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Autore: LaniePaciock    09/09/2012    6 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Cap.17 Una favola per bambini

“È una trappola!” esclamarono insieme agitati. Kate riprese a guardarsi in giro più agitata di prima. Rick invece tirò velocemente fuori il cellulare e iniziò a digitare non si sa cosa.
“Rick che fai??” sibilò la donna. “Dobbiamo andarcene su…” Un suono secco e metallico dietro di loro le fece bloccare le parole in gola. Deglutì e chiuse gli occhi. Conosceva bene quel suono. Un suono fin troppo familiare nel suo lavoro. Il rumore di una pistola che veniva caricata.
“Buonasera” esclamò una voce bassa e divertita alle loro spalle. “Potreste gentilmente voltarvi con le mani alzate?” continuò. Kate riaprì gli occhi e si morse il labbro inferiore. Alzò appena le mani per mostrare che non gli stava puntando la pistola e lentamente si girò verso lo sconosciuto. Nel farlo lanciò un’occhiata a Rick, di lato a lei. Lo scrittore aveva la mascella contratta e lo sguardo rivolto al cielo. Probabilmente stava maledicendo silenziosamente qualcuno. Lo vide però poi abbassare, per una frazione di secondo, lo sguardo sul cellulare che aveva ancora in mano. Schiacciò un tasto e, senza farsi vedere dallo sconosciuto dietro di loro, mise l’apparecchio in tasca. Quindi alzò anche lui le mani e, nel girarsi, notò che lei lo stava fissando. Kate aggrottò appena le sopracciglia confusa. Che stai facendo? sembrava voler chiedere. Lo sguardo blu che le rispose era preoccupato, ma determinato. Fidati di me.
Il silenzioso scambio durò meno di un attimo, prima che entrambi si voltassero completamente. Il sicario era a pochi passi da loro e ghignava felice, mentre gli puntava la pistola addosso. Aveva i capelli corti e neri e folte sopracciglia. Era piuttosto basso, ma il suo fisico era asciutto e palestrato. I muscoli erano ben delineati dalla maglia e dai pantaloni scuri aderenti. Doveva essere uno a cui piaceva mettersi in mostra.
Nonostante la scarsa illuminazione, Kate notò una macchia rossastra che risaltava sulla sua spalla sinistra. Doveva essere il punto in cui l’aveva colpito davanti al palazzo dello scrittore. “Detective Beckett, signor Castle, è un piacere conoscervi” dichiarò compiaciuto. Poi fece un cenno con la mano libera, la sinistra, a Kate. Neanche una smorfia solcò il suo volto. O sopportava bene il dolore o non lo sentiva proprio. “La pistola se non le dispiace.” La donna serrò la mascella e lo guardò con odio, ma non poté fare altro. Con riluttanza si abbassò e fece strisciare la sua arma fino ai piedi dell’uomo. Quello recuperò la pistola subito, chinandosi senza spostare lo sguardo da loro, e se la infilò nella cinta sul retro dei pantaloni. “Bene” dichiarò alla fine soddisfatto. “Direi che possiamo andare.” Fece loro un cenno con la pistola a indicargli di muoversi e uscire da quell’angolo in cui si erano rifugiati e che era stata la loro rovina. I due si mossero lentamente, uno accanto all’altro. Era umiliante per la detective dover procedere con le mani in alto e con un bastardo alle spalle che puntava loro una pistola addosso. Inoltre era troppo lontano perché potesse disarmarlo in qualche maniera.
Camminarono per qualche minuto seguendo le indicazioni che il sicario gli forniva man mano, infilandosi sempre più in un dedalo di viuzze. Quando arrivarono ad un largo spiazzo illuminato, li fece fermare. Si trovavano tra un magazzino e una serie di container. Non dovevano essere troppo distanti dalla banchina, poiché sentivano distintamente il rumore delle onde contro il molo e l’odore di salsedine era più forte. Probabilmente erano a non più di venti metri dall’acqua.
“Perché ci hai portato qui?” chiese all’improvviso Rick. L’uomo ghignò più di prima se possibile.
“Aspetta e vedrai” replicò. “Non credo dovrai attendere ancora molto comunque… Ah, ecco, parli del diavolo!” continuò indicando davanti a loro. Dall’ombra del magazzino videro uscire sei uomini. Erano tutti piuttosto grossi e con una faccia poco amichevole. Ed erano tutti armati. Due di loro si avvicinarono a Beckett e Castle con due corde e si portarono alle loro spalle, prendendogli i polsi. Kate tentò di fare resistenza, ma la fredda canna di una pistola sulla sua tempia la fece subito desistere. Gli legarono quindi mani dietro la schiena e si spostarono di lato a loro e di un passo più indietro per sorvegliarli. Poi il sicario si avvicinò e, con due calci ben piazzati dietro le gambe, li fece cadere a terra dolorosamente sulle ginocchia. Solo un flebile lamento si levò da entrambi, dato più dalla sorpresa che dal male. Senza dare nell’occhio, Kate tentò subito di forzare le corde, ma queste erano ben strette sui suoi polsi e le davano troppa poca libertà di movimento. Imprecò silenziosamente.
“Buonasera detective Beckett, signor Castle. Spero abbiate fatto un buon viaggio per arrivare qui.” Kate si immobilizzò. Il cuore cominciò a batterle ancora più velocemente di prima. Conosceva bene il padrone di quella voce profonda e ironica. Quel giorno l’aveva sentita per ore dentro una registrazione. Franklin Spark Junior. Il drago.
L’uomo uscì dall’ombra del magazzino, come i suoi scagnozzi, con passo calmo e rilassato. Indossava un completo smoking da sera che lo faceva sembrare fuori posto rispetto al luogo in cui era e agli altri presenti, vestiti con comuni abiti. Probabilmente doveva recarsi a una festa o se ne era appena andato. Si fermò pochi passi davanti a detective e scrittore e li guardò dall’alto in basso. Il suo finto sorriso affabile sembrava non essersene mai andato dalla festa del giorno prima.
“Il nostro viaggio non sarà mai migliore di quello che farai tu quando ti sbatterò in galera” sibilò Kate a denti stretti. Spark ridacchiò. Il suo sorriso, se così potevano chiamarlo, si allargò.
“Sa, detective, devo dargliene atto” dichiarò l’uomo passandosi una mano sulla corta barba. “Lei è arrivata dove nessuno finora era mai giunto. Mi congratulo!” esclamò ironico. “Nessuno mi aveva mai dato tanti grattacapi come lei.” Quindi si fece più serio e più minaccioso. Il suo sguardo era puntato sulla donna e brillava di una luce sinistra. “Non so se sia in gamba come dicono o solo estremamente fortunata, detective, ma stava diventato davvero fastidioso il fatto che lei vanificasse ogni volta i miei tentativi di porre fine alla sua vita.” Kate rimase impassibile, nonostante il cuore che le martellava a mille. Poté quasi sentire i muscoli dello scrittore accanto a lei tendersi per la rabbia. Spark riprese il suo ghigno. “Così ho organizzato questa… come vogliamo chiamarla? Festa?” domandò divertito ai suoi scagnozzi voltandosi verso di loro e allargando le braccia. Qualcuno di loro ridacchiò brevemente. Il drago riportò nuovamente l’attenzione su Beckett. “Tutto ciò solo per lei, detective. Dovrebbe ringraziarmi per il trattamento di favore. Sa, non ho mai permesso a uno dei miei ‘ostacoli’ di incontrarmi di persona, né tantomeno di intralciarmi tanto a lungo. Ma vede, sono stato costretto a riservarle un trattamento particolare…” affermò quindi in un tono più soave che le fece venire la pelle d’oca. Si abbassò sui talloni per essere più o meno alla sua altezza. “…e non solo perché è la figlia di Johanna Beckett.” Kate si irrigidì e strinse la mascella fino a sentire male, quando sentì il nome di sua madre pronunciato dall’uomo che aveva ordinato di assassinarla. Spark dovette notare questo particolare, perché ghignò malignamente. “Qualcosa la turba, detective? E dire che siamo stati… ‘legati’ proprio da sua madre. Ci conosciamo da tanto ormai, detective, che mi sembra quasi opportuno passare a chiamarla per nome, non crede?” domandò beffardo abbassando il tono di voce e avvicinando il suo viso a quello della donna, quasi le stesse confidando un segreto. Beckett lo guardò con quanto più odio potesse provare, ma non si mosse. Avrebbe potuto tirargli una testata, e anche forte, da quella posizione, ma sapeva bene che lei non sarebbe stata l’unica a pagarne le conseguenze. Rick avrebbe sofferto quanto, e forse più, di lei. E lei non poteva permetterlo. In quel momento stava solo sperando con tutta sé stessa che Alex avesse chiamato i rinforzi e che stessero arrivando. Il drago continuò a parlare tranquillo, la sua faccia a non più di venti centimetri dal viso della donna. “Ma non perdiamoci in chiacchiere, anche se immagino sarebbero molto piacevoli.” Si avvicinò ulteriormente, un sorriso falso in volto. “Tu hai alcuni fogli che voglio, Kate, e che sarebbe molto sgradito per me se vagassero in giro per la città come più gli aggrada. Perciò dimmi, cara Katie, dove sono i docum…”
“Non chiamarla così” sibilò Castle all’improvviso con furia repressa. Kate e il drago si girarono a guardarlo contemporaneamente. Lo scrittore respirava pesantemente, il volto deformato da una smorfia di rabbia e gli occhi puntati sull’asfalto davanti a lui.
“Come?” domandò Spark tentando di mantenere il suo tono distaccato e divertito, ma fallendo miseramente. L’intrusione nel suo discorso l’aveva parecchio seccato. Rick si girò lentamente verso di lui. I suoi occhi l’avrebbero ucciso all’istante se solo avessero potuto.
“Non chiamarla ‘Katie’” ripeté calcando ogni parola con disprezzo. “Non ti azzardare.” Gli occhi di Spark si ridussero per un momento a due fessure, mentre Kate deglutiva preoccupata. Ma che diavolo veniva in mente a Castle?? Voleva farsi ammazzare?? Tentò di non dare ascolto alla vocina nella sua testa che le diceva che comunque, alla fine di quella conversazione, difficilmente ne sarebbero usciti vivi. Soprattutto ora che il drago li aveva in pugno. Ma Kate non poteva smettere di sperare in Alex. C’è la farà! Continuava a pensare nella sua testa. Arriverà con i rinforzi!
Dopo pochi secondi, che a Kate sembrarono interminabili, Spark inaspettatamente sorrise di nuovo con il suo caratteristico ghigno.
“Che dire, mi avevano detto che lei era come un cavaliere senza macchia e senza paura, signor Castle, sempre pronto a difendere la sua bella dal drago che l’ha rinchiusa nella torre!” esclamò sarcastico. Kate sussultò a quelle parole. Inconsapevolmente Spark aveva raccontato la sua storia. Quella era la sua vita. Racchiusa in una favola per bambini. Kate non credeva nelle fiabe, ma per una volta si trovò a sperare di essere in una di quelle in cui alla fine il bene trionfa sul male e i buoni ‘vissero per sempre felici e contenti’. Ma il freddo e umido asfalto contro le sue ginocchia e il profumo troppo forte e troppo vicino di Spark, la fece tornare con i piedi per terra. Quella era la realtà. E lei più di chiunque altro sapeva cosa volesse dire.
Alzò lo sguardo su Rick, sperando che la guardasse e capisse che doveva pazientare, che non doveva fare mosse azzardate come quella, che non doveva lasciarsi provocare. Ma lo scrittore non la vedeva. Continuava a scrutare Spark come se volesse pugnalarlo con lo sguardo. Il drago continuò senza che avesse notato nulla di diverso in Beckett. Aveva occhi solo per lo scrittore al momento. “Beh, mi correggo. Cavaliere non propriamente ‘senza macchia’, visti i suoi trascorsi…”
“Signor Spark!” lo chiamò all’improvviso in lontananza uno dei suoi scagnozzi. La voce veniva da dietro uno dei container e sembrava affaticata. Il drago si fece serio. Si alzò lentamente e si voltò nella direzione della voce. Anche Rick e Kate si girarono, preoccupati e incuriositi insieme. Dopo qualche secondo nello spiazzo illuminato spuntarono due tirapiedi del drago che trascinavano per le braccia una terza persona. Anch’essa aveva le mani legate dietro la schiena, ma la testa era a ciondoloni e i suoi piedi strascicavano rumorosamente per terra. Non servì che la luce delle luminarie rischiarasse il suo volto. Non servì che i due vedessero il fazzoletto bianco annodato al braccio. La fisionomia fece subito riconoscere a detective e scrittore la figura del terzo uomo. E Kate sentì il lieto fine della favola farsi sempre più lontano. Tra i due individui infatti c’era un tramortito Alex Tully.
“Guardi che abbiamo trovato!” esclamò gongolante uno dei due tirapiedi. Si avvicinarono ancora di qualche passo fino a trovarsi a pochi metri da loro, quindi scaricarono a terra il povero ex-agente, che lanciò un lamento soffocato. Rick si accorse di aver trattenuto il fiato fino a quel momento. Per un attimo aveva temuto che l’avessero già ucciso. Tully si tirò su in ginocchio faticosamente e scosse la testa per recuperare lucidità. Quando finalmente alzò il capo verso di loro, la sua faccia fu illuminata e Kate e Rick si accorsero che aveva una lunga striscia di sangue che gli partiva dalla testa, scendeva accanto all’orecchio e andava poi a sparire dentro il colletto della camicia. Dovevano averlo colpito, e anche piuttosto forte, al capo.
Spark si avvicinò a lui socchiudendo gli occhi, come quando ci si trova di fronte ad una persona conosciuta non si sa più dove né quando. Poi alzò le sopracciglia e di colpo si mise a ridere. Castle e Beckett si guardarono sconcertati per un secondo.
“Mi venisse un colpo se questo non è l’agente CIA Alex Tully!” esclamò scuotendo la testa. Alex serrò la mascella.
“Signor Spark. Vorrei dire che è un piacere rivederla, ma mentirei” replicò Tully freddo.
“Allora sei tu la persona che si è presentata con i documenti, ma che i miei uomini non sono riusciti a identificare” continuò Spark con un lampo di comprensione. “Beh, direi che posso anche capirli a questo punto! Ma mi dica, agente, ha più trovato l’uomo che si vociferava avesse recuperato i soldi dei rapimenti di venti anni fa?” domandò poi con tono ironico. Tully lo fulminò con lo sguardo.
“Come se non lo sapesse già” replicò secco. Rick aggrottò le sopracciglia, confuso e arrabbiato. Ecco un’altra cosa che aveva tenuto loro nascosta. Tully aveva già incontrato il drago, era ovvio da come si parlavano. Probabilmente aveva interrogato anche lui all’epoca della morte di Bob Armen per sapere se c’entrava qualcosa con i tre poliziotti implicati. Kate dovette leggergli nel pensiero perché, senza farsi vedere, si avvicinò appena a lui. Per fortuna erano tutti concentrati sulla conversazione tra Spark e Tully. Diede un leggero colpo con la spalla al braccio di Rick perché la guardasse.
“Non è il momento di pensare al perché c’è l’ha tenuto nascosto” sussurrò velocemente la donna. Neanche lei aveva gradito intendere che Alex gli aveva nascosto una chiacchierata, seppur datata, con il drago, ma non aveva tempo per rifletterci al momento. “Concentriamoci sul capire come uscire da questa situazione. Ti prego, Rick, mi servi lucido!” Gli occhi blu dell’uomo erano sconfortati. Dopo qualche secondo però lo scrittore scosse la testa, come a risvegliarsi da un sogno, e annuì con un brillio nuovo negli occhi. Doveva portarla fuori da lì. Doveva portarla negli Hamptons e farle vedere la sua casa. Doveva sposarla e farla impazzire con il suo comportamento infantile. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Lui era il suo cavaliere. Doveva salvarla ancora una volta dal drago. Doveva ragionare. E per ragionare serviva lucidità. Si voltarono di nuovo entrambi verso Spark e Tully che stavano ancora parlando.
“Caro Alex, un giorno mi spiegherai come sei finito dentro a tutto questo dopo anni di distanza!” esclamò divertito Spark scuotendo la testa e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. Sembrava completamente a suo agio, come se stessero facendo una chiacchierata tra vecchi amici. Tully invece era rigido come un palo e lo guardava con astio. Sbuffò.
“Ma certo che lo farò, Franklin” replicò calcando sul nome con disprezzo. “Quando tu ammetterai di aver fatto assassinare Roy Montgomery, Jonathan Smith, Johanna Beckett e tutte le altre persone che ti avevano intralciato.” Kate si ricordò in quell’istante che lei non era l’unica ad aver perso qualcuno. Grazie al drago, Alex aveva perso alcuni dei suoi più cari amici. Si sentì in colpa per averlo dimenticato. “Quando confesserai di essere il mandante del plurimo tentato omicidio della detective Kate Beckett.” Rick strinse i pugni a quella frase. Alex portò il busto più in avanti verso Spark e abbassò la voce, sputandogli in faccia le ultime parole. “Quando ti vedrò marcire dietro le sbarre, fottuto bastardo, allora sì, ti racconterò come mai ci sono dentro ancora oggi.” Spark lo guardava dall’alto in basso con un mezzo sorriso. Uno di quelli che di solito si riserva ai bambini quando dicono di credere in Babbo Natale e non vuoi rovinare la loro fantasia con la tua realtà. Alex continuava a guardarlo in cagnesco.
“Dove l’avete trovato?” domandò dopo diversi secondi Spark a uno dei due uomini che affiancavano Tully.
“Stava gironzolando poco lontano dalle auto” rispose il tipo alzando appena le spalle. A quelle parole Kate lanciò un’occhiataccia all’ex-agente. Alex dovette percepire quell’occhiata di fuoco su di sé perché si voltò verso la donna con uno sguardo da cucciolo bastonato. Ecco da dove l’ha preso Rick… non poté fare a meno di pensare con un sospiro la detective.
“Lo so, mi avevi detto di restare in macchina…” disse Tully con tono di scuse. “Ma poteva servirvi una mano! E poi mi annoiavo…” A quelle parole, Kate girò la testa verso lo scrittore e lo guardò male. Nonostante la situazione, l’uomo stava tentando di non sorridere sotto i baffi con scarso successo. La guardò con la coda dell’occhio e notò che lo stava squadrando.
“Che c’è?” domandò con l’aria più innocente del mondo. “Che ho fatto stavolta?” Kate socchiuse gli occhi e sbuffò scuotendo la testa.
“Niente. Solo che ora so da chi hai preso” replicò la donna rassegnata. Decisamente ora so da chi ha preso!
“‘Da chi hai preso’?” ripeté Spark stupito. Beckett gelò sul posto, così come anche Castle e Tully. Avrebbe voluto mangiarsi la lingua. Per un attimo si erano completamente dimenticati del drago. L’uomo passava incredulo lo sguardo dallo scrittore all’ex-agente, ridacchiando come se fosse la cosa più comica del mondo. “Aspetta, mi state dicendo… No, non ci credo… Tu sei suo figlio?” chiese alla fine a Rick. Lui non rispose, ma il suo silenzio fu più chiaro di mille parole. “Sapete, non pensavo che questa fosse una riunione familiare!” continuò scuotendo la testa, ancora incredulo. “In effetti ora che me lo fate notare un po’ vi somigliate” aggiunse abbassandosi all’altezza dello scrittore, grattandosi la barbetta con fare pensieroso, continuando a passare gli occhi da padre a figlio. Lo sguardo di Castle era omicida. Erano così vicini che lo scrittore provò l’irrefrenabile impulso di sputare in faccia al drago, ma si trattenne, come gli aveva chiesto Kate. Dopo un minuto buono finalmente Spark smise di analizzarli e fece un paio di passi indietro, in modo che tutti e tre i prigionieri avessero una buona visione di lui. “Allora, signori e detective” disse con un ghigno. “Siccome siamo in famiglia, permettetemi di essere franco e di andare subito al sodo. Voi avete dei documenti che io voglio. Quindi facciamo così: il primo che mi dice dove sono, resta in vita” annunciò. Non c’era tono più falso di quello. Alla fine sarebbero comunque morti tutti. Nessuno dei tre aprì bocca. Rimasero semplicemente a guardarlo con odio. Dopo un minuto di silenzio Spark si avvicinò a Tully, gli poggiò una mano sul braccio ferito e strinse. Alex trattenne a stento un urlo di dolore, ma non riuscì a soffocare un gemito.
“Alex!” gridarono insieme musa e scrittore.
“Non ditegli niente…” riuscì a mormorare con voce roca l’uomo, una smorfia di dolore in volto. “Ci ucciderà comunque…” Spark li lasciò il braccio e fece un cenno al tirapiedi dietro di lui, che annuì e colpì forte Alex al braccio ferito con il calcio della pistola. Questa volta un lamento si levò dall’uomo, chiaro e amplificato cupamente dalla notte silenziosa. Fu solo per pura forza di volontà se non cadde a terra. Strinse i denti e alzò di nuovo gli occhi sul drago, che si era riportato al centro dell’attenzione.
“Mi sembra che da lui si possa ricavare ben poco, ma voi due mi sembrate più svegli. Allora, qualcuno di voi ha cambiato idea per caso?” domandò a Castle e Beckett. “Mi dispiacerebbe deturpare quel bel faccino che si ritrova, detective, oppure rovinare quelle mani da milioni di dollari, signor Castle.” Quando vide che nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare sospirò sonoramente e si passò una mano tra i corti capelli. Quindi diede un’occhiata al suo orologio da polso. “Signori, mi intratterrei davvero delle ore con voi, ma non ne ho proprio il tempo stasera. Perciò vi consiglio di dirmi subito dove sono quei fogli. Oppure voi tre entro mezz’ora sarete morti e io da domani inizierò a… diciamo ‘conoscere’ le vostre famiglie. Sarei ben lieto di incontrare di persona Martha Rogers, Alexis Castle e Jim Beckett.” A Kate e Rick si seccò il palato a quelle parole. Erano state pronunciate con una calma sconcertante e con un sorriso sinistro che rendeva ancora più inquietante la minaccia. “Quindi a voi la scelta. Avete un minuto” concluse incrociando le braccia al petto in attesa. Beckett si girò verso il suo partner, spaventata, il respiro accelerato. Lo scrittore la guardò impotente. I suoi occhi blu mostravano la sua stessa paura. Non sapevano più cosa fare. Non potevano digli dov’erano i documenti, ma non potevano neppure lasciare che Spark se la prendesse con uno dei loro cari. Dopo quello che a loro sembrò un attimo, Spark affermò “Tempo scaduto.” Fece quindi un cenno a uno degli scagnozzi dietro di loro. Il tipo annuì, armò la pistola e la puntò dietro la nuca di Kate. La donna trattenne il respiro e chiuse gli occhi.
“Fermo! Aspetta!” urlò all’improvviso disperato Castle. Kate riaprì gli occhi e ricominciò a respirare. Poi lo guardò sgomenta. Non si permise di emettere un sospiro di sollievo, nonostante la canna della pistola fosse stata spostata dalla sua testa. Rick deglutì. Sperò di poter ricavare qualcosa da quell’idea. “C’è… c’è una cosa che non sai su quei documenti” continuò. “Lascia stare mia madre, mia figlia e il padre di Kate. Loro non sanno nulla di questa storia. Lascia andare Kate e Alex e io ti dirò anche dove puoi trovarli.”
“NO!” gridò Kate. Se fosse rimasto lo avrebbero ucciso. E lo sapevano bene entrambi. Rick rimase impassibile all’urlo di lei, lo sguardo totalmente concentrato su Spark. L’uomo sembrò ponderare per un momento la sua richiesta. Poi scosse la testa e allargò le braccia.
“Spiacente, signor Castle” replicò il drago fintamente addolorato. “Lei mi dica dei documenti. Mi dica dove trovarli e forse potrò accogliere la sua ultima volontà su Martha, Alexis e Jim. Purtroppo sono desolato, ma riguardo alla cara detective Beckett e a suo padre non credo di poter proprio considerare la sua richiesta.” Rick si voltò verso la sua musa, lo sguardo senza speranza. Kate sospirò, scosse la testa e gli fece un piccolo sorriso rassicurante. Non è colpa tua. Lo scrittore non riuscì a ricambiare. Si sentì morire dentro. Aveva promesso di proteggerla. E ancora una volta aveva fallito. L’unica speranza ora, era che Spark lasciasse in pace Alexis, Martha e Jim, ma non potevano contare seriamente sulla parola di un doppiogiochista assassino. Il problema era che non potevano fare altro. “Allora, Richard” lo richiamò il drago. “Vuoi dirmi cosa non so?” domandò. Era infastidito, ma allo stesso tempo curioso. Rick lanciò uno sguardo ad Alex, come a cercare una rassicurazione, prima di parlare. Come Kate, anche lui gli fece un mezzo sorriso. A quel punto lo scrittore chinò la testa e chiuse gli occhi.
“I documenti non servono a nulla senza una confessione” ammise amareggiato. “Possono incriminare e collegare tutti i fatti. Ma non possono incastrare nessuno.” Quella rivelazione fece sorridere Spark come un bambino.
“Ora capisco perché, fogli alla mano, non li avete mai resi pubblici” affermò piano il drago annuendo. Rimase per un momento in silenzio, immobile, assimilando quella dichiarazione. Poi si passò una mano sulla barba e ghignò. “Beh, a questo punto direi che possiamo anche salutarci. O meglio dirci addio. Mi dispiacerà dover dire a mia moglie che il suo scrittore preferito non è più tra noi, ma se ne farà una ragione” dichiarò beffardo. Si stava già voltando per tornare verso l’ombra del magazzino quando Castle lo fermò ancora una volta.
“Un momento aspetti!” lo richiamò. “Ma come? Non si usa fare come nei libri e nei film?” Kate e Alex si voltarono a guardarlo confusi e sbalorditi. Ma che stava dicendo? Spark dovette pensarla allo stesso modo perché si girò incuriosito verso di lui. “Il cattivo non confessa più i suoi atti criminali alle sue vittime?” domandò ancora Rick alzando le sopracciglia. “Andiamo, che cosa le costa? Tanto stiamo per morire, no?” Il drago fece qualche passo nuovamente verso di loro, un mezzo sorriso in volto.
“È lei lo scrittore” replicò Spark divertito, incrociando le braccia al petto. “Mi dica lei cosa dovrebbe succedere.” Rick deglutì.
“Beh, tanto per cominciare, prima di farci uccidere dovrebbe farci dire le nostre ultime parole o almeno esprimere un ultimo desiderio” rispose Castle con tutta la calma che riuscì a racimolare. “Ma questo dipende un po’ da cattivo a cattivo, non sempre lo fanno… In ogni caso però ogni buon criminale alla fine confessa i suoi misfatti all’eroe di turno. Sa, il solito discorso pieno di frasi contro il mondo che è stato malvagio con lui ed è quindi solo colpa sua se è crudele e ora merita di pagare.” Si fermò un secondo, lo sguardo puntato sul drago. “Ma lei non è così. Lei non c’è l’ha con il mondo. Anzi forse lo ringrazia anche a volte, perché è a causa dei suoi vizi e delle sue debolezze che è arrivato dove è oggi.” Tutti lo ascoltavano rapiti e Kate non poté fare a meno di ripensare a quando, notando pochi particolari, lo scrittore aveva ricostruito la sua vita e il suo dramma in uno dei loro primi casi insieme. C’è sempre una storia… Le parole di quel giorno di Rick le vennero subito alla mente. C’è sempre una serie di eventi che da senso al tutto… “I suoi genitori erano operai. Gente povera che viveva con il minimo indispensabile. Voleva essere diverso da loro, era ambizioso già allora forse, ma comunque voleva quello che loro non avevano mai avuto.” Spark era impassibile, ma un lampo di disprezzo passò dai suoi occhi. “Entrare in polizia sembrava il trampolino di lancio migliore. Per uno intelligente e che vuole fare carriera, la scalata è facile. Ma a lei non bastava. I tempi erano troppo lunghi per uno che vuole ricominciare con tutto e subito. Perfino salvare agenti di polizia sembrava non essere sufficiente ad avanzare velocemente. Quand’ecco l’occasione della vita. Tre poliziotti che giocano a fare gli eroi. Farsi dare i soldi deve essere stato un gioco da ragazzi…” Spark accennò un mezzo sorriso. “Nasconderli forse fu più complicato, ma neanche tanto. Ora poteva davvero ricominciare. Con quel denaro si costruì la sua scala per il successo, le sue amicizie, i suoi crediti. Ma erano tanti gli ostacoli. In primo luogo fece sparire quante più prove possibili. Non poteva però evitare che qualcuno indagasse e ficcasse il naso nei suoi affari. Quindi decise che la cosa migliore era togliere quel qualcuno per sempre dalla circolazione.” Kate strinse i pugni a quelle parole, quasi da tagliarsi la carne con le unghie. Rick continuò imperterrito. “Il club di avvocati di Johanna Beckett stava diventando un po’ troppo fastidioso per i suoi gusti. Così assoldò Dick Coonan per eliminarne ogni traccia. Quello che non avrebbe mai potuto immaginare però fu la voglia di giustizia della figlia di Johanna. Rischiava di arrivare troppo vicina alla verità, soprattutto quando Coonan, stupido com’era, rischiò di farla scoprire.” Spark socchiuse appena gli occhi a quella dichiarazione. “Coonan però, per sua fortuna, muore. Sembra tutto tranquillo ora, ma ecco che spunta fuori uno dei tre poliziotti che ha deciso di lavarsi la coscienza. Non lo può permettere e assolda Hal Lookwood. Gli fa fare una pulizia completa, facendolo anche imprigionare per permettergli di eliminare ogni traccia all’interno del carcere e aiutandolo subito dopo scappare. Alla fine lo spedisce contro Montgomery. Lo uccide, ma, sottovalutandolo, si fa ammazzare. Ora resta solo una persona. Assolda un altro sicario, Cole Maddox, ma fallisce in ogni occasione. E ora ha attirato noi in una trappola, servendosi di un altro killer, perché stavolta vuole chiudere ogni conto di persona, assicurandosi così di avere il campo finalmente sgombro da ostacoli.” Rick si fermò per un momento. Il drago era impassibile. “Ho fatto una buona ricostruzione?” domandò alla fine con aria di sfida. Dopo qualche secondo Spark rise e lo applaudì un paio di volte.
“Complimenti, signor Castle” disse ironico. “Devo ammettere che mi ha stupito! Lei ha davvero la rara facoltà di lasciarmi a bocca aperta. E mi dica, visto che sa tutte queste cose, sa anche che l’ultimo sicario che ho assoldato è il fratello di Cole Maddox?” domandò indicando l’uomo che li aveva catturati, appena dietro di loro. Rick e Kate si voltarono stupiti a guardarlo. Il killer ghignò.
“Ah, quindi era un’azienda di famiglia la vostra?” domandò Rick ironico, senza più freni. Tanto ormai erano morti. “O magari siete diventati assassini perché vostra madre si faceva mezza New York e vostro padre non aveva le palle per dire qualc…” Il sicario si rabbuiò, fece un passo verso di lui e lo colpì violentemente con il calcio della pistola al viso. Kate urlò. Rick cadde a terra con un lamento soffocato. Sentiva male in tutta la faccia. Quando riuscì faticosamente a rialzarsi, vide del sangue, il suo sangue, sull’asfalto esattamente dove un momento prima c’era la sua faccia. Scosse la testa per riprendersi dalla botta. Kate lo guardò preoccupata. Lo scrittore aveva un labbro spaccato e un lungo taglio che gli partiva da sopra il sopracciglio e scendeva fin quasi al mento. Aveva mancato l’occhio di un soffio.
“Ah, e sa un’altra sorprendente notizia su Dylan Maddox?” aggiunse Spark ghignando. “Ha una particolare malattia che non gli permette di sentire dolore. Lui non sente niente e questo lo rende quasi più pericoloso del fratello.” Kate si accorse solo in quel momento che il sicario aveva usato la mano con il braccio ferito per colpirlo come se fosse completamente sano. Spark guardò di nuovo l’orologio. “Mi rincresce, ma è tempo che vada” disse voltandosi. Poi però si fermò e tornò a girarsi verso di loro con un sorriso ironico. “Ora che ci penso, non vorrei andare contro i suoi preziosi libri e film, signor Castle. E visto che la sua ricostruzione è stata così accurata, mi sento in dovere di concedervi almeno questo: ultime parole?” Kate e Rick si guardarono rassegnati. Ormai era finita.
“Mi dispiace…” mormorò la donna, mentre gli occhi le diventavano umidi. “Avevo promesso ad Alexis che ti avrei sempre riportato a casa…”
“Beh” replicò lo scrittore cercando di farle un mezzo sorriso. “Io avevo giurato a tuo padre di proteggerti, perciò… direi che siamo pari.” Kate sbuffò tra le lacrime che cominciavano a scenderle sul viso. “Comunque sono io che dovrei scusarmi…” continuò Rick più serio, senza guardarla negli occhi. “Io ti ho spinta a riaprire il caso di tua madre. Se non fosse stato per me, tu ora non saresti qui. Nessuno di noi sarebbe qui…”
“Rick guardami” lo supplicò la donna. Con uno sforzo immane incontrò gli occhi della sua musa. Nonostante le lacrime, erano determinati. “Se non mi avessi aiutata, noi forse ora non saremmo qui, ma io avrei ancora un muro che mi divide dal resto del mondo e anzi molto probabilmente sarei morta. Perché mi conosci bene, Rick, e sai che non mi sarei mai fermata. Non avrei dato ascolto a nessuno e mi sarei fatta ammazzare già tempo fa… se tu non mi avessi sostenuto e aiutato.” Rick sorrise appena.
“Sono il tuo partner, ricordi?” replicò l’uomo dolcemente.
“No” rispose Kate. “Tu sei più di un partner. E mi dispiace averlo capito così tardi…” sussurrò in colpa, mentre le lacrime le offuscavano di nuovo la vista. Quanto tempo aveva perso? Giorni? Mesi? Anni? Tutto a causa del suo stupido orgoglio e di quel suo muro che si era costruita intorno.
“Ehi, guardami” la richiamò Rick, come poco prima aveva fatto lei, scuotendo appena la testa per togliere il sangue che dal sopracciglio gli stava colando nell’occhio. Kate sbatté le palpebre per scacciare un po’ di lacrime e per riuscire a incontrare i suoi occhi blu. “Avrei aspettato altri quattro anni se avesse voluto dire provare sulla mia pelle alla fine quello che io ho provato per te, e con te, nelle ultime settimane. Sapere che senti la stessa cosa, sapere di essere ricambiato di un sentimento così forte in uguale misura…” Abbassò la voce e si avvicinò a lei, sfiorandole la fronte con la sua. “Sentirti dire che mi ami… Kate, non dubitarne. Avrei aspettato anche tutta la vita per sentirmi dire ‘Ti amo’, anche solo una volta, da te.” Avrebbe voluto baciarla, stringerla a sé e dirle che sarebbe andato tutto bene per cancellare quella disperazione e quella tristezza dai suoi occhi. Ma era lontano, aveva le mani legate dietro la schiena e difficilmente sarebbero stati vivi da lì a dieci minuti.
Kate gli sorrise appena, poi puntò lo sguardo oltre la sua spalla. Si girò anche lui e vide Tully che li guardava.
“Grazie di tutto, Alex” mormorò la donna. L’ex-agente annuì, sorridendole triste.
“Sono onorato di aver incontrato una donna come te, Kate Beckett. Avrei solo voluto fare di più” replicò l’uomo. Poi rivolse lo sguardo a Rick. Rimasero semplicemente a guardarsi. Lo scrittore sembrava incapace di dire qualsiasi cosa, gli occhi umidi. “Mi dispiace per il male che ti ho causato con la mia assenza, Richard” disse infine Alex con tono infinitamente triste. “Sappi solo che ti ho sempre voluto bene e che non ti ho mai abbandonato.” Rick aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì suono. La richiuse e annuì solo. “Addio, ragazzo” concluse suo padre.
“Che scena commuovente” dichiarò divertito Spark. Tutti e tre si voltarono a guardarlo con odio. “Ma ora devo proprio andare. Allora, chi volete che muoia per primo?” domandò, come se chiedesse chi voleva per primo una caramella. Rick e Kate si guardarono terrorizzati. Nessuno dei due voleva vedere l’altro che veniva ammazzato come un cane. Non importava che l’altro l’avrebbe seguito subito dopo. Semplicemente non potevano. Come se si fossero letti nel pensiero, si sorrisero appena e annuirono insieme.
“Un solo proiettile” mormorò Rick.
“Per entrambi” concluse Kate. Le loro voci erano uscite calme, ma erano tutto fuorché quello. Non avrebbero mostrato però la loro paura al drago. Non in punto di morte.
“Molto bene” replicò Spark. “Posso accettarlo come ultimo desiderio.” Fece quindi un cenno a Dylan Maddox, che si posizionò di lato a Rick. Tully chiuse gli occhi e girò la testa. Non voleva vedere suo figlio e la detective che venivano ammazzati. Lo scrittore si avvicinò il più possibile a Kate e appoggiò la sua fronte su quella di lei. La fronte della sua musa era ghiacciata, mentre la sua era calda, ma imbrattata di sangue.
“Ti amo, Rick…” mormorò la donna con voce rotta, guardandolo in quegli occhi blu che tanto amava e che non avrebbe più rivisto. Rick le sorrise appena.
“Ti amo anch’io, Kate” replicò piano. Le lasciò un dolce e piccolo bacio sulle labbra. “Always.” Quindi chiusero gli occhi, le fronti unite. Un brivido passò lungo la schiena di Rick, quando sentì la fredda canna della pistola contro la sua nuca. I battiti di entrambi partirono a mille.
“Addio piccioncini” ghignò Dylan Maddox.
Quindi lo sparo.

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Xiao! :)
Ehm... io inizio a preparare il mio viaggio per l'Alaska, eh? X)
Spero vi sia piaciuto il capitolo! :) è un po' più tristanzuolo e condito con un po' di... suspance? XD
Ditemi che ne pensate!!!! :D
A presto (spero)!! :D
Lanie
ps:38 persone che seguono la storia????? *___________________*  <3
  
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