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Autore: Carmen Black    09/09/2012    12 recensioni
Dopo un lungo periodo di due anni, Renesmee decide di tornare a Forks, la città dove ha vissuto sin dalla sua nascita e il posto dove ha lasciato la persona più importante della sua vita: Jacob.
Dopo essersi trasferita insieme alla sua famiglia, capisce di aver commesso il grave errore di abbandonare il suo migliore amico, la persona per cui sente dei forti sentimenti, il lupo che è legato a lei con l'imprinting.
Dal Prologo:
Avevo fatto le mie cretinate, i miei sbagli. Avevo pianto per ore al telefono con lui perché non trovava mai il tempo di venire a farmi visita ed io a causa degli studi e del mio lavoretto, ero altrettanto indaffarata.
Mi era bastato un mese per pentirmi di essere andata via da Forks. Un mese dove ogni notte, in silenzio, mi aspettavo di percepire il respiro di Jake e non c'era. Un mese dove aprivo la finestra aspettandomi di sentire il suo ululato e non sentivo mai un bel niente. Un mese dove fantasticavo sui possibili risvolti della nostra storia e tutto rimaneva soltanto fantasia.
Ora però ero tornata. Determinata.
Ero maturata molto e sapevo ciò che volevo. E ciò che volevo era lui.
Genere: Fantasy, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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L’amore ha così tante sfaccettature…
A volte è un po’ beffardo e ti confonde.
Ma di certo, con me, aveva fatto un ottimo lavoro,
non mi aveva lasciato alcun dubbio.
Anche a distanza di anni, il vederlo, il toccarlo… scaturiva in me
sempre le stesse sensazioni.
Il tempo si annullava e mi sentivo leggera.
E mi sentivo calda.

 

    Renesmee 

 
 
 
 
 
Jake lanciò il mio borsone nel cofano e mi raggiunse sul marciapiedi. Non resistetti all’impulso di corrergli incontro e saltargli in braccio.
L’imbarazzo iniziale era svanito in un batter di ciglia e ora a distanza di soli pochi minuti, il tempo sembrava non esser trascorso tra di noi. Era quasi come se non fossi stata via per due lunghi interi anni, ma solo per qualche stupido giorno. Sperai vivamente che la situazione non si ribaltasse.
Quelle braccia forti che mi sostenevano come se fossi aria, mi erano mancate da morire. Strinsi i suoi capelli fra le dita e gli scoccai un bacio sulla tempia.
<< Non crederai che sarà tutto rosa e fiori, vero parassita? >>, mi disse fintamente imbronciato, ma con un bagliore sinistro negli occhi che mi fece capire che il risentimento era ancora vivo in lui e aspettava solo il momento giusto per uscire allo scoperto. << Ce l’ho a morte con te. A morte >>, ribadì.
<< Mi farò perdonare >>.
<< Sarà davvero difficile >>, disse enfatizzando un’occhiataccia.
<< Ci riuscirò >>.
È proprio vero quando si dice che si apprezza ciò che si ha, solo nel momento in cui si perde. Ma per fortuna era tutto finito ormai, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Tra le tante chiacchiere il percorso in auto sembrò durare pochissimo. Jacob parcheggiò l’auto di fronte a casa sua e si affrettò a recuperare il mio borsone, mentre io mi sentivo piacevolmente stralunata.
L’aria umida di La Push, non mi era mai piaciuta né tantomeno il suo freddo pungente e le continue piogge e invece ora, mi confortavano.
Avrei voluto urlare talmente era la gioia che mi attraversava.
Sono a casa. Finalmente sono di nuovo a casa.
La dimora del mio Jake era a La Push, proprio all’interno della Riserva. Quel pezzo di paradiso sferzato spesso dai venti oceanici, era molto migliorato. Lo spazio dedicato alle abitazioni, si era ingrandito e tutte le staccionate erano state dipinte e messe a nuovo. Avevano anche scavato una nuova stradina che abbreviava il percorso fino in spiaggia.
Jacob fece tintinnare le chiavi fra le dita destandomi dai miei pensieri.
Mi passò davanti sorridendomi e mi precedette sin sull’uscio di casa. Teneva il borsone in spalla e la camicia stringeva talmente forte sul suo bicipite, che pensai che il tessuto potesse strapparsi da un momento all’altro.
Ecco che avevo ricominciato…
Per tutta la strada fino a casa avevo cercato di tenere a bada i miei pensieri perché erano davvero controproducenti per me, purtroppo però non c’ero riuscita tanto bene…
Qualsiasi parte del corpo di Jake che attirava la mia attenzione, si trasformava presto in un pensiero spinto o… troppo spinto.
Persino quando vedevo che cambiava marcia pigiando la frizione e stringendo la presa sul cambio, aveva qualcosa di inspiegabilmente sexy. Sarà stato per i jeans che si stringevano ancora di più intorno alla sua coscia muscolosa oppure le vene del braccio che s’ingrossavano ulteriormente dandogli l’aspetto di essere forte e prestante da morire, ma io capitolavo ogni volta. E mi ritrovavo a sprofondare sul sedile sempre di più, quasi fino a voler diventare un tutt’uno col tessuto.
<< Che fai lì impalata? >>, mi chiese Jake all’improvviso facendomi sussultare.
Mi schiarii la voce e lo raggiunsi sul pianerottolo; aprì la porta con uno scatto e mi fece cenno di entrare.
C’era un buon odore lì dentro ed era tutto buio.
<< Non c’è Billy? >>.
Jacob richiuse la porta alle sue spalle e buttò il borsone in un angolo.
<< Vivo da solo, Nessie >>.
Sbarrai gli occhi in preda a qualche strano tipo di paura di genere non definibile e poi girai un po’ su me stessa, guardandomi intorno.
<< E da quando? >>.
<< Da qualche mese >>.
<< Non me l’hai detto >>, costatai con un sorriso incerto.
<< Non è una cosa importante >>.
La casa di Jacob era come dire… perfetta, piccola, accogliente e disordinata.
C’era un unico grande ambiente con un piccolo cucinino e il salone col divano e la tv e poi in fondo c’erano due porte una di fronte all’altra e pensai che una fosse la camera da letto e l’altra il bagno.
Vicino all’entrata, c’era uno specchio e un piccolo tavolino dove erano poggiate delle cornici con all’interno delle foto, alcune vecchie altre molto recenti.
C’era Jacob con Rachel e Billy, Jacob con mia madre, io e Jake quando avevo all’incirca quattro anni e Jacob con una ragazza.
<< E lei? >>, chiesi perplessa mostrando la foto al mio amico. << Chi è? >>.
Jacob storse le labbra pensieroso, forse per trovare il nome adatto da attribuire alla ragazza, poi assunse un’aria noncurante.
<< Diciamo che è una cara amica >>.
Diciamo. E proprio quel diciamo non mi piacque per nulla, fu ancora peggio che sentirsi dire è la mia ragazza, per esempio.
Dopotutto che cosa pretendevo? Imprinting o no, lui era single e molto bello. Era umanamente impossibile che nessuna lo notasse o che resistesse al suo fascino. Persino mia madre, si era innamorata di lui e come darle torto?
Sospirai poggiando la foto al suo posto e mi tolsi le scarpe rimanendo a piedi nudi. Cercai con lo sguardo il mio amico e per poco non sussultai quando lo vidi poggiato contro la credenza della cucina che mi fissava con gambe e braccia incrociate. Emanava virilità.
<< Che c’è? >>, gli chiesi con un sorriso tirato.
<< Vieni qui >>, mi ordinò.
Non trovando alcun motivo per rifiutare – anche perché piuttosto mi sarei buttata nel fuoco – mi avvicinai.
Il suo odore era dappertutto, mi stordiva. E ricordai che da bambina indossavo le sue maglie quando per motivi di ronda, non poteva dormire con me.
Quando fui abbastanza vicino, Jacob mi attirò a se e mi strinse le sue braccia intorno fino a incrociare le mani dietro alla mia schiena.
<< Sei così uguale e… così diversa >>.
Sorrisi col fiato in gola. I nostri cuori battevano all’unisono, come era sempre stato e percepivo il suo corpo come non mai.
Ogni più piccola vibrazione scorreva anche attraverso la mia pelle e mi elettrizzava, mi creava aspettativa. E mi spingeva a cercare sempre di più, sempre di più.
Poggiai le mie mani sui suoi avambracci e li accarezzai lentamente fino a risalire alle sue spalle… la sua peluria, i nervi tesi, la forma dei muscoli, il ruvido del tatuaggio, la forza che sprigionava…
Il pensiero che qualcun’altra lo avesse toccato, baciato o sentito, mi faceva impazzire. Non potevo permettermi di condividerlo con nessuna, non l’avrei sopportato. Lui era mio. E basta.
<< Che vuoi dire? >>, gli chiesi incuriosita cercando di non apparire in preda a una crisi di entusiasmo.
Lui cercò il mio sguardo a lungo e si soffermò nei miei occhi per un tempo che sembrò interminabile. Le sue iridi erano qualcosa di eccezionale, inspiegabile con termini terreni. Sarei potuta affogare in quelle pozze nere e intense. A volte talmente erano espressive, che non c’era bisogno che parlasse per spiegare cosa lo tormentava o cosa lo faceva arrabbiare.
Lo sguardo che più mi piaceva e mi lasciava senza fiato, era quando i suoi occhi si accendevano di passione, di eccitazione. Purtroppo era capitato di rado che succedesse e forse era dovuto al troppo autocontrollo, ma quando succedeva io morivo. Lentamente.
Ed era ciò che mi stava succedendo in quel momento. Il corpo di Jacob aveva cominciato a bruciare e la sua stretta si era invigorita. A un tratto mosse la bocca come se volesse mordersela e strinse forte la mascella.
Quella sera aveva la barba di qualche giorno… era scura scura e gli adombrava le guance. Sollevai il palmo della mano e la toccai… era ruvida, ma non m’importava, sarebbe stato sublime sentirla sfregare sulla mia pelle. E poi gli stava divinamente, lo faceva sembrare più maturo, proprio bello e dannato.
<< Sembri più consapevole >>.
<< Sembro più consapevole >>, ripetei.
<< Aspetta un attimo… >>, disse Jacob incuriosito.
Mi annusò sul collo e sotto la guancia e anche fra i capelli. << Come mai la tua pelle non ha più quel fastidioso sentore vampiresco? Non dirmi che hai deciso definitivamente di non bere più sangue… >>.
M’imbronciai e incrociai le braccia sul petto. << Certo che non hai proprio tatto >>.
Mi scostai da lui con fare stizzito e andai verso il frigorifero mentre Jake ridacchiava sotto i baffi e copriva il tavolo rotondo con delle piccole tovagliette.
<< Hai fame Cullen? >>.
<< Sì, che cosa mangiamo? >>.
<< Una bistecca ben cotta e dell’erba >>.
<< Erba? >>.
<< Insalata >>, mi sbeffeggiò, poi prese i bicchieri dalla credenza e mi guardò ancora con uno strano sguardo di fierezza che sapevo benissimo da che cosa scaturiva.
<< Davvero hai deciso di non nutrirti più di sangue? >>.
<< Non ti dava fastidio la mia quasi-puzza di vampiro? >>.
Rise annuendo e la sua bellezza mi fece annodare lo stomaco.
<< Beh, non avevo altra scelta. L’unico modo per non puzzare è basare la mia dieta solo su cibo umano, quindi… >>.
<< Quindi, ti sei sacrificata per me >>.
Non risposi vista l’evidenza dei fatti e poi mi sentivo un po’ patetica a dire la verità. Ero persa di lui, ormai ne ero consapevole, ma farglielo capire così apertamente non credevo che fosse salutare per me. E non sarebbe stato prudente perché conoscevo Jacob abbastanza bene da sapere che quando meno me lo aspettavo, avrebbe potuto usare quella debolezza contro di me.
<< Cullen te lo ribadisco… stai facendo del tuo meglio, ma non ti perdono nemmeno se mi porti la luna >>.
Si mise ai fornelli, mentre io versavo l’acqua nei bicchieri. Quando lui era concentrato su qualcos’altro e non su di me, sembrava quasi che il mio coraggio raddoppiasse. Infatti, mi avvicinai a lui sbattendo il mio fianco contro il suo. << Non c’è nulla che io possa fare per farmi perdonare? >>, chiesi ammiccando.
<< Non ti conviene farmi certi tipi di domande >>, ridacchiò lui. << Non so cosa potrei chiederti >>.
<< Magari io sono disposta a darti quel qualcosa… >>.
Jacob girò la bistecca in una piccola padella e poi mi perforò con lo sguardo. Non disse niente ma la sua serietà, mi fece capire che faceva sul serio e che non mi conveniva scherzare su certe cose.
<< Scherzavo… >>, sussurrai ritirandomi nel mio guscio. Ero una codarda!
Ma i suoi occhi erano stati talmente duri, che mi avevano fatto battere in ritirata.
C’era tensione tra di noi, potevo avvertirla e lui sicuramente l’avvertiva più di me. Sebbene facessimo finta di niente, con abbracci e battutine varie, sapevo che nel momento in cui avessimo affrontato il discorso della mia partenza, tutti i nodi sarebbero venuti al pettine.
Dopo quasi due anni, quello era il nostro primo incontro e anche se avevamo avuto l’opportunità di stare ore e ore al telefono, Jacob glissava l’argomento “partenza” ogni qual volta cercavo di affrontarlo.
Diceva che non faceva bene a nessuno dei due discutere o nel mio caso cercare di farmi perdonare e giustificare il mio trasferimento, perché per come la pensava lui, avremmo finito per litigare. E il fatto di non poterci vedere, avrebbe ingigantito fino all’estremo ogni piccolo equivoco.
Ci sedemmo a tavola, uno di fianco all’altro. Jacob all’improvviso aveva assunto un’aria indecifrabile, quasi arrabbiata. Eppure non avevo fatto ancora niente per poterlo fare indispettire, avevamo riso e il nostro incontro era stato molto meglio di tutte le mie aspettative.
<< Allora… >>, iniziò. << Come mai questa visita improvvisa? Che cosa ti ha spinto fin qui, nella terra dimenticata da Dio? >>.
Deglutii con una strana sensazione che serpeggiava in fondo al mio stomaco. Evidentemente il gioco era finito, l’entusiasmo del vedersi dopo tanto tempo, era svanito. Ora eravamo solo io e lui, con tutti i nodi al pettine, come previsto.
<< Mi mancavi >>, ammisi sommessamente con la voce quasi strozzata. Dio, come mi sentivo patetica, ma di certo non gli avrei mentito. Non potevo rischiare di peggiorare la situazione e poi credevo che la verità fosse sempre la migliore delle soluzioni.
Jacob tagliò un pezzetto della sua bistecca, senza fare la più piccola delle espressioni… anzi, la sua mascella sembrava digrignarsi un po’ troppo spesso.
Solo due anni prima, se gli avessi rivelato una cosa del genere, lui mi avrebbe sorriso e mi avrebbe stretto a se accarezzandomi i capelli.
Beh… le cose erano cambiate molto più di quello che pensavo.
<< Che c’è? >>, chiesi bevendo un sorso d’acqua.
Lui fece spallucce, ma in modo abbastanza sarcastico. << Non so cosa pensare sinceramente >>, asserì duro.
<< Perché? >>, bevvi un altro sorso d’acqua, giusto per fare qualcosa. All’improvviso mi sentivo fuori posto, a disagio e dannatamente colpevole.
<< Il perché lo sai, Nessie. A dire la verità pensavo che non saresti più venuta neppure a farmi visita. Avrei giurato che le nostre conversazioni telefoniche fossero solo di circostanza e non perché realmente avessimo desiderio di sentirci >>.
<< Per te era così? >>, chiesi, prevedendo quasi che la risposta fosse affermativa. Fortunatamente però, lui non rispose e si alzò dalla sedia riponendo il suo piatto nel lavandino.
<< Importa qualcosa, adesso? >>, chiese guardandomi di sottecchi.
Scossi la testa, poggiando la forchetta sul tavolo. << Lo sapevo che prima o poi avremmo affrontato questo discorso, Jake. E so di aver sbagliato col mio stupido comportamento, avrei dovuto pensarci meglio, prima di trasferirmi. Ma ora, che cosa posso dirti? Lo sbaglio è stato fatto e non posso tornare indietro. Posso solo cercare di recuperare il nostro rapporto >>.
<< E perché mai, Nessie? Hai una nuova vita, nuovi amici, persino un ragazzo… >>, sbuffò cercando di trattenere il nervosismo e io mi chiesi come diavolo faceva a sapere che avevo un ragazzo, non gli avevo accennato mai niente. << La tua nuova vita non comprendeva me, lo sapevi benissimo sin da quando hai preso la decisione di partire >>.
<< Perché… perché non mi hai convinto a restare? >>, chiesi sottovoce con gli occhi bassi. Ero anche egoista e volevo scaricargli una colpa che non gli apparteneva.
<< Perché così non avresti sofferto il distacco dalla tua famiglia, saresti stata al sicuro e poi lo volevi con tutta te stessa. E infine io sto bene se tu stai bene >>.
<< Anche io >>.
<< Non è vero >>, ringhiò. << Andiamo Nessie, non prendiamoci in giro >>.
<< Ok >>.
Voglio dire… ok, meglio che non mi pronuncio. Effettivamente aveva ragione su tutta la linea. Anche se per poco tempo, mi ero goduta il trasferimento, senza stare male al pensiero che lui soffrisse la mia assenza; ci avevo impiegato un po’, mentre lui a causa dell’imprinting avvertiva tutte le emozioni, le esigenze e i desideri, nell’immediato.
Egoista, menefreghista e ancora egoista!
<< Siamo umani, possiamo sbagliare ed io ho sbagliato >>.
Jacob sollevò un angolo della bocca. << A dire il vero, non siamo proprio umani, ma questa te la lascio passare >>.
Feci strisciare la sedia sul pavimento e mi alzai avvicinandomi a lui. Infilai gli indici di entrambe le mie mani, nelle tasche dei suoi jeans e guardai la sua espressione dura addolcirsi.
<< Sei fortunata >>, sussurrò mentre nei suoi occhi imperversava un tipo di tempesta a me sconosciuta.
<< Ad avere te? >>.
<< Soprattutto >>, disse con arroganza. << In realtà perché non riesco a tenerti il muso lungo per troppo tempo. Faccio il cattivo, ma sono un buono >>.
<< Io non ci giurerei, quando ti arrabbi fai paura >>.
Risi quando lui mi pizzicò un braccio. << In due anni sono cambiate un sacco di cose, Nessie. Compresi io e te e… >>.
<< Non importa, Jacob. Dico davvero. Non mi aspettavo diversamente >>.
Finii di sparecchiare il tavolo, riposi l’acqua nel frigorifero e poi aprii il rubinetto dell’acqua per lavare quei due piatti sporchi. Jacob aveva acceso la tv e si era immerso nella telecronaca di una partita di baseball, rimanendo in piedi col telecomando in mano.
Per qualche istante osservai l’acqua che scivolava sulle mie dita e immaginai la mia vita in quel modo… io che facevo qualche faccenda e Jake mi era intorno a fare dell’altro, ma condividevamo lo stesso tetto, lo stesso letto. E c’era anche un bambino che giocava spensierato sul tappeto e una fede nuziale che brillava al mio dito.
<< Che ti succede? >>, chiese Jacob all’improvviso, strappandomi alle mie fervide immaginazioni. Per poco non mi cadde il piatto dalle mani.
<< Niente, perché? >>.
<< Il tuo cuore… sembra che stia facendo una corsa >>.
Feci una risatina isterica pensando a qualcosa da dire, ma parlò di nuovo lui.
<< Pensavi ai tuoi sbaciucchiamenti col nuovo fidanzatino? >>.
Sembrava noncurante, ma non lo era per niente. Il suo tono era infastidito, sarcastico. Lo lasciai a crogiolarsi nelle sue insinuazioni senza dirgli che il batticuore era dovuto proprio a lui e che il mio fidanzatino non era più tale.
Asciugai i piatti e mi chinai dinanzi al mio borsone per prendere l’occorrente necessario per fare una bella doccia e cambiarmi. Il viaggio era stato lungo e la stanchezza cominciava a farsi sentire; in alcune occasioni la mia parte vampiresca non serviva a granché.
Jacob mi raggiunse. << Quanto tempo hai intenzione di fermarti? >>.
Per sempre.<< A dire il vero non lo so >>.
<< Vai a dormire da Billy? C’è la mia vecchia stanza libera e… >>.
Sprofondai in un burrone. << Non mi… io… io pensavo di… non >>, sospirai e mi feci coraggio. << Pensavo di rimanere qui, non voglio andare altrove >>.
Jacob per un istante fece vagare il suo sguardo sul mio corpo, dalla testa ai piedi e viceversa e poi annuì. << Se il tuo fidanzatino non ha nulla da ridire, figuriamoci io >>.
<< Piantala >>, dissi sorridendo e dandogli una pacca sul fianco. << Non è più il mio ragazzo >>.
<< Comunque puoi dormire nel mio letto stanotte, tanto io non ci sarò >>.
E anche se ci fosse stato, dov’era il problema? Non sarebbe stata la prima volta che condividevamo un unico materasso.
<< Vai di ronda? >>, chiesi col cuore che mi tremava. E se fosse andato a trovare la sua cara amica della foto?
<< Sì >>, si poggiò le mani sui fianchi guardandosi intorno. << Laggiù c’è il bagno e poi di fronte c’è la camera da letto. Fai come se fossi a casa tua, non preoccuparti di riordinare nulla, tanto io ci vivo in questo casino >>.
Mi baciò la fronte all’improvviso, prima di camminare verso l'uscita. << Buonanotte >>, disse senza voltarsi indietro.
Buonanotte, dissi mentalmente una volta rimasta da sola. Ma non avevo alcuna intenzione di rimanere in casa a deprimermi con le mie mille paure… sarei andata nel bosco a rivivere le vecchie emozioni. Sarei andata nel bosco per abbracciare il mio lupo rossiccio, il mio Jacob.
 
 
 
Angolino Autrice

Sono molto contenta che questa storia piaccia e spero che continui a essere così.
Volevo segnalarvi una storia che ho letto di recente, una storia bellissima, con protagonista Leah. Questo è il link, fateci un salto, ne vale davvero la pena. 
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1154132
A domenica prossima! :)

  
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