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Autore: Mantuzzo    06/09/2012    0 recensioni
Rise di nuovo. Questa volta più rumorosamente.
- Sono un essere imperfetto che è obbligato a cibarsi per vivere. Un morto che si ciba, davvero divertente! Ahahahah! E prova ad indovinare? Ora ho fame! -
Mi si avventò contro. Mi bloccò con una velocità sorprendente e mi scoprì il collo. Non ebbi tempo di fare nulla.
- Buon appetito! -
Immerse i suoi canini nel mio collo e iniziò a succhiare. Io aspettai con gli occhi chiusi. Lei si staccò soddisfatta ma si rese conto che qualcosa non andava.
- Cosa?! Perché sei ancora vivo?!? Ho bevuto una grande quantità di sangue! Dovresti giacere a terra, colpito da violenti spasmi, fino a quando il tuo cuore li avrebbe sopportati! -
Questa volta fui io a ridere mentre mi ricomposi.
- Qua non sei l’unica morta. Anche io lo sono, ma non come te. Io sono morto da umano per mano della Signora Mietitrice ed ora, io ho preso il suo posto. Saluta la nuova Morte! -
Con fare cavalleresco feci una piccola riverenza, poi feci comparire la mia falce dall'ombra.
- Ora se non ti dispiace, tocca a me! -
Un colpo secco e la sua testa cadde per terra.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
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Ho iniziato il mio lavoro, se può essere definito così. Un lavoro crudele, è vero, ma se voglio andare avanti devo farlo. Controllai di nuovo la lista fatta di carta di papiro bianca. Sulla carta candida troneggiava un nome, illuminato da una luce scarlatta. Ero per le strade della sua città. La sentivo. Sentivo il suo odore come un lupo sente la paura della preda, e ne ero attratto, in un certo qual modo, come un vampiro assetato sente l’odore del sangue caldo. Io la sentivo. Chiusi la lista con un semplice gesto della mano. Un solo nome continuava a correre nella mia mente sgombra di qualsiasi distrazione. Mi guardai attorno. Davanti ai miei occhi il mondo appariva privo di colori. Le persone che incrociavo non potevano accorgersi della mia presenza. Io li potevo vedere, scrutare, leggere le loro emozioni, i loro pensieri, la loro anima. Per loro, invece, restavo una semplice immaginazione, semplicemente si scansavano, inconsapevolmente. Decisi di iniziare la mia caccia. Intorno a me nient’altro che strade illuminate da luci fuoriuscenti dalle vetrine dei negozi. Lei non era lì. Avanzai, passando imperterrito attraverso la massa informe di persone che, quasi per magia, si scansavano. Seguì la mia traccia. La strada davanti a me era ricca di panchine in cui giovani coppiette stavano seduti a coccolarsi. Non mi accorsi di essere entrato in un piccolo viale alberato, forse per la mancanza di colori a cui ero abituato a vedere ogni giorno o perché ero concentrato sulla mia traccia a tal punto da isolarmi. Mi fermai di colpo. Una folata di vento freddo mi fece svolazzare la mia lunga tunica nera. Davanti a me era seduta una coppia molto giovane. Il ragazzo, alto, magro, dai capelli corti e neri, ben messo se si parla di muscolatura, il volto ovale dai lineamenti seri, con la carnagione rosea e gli occhi castani, avrà avuto diciassette, diciotto anni. Odio ammetterlo, ma era affascinante, con la sua maglietta bianca  e i pantaloni neri. Ma non era lui che mi aveva pietrificato. Era la ragazza avvolta dal suo abbraccio forte e protettivo. Un bel corpo. I capelli biondi gli scendevano dolcemente sulle spalle, il volto felice e spensierato, labbra piccole e rosse, occhi verdi, socchiusi e rilassati, adornati da delle lunghe ciglia nere, terminanti con un blu intenso. Vestiva con una maglietta rosa, firmata Monella Vagabonda, e da una piccola gonna di jeans. A mio parere aveva quindici anni, se non di meno. La usa pelle perlacea era avvolta da un’aura rossa, segno che era lei la mia preda. Martina. La mia prima vittima. Ero bloccato, non per paura, ma per curiosità. Li vedevo felici. Ero curioso. Io non avrei mai avuto dei momenti come quelli. Mai più. Non lo feci apposta ma ascoltai qualche parola.
- ... Ti amo... -
La ragazza guardava il ragazzo con occhi appassionati, sognanti, innamorati. Lui sorrise.
- ... Anche io ti voglio bene... -
La baciò sui capelli biondi.
Continuai a fissarli, ma poi l’anima del ragazzo avvampò, quasi volesse farsi leggere. La curiosità ebbe il soppravvento. Vedevo immagini sfuocate, buie, in rapida successione. Si fermò di colpo, come un film messo in pausa, per farmi vedere un’altra immagine, che però distinguevo magnificamente. Lui, lo stesso ragazzo che sedeva davanti a me, e una ragazza bruna, molto bella. Si stavano baciando. L’immagine mutò di  colpo e mi mostrò che Martina era a casa, sul letto, comoda comoda, a leggere un libro. Svanì tutto e mi ritrovai  osservare il ragazzo che coccolava la ragazza con una mano mentre con l’altra mano cercava uno spiraglio tra le gambe della fanciulla, senza trovarlo. Lui l’aveva tradita, o stava tradendo l’altra ragazza. Ero arrabbiato, in un certo senso, verso il suo comportamento, ma anche invidioso. Scacciai quei pensieri dalla mia mente e guardai la mia preda. Una ragazza così bella, così attraente, così fragile. L’aura che l’avvolgeva avvampò intensamente. Una telefonata interruppe le effusioni amorose della coppietta. La ragazza rispose.
-  Pronto? Che c’è? No, sono da una mia amica. Perché?!? Uffa… va bene arrivo! Ci vediamo dopo -
Chiuse la chiamata maledicendo il padre.
 - C’è qualche problema? -
- No. Solo quel rompiscatole di mio padre. Vuole che ritorni a casa subito. Scusami ma devo andare -
Detto questo la ragazza sollevò il braccio del ragazzo e gli diede un leggero bacio sulle labbra, per poi girarsi e andare via. Il ragazzo rimase lì a guardarla andare via. Io la seguì. Era calata la notte. Per le strade non c’era anima viva. Eravamo solo in due, illuminati dalla luce della Luna, che si stanziava in alto nel cielo. Svoltò l’angolo e si ritrovò in una via completamente all’oscurità. Era passata molte volte per quella strada ma sentivo la sua paura crescente. Si girò di scatto, ma non vide nulla. Riprese a camminare e allora feci la mia comparsa. I miei occhi ritornarono a vedere i colori. Comparsi dietro di lei, e mi nascosi nell’ombra, prima che lei potesse girarsi e potesse vedermi. Restammo così per un tempo interminabile. Eravamo a pochi passi ma lei non riusciva a vedere chi si celava nell’ombra. Mi sentiva ma non poteva vedermi. La sua aura avvampò di nuovo, questa volta più tenacemente. In qualche modo la luce mi fece svelare ai suoi occhi. Lei sbarrò gli occhi e aprì la bocca per urlare ma non ci riuscì. L’urlo gli morì in gola. Non persi tempo e con una mano l’agguantai un braccio e con l’altra gli tappò la bocca. Sentì le sue lacrime calde che mi bagnavano la mia mano. Sapeva che sarebbe finita male, e aveva ragione. Non potevo sottrarmi al mio destino ne lei al suo. Lascia andare il suo braccio e alzai la mano al cielo. La mia falce si disegnò nell’aria e io l’agguantai. La  lascia e lei cadde a terra, in ginocchio, con la testa abbassata. Si voltò e mi vide. I suoi occhi erano pieni di terrore. Aveva paura, ma sembrava ormai rassegnata. Aveva capito che non ne sarebbe uscita viva. La guardai negli occhi. Mi supplicavano pietà. Per un attimo rividi la mia morte. Avevo gli stessi occhi. Abbassai la falce e la guardai negli occhi rossi, colmi di lacrime. Sospirai.
- ... Perdonami... -
I suoi occhi si riempirono di nuovo di terrore e si preparò a urlare. Con un colpo rapido e indolore gli tagliai la gola, fermando il suo ultimo, disperato grido che squarciò il silenzio della notte. Vidi una figura bianca uscire dal copro e salire nel cielo, fino a scomparire ai miei occhi. Chiusi gli occhi e ritornai nelle tenebre. Tutto ritornò privo di colori. La lista bianca mi apparve di nuovo davanti agli occhi, senza che io la chiamai. Il nome venne cancellato da una striscia di sangue. La lista si richiuse e scomparve. Io mi guardai attorno. Guardai il corpo esamine che giaceva a terra, immerso nel sangue. Sospirai di nuovo e svanì nel nulla. Intanto un sentimento a me sconosciuto iniziò a crescere nel profondo del mio cuore. 
 

  
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