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Autore: Daisy Pearl    09/09/2012    11 recensioni
Avete mai pensato che possa essere la cattiva la protagonista di una storia?
Marguerite non è nè santa nè dolce. Tutt'altro.
Lei sà giocare ad un gioco particolare, un gioco di sguardi ed è abituata a vincere.
Ma cosa potrebbe accadere se un paio di begli occhi verdi dovessero batterla per la prima volta in questo strano gioco?
Bè leggete e scopritelo!
Attenti agli sguardi!
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
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CAP 30

 
Sbuffai mentre mi lasciavo andare a peso morto sul letto. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato, ma ero certa che mi sembrassero giorni. Forse la causa era l’agitazione, oppure il desiderio di andare il più lontano possibile da lì.
Invece ero in trappola.
Infatti, nell’attesa che Dave arrivasse alla villa, avevano pensato bene di chiudermi a chiave in quella che una volta era stata la mia camera. Così mi ero ritrovata in quella stanza ad andare avanti e indietro continuamente, senza un attimo di riposo. Almeno fino a quel momento, nel quale ero crollata sfinita sul morbido materasso. Chiusi gli occhi cercando di controllare le mie emozioni.
Quanto mi mancava la vita senza problemi né paranoie, senza assassini e traditori in agguato.
Una vibrazione mi colse alla sprovvista, il mio cuore accelerò i battiti mentre portavo una mano nella tasca per recuperare il cellulare. Che sciocchi a non portarmelo via.
“Pronto!” sussurrai, cercando di non farmi sentire.
“Mar!” Dave aveva il fiatone “Sto arrivando, ma come giustifico il fatto che non ho il libro?”
“Digli che non ti fidi di lui! Che vuoi prima spiegarli come funziona la cosa! Tipo inventati un orario allo scoccare del quale deve aprire il libro, allo stesso orario lo aprirai anche tu e il gioco è fatto!”
“Mar! Non credo che sia così stupido!”
“Ma è anche accecato dal bisogno di potere, quindi potrebbe cascarci!”
“Vedrò io che fare!” sentenziò. Sbuffai, perché non faceva mai quello che gli dicevo io? “Almeno dimmi dove hai nascosto i libri!”
Sbuffai contrariata. Non era nelle mie iniziali intenzioni rivelargli quell’informazione, eppure gli risposi “In un cespuglio del giardino della villa!”
Lo sentii sospirare come se reputasse stupido tutto ciò che stavo facendo.
“Stai bene?” domandò con una leggera punta d’ansia.
“Muoviti e lo vedrai tu stesso!”
Silenzio.
“E…Dave?”
“Dimmi!”
“Perché all’inizio non mi credevi riguardo alla storia di Caren mentre ora sì?”
Lo sentii ridacchiare probabilmente senza vera gioia.
“Sarà stupido, ma non riesco a non fidarmi di te!”  fece una pausa “Ho imparato a conoscerti davvero, e credo di sapere che modo hai di ragionare, quindi posso dire con certezza che mi fido ciecamente di te! Non mi deludere!”
Sorrisi.
“Ci proverò!” non sapevo quanto gli conveniva fidarsi di me “Sbrigati!” aggiunsi in un sussurro, sperando davvero che arrivasse a momenti, non ne potevo più di quella prigionia.
Sentii il suono metallico del citofono e non potei far a meno di sorridere. Dave era a villa lux.
 


Erano passati diversi minuti da quando il citofono aveva squillato eppure nessuno si era degnato di aprire la porta della mia camera. Perché? Cosa stava accadendo? Stavano torturando Dave?
Di fronte a quel pensiero mi si strinse il cuore, dopotutto era inutile negare che lo reputassi una persona discretamente importante. Era un mio amico.
Me lo immaginai seduto sulla sedia dove ero stata io, legato e malmenato, con un rivoletto di sangue che gli scendeva da un angolo della bocca.
Invece che rabbrividire di fronte a quel pensiero, sentii la rabbia impadronirsi di me. Involontariamente strinsi le mani a pugno e digrignai i denti mentre il mio respiro accelerava. Non dovevano nemmeno osare pensare di fargli del male.
Che stupida. Mi stavo arrabbiando per l’incolumità di qualcuno che non ero io, assurdo. Assurdo eppure così naturale. Dave era tutto ciò che mi rimaneva ormai, normale che ne fossi attaccata. Nemmeno una persona come me poteva sopportare la totale solitudine.
Cercai di calmare il respiro riflettendo. Non potevano fare del male a Dave, perché lui era il figlio di Alan. Alan non avrebbe mai fatto del male al sangue del suo sangue. Almeno speravo fosse così.
Eppure, durante la breve conversazione che avevo avuto col mio ex mentore, mi era sembrato che lui non fosse a conoscenza di questo particolare, o era semplicemente bravo ad ignorarlo.
Poteva anche darsi che Caren non gli avesse raccontato tutto o che Dave non avesse detto la verità a qulla traditrice.
Sorrisi di fronte a tale pensiero: come sarebbe stato bello rivelare ad Alan una così sconvolgente verità.
Sentii la chiave girare nella toppa, seguita dall’abbassarsi della maniglia. Alan entrò spedito nella camera per poi porsi di fronte a me con lo sguardo inferocito. Malgrado mettesse i brividi mi sforzai di affrontare il suo sguardo.
“Non erano questi i patti!” sibilò a denti stretti.
“Non capisco di cosa tu stia parlando!” ribattei con tono di scherno.
Mi agguantò per le spalle aumentando la presa fino a conficcarmi le unghie nella pelle. Non riuscii ad evitare una smorfia di dolore. Tuttavia lui non sorrise come mi sarei aspettata, anzi sembrava ancora più arrabbiato.
“Il ragazzo non ha con sè il libro!”
“Forse non si fida di te!” il mio tono di voce era indifferente.
“O forse glielo hai detto TU!” mi urlò l’ultima parola in faccia. Mi spinse indietro prima di lasciarmi andare, dopo di che si portò una mano alle tempie e iniziò a massaggiarsele.
“Sono settimane…” strinse i denti “…che tu, con la tua semplice esistenza, riesci a farmi perdere le staffe, a farmi rivedere tutti i miei piani, A TURBARE LA MIA TRANQUILLITA’!”
Ogni volta cominciava una frase cercando di mantenere la calma, alla fine esplodeva urlando.
“TU e Robert avete turbato la mia tranquillità!” sibilai risentita.
“Te la sei turbata da sola aprendo il MIO libro!”
Lo ignorai. “Ero la tua migliore allieva, il tuo capolavoro meglio riuscito, ero perfetta Alan, ancor prima che tu mi insegnassi qualcosa! Ricordi lo sguardo magnetico?”
“E con ciò? Hai commesso un errore!”
“Errore?” aprii le braccia esterrefatta e incredula di fronte a quello che le mie orecchie avevano appena sentito “Ma maestro…” lo schernii “…io mi sono unicamente limitata a seguire i tuoi insegnamenti! Mi hai trasmesso la tua sete di potere e il libro mi ha attirata, inevitabilmente, non pensavo di sottrarti qualcosa! E tu lo chiami errore. Ero la migliore eppure non avresti esitato a farmi fuori!” continuai sempre più inviperita “Il tutto per riavere indietro il tuostupido potere!” mantenni la calma durante tutto il mio discorso.
“E adesso cosa hai ottenuto Alan? Una nemica in più, ed essendo io la migliore dei tuoi seguaci, sono persino temibile!”
Fece un mezzo sorriso di scherno.
“Ti credi temibile? Sei solo un contenitore nel quale è finito metà del mio potere!”
Ghignai e raccolsi tutta la sicurezza che avevo in corpo.
“Ora. Sono. Più. Forte. Di. Te!” lo guardai vittoriosa. Ancora una volta la sua mano colpì in pieno la mia faccia. Sferrò lo schiaffo stringendo i denti nello sforzo di metterci tutta la forza che aveva. Sorpresa persi l’equilibrio e caddi sul letto.
“Si vede come sei forte Margherite!” si beffeggiò di me. Sentii una fitta sul labbro inferiore, segno che si era spaccato. Lo sfiorai con le dita e vidi che su di esse rimaneva la traccia del sangue fresco.
Feci un respiro profondo per calmare la rabbia che pian piano stava minacciando di divorare ogni fibra del mio essere. Alzai lo sguardo su di lui, mentre mi fissava con superiorità e cercai di esprimere, solo con gli occhi, tutto l’odio che provavo nei suoi confronti.
Odio. Tutta la riconoscenza e il rispetto che una volta provavo per lui erano svaniti, si trattava di sentimenti bruciati dal fuoco dell’odio e della rabbia.
Mi alzai in piedi mentre il sapore metallico del sangue mi inondava la bocca. Davvero disgustoso. Sputai il liquido rosso misto alla saliva proprio sui piedi di Alan Black e lo feci con una soddisfazione tale da farmi sentire così in pace con me stessa.
Sorrisi a quell’uomo che era sempre stato tutto per me, mentre lui abbassavo lo sguardo per posarlo sulla macchia scarlatta che aleggiava sui suoi piedi. Dopo di che tornò a fissare i miei occhi con odio mentre caricava il braccio, pronto a sferrare un ulteriore schiaffo.
Peccato che quella volta fossi pronta e lo schivai muovendo rapidamente la testa di lato.
“Non credi sarebbe più saggio andare a negoziare con Dave, invece che stare qui a scambiare convenevoli?”  l’ultima parola la pronunciai con ironia.
Senza dargli il tempo di rispondermi lo oltrepassai e mi fiondai verso la porta aperta alle sue spalle. Ero quasi riuscita a raggiungerla quando egli mi bloccò mettendomi una mano sulla spalla. Si avvicinò al mio orecchio e sibilò: “Dì alla tua lingua di stare attenta a quello che dice, perché altrimenti potrebbe non avere più una padrona!”
Rabbrividii e deglutii a vuoto. Tuttavia decisi di ignorare la sua minaccia.
“Non disturbarti ad accompagnarmi, la strada la conosco perfettamente!” con una scrollata di spalle mi liberai dalla sua stretta e oltrepassai la porta a testa alta.
 


“Maaaaaaaar!” non appena entrai nel biblioteca Giuliet mi corse incontro abbracciandomi e facendomi quasi perdere l’equilibrio. In un’altra occasione mi sarei liberata da quella fastidiosa stretta, ma in quel momento mi ritrovai a sorridere. Forse perché con quel semplice contatto tutta l’ansia e l’agitazione erano diminuite. Fu come prendere una boccata d’aria fresca prima di ributtarsi in una stanza piena di fumo.
Le diedi dei piccoli colpetti sulla schiena, ancora incapace di sapere come mi sarei dovuta comportare.
“Mar! Meno male che sei tornata, Cris continuava a farmi i dispetti!” Giuliet indicò il bambino con la manina e mise il broncio.
“Smettila Giuly, lei non è tornata per aiutare te!” sibilò Rob.
La bambina alzò lo sguardo su di me.
“Perché te ne sei andata?”domandò sinceramente dispiaciuta. Alzai lo sguardo per incontrare quello di Rob.
“Chiedilo a lui!” ghignai.
“Josh!” chiamò in tutta risposta Rob. Il ragazzo si fece avanti con la sua solita espressione di indifferenza.
“Porta via i bambini!” gli ordinò.
Josh fece un mezzo sorriso e uscì dalla stanza senza aggiungere una parola. Non potei far a meno di ridacchiare.
“Interessante! Josh non esegue i tuoi ordini!” lo canzonai. Rob mi fulminò con lo sguardo dopo di che decise di ignorarmi per ordinare a Giuly e a Cris di andarsene.
Solo allora mi resi conto che al di sopra della sommità di una poltrona apparivano dei ciuffi di capelli neri mossi. Mi avvicinai e ruotai attorno ad essa per riuscire a vedere chi vi fosse seduto. I miei occhi incrociarono quelli ormai conosciuti di Dave. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso e io mi sentii rincuorata dalla sua presenza.
Che cosa sciocca! Eppure capivo perché mi sentivo improvvisamente più leggera: il peso di quella battaglia non gravava più solo sulle mie spalle. Non potei far a meno di rivolgergli uno sguardo di riconoscenza.
“Ciao!” alzai una mano per fargli un cenno.
Il suo sorriso si allargò.
“Ciao Mar!” si vedeva che anche lui era felice di vedermi, ma che comunque era visibilmente teso.
“Che ti hanno fatto da quando sei qui?” esitai un po’ prima di porre quella domanda. Non volevo che lui pensasse che avessi a cuore la sua incolumità. Anche se era la verità. Mi rendeva debole non pensare solo a me, ma ormai mi veniva quasi naturale.
Sembrava felice che gli avessi posto quella domanda.
“Abbiamo solo parlato!” rispose. Il suo sguardo, che fino a quel momento non aveva lasciato i miei occhi, andò a posarsi sul mio labbra spaccato.
“A te cosa hanno fatto?”rigirò la domanda guardando il mio piccolo taglio come se solo quella vista gli potesse causare un dolore fisico.
Alzai le spalle. Odiavo che qualcuno si preoccupasse per me, mi dava fastidio perché mi faceva sentire debole. Non volevo che lui pensasse che avevo bisogno delle sue attenzioni, dopotutto io me la cavavo benissimo anche da sola.
“Nulla di che!” risposi con indifferenza.
“Eccovi qui!” la voce di Alan interruppe il nostro discorso “Le due persone che, più di tutte, hanno contribuito a rendere interessanti  queste settimane!” fece un sorriso sinistro.
“Strano! Io avrei scommesso che tu ci reputassi due spine nel fianco!” ribattei. Dave mi fulminò con lo sguardo e io mi morsi la lingua. Sapevo che non dovevo essere arrogante, in quel modo avrei fatto perdere le staffe ad Alan e non ero nella posizione più adatta per poterlo fare.
Infatti l’uomo mi lanciò uno sguardo di fuoco che mi fece rabbrividire.
“Siete qualcosa da eliminare!” sibilò socchiudendo con fare minaccioso le palpebre “Come delle spine…” mise l’accento sull’ultima parola “Quindi, hai ragione Mar!”
Fece un sorriso obliquo per nulla rassicurante.
“Vogliamo trattare?”aggiunse rivolto più a Dave che a me.
“Ne abbiamo già discusso!” ribattè Dave a denti stretti.
“Ridiscutiamone!”
Dave sospirò e alzò gli occhi al cielo.
“Chi ci garantisce che una volta avuto il libro ci lascerete andare?” domandò socchiudendo gli occhi.
“Il fatto che Margherite ha il MIO libro!” rispose tranquillamente Alan.
“E una volta che io te l’avrò ridato che succederà?” mi intromisi. Alan mi guardò con finta cortesia.
“Avete la mia parola che sarete liberi di andare via da qui!” rispose.
“Non vale molto la tua parola!” costatai alzando fieramente il mento nella sua direzione. Il sorriso gli scomparve dal volto per lasciare posto all’irritazione.
“Non tirare troppo la corda Mar!” sibilò.
Cercai di deglutire mentre il mio corpo reagiva alla sua voce rabbrividendo.
“Dobbiamo parlare allora!” dissi con voce ferma e determinata.
“Lo stiamo già facendo!” constatò Alan.
“Io e Dave. Da soli!” ribattei.
Fu allora che Alan iniziò a ridere. Peccato che la sua fosse una tetra risata fatta da chi non trova realmente la situazione divertente.
“Sei sciocca Mar se credi che vi lasceremo parlare da soli!” disse.
Feci un mezzo sorriso incontrando i suoi occhi. Avrebbe dovuto cedere.
“O tu ci fai parlare così dopo ti diamo il libro e tanti saluti e arrivederci, oppure entrambi i volumi…” calcai con la voce le ultime parole “…spariranno dalla tua vita per sempre, Alan. Prendere o lasciare?” quando terminai non potei far a meno di stamparmi in faccia un sorriso soddisfatto. Era troppo forte il richiamo del potere perché lui non accettasse le mie condizioni.
Strinse la mascella e allargò le narici, come se stesse cercando di contenere la rabbia. Presi il suo silenzio per un ‘sì’ così afferrai la mano di Dave e lo trascinai dietro di me fuori da quella stanza.
Non appena chiusi la porta alle nostre spalle feci un sospiro di sollievo: non avere gli occhi di Alan puntati addosso era un vero toccasana per i miei nervi. Mi sentivo stranamente più tranquilla.
“Tu sbagli!” mi aggredì immediatamente Dave.
Alzai entrambe le sopracciglia incredula di fronte a quello che le mie orecchie avevano appena udito.
“E cosa sbaglierei di preciso?” socchiusi gli occhi guardandolo in cagnesco: era quello il momento di farmi la paternale?
“Tu sei impazzita! Sei troppo arrogante con lui! Ci credo che poi loro ti concino in questo modo!” sbottò indicando il mio labbro.
“Io mi comporto come accidenti voglio!” ringhiai. Che razza di deficiente, gli stavo dando la possibilità di sconfiggere Alan su un piatto d’argento e lui aveva pure il coraggio di farmi una di quelle ramanzine alla Dave.
“Metti da parte l’orgoglio, altrimenti ti farai ammazzare!” socchiuse anche lui le palpebre visibilmente alterato.
“Questi non sono affari tuoi, e poi sono ancora viva,no?” sibilai a denti stretti.
“Per puro miracolo!”
“In realtà è perché so giocare bene le mie carte!”
“E se tu commettessi un errore?”
“Non mi succede mai!”
“Ti è successo innumerevoli volte, sei umana!” il suo tono di voce si addolcì lievemente.
“Sta zitto!” sbottai. Entrambi rischiavamo la vita eppure stavamo litigando come due emeriti deficienti, o meglio, un deficiente e una persona incredibilmente capace.
“Ma tu non ti rendi conto del tuo comportamento sconsiderato?” sembrava incredulo. Certo che me ne rendevo conto, sapevo di rischiare, ma ero così, non avrei piegato la testa di fronte ad Alan solo perché lui mi faceva paura.
D’altra parte non avrei mai detto a Dave che aveva perfettamente ragione. Non potevo dargli quella soddisfazione.
“Lo dici tu!” ribattei.
“Lo diceva il suo sguardo omicida!”
“Oh sta zitto!” lo liquidai con un gesto della mano.
“Ma possibile che non capisci?” strinse i pugni e digrignò i denti abbassando lo sguardo.
“Cosa?”
“Mi preoccupo per te! Sei così sconsiderata, istintiva e orgogliosa che se anche se riuscissimo ad attuare il nostro piano lui ti ucciderebbe lo stesso per il semplice gusto di farlo!”
“Cosa stai dicendo?” non lo comprendevo.
Alzò lo sguardo fino ad incontrare il mio e i miei occhi si persero i quegli smeraldi.
“Che non voglio perderti!” sembrava incredibilmente sincero. Dentro di me sentii qualcosa che si gonfiava, come un palloncino e, man mano aumentava di volume, più mi veniva da sorridere.
Perché sorridere poi? Per quattro stupide parole?
La verità era che una piccola parte di me gioiva perchè Dave ci teneva. Nessuno aveva mai tenuto a me e a nessuno lo avrei permesso. Che bisogno avevo che qualcuno mi ritenesse importante? Ero importante per me stessa e questo mi bastava.
Eppure stavo per sorridere come una deficiente. Forse era la stupidità di Dave che mi aveva contagiata, come una malattia: avrei dovuto assolutamente cercare la cura.
Il sorriso nascente sulle mie labbra si bloccò quando i miei occhi si focalizzarono sulle sue labbra. Senza pensarci mi avvicinai a lui e gli gettai le braccia al collo facendo aderire i nostri corpi. La mia bocca cercò la sua quasi con disperazione e iniziammo a baciarci, di fronte a quella posta chiusa che celava i nostri nemici, in mezzo a quel corridoio che mi aveva vista crescere.
In quel bacio mettemmo rabbia, paura, passione. Le nostre lingue si incontrarono con foga e si intrecciarono perfettamente. Perché eravamo due corpi così imperfetti uniti, eppure così perfetti nella nostra imperfezione. Ci staccammo ancora ansanti rinvigoriti dalla forza e dal sostegno che entrambi avevamo voluto trasmettere all’altro con quel bacio. Fu un modo di scaricare la tensione, di darci forza.
Un ottimo modo. Feci un mezzo sorriso soddisfatta mentre Dave mi guardava sorpreso come se si fosse appena accorto che l’avevo baciato.
“Di-di cosa volevi parlarmi?” cercò di articolare mentre calmava il respiro.
Inizialmente non capii la domanda, ma riflettendoci ricordai: l’avevo portato fuori da quella stanza per parlare.
“Cosa sanno di noi?” chiesi.
“In che senso?”
“Caren ha fatto la spia, oltre che la traditrice!”
Dave abbassò lo sguardo come addolorato da quella costatazione.
“Non le ho detto tutto, solo della storia tra Alexander e Grace!”
“Non le hai detto che Alan è…”
“Non. Lo. Dire.” Scandii con cura ogni parola “Lui non è nulla. Fine della storia!” strinse i pugni e fece una smorfia come se fosse disgustato dall’idea che quell’uomo fosse suo padre.
Dedussi che quel particolare non l’aveva detto a Caren. Sospirai rincuorata.
“Però Caren deve aver capito che io ho perso i poteri!”
“Ha detto ad Alan anche questo?”
“Sì, lui era convinto che io non fossi più in grado di far nulla!”
“Come l’ha scoperto?”
“Deve aver origliato la nostra conversazione!”
“Solo che ora Alan pensa che tu sia più forte!”
Sorrisi.
“Già!”
“Credi che ce la faremo?”
“Non ne dubito!” risposi con sicurezza incontrando i suoi occhi.
“Ma non abbiamo un piano!”
Ridacchiai. Di solito ero io quella che macchinava piani su piani per riuscire a fare le cose. Quella volta invece avevo piena fiducia nelle nostre capacità, sapevo che eravamo troppo bravi per fallire.
“Improvviseremo, e poi un piano generale ce l’abbiamo!”
“Sarebbe?”
“Sconfiggere Alan!” era ovvio dopotutto. Dave alzò gli occhi al cielo prima di ignorarmi.
“E come faremo a capirci se improvviseremo?”
Sorrisi. Non poteva farmi domanda più semplice.
Presi il suo mento nel palmo della mano e feci volgere il suo viso in mia direzione avvicinandolo pericolosamente al mio.
“Guardandoci negli occhi, giocheremo con gli sguardi!” gli feci l’occhiolino prima di voltargli le spalle e rientrare nella biblioteca.
Io e Dave avevamo imparato a conoscerci, quindi capirci con uno sguardo non avrebbe dovuto essere così difficile. Per quanto riguardava me, sapevo percepire le emozioni di una persona perché me lo aveva insegnato Alan e questa capacità non dipendeva da poteri, si basava unicamente sulla comprensione dei sentimenti altrui. Empatia.
Contavo di capire Dave al momento giusto, come speravo che lui capisse me. Ci conoscevamo abbastanza da far in modo che quel piano dozzinale funzionasse.
 
 

“In un cespuglio?” domandò Alan mentre seguiva me e Dave nell’enorme giardino di villa lux.
“Non è un posto intelligente dove nascondere un libro che non deve essere trovato!” constatò Rob che chiudeva il quartetto.
Dave mi lanciò un’occhiata di rimprovero che sembrava dirmi ‘potevi scegliere un luogo meno banale’. Lo ignorai, dopotutto mi ero dovuta arrangiare con quel nascondiglio di fortuna. Intanto era un posto impensabile proprio perché era così stupido.
La sera stava ormai scendendo cupa sulle nostre teste mentre avanzavamo nel giardino che si tingeva di colori sempre più scuri.
Dave mi lanciò uno sguardo preoccupato. Il tutto stava nel capire cosa quello sguardo voleva significare.
Era agitato, preoccupato e aveva paura. Fin qui tutto nella norma.
Ma per quale particolare ragione era preoccupato?
Non sapeva dove trovare il libro dal momento che io e solo io l’avevo nascosto.
Mi guardai attorno cercando di individuare il cespuglio dove avevo riposto la mia borsa. Dannazione. Il paesaggio attorno a me sembrava così uguale. Dovevo cercare un albero, perché mi ero nascosta dietro di esso dopo aver nascosto il mio bottino. Un albero con vicino un cespuglio.
Facile, era pieno di alberi e cespugli.
Dovevo focalizzarmi su altri dettagli. La villa, dalla posizione in cui mi trovavo quando fui catturata, era molto distante, mentre il cancello dorato piuttosto vicino.
Inoltre ero in prossimità del viale. Improvvisamente individuai il luogo. Trovai lo sguardo impaziente di Dave e incrociai i suoi occhi prima di puntare i miei sul nascondiglio. Con la coda dell’occhio vidi Dave seguire i miei movimenti.
Aveva capito. Sospirai di sollievo pur cercando di non farmi notare dai due segugi. Percepivo i loro sguardi sulla mia schiena come se volessero perforarmela per vedere oltre ad essa.
“Fermi!” disse Dave e tutti ci bloccammo.
Mosse qualche passo in direzione del cespuglio. Si chinò e frugò in esso. Il mio cuore iniziò ad aumentare i  battiti. C’eravamo. Cercai di calmarmi, ma fu del tutto inutile.
Mossi qualche passo verso Dave, che ancora cercava, prima che una mano dalla stretta forte si arpionasse sulla mia spalla.
“Dove credi di andare?” sibilò nel mio orecchio Rob.
Con una mano mi liberai dalla sua stretta e mi voltai verso di lui, giusto quel poco necessario a vederlo.
“Lo aiuto!” dissi con aria innocente “Non vedi che è in difficoltà?” dalla mia voce traspariva un po’ d’astio. Rob cercò gli occhi di Alan per cercare il permesso di liberarmi, ma quest’ultimo era concentrato sui movimenti di Dave. Lo guardava con le pupille che gli brillavano per l’eccitazione del momento. Era la sete di potere a renderlo cieco di fronte a ciò che stava per accadere.
In quel momento mi fece pena. Anche io una volta ero come lui, cieca di fronte a tutto e focalizzata solo sui miei poteri. Non vedevo ad un palmo dal mio naso e ciò mi rendeva limitata e debole. Era come essere un cavallo con i paraocchi: potevo guardare solo ciò che mi stava dinnanzi, ma perdevo tutto il resto. Poi era arrivato Dave.
Ripresi a muovermi verso di lui liberandomi della stretta di Rob. 
Dave mi aveva mostrato l’altra metà della medaglia e mi aveva resa meno stupida e più attenta alle molte sfumature della vita. Non è tutto nero o bianco. Non è nemmeno tutto grigio. Il mondo è a colori e ciò l’avevo scoperto solo grazie a quel ragazzo.
Questi si voltò verso di me con il libro bianco in mano e un’espressione di sofferenza sul volto. Doveva costargli molto separarsi da quel tomo al quale si sentiva così legato. Era il potere stesso ad attrarlo, ciò non poteva essere evitato..
Presi l’altra estremità del libro in mano e tirai leggermente in modo che lui lasciasse la presa.
Mi guardò negli occhi come per supplicarmi di non separarlo da quel tomo, ma dovevo farlo.
Gli risposi con uno sguardo determinato a portare avanti ciò che stavo facendo. Vidi i suoi occhi arrendersi mentre le sue dita allentavano la presa. Gli sorrisi.
Sospirò. Iniziai a camminare in direzione di Alan mentre colsi Dave sedersi a terra come se fosse sfinito. Sperai con tutto il cuore che non buttasse all’aria l’occasione che aveva. Doveva afferrare il libro nero.
Una volta giunta di fronte ad Alan gli consegnai senza remore il volume nelle mani.
Lo vidi piegare le labbra in un ghigno sinistro mentre gli occhi gli luccicavano per la gioia della vittoria. Sorrisi pure io.
“Spero sarai soddisfatto!” sibilai mentre il cuore rincominciava a battere velocemente.
Il suo sorriso si  allargò.
“Lo sarò di sicuro!”
Lo sguardo di Rob era puntato su Alan e notai con piacere che nessuno prestava attenzione a Dave che si trovava ancora pericolosamente vicino al libro nero. Non volsi lo sguardo verso di lui per lasciarlo lontano dai riflettori: se c’era un momento in cui Dave doveva agire era proprio quello.
Alan osservò il tomo che aveva fra le mani come se fosse un tesoro di inestimabile valore, dopo di che mise la mano sulla copertina.
Il cuore mi rimbombava nelle orecchie.
Infilò due dita al di sotto di essa.
La vena sul collo mi pulsava talmente forte da farmi quasi male.
Sollevò lentamente la copertina fino ad aprirla del tutto.
Il mio cuore sembrò improvvisamente zittito, come se stesse anche lui, come me, trattenendo il fiato.
Fu allora che avvenne. Osservai Alan mentre percepiva la forza del libro entrare in lui. Era estasiato e gioioso. Ormai era impossibile tornare indietro.
Non potei fare a meno di voltarmi verso Dave. Sul suo viso vi era un’espressione simile a quella di Alan. Era estasiato. La forza stava entrando in lui e tra le sue mani, aperto, vi era il libro nero.
Sorrisi vittoriosa mentre sia Alan che Dave svenivano come era successo anche a me.
Emisi un sospiro di sollievo abbassando lo sguardo. Era tutto finito.
“Oddio!” sussurrò Rob. Attirata dal suo tono di voce che esprimeva meraviglia alzai gli occhi e ciò che vidi mi fece rimanere a bocca aperta e senza parole. I due volumi si erano richiusi autonomamente e stavano levitando a qualche centimetro al di sopra del terreno. Si muovevano l’uno verso l’altro velocemente mentre salivano di quota. Sembravano attratti come lo sono due poli opposti di una calamita. Era sconvolgente.
Trattenni il respiro mentre, ormai al di sopra delle nostre teste, i libri si trovavano così vicini. Improvvisamente accelerarono la loro corsa e si schiantarono l’uno contro l’altro.
Mi aspettavo un impatto, mi aspettavo che i volumi si riunissero, invece nel momento in cui si sfiorarono entrambi si distrussero in tanti piccoli pezzi di carta. Quei minuscoli frammenti iniziarono ad ondeggiare nell’aria cadendo lentamente verso terra.
Rimasi estasiata dalla bellezza di ciò che stava accadendo. Sembrava che la neve fosse giunta in anticipo. Mi ritrovai ad allargare le braccia e alzare il viso in direzione dei piccoli ritagli di parole e carta, dopo di che iniziai a ridere liberandomi di tutta la tensione, dell’ansia e della paura che mi aveva attanagliata nelle ultime ore.
 Ero lo spettacolo più bello al quale avessi mai assistito. Anche Rob sembrava meravigliato di fronte a quella vista. Assurdo. Eravamo entrambi insensibili a tutto, eppure quell’evento spettacolare ci faceva rimanere ammutoliti come bambini di fronte alla prima neve che vedono.
Risi ancora, senza essere in grado di controllarmi, perché improvvisamente tutto sembrava facile, perché tutto sembrava finito, perché finalmente mi sentivo libera dal peso di quei poteri che avevano scombussolato la mia vita.
I pezzi di carta sembravano non finire mai, continuavano a cadere dissolvendosi non appena toccavano il suolo o i nostri corpi.
Rob distese una mano e guardò i frammenti adagiarsi su di essa prima di scomparire.
Dopo di che alzò gli occhi verso di me, occhi colmi di incomprensione e meraviglia.
“Cosa vuol dire tutto ciò?”
Sorrisi radiosa più che mai.
“Vuol dire che abbiamo vinto, tutti noi!” sussurrai.


Per chi non lo ricordasse nella villa ci sono anche due bambini (Cris e Giuly) e una ragazzo (Josh), mi sembrava giusto inseirli, non potevano essere spariti nel nulla.
Inoltre voglio porre l'accento sul bacio tra Dave e Mar: per la prima volta Mar da un bacio che non ha come fine qualcos'altro, è un modo per sfogarsi e scaricare la tensione.

Ok, dopo queste due brevi parentesi passo ai ringraziamenti!
Innanzitutto grazie a tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo 
Strawberry SwingEvaAinenElle ChanelSeree_nancywallaceshadowdustPyra___Luthien e Dear Juliet e Monique89.

Il capitolo 31 arriverà a giorni dato che è già completato, devo solo correggerlo! Voglio però farvi una domanda: secondo voi come si concluderà questa storia? ;)

Dopo che avrò terminato questa storia continuerò 'Without feelings?' e 'Secret Societies' (lo dico per chimle stava seguendo XD)
Ah! ci sarà il capitolo 32 e poi l'epilogo!

Daisy

   
 
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