Ormai erano passate le tre settimane, da quando lei si era ammalata.
Il tempo a disposizione dei suoi Versailles si stava inesorabilmente
esaurendo.
Pensò che chiunque avesse fatto loro del male, l'avrebbe
pagata.
Si ricordò una cosa, piuttosto importante, a quanto sembrava.
Devo chiamare Sara e dirle che nonostante abbia seguito i suoi
consigli, non
sono migliorata.
Spero che lei non abbia detto nulla alla mia dolce Sofia.
E aveva pure aumentato la sua energia spirituale, ma stava
comunque male.
C'era qualcosa che non le tornava.
Molto probabilmente era una specie di maledizione.
Quindi sollevò il cellulare che aveva vicino a quel suo
letto tanto bollente.
Sentire la voce calda della sua amica, anche se per tramite aveva un
metallico
cellulare, era già stato un temporaneo sollievo.
"Hm...Sara...S-Sara ascolt-t-ami...Non sto bene...Vie..."
E svenne.
"Piccola? Tesoro? Tesoro ci sei?"
Non ricevette risposta.
Così Sara scelse di recarsi a casa dell'amica.
Avrebbe dovuto prendere il treno.
Ma voleva che anche le altre due ragazze fossero con lei.
"Pronto Valentina?"
"Dimmi tutto. Che è successo?"
"E' successa una cosa a Martina. Mi aveva chiamata, ma era molto
debole...
E poi non ha risposto più." disse, quasi piangendo, al
cellulare.
"Dimmi se magari prima l'avevi sentita. Che io sappia sta
benissimo..."
"Non dopo quello che è successo con i suoi tanto amati
Versailles. Da
quando sa che hanno annunciato una pausa per Dicembre, sta malissimo.
Non ne vuole sapere di vivere una vita senza di loro, e
così..." ma la
chiamata si chiuse.
Di colpo, senza preavviso alcuno.
Chiaro segno che, o a Valentina della sua amica non importava un bel
nulla, o
le era venuto in mente un piano geniale.
"Dannazione. Io ho paura... Tesoro mio, dove sei?"
Chiamò Sofia, la Kohai della sua amica.
"...ed è svenuta."
¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨¨
Il
telefono cellulare le squillava.
Lo prese per rispondere.
Quello che lei sentì le gelò il sangue nelle vene.
La sua Senpai, la sua tanto amata Senpai, era in fin di vita.
Secondo Sara la colpa, a quanto pareva, era da assegnarsi ad una
maledizione
che qualcuno aveva diretto originariamente ai Versailles.
Ma che la sua Senpai aveva rispedito al mittente con tutta la sua forza
spirituale.
Annullando così, quasi del tutto, la sua forza, per poter
vivere.
Scese al piano inferiore.
Cercò sua madre, e tentò di spiegarle che una
cara amica stava molto male, e
che desiderava vederla.
"Non se ne parla Sofia, tra poco dovrai iniziare le superiori."
"Cosa?? Ma mamma io le voglio molto bene!!"
"Papà, c'èun'amica mia che sta tanto male e che
ha bisogno che io la
raggiunga per guarire! Posso andare?"
"No, Sofia, tua madre ha detto che non puoi."
"Ma papà! Ha bisogno di me!"
"Sofia, non la conosci neanche!"
"E invece si che la conosco, lei mi vuole tanto bene, e così
io a
lei!"
Corse su per le scale, e sotto al suo caldo letto trovò un
pezzo di tela.
La sua Senpai le aveva insegnato a creare uno zainetto facendo un
cappio con
della tela attorno ad un bastone.
Ci mise dentro 300 euro di paghetta settimanale raccolta nel tempo, il
portafoglio, il cellulare, la matita.
E si portò dietro la sua amata chitarra acustica, che usava
per suonare in
casa.
Scappò letteralmente di casa, in fondo, di quello che
pensavano i suoi genitori
non che gliene importasse, se le proibivano di vedere un'amica. Ora
doveva solo
sperare che a suo fratello maggiore non venisse un attacco di
ipergelosia, o
come lo chiamava lei.
Richiamò Sara, si fece dare il nuovo indirizzo di casa della
sua Senpai.
Almeno le lezioni di geografia alle scuole medie le erano servite a
qualcosa!
Aveva abbastanza soldi dietro per coprire l'equivalente di tre viaggi.
Giunta alla stazione, prese il primo treno per Bologna.
Poi da Bologna sarebbe arrivata a Faenza, e da lì si sarebbe
potuta
ricongiungere alla sua Senpai.
Una volta salita sul treno, trovò un posto vicino alla
finestra.
Da li poteva vedere la vegetazione che tornava a crescere sempre di
più.
Ci mise circa quattro ore e mezzo, ormai stava giungendo il tardo
pomeriggio.
Forse avrei dovuto ascoltare i miei. Dove Cristo dormo ora?
pensò infatti
lei.
Hm, forse è il caso di cercare un hotel, o una
pensioncina.
Ma intanto devo giungere a Faenza.
"Prossima fermata: Bologna Centrale" sentì dire
dalla fastidiosa
voce metallica registrata.
Pensò che in circa dieci minuti poteva scendere.
La Senpai le aveva anche ricordato che Bologna era città
universitaria
universalmente nota, e che quindi lì fosse tutto pieno zeppo
di studenti.
Con un po' di fatica scese dal vagone, senza rischiare di essere uccisa
dalla
calca.
Quando fu in uno spazio poco affollato e un poco appartato,
controllò il
cellulare.
C'erano svariate chiamate perse, innumerevoli provenivano dal suo
fratello maggiore che
era iperprotettivo con lei e dai suoi genitori.
Ovviamente in ansia.
Lei le cancellò tutte con uno scatto, e rispose
tranquillamente "Non mi
chiamare e non cercarmi. Sto bene. Sono quasi arrivata da lei. Poi ti
farò
sapere".
Subito dopo le giunse un messaggio "Sono tuo
fratello, mi hai fatto
prendere un colpo. Ma almeno sono riuscito a convincermi e a convincere
i
nostri genitori che quello che tu fai, lo fai perchè vuoi
bene ad una
persona."
"Grazie".
"Sofia?" pensò di essere stata chiamata.
Si voltò, e vide una grande calca di studenti. In mezzo a
loro ce n'era una che
indossava un fuku alla marinara rosso, ma non era giapponese.
"Sara?" chiamò lei. O piuttosto, tirò ad
indovinare.
Sara annuì e si avvicinò. "Sai, sono venuta su
anche io per Martina.
Aspetta, andiamo fuori dalla stazione e mangiamo qualcosa."
In quel momento lo stomaco di Sofia brontolò.
Si era completamente dimenticata che praticamente non mangiava da ore,
per la
precisione dalla mattina, quando aveva mollato la sua famiglia.
Si sedettero su una panchina, e Sara tirò fuori dallo
zainetto nient'altro che
due confezioni di ramen in lattina.
Acquistato, a quanto pare, al negozio giapponese sotto casa sua.
"Ma tu... Vieni dal Giappone?" chiese Sofia, meravigliata.
"Hahahahahahahahaha!!! Ah, accidenti! Il travestimento mi è
riuscito
appieno...
No, è solo un trucco che uso spesso per non farmi ammazzare
dalle calche di
studenti. Quando un occidentale vede un fuku alla marinara indossato,
credo che
pensi che la persona con la divisa vada rispettata. Quindi si sposta."
"Quindi...Le persone vedono te nel fuku alla marinara, pensano che tu
sia
degna di rispetto come studentessa, e si spostano?"
"Sei un genio!"
"Grazie!"
"Ehi! Ma io sono degna di rispetto! So suonare il basso e la
chitarra!"
"Io sono fissata con la chitarra elettrica, invece."
"Martina mi aveva confidato che il suo più grande desiderio
è quello di
mettere su una band, e suonare, un giorno, con i suoi tanto amati..."
"Versailles! Si lo so. La Senpai me lo ha confidato. Ma temo che stia
male...E tanto."
"Sono sicura che con una lattina del mio ramen portentoso
tornerà in
forma, vedrai."
"Ehi voi due? Cos'è questa? La riunione delle fan del visual
kei?"
Si voltarono. Sul marciapiede c'era una ragazza dal bellissimo aspetto.
Sembrava Sango.