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Autore: FullmetalBlue13    07/09/2012    4 recensioni
[ATTENZIONE! AGGIORNAMENTI SENZA ALCUNA REGOLARITÀ]
Un pomeriggio come tanti altri, Angel Akuma (17 anni, chioma arancio acceso e un pessimo carattere) riceve una telefonata anonima.
Di chi è la misteriosa voce che la chiama "finto angelo", un soprannome assegnatole dal padre che non ha mai conosciuto?
Per lei comincerà una serie di eventi che le cambieranno la vita, facendo luce sulle sue origini, sul suo passato e sul suo destino.
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Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction... Devo confessarvi che sono un po' emozionata. Spero che vi piaccia. Mi sono divertita molto a scrivere tutto ciò e spero di continuare... Recensite numerosi!
Ah, già.
A TUTTI I LETTORI: Per favore, non limitatevi a leggere il primo capitolo! È solo un prologo...
Spero che possiate apprezzare il prosieguo della storia (sempre che abbiate qualche minutino da dedicare alla mia Angel, ecco...) e anche il mio miglioramento come scrittrice.
Grazie mille, FB13
=(^.^ =) (= ^.^)= \(^.^)/ (danza della gioia)
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Rin Okumura, Yukio Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciaaaaooooo! Eccomi ritornata dopo una lunga, lunga, lunga, luuuunga pausa estiva. Ho visto che altri lettori si sono aggiunti alla lista dei recensori, inoltre vi avviso che il primo capitolo ha raggiunto lo strepitoso numero di 234 visite! YEEEEAH! Non mi sembra vero! Sinceramente pensavo che mi avrebbero tirato i pomodori in faccia, altro che recensioni positive! Ok, chiusa la parentesi, vi ringrazio molto per il vostro sostegno, mi limito a ripetere le solite cose: continuate a recensire! 
Ora godetevi questo nuovo capitolo.
FullmetalBlue13

Capitolo 4: Family...

ACCADEMIA DELLA VERA CROCE, ORE 18:31 (fuso orario Giapponese)

CEEERTO, come no. Oh, aspetta, c’è il Bianconiglio che sta cercando i 7 nani. E il coccodrillo di Capitan Uncino che vola. (NdA: W i cartoni Disney!) Sbottai.
“Spero che tu mi dia qualche spiegazione.
1: è scientificamente impossibile che siamo in Giappone, 2 secondi fa eravamo a Roma!;
2: cos’era quella schifezza che mi hai fatto bere;
3: tu sei un demone, vero?”

Credo che l’ultima frase da me pronunciata avesse fatto il suo effetto, perché Mephisto si irrigidì e il sorrisetto arrogante che aveva stampato sul viso scomparve.
“Ho azzeccato, eh?” continuai soddisfatta il risultato ottenuto.
“Oh, temo di sì, signorina Akuma. Comunque, ciò che ti ho dato da bere non è altro che l’acqua del leggendario fiume Lete. Sugli umani ha effetti devastanti, in quanto è un potentissimo veleno che cancella completamente tutta la memoria; per noi demoni si rivela una bevanda energizzante che, come hai visto, fa recuperare le forze e aumenta i poteri demoniaci.”
Il suo tono era gelido e inespressivo, evidentemente non gli andava giù che l’avessi colto ‘con le mani nel sacco’.

Intervenne Shura: “Perspicace la ragazza. Prometti bene, anche se ti dovrei uccidere. Mephisto, io ho fatto anche troppo, qui. Forse è meglio se ritorno in Vaticano.”
Lui rispose prontamente: “Ma certo, ma chérie. Ti apro la porta.”
Vidi di nuovo quella grossa chiave con il simbolo dell’infinito: questa volta, però, capii come eravamo arrivati lì. Che collegasse in qualche modo le due porte attraverso le quali eravamo passati? Mi sembrava assurdo, ma dopo tutto quello che mi era successo, era possibile.

“Angel, sta’ a vedere.” mi disse Shura. Mephisto aprì la porta con la chiave pesante che reggeva in mano. Di nuovo mi trovai davanti il corridoio d’ospedale deserto. Gli ultrasuoni avevano smesso di squillare e ora regnava il silenzio e la calma. Shura ci salutò e poco dopo la porta venne richiusa, la chiave tolta e la serratura fatta scattare.
“Prova ad aprire” Mephisto si rivolse a me con 3 parole pronunciate come tre frecciate, manifestando il suo stato d’animo.
Ma… oltre quella porta c’era solo un sgabuzzino che emanava un forte odore di muffa!
“Ma che diamine…” sussurrai. Le mie ipotesi erano confermate.
“Questa” disse Mephisto sbattendomi sotto il naso la chiave: “è la chiave dell’Infinito. Basta un bisbiglio sul luogo in cui vuoi andare e una qualunque porta. Dici il luogo, giri la chiave nella toppa et… voilà!”

Stranamente, non ero così sorpresa. Ormai tutto mi sembrava possibile. Mephisto riprese a parlare.
“Bene, ora ti porterò da un amico. Credo che ti troverai bene lì.” Poi aggiunse, sussurrando: “Fin quando la situazione reggerà…”
A quel buffone assurdo era tornato il sorriso. Forse si divertiva a buttarmi di qua e di là senza che io sapessi cosa fare. Un pensiero mi fulminò: “Mephisto, aspetta! Ammesso che siamo veramente in Giappone, come la mettiamo con la lingua? Per adesso abbiamo parlato in italiano, ma poi…”

Lui mi rispose come se non avesse aspettato altro che la mia domanda: “Fai un patto con me: io ti darò una casa, una famiglia e l’incredibile capacità di parlare giapponese. Ma tu, in cambio, dovrai imparare a domare le tue fiamme scarlatte e usarle per gli esorcisti dell’Ordine dei Cavalieri della Vera Croce. Che ne dici, Angel? Oh, no, forse preferisci che il tuo paparino ti trovi e ti usi per conquistare l’Assiah…”
Ero confusa e spaesata. Aveva un tono così suadente, così persuasivo, che mi faceva venir voglia di accettare, ma qualcosa dentro di me mi rendeva incerta e titubante. Allo stesso tempo era così
irritante… avrei fatto bene a ‘vendermi’ così?

“Su, demone angelico, sai anche tu che quello che desideri più ardentemente è una famiglia che ti voglia bene e un posto in cui stare… E io te li posso concedere, in cambio di qualche piccolo ‘favore’…”
Ci fu un momento di silenzio. I miei occhi neri, ardenti di desiderio ma che celavano dubbi e perplessità, e i suoi scuri, seduttori, con sfumature azzurro violacee, che non nascondevano il divertimento, si incontrarono.

Essere parte di una famiglia… avere qualcuno con cui confidarsi, parlare… nella terra natale di tutta la mia famiglia, poi!
Alla fine, cedetti. “Avrei altre opzioni se non quella di accettare?”
Mephisto sorrise ampiamente e con un semplice schiocco di dita fece apparire dal nulla un contratto, che firmò con un piuma viola svolazzante. Me la porse e io, finalmente decisa, lo imitai.
“Bene, ora che le scartoffie burocratiche sono compilate, andiamo da Shiro.”

[...] 
Così cominciava uno dei periodi più felici della mia vita. Durante il viaggio (Mephisto mi portò verso la mia nuova casa a bordo di una lussuosa e sgargiante limousine rosa) appresi molto sulla mia futura famiglia. Avrei vissuto in un piccolo monastero con padre Shiro Fujimoto, un prete esorcista molto potente, tutore di due gemelli di circa un anno più piccoli di me, Rin e Yukio Okumura. “Ricordati che sarai sorvegliata 24 ore su 24 da esorcisti, quindi se proverai a trasgredire il contratto lo verrò subito a sapere, cara” mi disse Mephisto, serio. Se credeva che non avrei mantenuto fede alla parola data, non aveva capito nulla della mia personalità.

Quando arrivammo, mi accolsero dei monaci che mi portarono a visitare il monastero: era tutto abbastanza vecchio, l’arredamento semplice e l’unico ambiente un po’ diverso dal resto era la sala da pranzo. Era accogliente e più spaziosa di tante altre stanze. Al centro c’era un tavolone rettangolare che era abbastanza grande da poter far mangiare almeno una dozzina di persone, se non di più. Tutta sui toni del marrone, era dotata di un angolo cottura molto ben attrezzato: chiunque cucinasse, doveva intendersene parecchio. Non mancava nulla e tutto era riposto in un ordine perfetto.
In qualsiasi caso, il monastero era tranquillo, esprimeva un senso di tranquillità. Pensai subito che quell’aria calma mi avrebbe fatto bene dopo tutto quello che avevo passato.

La camera che mi era destinata era veramente piccolissima: giusto lo spazio per un letto un po’ malconcio, una scrivania che aveva vissuto giorni migliori e un armadietto, che conteneva un po’ di vestiti smessi. Le pareti erano bianche ingrigite dalla polvere. Mi piaceva l’impressione di vissuto e trasandato della cameretta, anche se mi metteva un po’ di malinconia. Quello che preferivo era, però, la finestra: dava su un parco giochi dotato di due altalene e uno scivolo, separato dalla strada pressoché deserta da una staccionata. Ho capito fin da subito che sarebbe diventato il mio posto per riflettere. Mi sembrava così solitario, così misterioso come posto…

Il monaco che mi accompagnava si congedò e mi lasciò da sola in camera. Mi buttai supina sul letto, che cigolò sonoramente, come se si stesse lamentando del mio peso. Chissà se avrei potuto veramente potuto chiamare ‘casa’ quel posto. Ero combattuta tra sentimenti di speranza, angoscia e nostalgia.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta, facendomi sobbalzare e risvegliandomi dai miei pensieri. “Avanti” risposi con un tono anche troppo allegro, a dispetto del mio stato d’animo.
Entrò un uomo di mezz’età alto e di corporatura media, vestito con una lunga tonaca nera da prete. Portava moltissime collane e rosari, perfino il cordino legato agli occhiali tondi era colmo di perle e croci. I capelli, di color stoppa tendenti al grigio, erano corti e con un taglio giovanile, mentre gli occhi profondi e anch’essi di una strana tonalità tra il marrone e il grigio con una punta d’oro, non
nascondevano il divertimento e un po’ di preoccupazione.

“Ciao Angel. Probabilmente Mephisto ti ho parlato di me. Sono padre Shiro Fujimoto, e da adesso in poi sarò il tuo tutore, come potrei dire… ‘acquisito’”. Io gli posi timidamente e freddamente la mano, ma lui, sorprendendomi, non solo me la strinse, ma mi portò a sé e mi abbracciò energicamente come una vecchia amica che non vedeva da tempo. Mi mollò quasi subito, lasciandomi stordita e imbarazzata. Che nonnetto eccentrico! Continuò a parlare come se non fosse successo nulla. “Immagino che ti abbiano già mostrato un po’ il posto. Spero che ti ambienterai presto. Ora ti porto da Yukio, non l’hai ancora visto, vero?”

Era un panzer. Mi era passato sopra ignorandomi completamente. Un pochettino irritante- anzi, parecchio. Comunque annuii, ero veramente curiosa di conoscere il mio nuovo ‘fratellino’. Ritornammo nuovamente in cucina, dove trovammo un ragazzo dai capelli castani che leggeva attentamente un libro (Farmacologia Anti-demone Avanzata) seduto davanti alla finestra. Era talmente concentrato che nemmeno si accorse del nostro arrivo: Shiro dovette schiarirsi la gola e chiamarlo un paio di volte prima che lui si rendesse conto di noi. Si dimostrò ospitale, mi porse la mano, mi disse le solite cose: spero che tu ti ambienti presto, noi faremo del tuo meglio per farti sentire a tuo agio… bla bla bla. Non lo stavo ascoltando. Ero troppo impegnata a studiarlo: volevo farmi una chiara idea su che tipo fosse questo Yukio.

Era un ragazzo dai lineamenti aggraziati, i capelli castani erano pettinati e perfettamente in ordine. Gli occhiali, dotati di una semplice ed essenziale montatura in acciaio, incorniciavano gli occhi. Bellissimi occhi blu, degli oceani che rispecchiavano l’anima di Yukio, un’anima pacata, calma, tranquilla, ma tormentata nel suo profondo da un terribile segreto e da un po’ di rimorso. La carnagione chiarissima era picchiettata da due piccoli nei sulla guancia sinistra e uno sul mento.
Chissà che impressione gli avevo fatto io, con i miei capelli arancioni corti sbarazzini (e quasi certamente spettinati) e i miei occhi scuri impenetrabile e forse  l’aria sconvolta.

“Ora parliamo di cose serie. Yukio è al corrente della tua situazione. D’altronde è esorcista da quasi 2 anni.”   Shiro pronunciò queste parole con crescente orgoglio paterno, ponendo una mano sulla spalla del ragazzo. Sembrava un’altra persona rispetto a prima. Yukio arrossì leggermente, manifestando la sua timidezza. “E inoltre tra meno di 3 mesi sarà addirittura un professore… il più giovane nella storia dell’Accademia della Vera Croce!” continuò Shiro sorridendo; poi improvvisamente cambiò espressione, diventando molto serio. “Però, Yukio dovrà tenerti d’occhio, sarà come un fratello per te, ma se ti rivelerai pericolosa, in quanto figlia di uno dei demoni più potenti, è anche autorizzato a ferirti o, nel peggiore dei casi, a eliminarti. In caso di emergenza, interverrò io, il Paladin, l’esorcista più potente del mondo.”

L’atmosfera si era fatta parecchio pesante e anche io non mi sentivo particolarmente a mio agio. Sapere che avresti avuto un ‘secondino’ pronto a ucciderti in qualsiasi momento non era proprio il massimo.

Ma padre Fujimoto sdrammatizzò mettendosi… a ridere. “Angel, mi sembri preoccupata! Su, sorridi un po’… facciamo così, vi porto a cena fuori stasera… sempre che Rin ritorni in tempo. Oh, quel ragazzo mi fa disperare ogni santo giorno. Beh, giovani, ora questo vecchietto leva le tende, ho molti impegni oggi, CIAAAOOOO!”. E con queste parole uscì dalla stanza come un tornado, lasciando me e Yukio da soli.

All’inizio fu decisamente imbarazzante. Lui era timido e io non ero certo dell’umore adatto per conversare amabilmente. Fu lui a cominciare a parlare, rompendo il silenzio. “Devi perdonare mio padre. Talvolta è un pochino… esagerato. Credo che a cena controllerà di più le sue azioni” disse, e sorrise; poi si rabbuiò: “Comunque, non parlare a Rin di te o del fatto che io sono un esorcista. Lui è ancora all’oscuro di tutto, non sa nulla del nostro mondo.” Distolse lo sguardo e aggiunse, a voce appena udibile: “…almeno per ora.”

Almeno per ora? Cosa voleva dire? Questa sua ultima affermazione mi fece riflettere, ma risposi comunque prontamente: “Lo terrò a mente. Sarò anche un demone, ma non sono certo una stupida.”
Sorrisi. Un sorriso falso, una palese provocazione nei confronti del mio carceriere. Per tutta risposta sorrise anche lui. Ma il suo era vero, sincero, di pura tranquillità. Eravamo l’esorcista e il demone, la preda e il cacciatore, il cane e il gatto, ci fronteggiavamo con aria di sfida.

“Uhm… Capisco. Premetto che non ti voglio come nemica, né tantomeno che tu mi ritenga un nemico. Non voglio essere il tuo Sappi che non ti ritengo un mostro o qualcosa del genere, io ti posso capire. Veramente.” disse Yukio seriamente, gli occhi azzurri che cercavano i miei. Poi distogliendo lo sguardo: “e non sai quanto”. Ora stava fissando il vuoto, gli occhi persi, assenti, la mente assorta nei suoi pensieri.

Mi stavo leggermente pentendo del mio comportamento. Mi sembrava così sincero, così convinto di ciò che diceva… O era un ottimo attore, o aveva seriamente voglia di fare amicizia, di trattarmi come una sorella. Se le cose stavano così, che colpa ne aveva lui per meritarsi il peggio del mio caratteraccio?

“Oh, scusa… Non volevo essere così scortese. Senti, invece di parlare di cose deprimenti, perché non ci conosciamo meglio?” intervenni allora io. Ora mi sentivo meglio.
Parlammo a lungo: interessi, passioni, vita quotidiana, evitando l’argomento genitori/origini. Yukio si rivelò un ragazzo simpatico, disponibile, studioso e estremamente intelligente, amante dei libri e dei fumetti. Ah, già, Yukio nutriva anche (e nutre ancora) un’avversione profonda per i nei, che lui chiamava, scientificamente, ‘nevi melanocitici’. Insomma, finimmo per chiacchierare come due vecchi amici fino all’ora di cena, quando mi ritirai per prepararmi ad uscire.

Stavo salendo le scale, quando la porta d’ingresso si aprì e vidi entrare padre Fujimoto. Era girato e mi dava la schiena. Era troppo impegnato a parlare (anzi, a urlare) a una persona, un ragazzo che trascinava con mano salda per un orecchio.
“… e quante volte ti devo ripetere che non devi fare a botte con i primi che ti capitano sotto tiro? Hai lasciato la scuola, ti mando a cercare un lavoro e ti ritrovo per strada nel bel mezzo di una rissa?!? Devi darti una bella regolata, amico mio, o altrimenti…”
Shiro si interruppe, guardò verso di me e sorrise. Il ragazzo dai capelli neri si divincolò con un po’ più di forza e rivolse a me lo sguardo. Capii subito che doveva essere Rin Okumura, il gemello di Yukio.

Gli occhi. Occhi così simili eppure così diversi da quelli del fratello. Erano di un blu oltremare intenso, leggermente più scuri di quelli di Yukio, e sprizzavano vita ed energia. Se gli occhi del gemello erano paragonabili a un mare di calma e tranquillità, questi erano un cielo, libero, sconfinato, in un certo senso scatenato nella sua voglia di andare oltre. Percepivo un grande potere in lui, qualche istinto nascosto in un angolo remoto del mio cervello mi diceva di fuggire il più lontano possibile, ma qualcos’altro mi attirava come un magnete. Tutto ciò successe in una frazione di secondo, mentre il mio sguardo penetrante scavava nelle profondità del suo animo.

Mi fissò anche lui, dal basso verso l’alto con la testa un po’ inclinata (Shiro ancora lo teneva per l’orecchio) e un’espressione stranita, con la bocca semichiusa. Poi sorrise, un sorriso smagliante, sincero… semplicemente meraviglioso. Alzò la mano sinistra e con un timido cenno di saluto disse: “Ciao”. Punto e basta. Un semplice ‘ciao’. Bofonchiando ricambiai il saluto e scappai su per le scale, sentendomi avvampare. Perfetto, ora avrebbero pensato di avere una squilibrata in casa. Cosa mi era successo? Non arrossivo da anni. Una persona comune non avrebbe potuto suscitare in me sentimenti così contrastanti. Avevo provato paura, imbarazzo, attrazione e repulsione contemporaneamente. No, in fondo non mi interessava cos’era successo a me, non più di tanto. La vera domanda che mi frullava per la testa era: chi era veramente Rin Okumura?

Angolo dell'autrice (la vendetta): Capitolo un po' più lungo del solito...Oh, ma guardate chi è entrato finalmente nella storia? Un certo protagonista... XD 
Ciao e al prossimo capitolo! FB13
  
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