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Autore: Thin_Ice    09/09/2012    0 recensioni
Malinconiche storie che non troveranno mai un lieto fine, solo un agognante e lugubre futuro.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Succo di limone in gola.
Le lancette di quell'orologio sulla parete non si muovevano mai, stavano appiccicate a quel 12 come una figurina su un album da ragazzi.
Era mezzogiorno, il sole dava dimostrazione della sua luminosità, per poi tendere ad abbracciare l'evanescenza, verso quella panchina nella piazza laggiù. Su quella panchina vi era la mia essenza e quella di Lexi che amava imbrattarla di fanghiglia che toccava a me poi rimuovere per non recare malumore.
Un piccolo frammento di fango avrebbe fatto mandare in bestia in un piccolo vecchietto sdentato che si trascinava appena con il suo bastone che,come un vecchio strillone,avrebbe declamato la notizia per tutta la piazza: è proprio vero che per lamentarsi la gente ritrova le forze perdute. Non potevo permettere ciò e non lo permisi, non amo il caos e tutto ciò che ne deriva. Ho perso il filo,dove eravamo ? Uhm...Ah si sulla panchina ad eliminare la fanghiglia mentre con un suo latrato e una scodinzolata mi ridava allegria. Un pover'uomo come me, stempiato, sulla soglia dei 50, solo che è riuscito a trovare l'amore solo in gioventù, non può che trovare nuova consolazione con una donna a 4 zampe che mi porto dietro da quando avevo 40 anni , altri tempi, altre storie, non sto qui ad annoiarti e poi a dirla tutta, da un pò la mia memoria fa un po' cilecca, mangio molto pesce, ma serve a niente, sono stato smemorato fin da piccolo, abbandonai la scuola per questo e altro, ma il motivo principale fu di sicuro quello. Dicevamo ? Ah sì, della panchina. Quel giorno la vedevo più pimpante e in forma del solito, così decisi, di farla camminare un pò,alla fine strano a dirsi quello ad arrivare stanco a casa fui io. Così decisi di fare un capatina ad un bar, per prendere un pò di succo di limone, che tanto amavo fin da bambino e di cui fui dipendente per tutta la vita, sana abitudine credo. La prendevo sempre con due zollette di zucchero, per nascondere il retro gusto amaro del limone di cui non andavo tanto pazzo. Tra una bevuta e l'altra intanto, diedi una sbirciatina all'orologio, finalmente quelle lancette, avevano iniziato a muoversi e anche velocemente, erano già le 19. E intanto cominciò ad imbrunire così decisi di tornarmene a casa in quell'immensa casa piena di quadri e stanze che non riuscirò mai a godermi a pieno. Che amarezza !  Arrivati a casa comunque, notai che nel frigo, non era rimasto niente da mangiare, così per non far morire di fame la mia povera cagnetta e nemmeno questo povero cagnone con le rughe, decisi di uscire di nuovo a fare la spesa. Tornai a casa in dieci minuti, quasi svaligiai il market all'angolo ma ne valse la pena, almeno non sarei andato a fare la spesa per un pò.
Al mio ritorno, tentai più volte di chiamare Lexi:-Lexi, bella cagnetta vieni, ti ho portato da mangiare, ti ho portato il Manzo, il tuo preferito-.
E non udii alcun latrato di risposta, così aprii la scatoletta ancora con le borse in mano, per vedere se riusciva a fiutarne l'odore, ma niente, si ripeté la scena di prima. Così in preda al panico, cominciai a gridare il suo nome a destra e manca, lasciando cadere per la scala anche i sacchetti della spesa. Fin quando giunsi alla terrazza e assistetti ad uno spettacolo macabro tanto da farmi cadere la scatoletta di cibo dalle mani, uno spettacolo davvero indecoroso, degno di uno dei migliori film Horror, la mia cagnetta era lì distesa, immobile, non respirava, tutto faceva presagire che era morta. Le feci il massaggio cardiaco più volte, poi la respirazione bocca a bocca, ma niente, nulla funzionò. Così guardai la sua ciotola era ancora piena del veleno, che era riuscita a stroncarla - Mostro vile, carogna, come hai potuto approfittare di una cagnetta indifesa e ingannarla per ucciderla ; Mostro era tutto quello che avevo, non mi importa dei soldi, del mio lavoro in banca, della mia auto. Avrei voluto, morire prima io di lei per non soffrirne la sua mancanza. Vile destino. Dopo aver fatto un lungo pianto in terrazza presi da un sacchetto nelle scale, un pò di succo di limone, mi diressi verso la cucina e con una faccia più che sconsolata, la bevvi tutta di un sorso. Questa volta però senza zucchero, così che l'amarezza che ho dentro si diffonda più fluidamente.
Addio Lexì, presto ti raggiungerò, non potrò vivere per sempre. Ti ho sempre amato, come ho amato il mio succo di limone, che mi tiene compagnia in questi momenti di sconforto. 
Sono le 20.30, è l'ora dell'esasperazione.
  
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