. Doveva essere un disastro addosso, un vero orrore; avrebbe dovuto saltare la prima lezione che aveva per rifarsi il trucco.
Davanti al suo studio trovò l’orribile gatto del custode che faceva la guardia.
Che!, si sono messi a controllare se faccio il mio lavoro? Se non sto lavorando piuttosto per qualcun altro?
“Be’, togliti,” disse, una mano già sulla porta.
Il gatto - o meglio, la gatta, Mrs Norris – non si spostò di un centimetro.
Narcissa tirò fuori la bacchetta per minacciarlo.
“Lèvati, insomma!”
Ancora nulla.
Pensò a quale fattura fosse meglio lanciarle. Uno Schiantesimo, forse? Oppure un-
“Miao…”
Oh, davvero? Vuoi la guerra?
Dimenticò la bacchetta e calciò il gatto dritto sulla pancia.
“Miao!” fu il grido di dolore di Mrs Norris.
Insomma, Narcissa non portava le scarpe a punta per niente.

*

Draco decise che avrebbe saltato le lezioni della mattina, tanto erano inutili. La scuola era inutile in genere, non sapeva più perché ci fosse tornato.
Ah, ecco, sua madre. Era sua madre il motivo: lei voleva che finisse la scuola.
Dannazione.
Come aveva fatto suo padre a sposare una donna tanto stupida?
In quel momento, Theodore Nott entrò in dormitorio.
“Che ci fai tu qui?” disse Draco, rimanendo nella penombra delle tende del baldacchino.
Theodore lo guardò perplesso, e anche un po’ scocciato.
“E’ anche la mia camera, Malfoy,” disse.
“Lo so!” disse Draco. “Ma tu hai lezione, no? Hai sempre lezione, segui tutti i corsi-“
“No, non seguo tutti i corsi,” disse. “Ero venuto solo a prendere una cosa. Malfoy, vedi di calmarti.”
Frugò per un momento nel suo baule e poi lasciò la stanza, senza salutarlo.
Stranamente, era la conversazione più lunga che avessero avuto dall’inizio dell’anno. Si sentiva così tanto che era alterato? Be’, comunque poteva dirselo da solo, di calmarsi. Voleva stare un po’ in pace, non era proprio possibile? Detestava quella scuola. Detestava la sua politica per pezzenti: lui voleva avere una camera tutta per sé, ce li aveva i soldi, lui. Detestava l’arredamento e voleva rifarlo come piaceva a lui. Inoltre, detestava le ore di lezione con insegnanti incompetenti, gli orari impossibili, i troppi compiti. Soprattutto, detestava il cibo: il menu fisso senza opzioni, i piatti con poco sale, le bevande che si limitavano a acqua, tè, caffè, camomilla e succo di zucca. Il succo di zucca gli faceva schifo.
Anche se mai quanto il sapore delle lacrime.

*

“Mrs Norris? Mrs Norris, dove sei?” chiamava Filch preoccupato.
Da un nascondiglio, un vecchio elfo domestico teneva il gatto stretto, il muso chiuso affinché non lo si sentisse miagolare.
Lo aveva afferrato proprio mentre cercava di riprendersi dal volo che gli aveva fatto fare la padrona Malfoy.
Il padrone Potter aveva forse detto che non poteva giocare con gli animali di Hogwarts?
Lo avrebbe portato nelle cucine, e messo a congelare insieme alle carni di vitello e di maiale. A padron Potter forse sarebbe piaciuto, il gatto dell’orrido Magonò in salsa…


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Note
1* Lo Spelling Bee è un tipo di gara molto in voga nelle scuole anglosassoni (e non solo nelle scuole), dove ai partecipanti è richiesto di fare lo spelling di determinate parole, più o meno difficili a secondo del livello del contest. È possibile che nel Mondo Magico esista una versione dove si scandiscono le lettere delle formule degli incantesimi, ma questo non ci interessa al momento.
2* Non preoccupatevi, alla fine il gatto non è stato cucinato.

Al solito, grazie StoryGirl per la recensione :)
  
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