Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: dragon_queen    07/09/2012    2 recensioni
"Vi siete mai chiesti cosa si provi a essere amati da Lucifero in persona? O meglio, essere posseduti da quell'angelo così bello e arrogante da essere stato scacciato dal Paradiso da Dio stesso?"
Questa storia parla di Laila, la quale si troverà incappata in qualcosa più grande di lei, ma la quale le farà capire che non sempre le tenebre nascondono qualcosa di malvagio...
Spero di avervi incuriosito e vorrei sapere cosa ne pensate. Buona lettura XD
[Aggiunta copertina nel prologo XD]
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Qualcosa di molto simile ad un raggio di sole mi costrinse ad aprire gli occhi, mentre braccia e gambe erano colpite da uno strano torpore. Socchiusi gli occhi, tanto per abituarmi alla luce diretta.

-Dove sono?- chiesi, più a me stessa che a qualcun altro.

Lentamente mi alzai a sedere, portandomi una mano alla fronte. La testa mi scoppiava, come se qualcuno mi stesse trapanando ripetutamente il cervello. Avevo una strana nausea, come se fossi reduce dai postumi di una sbornia. Cercai di mettere le gambe fuori dal letto, ma l'ennesimo capogiro mi costrinse ad abbandonare momentaneamente l'intento.

Sbattei più volte le palpebre per far sparire la nebbia dalla mia vista, dopodichè detti un'occhiata in giro.

-Non è possibile!!- esclamai.

Ero nella mia stanza, al college, sdraiata sul mio letto. Davanti a me quello vuoto di Abigail, come al solito disfatto, dato che alla ragazza faceva una fatica boia ogni mattina tirare su un lenzuolo. Sotto la finestra, la persiana semiaperta dalla quale filtrava la luce del sole, le due scrivanie identiche con sopra i nostri portatili e gli appunti con i quali stavamo preparando le tesi da presentare. Con quella luce notai uno strato di polvere alto un dito su entrambe. Eravamo veramente due disordinate.

-Che sia stato tutto un sogno?-

Stavolta riuscii a mettere le gambe fuori dal letto, avvertendo lo sgradevole contatto dei piedi nudi sul pavimento freddo. Un brivido mi percorse la schiena sino alla base della nuca.

Tentai di chiamare la mia amica, anche se la mia voce usciva impastata, come se qualcuno mi stesse tenendo strette le corde vocali. Dopo un paio di richiami, appurai che Abigail non c'era.

Mi passai nervosa una mano tra i capelli, nascondendomi poi il volto tra le mani.

Dovevo trovarla, dovevo raccontarle ciò che mi stava accadendo. Avevo necessità di parlarne con qualcuno altrimenti sarei esplosa. Conoscendola, c'era da aspettarsi che mi prendesse per pazza o che desse la colpa allo stress per gli esami. Sorrisi: forse, in fondo, avevo solo bisogno che qualcuno mi sbattesse in faccia quella ipotetica verità.

Così mi alzai, andai in bagno per lavarmi e mi vestii. Quando mi guardai allo specchio, quasi stentai a riconoscermi: delle profonde occhiaie mi solcavano il sotto degli occhi, mentre la mia pelle era più pallida del solido. Sembravo molto sposa-cadavere. I capelli erano spettinati e formavano un'aureola disordinata intorno alla mia testa. Così mi passai un po' di trucco per coprire le borse e detti una sonora pettinata alla mia criniera, la quale ritrovò per un attimo la sua forma.

Uscii dal bagno. Sentenzia che l'orario segnato dalla sveglia era diventato relativo, quindi non la guardai neanche. Avevo la certezza di aver ormai perso i corsi della mattina, ma se non fossi uscita da quella stanza sarei esplosa.

Afferrai la borsa con i libri e gli appunti e mi chiusi la porta alle spalle.

 

Dovevo sembrare proprio uno straccio, dato che chiunque mi incrociasse mi fissava come se avesse visto una fantasma. Il trucco probabilmente non aveva funzionato un granchè. Non ero mai stata una ragazza che attirava particolare attenzione, ero nella norma: altezza media, fisico slanciato, ma non eccessivamente magro, una terza di seno, una vita abbastanza stretta, capelli castani, ma non di una tonalità particolare, e occhi blu mare. Al contrario di Abigail, bionda e formosa, la quale attirava fin troppa attenzione, io ero sempre rimasta nell'ombra. La causa era anche un po' il mio carattere, scostante e aggressivo, per niente socievole.

In realtà ero semplicemente insicura e molto timida. Sapete, avere a che fare tutta la vita con soggetti come la mia miglliore amica, bella, simpatica e popolare, non aiuta certo con l'autostima. Era come se lei fosse il giorno e io la notte, lei la luce e io la tenebra.

Così quelle occhiate insistenti che mi lanciava chiunque mi passasse vicino erano state capaci di irritarmi e non poco, tanto che all'ennesimo sguardo ricambiai con una frase tra i denti e uno sguardo assassino.

Dove poteva trovarsi Abigail? Ero andata a controllare nelle aule delle lezioni che di solito frequentavamo, ma non la trovai da nessuna parte. Parevo un'invasata, mi spostavo velocemente da un'ala del campus all'altra, controllando ogni stanza e corridoio, ma la mia amica pareva scomparsa.

D'un tratto, inaspettato, il mio stomaco brontolò, segno che doveva essere vicina l'ora di pranzo. In quel momento mi ricordai di non aver fatto neanche colazione.

-Dev'essere ora di pranzo. Forse la troverò in mensa- pensai, dirigendomi verso la struttura centrale del campus.

Io e Abigail non frequentavamo molto quel posto, dato che era la chiara dimostrazione della divisione sociale all'interno del campus ed entrambe non ci tenevamo a partecipare a quella ridicola mostra di bestie da monta. Esatto, perchè in fondo era quello il succo di tutto: c'erano coloro che pensavano a tutto tranne che allo studio e venivano considerati gli dèi del sesso e delle orgie, e poi c'eravamo noi comuni mortali, che il college lo usavamo esattamente per la funzionalità che aveva: guadagnarsi un posto nel mondo.

Era molto affollata quella mattina, tanto che ci misi un po' per individuare la testa bionda della mia migliore amica. Ricordai che un paio di giorni prima si era colorata le punte con un bel rosa shock, cosa che aveva sollevato le voci poco carine delle divine.

Era assieme ad un gruppetto che frequentava uno dei nostri corsi.

-Strano- mi dissi, dato che solitamente io e lei stavamo quasi sempre per conto nostro.

Con passo spedito mi avvicinai. La chiamai.

-Ehi Abi...- ma le parole mi morirono in gola.

 

Gli occhi azzurri della mia amica si voltarono a guardarmi, mentre io me ne stavo impalata senza proferire parola. Era chiara la sua eccitazione, ma pareva diversa da quella che potrebbe intendere qualcuno. Era più simile a quella che prova una bambina quando apre a Natale un regalo e scopre che è quello che aveva desiderato.

-Ehi Laila, scusa se non ti ho svegliato, ma ho visto che ieri sei tornata tardi da casa di tua madre, quindi ho preferito così-

Il mio cervello era in ripristino, non la stavo minimamente ascoltando. Continuavo a fissare quello che stava di fronte a lei, seduto al tavolo, il quale mi rimandava uno sguardo alquanto malizioso e penetrante. Quando però la bionda nominò mia madre, improvvisamente mi riscossi.

Abigail mi si fece davanti. L'euforia pareva scomparsa. Adesso sembrava preoccupata.

-Stai bene?- mi chiese.

-Si...certo- balbettai, distogliendo lo sguardo dal “forestiero” e rivolgendole un sorriso che aveva davvero poco di rassicurante.

-D'accordo. Comunque ti ricordi di Alec?- mi chiese allora, puntando lo sguardo su di lui.

Era stata facile da convincere, forse anche troppo.

-No, sinceramente no- risposi, con sguardo duro.

Ma che le prendeva? Certo che mi ricordavo di lui, l'avevamo visto assieme la mattina dell'esame di simbologia religiosa. E io, purtroppo, conoscevo anche la sua identità reale.

-Ma come? Veniva alle elementari con noi e anche un paio d'anni delle medie, poi però si è trasferito perchè i genitori hanno cambiato lavoro. Che sorpresa vero? Frequenta la nostra stessa facoltà-

Aspetta, aspetta, aspetta!! Un amico di infanzia? Come sarebbe a dire? Che cavolo stava cercando di fare quel maledetto?

-Abigail, ma sei sicura? Non mi ricordo di averlo mai visto- insistetti io, senza capire cosa diamine stesse succedendo.

Stavo cercando di farla rinsavire, tanto che la afferrai per le spalle e la fissai negli occhi.

-Certo che sono sicura. Laila, sei sicura di sentirti bene?-

Purtroppo sembro l'unica a stare bene in questo posto. Abigail, cosa ti ha fatto? Afferrai l'occasione al balzo per dire:

-A dir la verità avevo bisogno di parlare con te. In privato- puntualizzai, lanciando uno sguardo in quello ambra di lui, mentre sul volto gli si era allargato un sorrisetto maligno.

-D'accordo. Andiamo- mi disse lei.

Non appena però tentai di muovere un passo, le gambe mi cedettero, facendomi cadere in ginocchio, mentre il respiro si era fatto corto e la vista mi si stava annebbiando. Come se fosse lontana, avvertii la voce di Abigail chiedermi cosa mi prendeva, visibilmente preoccupata. Non feci in tempo a rispondere che qualcuno mi sollevò da terra, prendendomi in braccio.

Ero debole e spossata, come se non toccassi cibo e acqua da settimane. Cosa mi stava accadendo?

-Forse è meglio se la porto in infermeria- disse una voce, la “sua” voce.

Io iniziai a scuotere la testa e balbettare un “no” poco convinto. Tentai anche di dimenarmi per farmi rimettere a terra, ma niente da fare. Anzi, una mano di lui strinse forte un mio braccio, costringendomi a stringere i denti per non gridare.

-Vengo con te- disse la mia amica.

Sia ringraziato il cielo.

-Non preoccuparti, posso fare da solo. Ti faccio sapere cosa mi dicono- e detto questo ci allontanammo.

Avevo paura, sapevo chi in realtà era Alec e trovarmi di nuovo in sua balìa non mi faceva certo stare tranquilla. Stavo tremando e lui se ne accorse. Rimanere a contatto con il suo corpo mi provocava un leggero fastidio che però divenne quasi un tormento. Continuavo a respirare affannosamente, mentre il cuore sembrava stare per schizzarmi fuori dal petto.

Lentamente lui mi si avvicinò ad un orecchio, sussurrando:

-Non temere, non ti farò del male. Almeno non per il momento-

Vidi la sua bocca inarcarsi in un altro dei suoi sorrisi maligni, mentre lasciava intravedere i suoi canini più lunghi del normale. Questo mi fece paura ancora di più.

 

-Avete solo accumulato troppo stress, signorina. Le consiglierei di riposare per almeno due o tre giorni- mi disse l'infermiera, ma io ero del tutto sorda alle sue parole.

Se lui era lì, allora significava che tutto ciò che avevo vissuto era reale, compresa la morte di mia madre e la distruzione di casa mia. Anche la fine della mia vita.

Calde lacrime iniziarono a scendere sulle mie guance, mentre il mio sguardo rimaneva fisso sul muro davanti a me, seduta sul lettino dell'infermeria.

-Potrei parlarle un secondo?- disse lui, circondando le spalle della vecchia infermiera e invitandola ad uscire.

Rimasi da sola. Ancora una volta ero sola. Cosa sarebbe successo? Perchè non mi aveva ancora uccisa e portata all'Inferno? Cosa aveva in mente?

Perchè inventarsi quella commedia dell'amico ritrovato e modificare la memoria dell'intero campus tranne la mia? Voleva tormentarmi fino a quel punto?

I pensieri furono interrotti dalla porta che si apriva. Lui entrò, richiudendosela alle spalle, e rimase a fissarmi.

-Qual'è il tuo piano?- chiesi ad un tratto, senza aver il coraggio di guardarlo.

Ero spaventata, ma allo stesso tempo piena di rabbia e risentimento. Se non mi fossi sentita così male gli sarei saltata al collo per strozzarlo.

-Perchè pensi che abbia un piano?- mi rispose lui, divertito.

Certo, prendimi pure per stupida.

-Sai com'è, i piani del Diavolo sono alquanto famosi-

Lui mosse un passo.

-Devo dire che ti immaginavo meno combattiva, Laila-

-Non dire il mio nome. Non voglio sentirlo pronunciato da te!!- esclamai, tappandomi le orecchie e chiudendo gli occhi, mentre scuotevo la testa.

Stavo scoppiando.

D'un tratto sentii una forte presa circondarmi i polsi e mi ritrovai il suo viso a poca distanza dal mio. Tentai di liberarmi, ma lui era davvero troppo forte. Stavolta però non lo fissai negli occhi.

-Devi fare la brava Laila, lo dico per te. Ho deciso che ho voglia di giocare un po'. Soprattutto con quello schianto dai capelli biondi...-

-Non osare ad avvicinarti a lei- dissi tra i denti, puntando finalmente lo sguardo nel suo.

-Non fare la gelosa, piccola. Sai che tu sei e sarai sempre la mia preferita- rispose maligno e mi lasciò andare un polso per carezzarmi una guancia.

Io mi sottrassi, schifata.

-Non toccarmi. Perchè non la facciamo finita subito?-

-Sono secoli che non mi concedo un po' di sano divertimento. Poi se ti portassi subito all'Inferno, dove starebbe il bello?- sghignazzò, prima di lasciarmi di nuovo sola.



AUTRICE:
Mi scuso infinitamente con chi segue la storia per il ritardo, ma ho avuto un blocco riguardo questa storia ^_^
Spero continuerete comunque a seguirmi e recensire.
Un saluto Marty.





 

 
  
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